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domenica 10 gennaio 2010
Verso un 2011 di pace e libertà in Turchia!
Carovana Mexico 2.0.10 - Resoconto della visita al Caracol 4 Morelia
Progetto Herman@s: consegnato a Vicente Guerrero un dvd realizzato dai ragazzi del quartiere di Garbatella insieme al centro sociale La Strada e all’associazione Ya Basta! Roma
E’ passato il primo gennaio, e tranne qualche elicottero che continua a sorvolare la città, non si hanno notizie di azioni militari. Rimane l’incognita circa la possibilità della delegazione di poter essere ricevuti dalle Giunte di Buon Governo.
sabato 9 gennaio 2010
Una pace giusta per noi kurdi
Saluto con grande rispetto tutti i lettori de il manifesto e le amiche e gli amici in Italia. Un mio ringraziamento particolare va al manifesto che mi dà in questo modo la possibilità di esprimere le mie opinioni.
L'Italia ha per me un significato particolare, non solo perché nel 1998 la ricerca di una soluzione democratica della questione kurda mi ha condotto a Roma, ma anche per la grande considerazione che nutro nei confronti della storia italiana e delle lotte di liberazione che vi si sono svolte.
Chiapas Carovana 2.0.10 - Resoconto Caracol 1 La Realidad
venerdì 8 gennaio 2010
Roma - Presidio di protesta del popolo Kurdo
Il video del presidio
giovedì 7 gennaio 2010
Dal Chiapas, Pianeta Terra: movimenti antisistema, riflessioni e analisi
BILANCIO DEL 2009 E SFIDE DEL 2010 (del Movimento Senza Terra del Brasile)
La fine dell'anno è il momento di fare il bilancio delle attività del periodo passato, valutare i passi avanti e le difficoltà incontrate e cominciare a progettare l'anno che sta arrivando.
Il 2009 resterà segnato come l'anno della grande crisi capitalista che ha rovinato i mercati finanziari di tutto il mondo. Crisi cominciata negli USA ma che ha colpito vari paesi, ricchi e poveri, rovinando le borse, le banche, le imprese e soprattutto abbattendo l'egemonia ideologica delle certezze dei grandi capitalisti nel loro dio Mercato, il cosiddetto neoliberismo.
Abbiamo avuto la triste notizia che, secondo l'ONU, il numero degli affamati ha superato il miliardo di persone, ossia, ogni sei persone una soffre la fame in qualche parte del mondo. C'è stato anche un aumento di concentrazione della ricchezza e del reddito in tutto il pianeta, globalizzato dal modo capitalista di funzionare.
La distruzione delle foreste a causa dell'agrobusiness e la grande quantità di automobili prodotte negli ultimi tempi per far fronte alla crisi hanno aggravato ancora di più i problemi ambientali, obbligando il mondo a discutere del riscaldamento globale e delle sue conseguenze per l'umanità.
Oltre a questo l'allevamento intensivo di bestiame e il modello produttivo dell'agrobusiness che si basa sull¹uso abusivo di macchine e veleni agricoli hanno aumentato lo squilibrio ambientale in ambiente rurale.
Gaza - Entra da Rafah il Convoglio Viva Palestina
mercoledì 6 gennaio 2010
Egitto - La polizia attacca il Convoglio Viva Palestina nel Porto di Al Arish
Il Convoglio era arrivato a Al Arish per raggiungere il valico di Rafah.
Partito dall'Inghilterra era passato dalla Turchia, dalla Siria e dalla Giordania. Il governo egiziano aveva negato il transito dal porto del sud del paese e il convoglio aveva dovuto ritornare al Porto di Al Arish nel nord dell'Egitto.
Arrivato ad Al Arish, da quello che si capisce le autorità egiziane non volevano far passare tutti i veicoli e tutti i partecipanti, affermando che una parte avrebbero dovuto passare dal valico di Isreale.
I partecipanti protestavano nel Porto e a questo punto sono intervenuti i reparti antisommossa.
Il bilancio degli scontri pare sia una quarantina di partecipanti feriti e sei fermi. Le agenzie parlano anche di una quindicina di poliziotti feriti.
La situazione ora dai messaggi in Twitter pare sia più calma ed è in corso una trattativa per fare entrare tutto il Convoglio.
