lunedì 4 maggio 2009

DTP - Sciopero della fame

Il nostro impegno è per il dialogo, non per la violenza.
Il sindaco di Diyarbakir, Osman Baydemir, nella sua dichiarazione rilasciata alla stampa in occasione dello sciopero della fame di due giorni che il DTP sta svolgendo da ieri, ha detto che "Il nostro impegno è per il dialogo, non per la violenza". Anche i detenuti, arrestati nell'ambito della grande operazione contro il DTP di due settimane fa, sono in sciopero della fame per dimostrare la loro vicinanza ai sostenitori del DTP che numerosi si sono avviati dalle altre città verso Diyarbakir. I politici del DTP considerano questa azione come una maniera potente per dimostrare al paese la propria sincerità nei confronti della pace. Nella sua dichiarazione Baydemir ha enfatizzato gli sforzi in atto, affinché le armi restino in silenzio e si mantenga la possibilità di una soluzione politica nell'agenda. Attualmente l'opportunità per il dialogo è buona e dovrebbe essere usata per dei buoni propositi, come la pace e il cessate il fuoco, prima che sia troppo tardi.

domenica 3 maggio 2009

Dieci pensieri dalla città difettosa

I. Son passati ormai diversi giorni dall’annuncio dell’emergenza sanitaria in Messico. Giornate strane, straordinarie, che stanno già lasciando alcune conseguenze. La percezione collettiva del male, del pericolo, in questi giorni ha dimostrato, per l’ennesima volta, la potenza biopolitica che può avere il messaggio del potere. Che sia stato fatto apposta o meno, il dato è che è stato sufficiente lanciare un allarme alle undici di sera di un giovedì, in catena nazionale, e poi costruire una campagna mediatica di estese proporzioni per far tremare le ginocchia ad un paese intero. E, soprattutto, per far dimenticare, anche se per pochi giorni, tutto il resto. Una realtà quotidiana travolta e stravolta da un messaggio univoco che suggeriva chiaramente: “State attenti, potete morire tutti”.La strana normalità di un paese che in un anno - 2008 - ha contato oltre 6.000 morti per la “guerra al narco”, che in due mesi ha perso mezzo milione di posti di lavoro formali, che vanta 60 milioni di poveri, che espelle un milione di migranti all’anno, che detiene nelle sue carceri decine e decine di prigionieri politici, che mantiene al margine della società milioni e milioni di indigeni messicani (ed anzi, fa loro la guerra), il cui governo, proprio nel climax dell’epidemia domestica, è stato messo sotto processo per il feminicidio dalla Corte Interamericana per i Diritti Umani; questa normalità è stata travolta e sostituita dall’eccezionalità dell’esistenza di un nuovo virus influenzale; dalla chiusura delle attività scolastiche a tutti i livelli; dalle numerose, o percepite tali, morti e contagi; dall’esigenza di auto imporsi nuove norme relazionali e comportamentali; dalla sospensione delle attività lavorative in questi opportuni giorni di festa nazionale; dall’eccesso informativo che ha bombardato tutti e a ogni ora, su ogni canale televisivo e radiofonico, senza riuscire mai a offrire notizie certe; dai toni allarmistici di funzionari di governo che, nonostante tutto il male che accade nel paese da molto tempo, ci avevano abituato ai loro sempre ottimistici toni da conferenza stampa; dalla proibizione a frequentare luoghi affollati e dall’irruzione improvvisa dell’emergenza nella socialità spiccata dei messicani.L’effetto: tutti agli ordini del governo, almeno per qualche giorno.
II. Eppure la normalità e l’eccezionalità teletrasmesse sono concetti troppo fragili, eterei e parziali per essere il parametro di queste giornate messicane. Ed allora non ci resta che volgere lo sguardo e cercare quel che non è giusto e non lo è mai stato. Le cose che accadono e che creano conseguenze. La presenza dell’esercito nelle strade messicane, per esempio. Quella che era diventata la normalità, ovvero 60.000 soldati in tutto il paese eccetto a Città del Messico, oggi è una realtà anche per la capitale. Quanti sono, pochi lo sanno. Sono qui per aiutare la popolazione durante l’emergenza. Per quanto tempo? E perché, come testimoniano decine e decine di fotografie, sono armati con fucili d’assalto? Quel che il governo locale aveva evitato per 28 mesi e mezzo, un microscopico virus lo ha ottenuto in meno di 48 ore. Un virus al servizio del governo?Assieme all’esercito, è giunta anche la normatività - nelle vesti di un decreto con data 25 aprile che si può leggere nella Gazzetta Ufficiale - che autorizza il governo - il Ministero della Salute specificamente - a entrare nelle case messicane, a somministrare medicine, a isolare malati/appestati, a scogliere le riunioni pubbliche, ad acquistare medicine e quanto necessario per la contingenza. Il tutto sino a fine emergenza. Ma quando finirà l’emergenza sanitaria? Finirà? O si trasformerà in emergenza sociale?

