venerdì 25 settembre 2009

La brutalità della dittatura stile XXI secolo.

Migliaia in strada dopo la repressione.

Il presidente ancora rinchiuso nell'Ambasciata Brasiliana. Dialogo con Bertha Caceres del Frente Nacional Contra el Golpe de Estado


Dopo il violento sgombero dei manifestanti ieri, l'esercito e la polizia honduregna hanno continuato con la repressione in quartieri e villaggi della capitale e in tutto il paese.
Migliaia di persone che hanno continuato spontaneamente a manifestare contro il colpo di stato, sono state oggetto di repressione e gli ospedali si sono riempiti di feriti, dei quali molti avevano segni di tortura.

Centinaia i detenuti in tutto il paese, mentre a Tegucigalpa sono stati condotti e ammucchiati nello stadio di baseball “Chochi Sosa”, nel migliore stile della notte buia cilena.
Le organizzazioni dei diritti umani continuano incessantemente il loro lavoro per la liberazione dei detenuti, l'assistenza ai feriti e la ricerca di conferme riguardo voci di vari morti.
Il presidente Manuel Zelaya, rinchiuso nell'ambasciata del Brasile a Tegucigalpa, ha denunciato alla comunità internazionale la brutalità del regime golpista e di un piano per “suicidarlo”.

Gli edifici vicini all'ambasciata sono stati sgomberati e presi dalle forze di polizia ed esercito, mentre continua la rappresaglia contro le decine di persone che sono rimaste a fianco del presidente honduregno, con il taglio dell'acqua potabile, l'energia elettrica e serrato controllo dell'entrata delle persone per la consegna di cibo per i rifugiati.

“Siamo minacciati che assaltino l'ambasciata del Brasile. Ho informazioni che esiste un piano per assassinarmi ed è già pronto un medico legale per dichiarare che la mia morte sia stata un suicidio -ha detto Zelaya durante un'intervista a Radio Globo-.

Se dovesse succedere stiate certi che non sarà un suicidio, ma un assassinio premeditato, perché la mia aspirazione è di resistere e lottare fino alla fine”.

Il presidente Zelaya ha rifiutato anche la proposta di dialogo fatta alcuni minuti prima dal governo 'di fatto', nella quale accettavano di aprire un tavolo di negoziazione, ma alle condizioni che Zelaya rinunci alla sua pretesa di essere rimesso alla sua carica di presidente, riconosca subito la validità del processo elettorale e accetti di sottoporsi alle indagini per le accuse formulate dalla procura.

In queste ultime ore la tensione ha raggiunto livelli mai visti prima, e per cercare di analizzare cosa sta succedendo il sindacato Sirel ha intervistato Bertha Caceres, direttrice del Consejo Cívico de Organizaciones Populares e Indígenas de Honduras (COPINH) e membro della direzione del Frente Nacional Contra el Golpe de Estado.

In meno di 24 ore si è passati dall'euforia per il ritorno del presidente Zelaya alla dura repressione di Esercito e Polizia. Qual'è la tua opinione in merito a quello che è successo il 22 settembre?
Condanniamo questa nuova violazione dei diritti umani del popolo honduregno. Molti compagni e compagne sono stati arrestati illegalmente, accusati di sedizione e portati in centri di detenzione illegali. È un esempio in più di quello che sanno fare questi fascisti e la loro struttura economico-militare, e stanno dimostrando la loro ferma intenzione di restare al potere mediante una vera dittatura.

Il presidente Zelaya adesso è nel paese, come chiedeva la gente e lo stesso Frente Nacional Contra el Golpe de Estado, però il governo ha dimostrato di non voler cedere neppure di un centimetro del suo potere, e anzi prende in giro la comunità internazionale. Cosa farà adesso la Resistenza?
Siamo coscienti che non possiamo sottovalutare questo nemico del popolo honduregno, perché in qualsiasi momento è capace di piantare i suoi artigli senza far caso alle condanne nazionali e internazionali. Dobbiamo inventare nuove strategie senza perdere questa forza di mobilitazione di massa che ci ha caratterizzato in questi 87 giorni di lotta.
La resistenza ha richiesto la la restituzione del presidente nella sua carica e non solo il suo ritorno, per questo c'è ancora molto da fare. Chiediamo anche reazioni molto più incisive dalla comunità internazionale, perché al momento attuale la sua azione è stata molto debole e ha permesso ai golpisti e alla dittatura di assestarsi al potere e protrarre la soluzione di questa situazione.