Articolo Al Jazeera
Sito Convoglio Viva Palestina
martedì 5 gennaio 2010
Qui, Zapatero, ha un altro volto!
44.000 persone manifestano per i diritti umani insieme ai familiari e amici dell'associazione "Etxera"
lunedì 4 gennaio 2010
Di ritorno dalla Gaza Freedom March
Diario di viaggio
Come molti altri abbiamo deciso di partecipare alla Gaza Freedom March perché la Striscia resta la più grande e inaccettabile prigione a cielo aperto del mondo e perché è tanta la complessità di questo pezzo di mondo, così come almeno noi l’abbiamo sempre percepito, che cercare di vedere, conoscere è necessario e la proposta della Marcia poteva, in parte, aiutarci a capire oltre ad essere dalla parte della popolazione civile palestinese.Marocco - Arresti domiciliari per la Gandhi Sahrawi
Da quando ha fatto rientro nel suo paese, dopo 32 giorni di sciopero della fame, Aminatou Haidar si trova agli arresti domiciliari.
Non è finita. L'attivista sahrawi Aminatou Haidar, si trova agli arresti domiciliari dal 18 dicembre scorso, data del suo rientro nel Sahara Occidentale, dopo 32 giorni di sciopero della fame. La polizia marocchina avrebbe circondato la sua casa, tenendola agli arresti.
Nessun commento giunge per il momento da Rabat.
La "Gandhi Sahrawi" era rientrata a El Aiun ormai in fin di vita dopo più di un mese di sciopero della fame. La donna era stata espulsa dalle autorità marocchine il 14 novembre scorso, a Lanzarote, nelle isole Canarie.
COP15 cominciano i processi. Sydney, protesta davanti al Consolato danese.
Comincia oggi a Copenhagen il processo a Natasha Verco, portavoce del CJA, arrestata da tre settimane durante il COP15
Dopo tre settimane di detenzione preventiva per Tash, climattivista australiana portavoce durante le mobilitazioni di COP15 del Climate Justice Action, comincia oggi il processo a Copenhagen. Tash è stata arrestata il 13 dicembre ed è stata accusata di istigazione a delinquire per essere tra i promotori della giornata Reclaim the Power, giornata della disobbedienza civile.comunicato stampa di Friends of the Earth, Sydney.
Mind the Gap
Disuguaglianze sociali e segnali di crisi economica in Cina
Il diario di bordo di Paolo Do (Shanghai - Cina)
sabato 2 gennaio 2010
Messico Chiapas: Chiusi i Caracoles! Tensione in territorio zapatista
Caracoles chiusi per l'anniversario della rivoluzione messicana e del levantamiento zapatista. La carovana partecipa al primo giorno di seminario internazionale di riflessione e analisi in occasione della pubblicazione del libro “In memoriam Andres Aubry”
Questa mattina una parte della delegazione di Ya Basta e del Coordinamento Toscano aveva appuntamento nel Caracol di Oventic per un incontro con i promotori del sistema di educazione autonomo. All’ingresso del Caracol era esposto un cartello che avvisava della chiusura fino al 2 Gennaio.
Già ieri non era stata data l’autorizzazione di fermarsi nel caracol nei giorni precedenti la fine dell’anno.
Da giorni si rincorrono voci contrastanti a San Cristobal sulle aspettative legate ai festeggiamenti del 1 Gennaio 2010 centenario della prima rivoluzione messicana.
Ciò che ormai è certo è che tutti i 5 Caracoles sono stati chiusi in via preventiva e tutti gli ospiti nazionali e internazionali allontanati per “non poter garantire la loro sicurezza"; perciò sembra che non ci saranno festeggiamenti ufficiali per l’anniversario del "levantamiento del 1994" …e continua il silenzio dell’EZLN.
Il Cafè Rebelde fa bene alla salute!
Consegnata la terza ambulanza al sistema di salute autonomo zapatista, dedicata alla comandante Ramona
Dalla fine di dicembre alla prima settimana di gennaio visiterà i Caracoles per portare avanti i progetti in appoggio alle comunità zapatiste: la raccolta del caffè nella zona Los Altos, il progetto educativo e i gemellaggi con i municipi autonomi di Morelia, i progetti sanitari e sull’acqua nel Caracol de La Realidad realizzati anche insieme al presidio No Dal Molin di Vicenza e i progetti educativi a Roberto Barrios con il Coordinamento toscano.