III. Nonostante le decine e decine di teorie, alcune verosimili, altre francamente cospiro-paranoiche, difficili da provare ma facili da credere, non ci rimane altro che attenerci al buon senso. Se così facciamo, non è difficile ammettere che qualcuno da tutta questa storia ci sta guadagnando e ci guadagnerà molti soldi. A cominciare dall’industria farmaceutica multinazionale. Che forse non è la colpevole cosciente di una guerra batteriologica studiata a tavolino, ma sicuramente è colpevole di non aver reso accessibile nel passato e in queste ore i medicinali e le cure necessarie per affrontare questa crisi sanitaria. È necessario pagare, dicono. Ed in effetti, il decreto menzionato sopra, darà facoltà al governo di spendere i 205 milioni di dollari che la Banca Mondiale ha prestato al Messico, così come i 600 milioni stanziati dal governo stesso o gli ormai innumerevoli crediti ricevuti, senza che nessuno approvi o meno le spese e senza che potenzialmente nessuno ne sappia niente. E come non notare la strana coincidenza del contratto firmato solo il 9 marzo scorso dall’impresa francese Sanofi-Aventis (con un investimento di 100 milioni di euro) per la produzione di vaccini? Il progetto messico-francese prevede la produzione di vaccini a partire dal 2010, ma il tempismo dell’accordo commerciale è sorprendente, se non inquietante.

IV. E se le case farmaceutiche e i laboratori di ricerca fanno affari e rischiano di farne di più, è cominciata ufficialmente la gara per premiare - economicamente - chi troverà la formula magica che compreremo prossimamente sotto forma di vaccino. La notizia, che anche il governo di Città del Messico stia partecipando nelle ricerche (grazie all’aiuto degli efficienti laboratori dell’Istituto Politecnico Nazionale e della Università Nazionale) per “evitare che il vaccino assuma i costi di mercato imposti dalle grandi case farmaceutiche”, è appena una piccola consolazione. Perché un’altra cosa che questa crisi sta drammaticamente evidenziando è la precarietà del sistema sanitario pubblico messicano. 27 anni di neoliberismo - sostenuto anche dall’attuale amministrazione della capitale - hanno prodotto questo: un sistema sanitario incapace di rispondere efficacemente ad un’epidemia e che proprio per questa inefficienza è tra le cause di tanti contagi; un sistema pubblico di ricerca scientifica abbandonato dalla spesa pubblica e che ha dovuto subire l’onta dell’arrivo dall’estero (dagli USA) degli strumenti capaci d’intercettare il nuovo virus; la presenza di decine di medici fuoriusciti dalle centinaia di università private, che proprio nei giorni più acuti della crisi, non solo hanno dimostrato incapacità, ma hanno, in molti casi, abbandonato letteralmente il posto per “paura di contagio”. Il tutto a scapito degli ottimi medici che il sistema educativo pubblico sforna ogni anno.