Si parla della possibilità dell'arresto del presidente Zelaya con un'azione di forza nell'ambasciata del Brasile. Sarebbe un errore per il governo 'di fatto' o lo aiuterebbe a consolidarsi?
Sarebbe un grave errore perché genererebbe un terremoto, approfondirebbe la crisi e scatenerebbe una una grande reazione nel popolo. Inoltre sappiamo che questa gente è capace di pianificare un assassinio e per questo abbiamo avvertito che la vita del presidente Zelaya e dei suoi compagni è in pericolo. Questo aumenterebbe l'insurrezione popolare.

La resistenza ha qualificato come dittatoriale questo regime, sebbene il governo di fatto cerchi continuamente di presentarsi come legittimo e democratico. A che soggetto si sta opponendo realmente la popolazione in resistenza?
É una dittatura stile XXI secolo, che mantiene alcune caratteristiche delle dittature degli anni 70 e 80 e presenta nuove strategie per sembrare di essere democratica. In ogni caso nessuno può dubitare che si tratti di una dittatura che ha una struttura economica, politica e militare che controlla tutti i poteri dello stato e che ha l'obiettivo di colpire i processi di emancipazione del nostro continente.
Quello che ci deve preoccupare è che si tratta di una nuova tendenza che può essere ripetuta in qualsiasi momento, in qualsiasi paese del continente, ed è per questo che torna fondamentale finirla.

Siamo in un momento molto complicato e convulso. Quali sono gli elementi necessari per riuscire a reinstaurare la democrazia e tornare a riprendere la strada verso l'emancipazione del popolo honduregno?
Dobbiamo radicare l'insurrezione popolare e l'organizzazione del popolo senza sottovalutare il nostro nemico, premere perché la comunità internazionale sia più convincente e tagliare le fonti di finanziamento che continuano a rifornire i golpisti.
Video

di Giorgio Trucchi

giovedì 24 settembre 2009

Brasile - Nuovo attacco della destra al Movimento Sem Terra

Il MST divulga un “Manifesto in difesa della Democrazia e del MST”

Firma anche tu : oltre 2mila sottoscrizioni raccolte in difesa del Movimento


“ E’ bastato realizzare alcune giornate di lotta – chiedendo la realizzazione di alcune richieste presentate al Governo Lula nel 2005 – ed esigere l’attualizzazione degli indici di produttività agricola - come stabilisce la Costituzione - , perché si scatenasse la reazione. I settori più conservatori del Congresso e della società, guidati dalla senatrice Kata Abreu (DEM/TO) e i deputati federali Ronaldo Caido (DEM-GO) e Onyx Lorenzoni (DEM-RS), hanno cominciato ad orchestrare una nuova offensiva contro il MST”.

Così la Segreteria Nazionale del Movimento dos Trabalhadores Rurais Sem Terra (MST) inizia la sua lettera di denuncia della nuova offensiva della “Bancada Ruralista” che vuole creare una Commissione Parlamentare di Inchiesta (CPI) che indaghi sui fondi pubblici destinati alla Riforma Agraria.

“ Perché allora non viene fatta una CPI per investigare anche sui fondi pubblici destinati alla classe ruralista? Nonostante si sappia che la Confederazione Nazionale dell’Agricoltura (CNA), di cui la senatrice Katia Abreu è presidente, ha finanziato la sua campagna elettorale, fino ad oggi non ci sono state inchieste.” Replica la Segreteria Nazionale, che sottolinea come questo attacco abbia come fine la criminalizzazione del Movimento che, da due anni, vede la ripresa di una forte ondata repressiva, soprattutto negli stati a sud del Paese.

La richiesta di revisione degli indici di produttività rappresenta infatti una grande minaccia per i grandi latifondisti e le multinazionali, proprietari di migliaia di ettari incoltivati.
L’unico strumento di difesa e di tutela, sperimentato come efficace nei precedenti attacchi, è stato quello di attivare la rete nazionale e internazionale di appoggio al Movimento.
Per questo alcuni compagni hanno scritto un “Manifesto in difesa della Democrazia e del MST” che ha già raccolto oltre 2mila firme, tra le quali quella di Noam Chosky, Sebastião Salgado, Eduardo Galeano, Frei Betto, Leonard Boff, ma anche quelle di enti ed associazioni da tutto il mondo.