Oggi 29 dicembre 2009 la delegazione ha consegnato la terza ambulanza dedicata alla memoria della amata Comandanta Ramona. Le ambulanze sono state anche il frutto della vendita del Caffè Rebelde Zapatista in Italia.
Il comunicato letto durante la consegna
Oggi per noi è un momento molto emozionante poichè, dopo molti sforzi, finalmente siamo riusciti a consegnare la terza ambulanza al Sistema Sanitario Autonomo de Los Altos de Chiapas.
Nel 2005 abbiamo donato le prime due ambulanze, dedicate ai nostri compagni italiani Carlo Giuliani e Davide Dax Cesare, assassinato dai fascisti a Milano. In quella occasione eravamo accompagnati dalle loro madri, che portarono parole di dolore e di speranza. Con la loro sofferenza raccontarono, consegnando attraverso le ambulanze, i nomi e le storie di lotta dei propri figli.
Questa terza ambulanza l’abbiamo volute dedicare alla “querida memoria” della Comandante Ramona, il cui ricordo ed esempio traccia il nostro cammino in tutto il mondo. Lei ha lottato fino al suo ultimo viaggio, su una delle altre due ambulanze; per questo pensiamo che, simbolicamente, questa ambulanza afferma che Ramona continua a vivere nelle nostre lotte per un mondo migliore, nel quale le popolazioni indigene abbiano garantiti il diritto alla salute, all’educazione e alla salvaguardia della loro cultura.
Vogliamo esprimere il nostro appoggio alla lotta per l’autonomia zapatista, perchè sappiamo che chi lavora in difesa dell’umanità è nostro compagno. I compagni zapatisti, attraverso la loro autonomia, lavorano per fare quello che il mal governo messicano non ha mai voluto fare: difendere i diritti di tutti e tutte gli indigeni.
Il governo di Felipe Calderon ha cercato di bloccare il nostro lavoro e quello dei compagni e delle compagne che hanno lavorato in Messico affinchè l’ambulanza potesse giungere a destinazione. Ci ha obbligato a perdere molto tempo prezioso con le sue leggi assurde, dogane e permessi. Però alla fine possiamo affermarlo: per la salute, come per la lotta, “no hay que perdir permiso”!
La consegna dell’ambulanza assume ancor più valore in quanto condivisa con i compagni e le compagne dell’associazione Casa Memoria Peppino Impastato, ucciso dalla mafia nel 1978, e i compagni e le compagne di Vicenza, che lottano contro la costruzione della base militare statunitense Dal Molin.
Soprattutto è stato significativo che le donne che lottano nei nostri territori siano quelle che abbiamo consegnato simbolicamente l’ambulanza in nome della comandante Ramona.
Nunca más un mundo sin nosotros.
Da Milano, Roma, Vicenza, Padova, e da tutta Italia
I compagni e le compagne dell’associazione Ya Basta!
venerdì 1 gennaio 2010
Centinaia di arresti in Kurdistan
La fotografia degli uomini e donne arrestati alla vigilia di natale a Diyarbakir e in tante altre città kurde parla da sola: in fila, in manette. Sono sindaci, amministratori e amministratrici locali, democraticamente eletti dal popolo. Sono attivisti per i diritti umani, avvocati, sindacalisti. Sono ex deputati... Sono uomini e donne kurde che il governo e più ancora 'lo stato' turco non tollera. Non li sopporta perché sono uomini e donne che vogliono la pace. Ma non si limitano a chiederla, la praticano, o cercano di farlo, tra un arresto e un altro, tra un periodo in carcere e un altro, tra un processo e un altro. Sono uomini e donne per i quali praticare la pace vuol dire incessantemente lavorare ogni giorno per una soluzione negoziata a un conflitto che insanguina la Turchia dal 1984 (nella sua ultima fase). Fare, costruire pace, significa proporre, continuare a parlare di soluzione, di dialogo, di negoziato anche quando l'unica risposta che arriva da parte dei poteri forti, che siano essi legati allo stato (che ha un volto pubblico e uno segreto) o al governo attuale, islamico moderato, guidato da un premier, Recep Tayyip Erdogan che fino a questo momento si è dimostrato incapace (e forse in fondo nemmeno vuole) di porre davvero all'ordine del giorno la questione kurda. Che vuol dire la questione di un terzo della popolazione della Turchia. Tanti sono i kurdi, e non chiedono un nuovo stato, ma di essere riconosciuti come pari cittadini, portatori di pari diritti.