V. Chi altro ci guadagna in tutta questa storia? Difficile capirlo ancora, ma gli indizi sono molti. Le denunce che una certa parte del panorama istituzionale pronuncia contro “chi vuole capitalizzare elettoralmente l’attuale congiuntura”, seppur strumentali loro stesse, hanno un fondo di verità. Ed anche se la politica elettorale e la rappresentanza politica formale non ci appartiene (e non ci interessa), non possiamo negare che proprio questo sistema, conquistato dopo decenni di lotte politiche clandestine e represse dal partito-stato, rappresenta oggi uno dei metri per misurare la fragile democrazia messicana. E quindi non sono solo i soldati in strada, le leggi emergenziali che impongono lo stato d’eccezione, ma anche l’intervento sempre più pressante che proprio in questa fase, il governo sta esercitando sugli altri poteri dello Stato. Prima, il silenzio assoluto da parte della magistratura (e del potere giudiziario nella sua totalità) rispetto alle leggi eccezionali che stanno passando, un giorno sì e l’altro pure. Poi, l’intervento esplicito dell’esecutivo nell’attuale processo elettorale che dovrebbe culminare il prossimo 5 luglio con l’elezione di metà del Congresso federale. L’uso del condizionale è d’obbligo, visto che si sta già discutendo la sospensione della data elettorale. E mentre questo si decide, il Ministero della Sanità - con il Presidente alle spalle - interviene nella campagna elettorale, infrangendo, ancora una volta, le regole stabilite. Non è dunque l’autorità competente, l’Istituto Federale Elettorale, ma il Ministero che detta le regole “sanitarie” della campagna elettorale che comincia i 4 maggio: i comizi non dovranno essere troppo partecipati; non si realizzeranno in luoghi chiusi; si potranno organizzare solo tra le ore 10 e le ore 15; circa il 10% degli spazi elettorali in televisione e radio saranno ceduti al governo perché trasmetta le indicazioni sanitarie alla popolazione.

VI. Al di là delle reazioni sociali che straripano spesso e volentieri nella paranoia e psicosi generalizzata o in episodi diffusi e in crescita di discriminazione nei confronti degli abitanti di Città del Messico (qui nel paese) e dei messicani in generale (all’estero), nelle ultime ore, per fortuna, si sono registrate anche alcune proteste, isolate se si vuole, ma che sono lì a dimostrare che la dignità della cittadinanza non si fa ingannare dalle minacce di morte per contagio rilasciate dal governo. Sono episodi dei giorni scorsi che hanno visto i medici di due grandi ospedali della capitale protestare per la mancanza di misure di sicurezza adeguate. Ma è soprattutto la protesta apparentemente spontanea di duemila persone (quasi tutte donne) che si son scontrate con la polizia antisommossa della capitale fuori da uno dei più grandi carceri maschili di Città del Messico. Hanno protestato, perché da una settimana non gli permettono di vedere i propri cari. Visite proibite. Ma anche i detenuti, da dentro, hanno protestato per la mancanza di condizioni igieniche: 8.500 detenuti in un carcere per 3.000 persone, mancanza di cibo decente, assenza di saponi e medicine, ecc. Le donne fuori han lanciato pietre per due ore alla polizia. Hanno bruciato una pattuglia. Alla fine, il governo ha ceduto: visite ristabilite, seppur limitate. Ma è da risaltare anche la disobbedienza praticata da migliaia di lavoratori che, nonostante i divieti, il primo maggio han manifestato in tutto il paese e a Città del Messico.

VII. Qualche giorno fa, c’è stata un’altra protesta, ma fuori Città del Messico. Precisamente a Las Glorias, nello stato di Veracruz, a dieci chilometri dall’istallazione dell’impresa Granjas Carroll, proprietà al 50% dell’americana Smithfield Food Inc.. L’impresa, produttrice di quasi un milione di maiali all’anno, è al centro della polemica in questi giorni, proprio perché si sospetta che lì, in quel territorio altamente inquinato proprio dalla produzione suina, si sia generata la mutazione virale che oggi rischia di contagiare il mondo intero. I manifestanti hanno chiesto di indagare l’impresa e le autorità che l’hanno protetta sinora ed eventualmente chiuderla. Un buon segno, ma ancora insufficiente. Evidentemente, come sostiene nel suo ottimo articolo l’americano Mike Davis, è oggi urgente - come lo è stato all’epoca della febbre aviaria - rivedere l’intero sistema di produzione alimentaria (ed anche di consumo alimentario) dell’epoca neoliberista che da tempo ha superato ogni limite.