Per sottoscrivere il Manifesto basta collegarsi a Manifesto MST

mercoledì 23 settembre 2009

Esercito e polizia reprimono i manifestanti di fronte all'ambasciata del Brasile e minacciano di arrestare il presidente Zelaya - Video, foto

di Giorgio Trucchi

Alle 5 di mattina di ieri 22 settembre, centinaia di effettivi della polizia e dell'esercito hanno accerchiato il quartiere in cui è situata l’ambasciata del Brasile ed hanno brutalmente attaccato i manifestanti, che da quasi 24 ore presidiavano in modo pacifico il luogo in cui si è rifugiato il presidente Manuel Zelaya Rosales dopo il suo improvviso ed inaspettato rientro nel paese.
Gas lacrimogeni, pallottole di piombo e di gomma, violenti lanci di acqua mescolata con liquido urticante sono stati usati in modo indiscriminato per attaccare i manifestanti ed isolare totalmente il presidente Zelaya, in attesa di una quanto mai probabile invasione dell’ambasciata brasiliana.

"La gente è rimasta tutta la notte nel Boulevard Los Próceres e nelle strade vicine all’ambasciata e verso le 5 del mattino è iniziato il brutale attacco da parte dell’esercito e della polizia con mitragliatrici e gas lacrimogeni – ha spiegato alla Lista Informativa “Nicaragua y más” il corrispondente di Radio Globo, Carlos Paz –.

La moltitudine, composta soprattutto da donne con bambini e bambine, anziani e giovani, ha iniziato a fuggire verso il centro dalla capitale, inseguita da vari plotoni di soldati e poliziotti che hanno aferrato un feroce attacco da nord, tagliandogli la strada. Hanno anche usato camion da cui lanciavano violenti getti di acqua mischiata con liquido urticante e alla fine ci sono stati molti arresti e feriti”.

Secondo le prime denuncie del Comitato dei familiari delle persone scomparse in Honduras, Cofadeh, sarebbero più di cento le persone arrestate che in questo momento vengono mantenute in condizioni disumane nello stadio di baseball Chochi Sosa.

Il Cofadeh ha inoltre informato che durante la repressione e la caccia all’uomo iniziata in tutta la capitale, poliziotti motorizzati ed alcuni veicoli carichi di gendarmi sono arrivati minacciosamente davanti agli uffici di questa organizzazione particolarmente impegnata sul tema dei diritti umani ed hanno arrestato molte persone, lanciando anche lacrimogeni per le strade.
Con l’obiettivo di rendere impossibile la resistenza del presidente Zelaya e quella delle persone e giornalisti che l’accompagnano, vari soldati hanno attivato un potente stereo che diffondeva a tutto volume l’inno nazionale.

Durante varie ore all’ambasciata brasiliana è stata anche tolta l’acqua potabile e già da ieri è stata sospesa l’energia elettrica. Grosse difficoltà hanno inoltre dovuto affrontare le pesone che da fuori portavano il cibo alle decine di persone asseragliate. In molti casi è stato impedito loro l’accesso alla zona.
Per quello che riguarda i risultati della repressione della mattinata non è stata ancora confermata la notizia di almeno due morti durante gli scontri, mentre sono varie decine i feriti che sono stati curati nei vari ospedali della capitale.

Secondo Carlos Paz, l'intenzione del governo de facto sarebbe di incrementare la repressione e catturare il presidente Manuel Zelaya ed effettivamente ciò che è accaduto questa mattina e la presenza dei membri della Direzione di Investigazione Criminale, istituzione che ha l'ordine di eseguire la cattura del presidente honduregno, farebbero presagire un’azione drastica durante le prossime ore.

"Tutto fa pensare che il governo de facto incrementerà la sua azione repressiva, ma dopo 87 giorni di resistenza e lotta questo popolo ha preso coraggio e difende la democrazia nel paese. È probabile che le prossime ore saranno comunque molto difficili per il popolo in resistenza”, ha concluso il corrispondente di Radio Globo.

