sabato 14 maggio 2011

Gaza - Voci che resistono

13 maggio 2011
Cominciamo a conoscere Gaza. Zona nord-est della città: i racconti dei ragazzi palestinesi ci portano indietro di qualche anno, a quei giorni di dicembre del 2008 quando l'esercito israeliano diede inizio all'operazione piombo fuso. Dinnanzi ai nostri occhi i segni di tutto quello che ha portato: edifici distrutti, case abbattute, i campi dove i contadini coltivavano la terra completamente inariditi e contaminati dalle bombe al fosforo bianco. Il confine con i territori occupati da Israele dista solo qualche km, tra questo e lo spazio abitato c'è la così detta “buffer zone”: pezzi di terra coltivabili a cui però i palestinesi non possono accedere; quando lo fanno rischiano sempre un attacco israeliano che parte puntuale dalle torrette disposte lungo la linea di confine. In alcune di queste torrette spara un cecchino, in altre mitragliatrici automatiche. Spesso durante il periodo dei raccolti i militari israeliani irrompono con i carri armati sparando sui contadini all'interno della “buffer zone” per devastare i campi, così com'è avvenuto stamattina. In alto nel cielo, ci fa notare uno dei ragazzi, si erge un dirigibile: attraverso questo mezzo Israele controlla tutta la città di Gaza, al suo interno è posta una potente telecamera satellitare, una sorta di panopticon ultra moderno. L'unica differenza è che il controllore è sempre ben riconoscibile. Conosciamo anche gli abitanti di questa parte di città, i primi a venirci incontro sono i bambini, sui quali i segni della guerra non hanno intaccato il sorriso.

martedì 10 maggio 2011

Messico - La richiesta di pace con giustizia e dignità

Messico - Zocalo Df Conclusione Marcia Nazionale per la paceLa Marcia raggiunge lo Zocalo di Città del Messico
di Matteo Dean

Quando l’insensatezza occupa la vita pubblica,
la poesia ha la ragione.
Dunque, facciamo parlare la poesia
perché tacciano gli insensati.

Un silenzio assordante. È così che si può riassumere la lunga marcia “per la pace con giustizia e dignità” che iniziata lo scorso 5 maggio a Cuernavaca (cento chilometri a sud di Città del Messico) si è conclusa questa domenica nella piazza centrale della capitale messicana. Silenzio, spiega Javier Sicilia, premio nazionale di poesia, giornalista e padre di Juan Francisco, assassinato dai sicari del narcotraffico il 28 marzo scorso; silenzio perché “il nostro dolore è così grande e così profondo, che non vi sono più parole per nominarlo”. Il giorno dopo la straordinaria manifestazione zapatista a San Cristobal de Las Casas in Chiapas, sono Città del Messico ed almeno altre venti città le protagoniste di questa giornata convocata da Javier Sicilia. Cominciata con la partecipazione di meno di mille persone, la marcia è terminata con l’arrivo di almeno 200 mila persone nello zocalo di Città del Messico. Una moltitudine che ha compreso padri e madri, figli e parenti delle oltre 40 mila vittime che la “guerra al narcotraffico” lanciata dall’attuale amministrazione federale messicana di Felipe Calderon; ma anche migliaia tra militanti delle più diverse organizzazioni sociali messicane, giovani, studenti, artisti, migranti, indigeni e molti altri.

Primavera tunisina - Ancora rivolta!


Ancora rivolta!Aggiornamenti da Tunisi, dopo gli scontri degli ultimi giorni

di Fabio Merone

Il nostro articolo doveva concludersi qui [il riferimento è ai due precedenti articoli], ma la cronaca ci impone un urgente aggiornamento dei fatti. Mentre scrivo, nel centro di Tunisi c’é ancora tensione, e circa un migliaio di ragazzi sono faccia a faccia ad un cordone di polizia. I giovani della rivoluzione sono tornati a scendere in piazza.
Il venerdi 6 maggio, anziché trovare i salafiti sull’avenue Bourghiba (come ormai da appuntamento abituale), un piccolo corteo di ragazzi giovani e giovanissimi, occupano i gradoni del teatro e cantano slogan a meta tra tifo da stadio e slogan rivoluzionari. Nel momento di massima affluenza arriveranno forse ad un migliaio, ma l’intervento violento della polizia, sullo sfondo della tensione politica, trasforma questa giornata nell’inizio di un sollevamento dei quartieri popolari del centro e della periferia (El Kram, Intilaka, La Goulette): gli stessi che si erano sollevati nelle giornate che hanno preceduto la fuga di Ben Ali.