VIII. A proposito di proteste, dovremmo aspettarci nei prossimi giorni anche le proteste del settore produttivo. E non degli industriali e dei commercianti, che stanno già ricevendo le garanzie (economiche) del caso, ma dei lavoratori, vittime predestinate a pagare il prezzo della chiusura imposta dal governo di alcune attività produttive. Lo hanno già detto i padroni: gli stipendi si pagheranno, ma le ore perse dovranno essere recuperate con altrettante ore di straordinario, non pagate ovviamente. Orari da 24 ore al giorno di lavoro? Forse, o senno il licenziamento. E già, perché questa crisi sta offrendo agli industriali la possibilità di eliminare quei posti di lavoro che già prima erano di troppo, ma che si tolleravano in nome della pace sociale e delle statistiche economiche, tanto care alla classe politica messicana. I sindacati messicani non stanno a guardare e già avvertono che non permetteranno queste pratiche. Ma sarà sufficiente il sindacalismo onesto e democratico messicano a frenare queste intenzioni neanche tanto oscure degli industriali? Lo vedremo presto. Per ora vale ricordare che solo il 18% dei lavoratori in Messico è sindacalizzato e, di questi, solo il 10% appartiene a un sindacato vero, ovvero non controllato dai padroni.

IX. Dopo quanto detto, forse risulta più facile rispondere alla domanda che tutti continuano ancora a fare: perché il virus uccide solo in Messico? La risposta precisa nessuno l’ha data, anche se in una conferenza stampa, un distratto ministro della salute, se l’è fatta scappare: “Abbiamo reagito con ritardo”. È vero. Il primo caso di contagio da virus suino che si è concluso con una morte, la prima, risale al mese di marzo. E già i primi di aprile, il governo intuiva quel che sarebbe potuto accadere. Ma sperava forse di riuscire a contenere la possibile epidemia. Non ce l’ha fatta.Oggi, altre risposte alla domanda da un milione di dollari sono facili da dare: il sistema sanitario pubblico assolutamente deficiente; l’esistenza di almeno 60 milioni di poveri nel paese che non hanno praticamente alcun accesso ai servizi medici; la mancanza nel paese di medicine adeguate; l’assenza di informazioni precise non solo sul numero reale di deceduti e contagiati (chi? dove? quando? età? origini? ecc.), ma soprattutto sui reali rischi di questo virus.

X. Infine, un pensiero dedicato a questi venti milioni di esseri umani che vivono in questa valle. È difficile in queste ore non cedere alla tentazione di posizioni diffidenti nei confronti del prossimo. Il sospetto minaccia costantemente le relazioni personali. Ma vi è anche il consolidarsi di relazioni tra conoscenti che s’informano della salute altrui con grande generosità. Si stabiliscono ponti e nuove amicizie. Il tutto sulla base d’un empatia comune attorno alla sopravvivenza, anche solo psicologica, in queste ore di enormi pressioni informative. Inoltre, va aggiunto che nonostante tutto, la reazione della cittadinanza è stata di grande dignità. La mascherina azzurra o verde, seppur quasi inutile ad evitare il contagio, è diventata oggi il simbolo di una resistenza che, se in un primo momento era assolutamente individualista, oggi assume un segno collettivo di notevole importanza. Il messaggio, che molti mezzi di comunicazione trasmettono - anche in Italia, ahimè - nel senso del cittadino messicano travolto dal virus vuoi per ignoranza, per povero, per poco igienico, per egoista o per credenze mistiche estranee alla civiltà, non solo denuncia la solita visione egocentrica e decisamente razzista di certa stampa e di certi commentatori, ma aiuta ancor di più il discorso governativo (anche messicano) che vorrebbe una cittadinanza incapace di aiutare se stessa e bisognosa dell’aiuto del fratello maggiore, lo Stato.

