lunedì 26 ottobre 2009

Messico - Chiapas 2.0.10

Presenz/attiva dicembre 2009 gennaio 2010



Una Carovana dell'Associazione Ya Basta! e del Coordinamento Toscano di sostegno al Chiapas Rebelde.

Anche questo inverno saremo presenti in Chiapas con l’obiettivo di appoggiare concretamente il processo di autonomia delle comunità indigene zapatiste.

In questa occasione ci incontreremo con la Giunta di Oventic a cui è stata consegnata la terza autoambulanza al Sistema di Salute Autonomo della zona “Los Altos”. Già nel 2005 furono consegnati altri due veicoli grazie allo sforzo dell’Ass. Ya Basta ! di Milano, veicoli dedicati a Carlo Giuliani e Dax.

Questa terza ambulanza sarà dedicata alla comandanta Ramona. Oggi l’ulteriore sostegno appare sempre più importante se pensiamo ai risultati raggiunti dagli zapatisti nel processo di costruzione della propria autonomia e indipendenza. Un percorso ancora in evoluzione e ricco di successi, che testimonia la volontà di proseguire nella costruzione di un mondo differente. Un percorso non privo di difficoltà, perché immerso in un contesto politico e sociale, quello dello stato del Chiapas e del Messico in generale, caratterizzato da un altissimo livello di repressione e militarizzazione, inserito nel clima generale della "guerra al narcotraffico" che sta avendo effetti sempre più pesanti.

Abbiamo chiamato la carovana invernale “Messico 2.0.10”, per ricordare il centenario della prima rivoluzione zapatista e la lunga storia di lotte in tutto il Messico.

Saremo in Messico per conoscere direttamente le lotte che, anche in questi mesi, attraversano il paese: dalla mobilitazioni del Sindacato degli elettricisti alle lotte locali in difesa dei beni comuni, alle lotte indigene che vogliono affermare autonomia e capacità di liberare i propri territori dallo sfruttamento.

Saremo in Chiapas per stare con le donne e gli uomini zapatisti nei giorni dell'anniversario del "levantamiento" del 1 gennaio 1994, per visitare le comunità che praticano giorno dopo giorno la propria indipendenza e autonomia, per svelare le molte provocazioni che a tutti i livelli si cerca di costruire contro l'esperienza zapatista.

PERCORSI

CARACOL DI OVENTIC - In occasione dell'arrivo della terza ambulanza, inviata da Ya Basta Milano e dedicata alla Comandante Ramona, si svolgeranno gli incontri con i responsabili del Sistema Sanitario degli Altos de Chiapas e la visita alle coltivazioni del caffè rebelde zapatista, importato in Italia dall’Ass. Ya Basta!

CARACOL DI MORELIA - Incontri per conoscere e appoggiare il Sistema diEducazione Autonoma. Mantenimento delle relazioni con i Municipi gemellati (progetto Herman@s).

CARACOL DI ROBERTO BARRIOS - Incontri per continuare i progetti di solidarietà portati avanti dal Coordinamento Toscano

CARACOL LA REALIDAD - Incontro tra il Presidio No Dal Molin di Vicenza e la Giunta del Buongoverno per consegnare i fondi del Progetto Autogoverno possibile e per continuare il Progetto “Agua para Tod@s”

PER INFORMAZIONI SULLA PARTECIPAZIONE:

* Associazione Ya Basta Nord Est www.yabasta.it -

mail yabasta@sherwood. it

* Associazione Ya Basta Roma Blog Roma -

mail moltitudia_yabasta@ yahoo.it

* Associazione Ya Basta Napoli Blog Napoli

mail yabastanapoli@ yahoo.it

* Associazione Ya Basta! Milano www,yabastamilano.it

mail yabastaonlus@gmail.com

* Coordinamento Toscano di sostegno alla lotta zapastista Blog Toscana

mail coordinamento- toscano-zapatist a@inventati. org


Presenz/attiva Estate 2009

Per conoscere in diretta le denunce sulle provocazioni in Chiapas e Messico: Enlace zapatista

domenica 25 ottobre 2009

Ci vediamo a Copenhagen


A dicembre si svolgerà a Copenhagen la più grande Conferenza U.N. sui cambiamenti climatici (COP15), evento che sta catalizzando un’enorme attenzione a livello globale.

Formalmente la discussione a livello ONU sarà basata sulla ri-definizione delle quote di emissioni di CO2, in realtà dietro questo scenario le poste in gioco sono molto più complesse.

Il prossimo dicembre a Copenaghen non si terrà un summit, un vertice di potenti come tanti ne abbiamo visti in questi anni, né una semplice “conferenza mondiale”, sotto l’egida delle Nazioni Unite.

Il tema e soprattutto il momento, in cui si colloca, definiscono la portata storica di un evento, che va ben oltre i suoi aspetti formali: un enorme spazio pubblico, attraversato da dubbi e certezze, conflitti reali tra interessi contrapposti, contraddizioni irresolubili, sancirà la centralità della questione ecologica, a partire dai cambiamenti climatici, nel dibattito globale sulla crisi.

Sarà il riconoscimento, incontrovertibile, che la nostra è l’epoca della precarietà della vita, intesa come bios, sussunta interamente all’interno dei rapporti sociali di sfruttamento capitalistico.