Continua la repressione
Durante tutta la giornata e fino a tarda serata, la polizia e l’esercito hanno represso le numerose manifestazioni sorte spontaneamente nei vari quartieri della capitale e in tutto il paese. Sono varie decine le persone ferite, alcune sembra gravemente e con segni di tortura.
L’ambasciata del Brasile è stata totalmente circondaata e le case vicine svuotate ed occupate dalle forze speciali dell’esercito e della polizia.
Il presidente Zelaya ha concesso un’intervista a Radio Globo durante la quale ha annunciato di essere stato informato di un piano per entrare con la forza nell’ambasciata e simulare un suo suicidio.

“Hanno già pronto un medico disposto a certificare che la causa della mia morte sarà il suicidio. Denuncio a livello mondiale questo piano e se questa notte avverrà ciò che da più parti mi stanno dicendo, sappiate che si sarà trattato di un magnicidio perché non ho intenzione di suicidarmi. La mia vocazione è di resistere e lottare fino alla fine. Preferisco morire in piedi piuttosto che inginocchiarmi davanti a questa dittatura”, ha dichiarato Zelaya.

Il presidente honduregno ha anche risposto negativamente alla proposta di dialogo presentata dal governo de facto, secondo la quale si pretende aprire un tavolo di trattativa sottoposto però alle condizioni di non prendere in considerazione il ritorno di Zelaya alla Presidenza, che il presidente legittimo dell’Honduras riconosca immediatamente la validità del processo elettorale in corso e accetti le cause penali iniziate contro di lui dal Pubblico Ministero.
Intanto il coprifuoco è stato nuovamente esteso fino alle 6 del pomeriggio di domani 23 settembre.

(Testo, video e Foto Giorgio Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua)

India - La protesta dell'Indian Institute of Tecnology contro il nuovo sistema di gestione varato dal governo

Circa 1500 professori dell'Indian Institute of Tecnology (Iit) inizieranno giovedi uno sciopero della fame per protestare contro l'attuale sistema di promozioni e retribuzioni.L'Iit è l'istituto ingegneristico di eccellenza indiano, la struttura che negli ultimi anni ha sfornato una nuova classe di ingegneri richiesti in tutto il mondo e che hanno contribuito allo sviluppo record del paese.
Il ministro per lo Sviluppo delle Risorse Umane indiano Kapil Sibal ha lanciato un appello perché i professori cambino idea e rinuncino alla protesta: "noi non vogliamo che i nostri futuri premi Nobel vadano in sciopero della fame. Dovrebbero essere affamati solo di conoscenza".
La riforma del sistema di gestione dell'Istituto promossa di recente dal governo contiene, secondo i professori, delle anomalie inaccettabili che eliminano la meritocrazia nel sistema delle promozioni, minando la capacità dell'Istituto di mantenere livelli d'eccellenza.

Tratto da:
Peace reporter

martedì 22 settembre 2009

Zelaya finalmente in Honduras: y ahora?




In modo inaspettato e dopo 86 giorni di Resistenza contro il Colpo di Stato realizzato in Honduras il 28 Giugno 2009, il Presidente legittimo della Repubblica dell’ Honduras, Manuel Zelaya Rosales, rientra nel paese e si protegge nell’Ambasciata del Brasile a Tegucigalpa.

Secondo voci non confermate, il Presidente sarebbe ritornato nel suo paese natale, dopo 86 giorni di esilio forzato, nella notte di Domenica 20 Settembre 2009, però la notizia è stata fatta circolare solamente nella mattinata di ieri, Lunedi 21 Settembre, quando lo stesso Zelaya ha comunicato ai principali mezzi di comunicazione di trovarsi nell’Ambasciata del Brasile e di essere pronto a cominciare i dialoghi di pace per porre fine alla delicata crisi politica che l’Honduras affronta dal 28 Giugno 2009.

E’ solamente nel primo pomeriggio quando finalmente il golpista Micheletti trasmette una dichiarazione in una catena televisiva nazionale enfatizzando che Zelaya deve essere arrestato, che all’Ambasciata del Brasile, pur non avendo riconosciuto il governo de facto, è stato ‘concesso’ di rimanere in territorio honduregno, pertanto esortando le autorità brasiliane a consegnare Zelaya alla giustizia honduregna.