Continuano le mobilitazioni Mapuche nella Provincia di Neuquén


Mapuexpress - Comunicaciones Radio AM800 Wajzugun
A seguito della sospensione delle riunioni previste per questa settimana con i ministri del governatore Jorge Sapag, le comunità del territorio wijice sono tornati a manifestare interrompendo il transito sulla strada ’ruta 234’, all’ingresso del corridoio dei laghi nel sud Neuquino. Assieme alla Coordinadora dei settori sociali della località di Junín de Los Andes, le comunità hanno tenuto l’occupazione del ponte sul fiume Chimehuin per 4 ore.

Al incumplimiento de acuerdos del gobierno de Jorge Sapag las comunidades Mapuce responden movilizándose, esta ves interrumpiendo el transito en el acceso a Junín de los Andes.
Tras permanecer por 4 horas sobre la ruta 234 las comunidades mapuce junto a la Coordinadora de sectores sociales se retiraron hasta el próximo miércoles 6 de Mayo día en que se producirá la reunión con los funcionarios de la provincia de Neuquén, según lo manifestado por el Ministro Jorge Tobares al Werken Fidel Colipan.
La Confederación Mapuce Neuquina reclama la firma del convenio que pondría en marcha el denominado Programa de Relevamiento Territorial de Tierras Indígenas”, ley nacional 26.160.
Esta ves el pueblo mapuce se movilizo junto a la Coordinadora de sectores sociales que la integran entre otras organizaciones gremiales y populares de Junín, los vecinos sin tierra que reclaman ser escuchados por el gobierno, para que se le de solución a la demanda de políticas de viviendas en esta ciudad; Dándole solución habitacional a 1400 familias.
El sub. Secretario Alex Tarifeño y el Diputado Provincial Carlos González se habían comprometido con las comunidades de la zonal wijice a continuar el dialogo iniciado el pasado viernes 24 de Abril, luego de 5 días de corte de ruta por parte del pueblo mapuce.
El Jefe de la Policía Provincial el comisario Lepen, fue quien puso en comunicación telefónica al Werken de la CMN, Fidel Colipan con el mismísimo Tobares quien nuevamente se comprometió a reunirse con los mapuce el próximo Miércoles.
La medida que permitió el paso de vehículos cada 20 minutos mientras se volanteaba, finalizo pasado el medio día con la advertencia del pueblo mapuce y los sectores sociales de concretar una medida de fuerza mas prolongada si no se concreta la mesa de dialogo prevista la para semana proxima.
Comunicado.
IDENTIDAD TERRITORIAL WIJICE (CMN)
Seguimos en lucha por nuestros legítimos derechos
“Neuquén Tierra Nueva”: …para quienes???
Ante el incumplimiento del gobierno provincial de asistir a diálogo con las autoridades del Pueblo Mapuce para dar respuesta a la exigencia de pronta ejecución del Programa de Relevamiento Territorial de las Comunidades Mapuce, dilatando una vez más los tiempos y su responsabilidad política, nos ponemos en alerta y lucha para exigir por nuestros legítimos derechos.
A la evasiva del gobierno provincial respondemos en la ruta, no para coartar el libre tránsito de la población que circula por ella, sino en total repudio a la actitud de este gobierno que tantas veces intentó convencer a la sociedad que era distinto del asesino Jorge Sobisch.
A este gobierno provincial decimos:
Que el Pueblo Mapuche va seguir exigiendo el cumplimiento de la Ley Nacional 26160, hasta que su ejecución sea un hecho. Su aplicación pondrá fin a los distintos casos conflictivos existentes.
Que no permitiremos más dilataciones que solo benefician a los amigos del “poder” político provincial que históricamente han venido usurpando territorio mapuce.
Denunciaremos en las instancias que sean necesarias esta manipulación del Derecho Territorial mapuce.
El pueblo mapuce denuncia al gobierno de la provincia por esta nueva negación al Reconocimiento del derecho como pueblo.
Lo único que hemos logrado con nuestra paciencia y comprensión con las autoridades provinciales, es cargar con una serie de cargos y procesamientos que suman a la fecha 48 causas civiles y penales en los juzgados provinciales y federales. Nuestras autoridades originarias desfilan ante los juzgados como verdaderos delincuentes cuando lo único que hacen es cumplir con su deber de defender sus derechos históricamente pisoteados.
En el dia de la Fecha las comunidades organizadas en la identidad territorial wijice junto a la coordinadora de sectores sociales en Junín de los Andes nos manifestamos sobre el acceso a la ciudad sobre el puente del rió Chimehuin.
Por Autodeterminación, Justicia y Libertad.
Marci Weu!!!!
Lofce Zonal Wijice. Linares, Atreiko, Painefilu, Namunkura, Quintriqueo, Paichil Antriao, Quintupuray, Lafkenche, Rakitue, Payla Menuko, Cayun.