Un bios, all’interno del quale sono divenute indistinguibili, e tanto meno schematicamente separabili, le dimensioni del naturale e dell’artificiale, ma che, sempre più, si rivela come l’esito continuamente ridefinito di un’interazione dinamica, di un rapporto complesso tra uomo e natura.

Un bios che è oggi ontologicamente precario, perché costitutivamente esposto agli effetti molteplici di una crisi eco-sistemica, che mette in questione le condizioni fondamentali della riproduzione stessa della vita nella biosfera e, in quanto tale, anticipa e, in qualche modo, sovradetermina la crisi finanziaria ed economica.

Sono le lotte per la liberazione dallo sfruttamento e i tentativi del capitale di catturarne e imbrigliarne la spinta verso forme del vivere più giuste e più libere, ad averci condotto fino a qui.
Il motore che ha trasformato il mondo, fino a farlo diventare qualcosa che ci è oggi ancora in gran parte sconosciuto, è stata la dialettica tra lotte sociali e sviluppo capitalistico.
E’ stato cioè il conflitto permanente tra il desiderio di emancipazione e i rapporti di dominio ad aver generato enormi cambiamenti nelle forme della produzione e della riproduzione sociale, fino a giungere al paradosso contemporaneo, la coesistenza di abbondanza (nell’immaterialità digitalizzata di idee, conoscenze, affetti, relazioni, anche quando applicate a risorse naturali rinnovabili) e di scarsità (nella materialità di risorse naturali, quando sono per definizione limitate e non rinnovabili) nello stesso bios, nello stesso pianeta.

Ma la crisi climatica ci avverte, e lo fa in maniera pressante, che, come avviene per la relazione tra naturale e artificiale, così non è possibile separare questi due elementi che compongono la nostra vita: non si può pensare di consumare, fino al loro esaurimento, le risorse naturali a favore del pieno godimento delle libertà dell’immateriale, né oggi ha alcun senso riferirsi all’immateriale, che traduce fino in fondo l’infinitezza del desiderio e la potenza della cooperazione umana, aprendola agli illimitati territori della libertà della conoscenza e della condivisione, come a qualcosa di “secondario” e, quindi, meno degno di considerazione.

L’inscindibile relazione tra beni immateriali e beni naturali nel bios contemporaneo, e quindi la contraddittoria coesistenza di abbondanza e scarsità, oggi vero epicentro della crisi sistemica globale, segnalano invece che è nella definizione e nello scontro attorno al concetto di commons, cioè dello statuto di ciò che è comune, il nodo del problema.
Attraverso la privata appropriazione di risorse primarie scarse ed il loro illimitato consumo, il capitale ha imposto la depredazione sviluppista ed industrialista del pianeta, mentre - attraverso la normazione dell’ “eccessiva libertà” del digitale - vorrebbe imporre la rarefazione e il controllo della libera comunicazione e condivisione dei saperi e delle tecnologie.

Al centro del conflitto con chi vorrebbe continuare ad esercitare pieno comando su ciò che esiste e su ciò che si produce, per trarne profitto, vi è dunque altro da ciò che appare: sia nel caso delle battaglie per impedire la distruzione dell’ecosistema, sia in quelle per la difesa della libertà digitale, viene messa in crisi l’idea di “proprietà”, privata o pubblica che sia, verso invece l’affermazione di un nuovo paradigma del comune, come prodotto di molteplici relazioni della vita, in cui scarsità e abbondanza, naturale e artificiale, territorio e soggetti sociali, si ricombinano a favore di tutti.

Viene da sé che la contemporanea battaglia per i commons ha strettamente a che fare con l’affermazione dell’indipendenza. Anzi, essa può essere definita più precisamente nei termini di “decrescita dalla dipendenza” e di “crescita dell’indipendenza”, in ogni aspetto intrecciato che riguarda la vita.

E’ per questo che la crisi ecologica si conferma non come una delle conseguenze della crisi più generale, ma come il suo centro, quello che determina, e non che segue, la crisi della finanza e i suoi effetti sociali.
Al suo interno ritroviamo il precipitato del nuovo bios, geneticamente mutato da un rapporto di sfruttamento che ha sussunto in sé la vita in quanto tale.

E anche la fine della centralità di vecchi paradigmi, legati alla previsione di un’illimitata possibilità di sviluppo fondata su “ciò che è scarso” (perché risorse naturali limitate e non rinnovabili) e non è più indefinitamente privatizzabile (perché percepito come bene comune).

Gli effetti della crisi ecologica obbligheranno i capitalisti a pensare ad uno sviluppo fondato invece su “ciò che è abbondante” (beni immateriali).
Ma, dal momento che questi sono prodotti comuni della cooperazione sociale, questo potenzia la possibilità umana di organizzarsi per l’indipendenza, e costringe noi ad assumere fino in fondo questa come la nuova dimensione della lotta per cambiare questo mondo.

Ci vediamo a Copenhagen quindi, perché precaria è la nostra natura, comune il nostro destino, e più che precari sono i nostri mezzi, ma insieme ad una moltitudine di tanti e diversi possono crescere invincibili speranze.

Ci vediamo a Copenhagen per partecipare attivamente alle giornate della Conferenza COP15, per mobilitarci insieme a molti, per attraversare le mobilitazioni promosse dalle reti internazionali, dalle realtà collettive.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!