martedì 10 maggio 2011

Primavera tunisina - Ancora rivolta!


Ancora rivolta!Aggiornamenti da Tunisi, dopo gli scontri degli ultimi giorni

di Fabio Merone

Il nostro articolo doveva concludersi qui [il riferimento è ai due precedenti articoli], ma la cronaca ci impone un urgente aggiornamento dei fatti. Mentre scrivo, nel centro di Tunisi c’é ancora tensione, e circa un migliaio di ragazzi sono faccia a faccia ad un cordone di polizia. I giovani della rivoluzione sono tornati a scendere in piazza.
Il venerdi 6 maggio, anziché trovare i salafiti sull’avenue Bourghiba (come ormai da appuntamento abituale), un piccolo corteo di ragazzi giovani e giovanissimi, occupano i gradoni del teatro e cantano slogan a meta tra tifo da stadio e slogan rivoluzionari. Nel momento di massima affluenza arriveranno forse ad un migliaio, ma l’intervento violento della polizia, sullo sfondo della tensione politica, trasforma questa giornata nell’inizio di un sollevamento dei quartieri popolari del centro e della periferia (El Kram, Intilaka, La Goulette): gli stessi che si erano sollevati nelle giornate che hanno preceduto la fuga di Ben Ali.

Primavera tunisina - Potenza del tumulto - Parte 2

di Fabio Merone

Ma come è stato possibile che un apparato di sicurezza cosi potente sia crollato sotto i colpi dei giovani della rivoluzione?
La destrutturazione dell’apparato ideologico era evidente nella realtà dei fatti. Ma questo nessuno lo poteva sapere. E’ la riflessione del senno di poi che ci aiuta a capire. Il presente della vita delle persone normali è quello di sempre, ed è determinato dalla materialità delle condizioni di vita. Ognuno ha la sua lettura: il borghese che ha come orizzonte la sua città, è convinto che il paese stia sulla strada del progresso, nonostante le contraddizioni. Quello dei quartieri popolari, affogato fino in fondo nella materialità delle tradizioni sociali, oltre che della miseria materiale, ripete i suoi rituali pedissequamente. Ma anche la tradizione ha il suo peso, e può manifestarsi con la stessa forza oppressiva del regime di polizia. Anzi, a volte diventano alleate, e si confondono. Il poliziotto che ferma il ragazzino per la strada troppo agitato lo afferra e lo picchia come avrebbe fatto un padre di famiglia. L’intenzione era spesso paternalista. I rapporti di forza all’interno della società patriarcale si manifestavano e si giustificavano nella logica del sistema di potere. Il potente di turno del villaggio diventava l’“homda” (sindaco) e distribuiva i benefici degli aiuti pubblici secondo una logica clientelare assolutamente in coerenza con i rapporti di forza e le alleanze delle grandi famiglie.
Ma questi adolescenti, questi giovani voluttuosi in cerca di uno sfogo sociale, avevano uno strano moto di libertaà. Nessuno vi ha prestato attenzione. Io me li ricordo, e mi incuriosiva il fatto che, spesso, a giustificazione del loro progetto emigratorio, usavano la parola “libertà”.
Non si trattava dunque di fame? Non era soltanto la ricerca disperata di un’occupazione stabile. Ma voglia di libertà. E chi lo avrebbe detto? Chi era disposto a credere ad un’analisi che riconoscesse a questi ‘senza futuro’, a questi ‘sbandati’, un progetto di libertà?

Osama - E' stata una vendetta, non si è fatta giustizia


di Leonardo  Boff [*] ,  
trad. di Antonio Lupo

Chiunque abbia approvato il nefasto crimine terrorista, compiuto da Al Qaeda l'11 settembre 2001 a New York è nemico di se stesso ed è  contro i minimi valori umanitari.
Ma é inaccettabile che uno Stato, il più forte del mondo militarmente, per rispondere al terrorismo si sia trasformato anch'esso in uno Stato terrorista. E' quello che ha fatto Bush, limitando la democrazia e  sospendendo a tempo illimitato alcuni diritti del paese. E ha fatto di più, iniziando due guerre, contro Afganistan e Irak, dove ha devastato una delle culture più antiche dell'umanità e in cui sono state ammazzate più di 100 mila persone, con oltre un milione di rifugiati.