Questi arresti sono un altro atto della guerra senza esclusione di colpi che lo stato (nella sua declinazione pubblica e segreta) e - fino a prova contraria - il governo Akp ha ingaggiato con i kurdi, con chi li rappresenta (e viene legalmente e democraticamente votato). Una guerra che certo non è cominciata ieri. L'esercito manovra la politica in Turchia: tre colpi di stato in sessant'anni ne sono la prova. Ma ce ne sono tante altre di prove. Esercito spesso significa poteri segreti dello stato. La Turchia di questi poteri forti non riesce a liberarsi. Nonostante gli sforzi della società civile. All'Europa importa poco di questi sforzi, più preoccupata a trovare un accordo rattoppato che le faccia dire che tutto va bene, che i diritti umani sono (più o meno) rispettati e quindi si può andare ad arraffare quanto si può in questo nuovo importante mercato... la porta con l'oriente, con l'Asia.
Scriviamo qui sotto l'elenco degli uomini e donne per i quali è stato confermato l'arresto: 23 tra sindaci (come il sindaco di Sur), attivisti per i diritti umani (il presidente dell'associazione diritti umani di Diyarbakir (Muharrem Erbey), e tanti altri amministratori e sindacalisti.
Una lista di nomi. Per noi una lista di amici e amiche che da anni si battono per una Turchia in cui kurdi e turchi possano vivere in pace, una pace giusta e duratura, dove i diritti siano riconosciuti a tutti. Dove non esistano cittadini di serie A e di serie B. A loro, e a quanti in Turchia si battono per la democrazia e la pace, va la nostra solidarietà.
Hatip Dicle, Firat Anli, Abdullah Demirbas, Zülküf Karatekin, Ali Simsek, Nejdet Atalay, Aydin Budak, Muharem Erbey, Ferhan Türk, Etem Sahin, Leyla Güven, Emrullah Cin, Hüseyin Kalkan, Abdullah Akengin, Yasar Sari, Nadir Bingöl, Cebrail Kurt, Fethi Süvari, Ramazan Debe, Abbas Çelik, Ahmet Makas, Kazim Kurt, Takibe Turgay
Pensiero di fine anno dalla Danimarca
Lettera da Cop.enhagen di Luca Tornatore e degli altri attivisti ancora trattenuti nelle carceri danesi dalle giornate del Cop15
C'è del marcio (non solo) in Danimarca. E' un fatto assodato che migliaia di persone siano state considerate, senza alcuna prova, una minaccia per la società. Centinaia di queste sono state arrestate e alcune rimangono tuttora detenute, in attesa di giudizio o sotto inchiesta. Tra loro anche noi, i firmatari di questa lettera.Vorremmo raccontarvi la storia dal peculiare punto di vista di chi ancora vede il cielo attraverso le sbarre. Una riunione ONU di importanza cruciale è fallita a causa delle molte contraddizioni e delle tensioni emerse durante COP15. La maggiore preoccupazione dei potenti è stata la gestione del rifornimento energetico nella prospettiva di una crescita infinita. Così è accaduto, sia nel caso dei paesi sovra-sviluppati, come quelli dell'Unione Europea o gli U.S.A., sia nel caso dei cosiddetti paesi in via di sviluppo come la Cina o il Brasile. Al contrario, centinaia di delegati e migliaia di persone nelle strade hanno sottolineato quanto la logica della vita debba essere (ed in effetti è) opposta a quella del profitto. Noi abbiamo affermato con forza la nostra volontà di porre un freno alla pressione antropica sulla biosfera. Una crisi del paradigma energetico è dietro l'angolo. Il meccanismo della governance globale si è rivelato decisamente precario. I potenti hanno fallito due volte. La prima nel raggiungere un accordo di equilibrio interno. La seconda nel mantenere un controllo formale della discussione.Il cambiamento climatico è l'estrema e definitiva espressione della violenza del paradigma della crescita capitalista. In tutto il mondo molte persone stanno esprimendo, con forza sempre maggiore, la loro volontà di ribellarsi contro questa violenza. Lo abbiamo visto in Copenaghen e assieme abbiamo visto la stessa violenza di cui sopra. Centinaia di persone sono state arrestate senza alcuna ragione e senza prove, magari per aver partecipato a manifestazioni pacifiche e legittime. Persino semplici esempi di disobbedienza