sabato 28 luglio 2012

Spagna - Intervista a Pablo Elurdoy - Revista Diagonal


Puoi inquadrarci la situazione che sta attraversando la Spagna sia a livello di mobilitazioni, sia per quanto che sta facendo il Governo, sia per il tema dello "scontro" tra Governo centrale e autonomie locali?
Quello che sta succedendo in Spagna è che dopo la parentesi provocata dalle elezioni e lo sciopero generale convocato dai sindacati, in una forma tradizionale di protesta, gli ultimi attacchi dei "mercati", come vengono chiamati qui, degli investitori istituzionali, per usare la terminologia sulla credibilità del debito, hanno fatto sì che il Governo si trovi nella situazione in cui i tagli e i vari piani di austerità non sono serviti a calmare questi attacchi alla credibilità del debito.
L'ultima manovra di tagli fatta il 12 luglio, in cui è stato attaccato il settore che aveva sinora meglio sopportato la crisi, ovvero il pubblico impiego e il lavoro qualificato, ha portato ad una situazione in cui i lavoratori pubblici e della classe media hanno reagito quasi per la prima volta dall'inizio della crisi. Infatti, lo sciopero del 29 maggio non aveva coinvolto i lavoratori del pubblico impiego che non erano scesi in piazza, mentre questa volta sono stati loro stessi ad essere protagonisti delle mobilitazioni.
Questi lavoratori si sono organizzati per la prima volta in maniera non verticale, o comunque meno verticale che in altre occasioni.
Uno per uno, luogo di lavoro per luogo di lavoro, hanno iniziato a reclamare lo spazio di dibattito per contrapporsi ai tagli. Hanno iniziato a mobilitarsi in una forma diversa da quella tradizionale dei sindacati.
La manifestazione del  19 luglio é stata l'evidenza della nuova fase dello scontro. Ci sono stati blocchi stradali, cortei, manifestazioni dei distinti settori che si sono visti attaccati dalla riforma. Adesso bisogna vedere come proseguiranno questi avvenimenti visto il periodo dell'anno in cui ci troviamo, e cioè luglio e agosto che sono un periodo di relativa calma.
Per quanto riguarda le comunità autonome e la loro "ribellione", bisogna tener presente che una delle caratteristiche che questo modello ha assunto durante la transizione è stato arrivare a prevedere che le comunità autonome avessero più competenze.
Competenze soprattutto per quelle realtà che le hanno sempre storicamente rivendicate, per quelle che hanno  identità e peculiarità storiche particolarmente forti, come la Catalunya e i Paesi Baschi, anche se poi questo si è esteso a tutte le realtà dello stato spagnolo. L'ultimo taglio del 19 luglio non solo ha minato la capacità d'investimento e con questo anche la capacità di creazione di politiche pubbliche delle comunità, ma, oltre a minarla, ha anche ridato un ruolo alle "deputazioni", che sono delle figure pre-franchiste quasi centenarie che durante il franchismo acquisirono molta importanza proprio perchè il regime non voleva riconoscere alle comunità le proprie autonomie.
Quindi con la scusa dell'austerità e a causa della cattiva gestione delle comunità autonome, governate queste dal PP, è stata recuperata una figura identificata con il "centralismo", che come sapete in Spagna è un tema che suscita molte polemiche. Questo recupero delle deputazioni nasonde una ristrutturazione dello stato nel livello di trasferimento delle competenze.
E' paradossale: le comunità autonome che hanno maggiori debiti e sono in condizioni peggiori  sono proprio quelle governate dal PP, ovvero la Comunità Valenciana, simbolo della speculazione, quella di Murcia che agisce con lo stesso schema, la Castiglia e poi la Catalogna, che è un'eccezione perchè sta applicando i dettami neoliberali a tutta velocità, adrittura più velocemento dello stesso governo (per esempio i tagli dei lavoratori pubblici c'è stato prima in Catalogna che nel resto dello stato a tal punto che le misure del 12 luglio non vi sono state applicate perchè già in atto).
In questo quadro come è possibile costruire percorsi di alternativa?

Grecia - La Lampedusa d'Europa


Dove inizia l'Europa? In luoghi diversi: oltre il controllo documenti di uno scalo aereo, superate le recinzioni di un porto, dopo una frontiera terrestre con un paese dal passato sovietico. Cos'è l'Europa? Tante cose. Una meta per le vacanze, comodamente raggiungibile e relativamente tranquilla. Un luogo in cui investire, dove la proprietà è al sicuro e la concorrenza garantita. Per qualcuno è così.
Per altri, invece, “Europa” significa speranza di una vita migliore. Speranza di trovare un lavoro dignitoso, di poter godere di alcuni diritti, di non rischiare continuamente la pelle a causa di una guerra. Un sogno che spesso assomiglia a un'illusione e facilmente si trasforma in un incubo. Soprattutto per quei migranti che tentano di raggiungerla senza documenti. Sono solo una parte degli “irregolari” che vivono e lavorano nel vecchio continente: la clandestinità è una condizione prodotta soprattutto dalle frontiere di status, più che da quelle geografiche e politiche. È dimostrato statisticamente che la maggior parte dei clandestini diventano tali alla scadenza di un visto turistico, perdendo il lavoro, per un mancato rinnovo del permesso di soggiorno.
Chi non può acquistare un visto e un biglietto aereo, però, deve tentare la fortuna affrontando viaggi avventurosi, che per i moderni nomadi aeroportuali hanno un sapore d'altri tempi. Nessuna illusione romantica: in questi viaggi la gente muore, perde familiari e amici, subisce stupri, violenze, furti. Ma la speranza e la necessità sfidano i rischi, senza paracadute e senza assicurazione.
Fino a pochi anni fa, le rotte tracciate da questi migranti seguivano percorsi differenti. L'Europa aveva diverse porte d'ingresso, situate nei paesi della cintura mediterranea. Dal Marocco si poteva raggiungere la Spagna in patera; dalla Tunisia e dalla Libia ci si imbarcava per l'Italia, incrociando le dita e sperando nella clemenza del mare; dalla Turchia si raggiungevano le isole greche che ne lambiscono la costa o si attraversava il fiume che disegna il profilo orientale della penisola ellenica. Poi sono arrivate le navi militari di Frontex e gli accordi bilaterali con i dittatori del Nordafrica. Le navi hanno iniziato a respingere le imbarcazioni di fortuna dirette verso l'Andalusia, nel mediterraneo occidentale, e quelle che puntavano verso le isole greche, in quello orientale. Gli accordi hanno riempito di soldi le casse di Ben Alì e soprattutto di Gheddafi, delegando a chi non ha l'impiccio di dover rispettare i diritti fondamentali degli esseri umani la deterrenza dei flussi migratori. Oltre ai pattugliamenti congiunti delle coste, ai rimpatri, ai respingimenti collettivi (illegali nonostante questi accordi!), nella grande Jamahiriya sono spuntati i centri di detenzione per migranti: a Kufra, a Qatrun, a Ghat e in altre città libiche. Questi luoghi di morte e miseria, dove la vita umana non ha più alcun valore, hanno la targa italiana.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!