Influenza Suina - Un morto negli USA, OMS verso l’allerta 5

di Matteo Dean*

E’ un bambino messicano di 23 mesi la prima vittima della febbre suina negli Stati Uniti. Il piccolo, malato da due settimane, è morto ieri in Texas, dove era arrivato insieme ai genitori per trovare alcuni parenti. Fino a ieri sono stati accertati 91 casi di colpiti dal virus A/H1N1 in dieci stati Usa, ma crescono i casi sospetti. Il presidente Barack Obama, non ha escluso la possibilità di chiudere le scuole del paese dove siano stati registrati casi di contagio e ha chiesto 1,5 miliardi di dollari per fondi di emergenza. L’accelerarsi della propagazione e il mutare delle sue modalità (persone colpite senza essere mai state in Messico) hanno spinto ieri l’Oms ad avvertire che è sempre più prossima ad alzare il livello di allerta da 4 a 5, su una scala di 6. La situazione più grave resta quella messicana. Quasi una settimana è passata dell’inizio di questa crisi sanitaria, che si va a sommare alla ben più strutturale crisi economica e alla grave violenza diffusa nel paese. Le autorità messicane dichiarano che ormai il virus ha prodotto effetti che vanno oltre la triste soglia dei deceduti, che secondo le autorità sarebbero 159. Gli specialisti affermano che l’% del Pil sarebbe già stato compromesso dall’epidemia. Le misure d’emergenza ed il clima di panico diffuso non aiutano il peso messicano che ha ripreso a svalutarsi rispetto al dollaro. Solo a Città del Messico gli industriali e i commercianti denunciano le prime perdite e reclamano il sostegno del governo. Mezzo milione di dollari al giorno le perdite complessive del settore produttivo. Il governo locale ha annunciato la creazione di un fondo di quasi 15 milioni di dollari per sostenere almeno le famiglie dei malati e dei ricoverati. Secondo i commercianti, sarebbe stato colpito il 25% delle attività economiche. Alle reazioni del mondo economico, fanno eco le reazioni della società. Un dato curioso delle ultime ore: il Ministero della Pubblica Sicurezza ha reso noto che le denunce di crimini sarebbero diminuite del 50% nell’ultima settimana. Curiosità a parte, la società sta reagendo in modi diversi. Vi sono coloro che credono ciecamente a quanto dice il governo. E quindi i morti per il virus sarebbero ormai 160, anche se solo 7 sono stati accertati finora, come le autorità hanno dovuto ammettere dopo le dichiarazioni dell’Oms; le mascherine sarebbero lo strumento privilegiato e più immediato per ridurre il contagio di un virus che non circola liberamente nell’aria; il governo sta reagendo adeguatamente e il presidente, fino alla settimana scorsa molto contestato, è oggi il paradigma dell’eroica azione governativa. Nella sinistra politica invece tutti criticano i ritardi e le negligenze governative e si mettono in dubbio le misure restrittive adottate. Ma da qui si dipartono due modi diversi di vedere la situazione. Vi sono quelli che credono che la crisi sia più grave di quanto in realtà si dice e che il governo stia nascondendo troppe informazioni. Ma ci sono anche quelli i quali pensano che sia tutta una montatura, un’esagerazione. Gli elementi per sostenere entrambe le tesi sono gli stessi: mancanza d’informazione precisa, assenza delle liste dei deceduti, misure troppo radicali (come il decreto che dà mano libera alle autorità sanitarie). Insomma, non si riesce davvero a capire quali sono le dimensioni del problema. La prima morte all’estero, il bimbo di 23 mesi in Texas, conferma però che la crisi esiste e può essere letale. Ma ora lo sguardo di molti si volge alla ricerca dei colpevoli e dei responsabili. Perché se è vero che il governo ha risposto in ritardo, è anche vero che il governo è doppiamente colpevole perché i segnali dell’ epidemia c’erano tutti. E da diversi mesi. Ormai non è più un segreto e si conoscono anche i particolari dei casi di influenza (sospetti A/H1N1) che risalgono a diversi mesi fa. A dicembre, per esempio, ma anche ad ottobre, da quando cioè è cominciata la "stagione" influenzale. I casi erano isolati ma oggi la comunità di Las Glorias, nel valle del Perote, stato di Veracruz, è sotto i riflettori. Per mesi aveva denunciato l’impresa Granjas Carrol, filiale della multinazionale americana Smithfield Foods, accusata di essere un focolaio di malattie per quel suo stabilimento dove si alleverebbero circa un milione di maiali. Da lì sembra sia cominciato tutto ma fino al 2 aprile scorso governo e ministero della sanità hanno negato ogni responsabilità. Sul banco degli imputati è oggi anche l’Iner, l’Istituto nazionale per le malattie respiratorie, centro nevralgico dell’epidemia. Presso quest’ospedale all’avanguardia sono ricoverati quasi tutti i «contagiati» degli ultimi giorni. Alla protesta dei lavoratori, lunedì scorso, che chiedevano più strumenti di protezione (mascherine, guanti, scarpe e camici), fanno eco le prime denunce informali dei familiari dei ricoverati. Molti di questi infatti, avvertono che i propri cari sono entrati lì con semplici mal di gola e ne sono usciti in una bara: polmonia atipica, dicono i referti. E non c’è da sospettare dell’onestà di chi scrive le diagnosi finali, perché solo ieri, mercoledì, sono giunti in Messico gli strumenti di rilevazione del temuto virus suino. Ciononostante ora non è tempo di condanne, ma solo d’emergenza e il richiamo all’unità nazionale prevale. Intanto l’attività politica prosegue a spron battuto. In Parlamento, tra mascherine e tempi accorciati (gli orari dei servizi pubblici, in particolare degli organi legislativi, sono stati ridotti notevolmente a causa dell’epidemia), diverse leggi vengono approvate in pochi minuti, le stesse che in altri momenti avrebbero richiesto settimane di discussione. Tra queste, l’approvazione delle modifiche al codice penale. Da oggi si potranno portare fino a 5 grammi di marijuana in tasca senza per questo finire dentro. E così per le altre sostanze: un grammo di eroina, mezzo di cocaina, fino 25 grammi di metanfetamine.
* giornalista freelance. Vive e lavora a Città del Messico