Intanto la manifestazione davanti all’Ambasciata dove si trova Zelaya continua a crescere, da tutto il paese sono sempre di piu’ le persone che cominciano a muoversi in direzione di Tegucigalpa per accogliere, proteggere e sostenere il Presidente legittimo che, dopo quasi 3 mesi, ha raggiunto il movimento di Resistenza che, senza sosta, non ha esitato a manifestare il suo dissenso a un governo dittatoriale, anti-democratico e repressore.

L’adrenalina della manifestazione è accompagnata dalla paura, in parte causata dal ricordo delle dittature degli anni 70 e 80 che tendevano a usare le forme più dure di repressione proprio quando sentivano di essere vicino alla fine. La paura aumenta al vedere quantità crescenti di militari e polizia anti-sommossa per le strade delle città, ascoltare informazioni su uomini incappucciati che minacciano le famiglie di giornalisti degli unici 3 mezzi di comunicazione che hanno trasmesso notizie contro il governo de facto e, in ultimis, il coprifuoco indetto dalle 16 del 21 Settembre alle 7 del 22 Settembre.

Però la paura non ferma la Resistenza. Un movimento nato il 28 Giugno e che ha dimostrato una tenacia ed una persistenza ammirabile si trova in un momento cruciale. Non sarà nè la polizia nè un coprifuoco a fermarla. Soprattutto oggi, con il proprio Presidente a pochi metri di distanza. Le minacce del Capo della Polizia in quanto alle consequenze per la trasgressione del coprifuoco non servono. Nè serviranno. Il popolo honduregno non si muoverà fino a che non otterrà la restituzione dell’ordine costituzionale.

Zelaya, dagli uffici dell’Ambasciata del Brasile, dialoga con membri della Resistenza ed effettua chiamate telefoniche ad attori della comunità internazionale in attesa dell’arrivo, nella giornata di domani 22 Settembre, del Secretario Generale dell’Organizzazione degli Stati Americani, accompagnato da Rappresentanti dell’ONU e dell’OSA. Nel frattempo, l’assemblea straordinaria dell’OSA approva la risoluzione di solidarietà con il rientro di Zelaya, approvando la missione d’urgenza in Honduras di Insulza, Secretario Generale, esortando il governo de facto a garantire le dovute misure di sicurezza nei confronti del Presidente Zelaya e persuadendo il popolo honduregno alla calma.

Zelaya, che aveva perso il ruolo protagonico posseduto nel primo mese del colpo di stato, è tornato ad essere una figura chiave però questa volta dovrà rispondere, con grande abilità, alle richieste di un popolo che ha lottato per 86 giorni non solo per la restituzione dell’ordine costituzionale ma per il cambio. Negli ultimi 30-40 giorni sono venute alla luce sempre di più le verità nascoste dell’Honduras, in particolare le dinamiche politico-economiche che hanno portato 10 famiglie a possedere e governare l’intero paese. Il popolo è stanco, ma non si stancherà di lottare per un futuro migliore. Allo stesso tempo, anche quel gruppo di alto-locati figli di papà, sostenitori dell’idea del colpo di stato come unico modo di frenare la fame di potere di Zelaya, si comincia a rendere conto che non è tutto rose e fiori, che c’è bisogno di cambi, che in fondo questo colpo di stato ha significato forti perdite economiche, anche per loro, ‘gli intoccabili’ della società honduregna. Però impera il fantasma chavista, che oscura la vista del gruppo ‘in’ e, rinchiusi nelle loro fortezze circondate da guardie di sicurezza private, aspettano a vedere quel che succederà.
Siamo dunque alle aspettative. La OSA, con l’eccezione del Nicaragua e del Venezuela, sostiene Zelaya per la firma dell’accordo proposto da Oscar Arias, presidente del Costa Rica, che, tra le clausole, propone elezioni a Novembre e che Zelaya rinunci a convocare un’Assemblea Costituente. Dall’altra parte i sostenitori di Zelaya non richiedono, pretendono l’Assemblea costituente come meccanismo di partenza del processo di cambio di cui ha bisogno l’Honduras. In più non si può tralasciare il fatto che per potenze mondiali come gli Stati Uniti e l’Unione Europea un nuovo Chavez della situazione non è visto di buon occhio ma legittimare un colpo di stato come questo potrebbe seriamente danneggiare l’equilibrio della regione.

La Resistenza ha dimostrato fino ad ora di cosa sia capace adesso, caro Zelaya, tocca a te!


Francesca D’Emidio

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!