Bisogna ripetere la domanda che  quasi a nessuno  interessa fare: perchè si sono compiuti questi atti di terrorismo?
Il vescovo Robert Bowman, di Melbourne Beach in Florida, che era stato precedentemente pilota di caccia militari durante la guerra in Vietnam, ha risposto con chiarezza, sul National Catholic Reporter, con una lettera aperta al Presidente: ”Siamo bersagli dei terroristi, perchè, in buona  parte del mondo, il nostro Governo difende la dittatura, la schiavitù e lo sfruttamento dell'uomo. Siamo bersaglio dei terroristi perchè ci odiano. E ci odiano perchè il nostro  Governo fa cose odiose”.

lunedì 9 maggio 2011

Primavera tunisina - Il crollo di un paradigma - Parte 1

Primavera tunisina
Parte 1/ Il crollo di un paradigmadi Fabio Merone
Mentre riesplodono le piazze tunisine e in attesa del seminario Euro-med che si svolgerà a Roma giovedì 12 e venerdì 13 maggio, Fabio Merone, attivista di Assopace che da otto anni vive e lavora a Tunisi, ci aiuta a comprendere la rivoluzione permanente che sta segnando il Maghreb. Un primo articolo, a cui ne seguiranno altri e a cui, progressivamente, accompagneremo interviste e cronache di quanto sta accadendo in questi giorni.
Bisogna aver vissuto una dittatura per capire la forza del pensiero unico. Il pensiero è importante, l’ideologia altrettanto. Una dittatura non è un carro armato che ti punta la sua canna davanti al muso per farti tacere. E’ la costruzione di un sistema di pensiero, prima di tutto. Non si pensi che i tiranni non agiscano in base ad una legittimità. Finché esiste un sistema autoritario esiste una società che, nella migliore delle ipotesi, ne è complice.
In Tunisia, per riuscire ad avere una mente critica, dovevi essere studente universitario (preferibilmente di filosofia o di lingua e letteratura o di scienze politiche, o diritto), o per qualche ragione incontrare i gruppuscoli della grande famiglia marxista-leninista, molti dei quali si nascondevano nelle strutture del grande sindacato (UGTT). In quel caso rischiavi però di essere fagocitato dentro un mondo extra-terrestre rispetto alla realtà sociale del tuo paese. E allora se stavi a Tunisi, nella capitale, ti capitava di passare le tue ore libere ad elaborare teorie di dipendenza dei paesi del terzo mondo dal capitale internazionale ed imperialista.
Il tunisino medio viveva di ben altro, e la sua soggettività di classe, di ceto, di sottoproletario o piccolo borghese, si alimentava di cose diverse. La piccola e media borghesia delle città costiere era imbevuta di un proprio mito che andava d’accordo con quello del potere. Potremmo dire, che un’intera classe sociale si era costruita una lettura del mondo, ed il potere, rozzo quanto si voglia, se ne faceva garante. Sfido chiunque a contestare questa interpretazione. La propaganda elabora questa banale ma geniale categoria: “il modello tunisino”.

domenica 8 maggio 2011

Messico - San Cristobal tornano gli zapatisti per partecipare alle giornate della Marcia per la pace



Partenza CIDECI7 maggio 2011, San Cristobal de las Casas, Chiapas
Dopo 8 anni gli zapatisti tornano a sfilare per le strade di San Cristobal. In 20 o 30 mila sono partiti dal Cideci, il Centro Indígena de Capacitación Integral che si trova in periferia e hanno marciato fino alla piazza di fronte la Cattedrale nel centro della città, come risposta all'appello lanciato da Javier Sicilia e dalla Red por la Paz y la Justicia e per aderire alle mobilitazioni di questi giorni contro la “guerra di Calderόn”. Una marcia silenziosa, imponente che ha bloccato la città. Ad aprire il lungo corteo c'erano proprio i compagni e le compagne giunti all'alba dalle loro comunità.
Tantissimi dai cinque Caracol,  tutti con  passamontagna o paliacate; poi la società civile chiapaneca e gli aderenti alla Otra Campagna. Un fiume di persone a colorare il grigio della periferia. Tra i tanti anche uno striscione di un collettivo  di appoggio ai prigionieri politici, e alle loro famiglie e poi ancora quello della comunità di Acteal che ha sfilato con 45 croci nere con sopra scritti i nomi dei martiri del massacro perpetrato dai paramilitari di "Paz y Justicia" nel 1997.Centinaia gli striscioni, i cartelli che nel silenzio gridavano “Basta alla guerra di Calderόn”, “Basta sangue” e “Estamos hasta la madre!” come dire “non ne possiamo più”, lo slogan con cui sono state lanciate le mobilitazioni. Infatti le proteste (domani ci sarà una grande manifestazione a Città del Messico) sono state promosse per denunciare come la guerra ai narcos –  che fa una media di 40 morti al giorno in Messico – voluta da Calderόn, stia insanguinando il paese, imponendo nei fatti uno stato d'assedio. Stato d'assedio che colpisce, oltre alla vita di molti messicani innocenti, chi si oppone al governo, i movimenti sociali  e soprattutto gli zapatisti.
Arrivato nella piazza centrale il corteo si ferma ad ascoltare il Comandante David che legge  un comunicato del Sup.
TESTO DEL DISCORSO DELL'EZLN
L'AUDIO DEL MESSAGGIO DELL'EZLN LETTO DAL COMANDANTE DAVID

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!