Messico - In Guerrero protestano per essere curati

Contadini irrompono nel Congresso ed esigono attenzione per 30 di loro con sintomi di influenza

Con slogan e sointoni i militanti del Frente de Defensa Popular (FDP), che avevano dato vita ad un Presidio davanti al Congresso dall’inizio della settimana, hanno fatto irruzione negli uffici del Segretario di Salute, Luis Rodrigo Barrera Ríos, per esigere attenzione medica per 30 di loro che manifestavano i primi sintomi dell’influenza.
Poco prima che iniziasse la riunione del Congresso locale i militanti del FDP hanno circondato l’edificio denunciando che già il giorno prima avevano cercato di avere assistenza medica senza riuscirvi.
Di fronte alle proteste i manifestanti venivano ricevutei da alcuni lavoratori della Comision de Salud in attesa di essere ricoverati, ma dopo due ore di attesa, dopo le rassicurazioni di alcuni deputati, visto che non succedeva niente un gruppo di manifestanti faceva irruzione dentro l’edificio. La protesta è continuata per 5 ore fino ad ottenere che le persone potessero essere seguiti dal punto di vista sanitario.

"EL RESPETO A NUESTROS DERECHOS, SERÁ JUSTICIA"
"SOLO EL PUEBLO APOYA Y DEFIENDE AL PUEBLO"
EQUIPO DE COMUNICACION COMUNITARIA
COORDINADORA REGIONAL DE AUTORIDADES COMUNITARIAS

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!