civile sono stati considerati come una seria minaccia all'ordine sociale. In risposta noi chiediamo: Quale ordine minacciamo e chi lo ha costruito? Si tratta di quell'ordine in cui non siamo più padroni dei nostri corpi? Un ordine ben oltre i termini di ogni ragionevole “contratto sociale” che saremmo disposti a firmare, dove i nostri corpi possono essere presi, governati, costretti e imprigionati senza alcuna prova certa di crimine. Si tratta di quell'ordine in cui le decisioni sono sempre più protette da ogni conflitto sociale? Dove la governance appartiene sempre meno alle persone, nemmeno attraverso il parlamento? In verità, a governare al di sopra di ogni controllo sono organismi non democratici come il WTO, il FMI e i vari G8, G22, G2, ecc. Siamo costretti a notare come il teatro della democrazia crolli non appena ci si avvicini al cuore del potere.Ecco perché pretendiamo che il potere ritorni alle persone. Vogliamo il potere di decidere delle nostre vite. Soprattutto, vogliamo il potere di contrapporre la logica della vita e dei commons a quella del profitto. Forse tutto ciò è stato dichiarato illegale, ma noi continuiamo a considerarlo pienamente legittimo. Visto che nel teatro crollato non rimane alcuno spazio reale, abbiamo costruito la nostra forza collettiva per prendere posizione sulla questione climatica ed energetica. Questione che, secondo noi, comprende nodi critici di giustizia globale, sopravvivenza del genere umano e indipendenza energetica. Lo abbiamo fatto scendendo in strada con i nostri corpi.Noi preferiamo entrare nello spazio chiuso del potere ballando e cantando. Avremmo voluto farlo al Bella Center, per disturbare la sessione assieme a centinaia di delegati. Ma siamo stati, come sempre, violentemente ostacolati dalla polizia. Hanno arrestato i nostri corpi nel tentativo di arrestare le nostre idee. Abbiamo messo a rischio i nostri corpi, tentando di proteggerli solo stringendoci uno all'altro. Noi diamo valore ai nostri corpi: ci servono per fare l'amore, per stare assieme e per goderci la vita. Essi contengono i nostri cervelli, con idee e visioni brillanti. Contengono i nostri cuori pieni di passione e di gioia. Ad ogni modo li abbiamo sottoposti al rischio di finire rinchiusi in prigione. Ma quale sarebbe il valore dei nostri pensieri e dei nostri sentimenti se i nostri corpi non si muovessero? Non fare nulla, “lasciare che accada”, sarebbe la peggiore forma di complicità con il business che ha voluto sabotare il meeting delle Nazioni Unite. Ci siamo mossi al COP 15 e continueremo a farlo.
Proprio come l'amore, la disobbedienza civile non può essere raccontata. Dobbiamo farla con i nostri corpi. Altrimenti non penseremmo davvero a quello che amiamo e non ameremmo davvero quello che pensiamo. E' così semplice. E' una questione di amore, giustizia e dignità.
Il modo in cui si è concluso il COP15 prova che avevamo ragione. Molti di noi stanno pagando ciò che è inevitabile per una repressione ossessiva, totale e pervasiva: la necessità di trovare un colpevole ad ogni costo o di inventarselo (magari assieme al crimine). Siamo detenuti con accuse evidentemente assurde che riguardano violenze mai avvenute, cospirazioni e organizzazione di azioni contro la legge.
Non ci sentiamo colpevoli per avere espresso, in migliaia, la pretesa dell'indipendenza delle nostre vite dal diktat del profitto. Se le leggi si oppongono a questo, allora è stato legittimo violarle pacificamente (seppur con determinazione). Siamo solo temporaneamente trattenuti, pronti a navigare ancora con un vento più forte che mai. E' una questione di amore, giustizia e dignità.
Luca Tornatore
Natasha Verco - Climate Justice Action
Johannes Paul Schul Meyer
Arvip Peschel
Christian Becker
Kharlanchuck Dzmitry
Cristoph Lang
Anthony Arrabal
Gaza Freedom March - Cairo - Cariche e violenze della polizia egiziana contro gli attivisti
Oggi infatti la Gaza Freedom March avrebbe dovuto manifestare nella Striscia con la popolazione civile palestinese per la fine dell'assedio.