Primavera tunisina - Potenza del tumulto - Parte 2

di Fabio Merone

Ma come è stato possibile che un apparato di sicurezza cosi potente sia crollato sotto i colpi dei giovani della rivoluzione?
La destrutturazione dell’apparato ideologico era evidente nella realtà dei fatti. Ma questo nessuno lo poteva sapere. E’ la riflessione del senno di poi che ci aiuta a capire. Il presente della vita delle persone normali è quello di sempre, ed è determinato dalla materialità delle condizioni di vita. Ognuno ha la sua lettura: il borghese che ha come orizzonte la sua città, è convinto che il paese stia sulla strada del progresso, nonostante le contraddizioni. Quello dei quartieri popolari, affogato fino in fondo nella materialità delle tradizioni sociali, oltre che della miseria materiale, ripete i suoi rituali pedissequamente. Ma anche la tradizione ha il suo peso, e può manifestarsi con la stessa forza oppressiva del regime di polizia. Anzi, a volte diventano alleate, e si confondono. Il poliziotto che ferma il ragazzino per la strada troppo agitato lo afferra e lo picchia come avrebbe fatto un padre di famiglia. L’intenzione era spesso paternalista. I rapporti di forza all’interno della società patriarcale si manifestavano e si giustificavano nella logica del sistema di potere. Il potente di turno del villaggio diventava l’“homda” (sindaco) e distribuiva i benefici degli aiuti pubblici secondo una logica clientelare assolutamente in coerenza con i rapporti di forza e le alleanze delle grandi famiglie.
Ma questi adolescenti, questi giovani voluttuosi in cerca di uno sfogo sociale, avevano uno strano moto di libertaà. Nessuno vi ha prestato attenzione. Io me li ricordo, e mi incuriosiva il fatto che, spesso, a giustificazione del loro progetto emigratorio, usavano la parola “libertà”.
Non si trattava dunque di fame? Non era soltanto la ricerca disperata di un’occupazione stabile. Ma voglia di libertà. E chi lo avrebbe detto? Chi era disposto a credere ad un’analisi che riconoscesse a questi ‘senza futuro’, a questi ‘sbandati’, un progetto di libertà?

Osama - E' stata una vendetta, non si è fatta giustizia


di Leonardo  Boff [*] ,  
trad. di Antonio Lupo

Chiunque abbia approvato il nefasto crimine terrorista, compiuto da Al Qaeda l'11 settembre 2001 a New York è nemico di se stesso ed è  contro i minimi valori umanitari.
Ma é inaccettabile che uno Stato, il più forte del mondo militarmente, per rispondere al terrorismo si sia trasformato anch'esso in uno Stato terrorista. E' quello che ha fatto Bush, limitando la democrazia e  sospendendo a tempo illimitato alcuni diritti del paese. E ha fatto di più, iniziando due guerre, contro Afganistan e Irak, dove ha devastato una delle culture più antiche dell'umanità e in cui sono state ammazzate più di 100 mila persone, con oltre un milione di rifugiati.

Bisogna ripetere la domanda che  quasi a nessuno  interessa fare: perchè si sono compiuti questi atti di terrorismo?
Il vescovo Robert Bowman, di Melbourne Beach in Florida, che era stato precedentemente pilota di caccia militari durante la guerra in Vietnam, ha risposto con chiarezza, sul National Catholic Reporter, con una lettera aperta al Presidente: ”Siamo bersagli dei terroristi, perchè, in buona  parte del mondo, il nostro Governo difende la dittatura, la schiavitù e lo sfruttamento dell'uomo. Siamo bersaglio dei terroristi perchè ci odiano. E ci odiano perchè il nostro  Governo fa cose odiose”.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!