Appena il corteo si è messo in movimento gli attivisti sono stati attaccati dalla polizia, che ha violentemente cercato di allontanarli dalla strada
Alcuni attivisti sono stati feriti durante le cariche tra cui anche due italiani. Gli agenti hanno preso di peso le persone e le hanno spintonate sul marciapiede circondandoli.
Nonostante il tentativo repressivo da parte della polizia, i manifestanti sono determinati nel proseguire la manifestazione, come i promotori avevano pubblicamente annunciato alla presentazione del programma delle iniziative.
Gli attivisti, circondati dalla polizia, hanno continuato a fare slogans, a esporre cartelli e striscioni per rendersi ben visibili nel cuore della città.
Il presidio è continuato fino a tardo pomeriggio.
Intanto è arrivata la notizia della manifestazione che si è svolta in mattinata al valico di Erez nella parte isrealiana mentre all'interno di Gaza Hamas ha monopolizzato le proteste a tal punto che diverse organizzazioni della società civile palesinese non vi hanno partecipato.
Farcela da soli
Il movimento dei lavoratori in Cina (2007-2008)
- Dopo una crescita a due cifre durata una decina d’anni, la rapida espansione economica della Cina ha cominciato a rallentare alla fine della seconda metà del 2008. La disoccupazione è aumentata notevolmente durante il bienno 2007-2008; un gran numero di piccole e medie imprese, colpite dai costi elevati di materie prime e dall’aumento del valore della moneta, ridussero la produzione e licenziarono personale, tra cui soprattutto operai immigrati dalle campagne. Il tasso di inflazione raggiunse il 4,8 per cento nel 2007, il valore più elevato degli ultimi dieci anni che portò i prezzi dei generi alimentari alle stelle. Crescendo il costo della vita, numerosi governi locali aumentarono il salario minimo, tanto che i redditi disponibili sia delle famiglie rurali che di quelle cittadine sono cresciuti fino a fine 2008. La crisi economica mondiale, tuttavia, ha frenato questo corso tanto che il divario tra ricchi e poveri in Cina nel 2008 è continuato a crescere.
- In seguito a scandali e incidenti sul lavoro esemplificativi degli abusi e dello sfruttamento subiti dagli operai, la legislazione cinese promulgò tre nuove leggi sul lavoro, che hanno fatto del 2007 un anno cruciale per lo sviluppo della legislazione sul lavoro in Cina:
- Legge sui Contratti di Lavoro, finalizzata a ridurre il numero di lavoratori immigrati impiegati senza contratto.
- Legge sulla Promozione dell’Impiego, con lo scopo di creare un mercato del lavoro più aperto e corretto e combattere la discriminazione nell’impiego.
- Legge sulla Mediazione e la Giurisdizione Arbitrale, designata per razionalizzare e velocizzare i processi arbitrali e di mediazione.
- l’allargamento delle richieste degli operai da legali e specifiche a collettive, incentrate non più solo sulla difesa di diritti, ma soprattutto sulla difesa di interessi collettivi
- l’intervento mediatore diretto del governo all’interno delle dispute
- l’ allontanamento tra azione degli operai, mirata alla difesa di interessi economici e diritti legali, e azione prettamente politica dell’ACFTU, mirata a salvaguardare la stabilità sociale.
- l’ ACFTU si schierasse dalla parte dei lavoratori durante le dispute, superasse la tradizionale avversione nei confronti di scioperi e altri tipi di attivismo e promuovesse la contrattazione collettiva come mezzo di risoluzione senza cercare scusanti per la sua inazione (es. la crisi economica globale)
- il Partito e il governo permettessero all’ACFTU di rappresentare veramente gli interessi degli operai, accettando che le differenze di interessi tra lavoratori e datori di lavoro sono alla base delle economie orientate al mercato e che in queste il ruolo del governo si limita ad essere quello di arbitro neutrale nei conflitti aziendali.
L'ondata di scioperi
Verso una trasformazione delle politiche del lavoro
La proletarizzazione incompiuta
Vedere la Cina a partire dai suicidi della Foxconn
Più di 500, 40, 30, 20, 10 anni dopo
ALLERTA ROSSA E CHIUSURA CARACOLES
BOICOTTA TURCHIA
Viva EZLN
La lucha sigue!