domenica 2 dicembre 2012

Tunisia - Al grido di “Dégage” riprendono le contestazioni al governo


Dopo tre giorni di manifestazioni e di violentissimi scontri a Siliana, nell’ovest della Tunisia, le proteste si sono estese in numerose altre città del Paese. Anche oggi ci sono state manifestazioni in tutto il paese nelle città di Kassarine, El Kef dove ci sono stati scontri tra manifestanti e polizia. Nella capitale ieri ed oggi manifestazioni di protesta. Mentre a Siliana continua la protesta 

Tunisi 30 novembre 2012
Oggi anche a Tunisi si è svolta una manifestazione di solidarietà agli abitanti di Siliana che richiedono più diritti, lavoro e libertà, oltre che le dimissioni del Governatore locale, nipote del primo ministro Jebali, entrambi esponenti del partito islamico Ennadha. Il Governatore di Siliana viene considerato illegittimo dai manifestanti in quanto non eletto dalla popolazione ma designato direttamente dal governo, dato che in nessuna regione della Tunisia si sono svolte ancora elezioni amministrative.
In tutte le delegazioni del governatorato di Siliana negli ultimi tre giorni migliaia di persone hanno partecipato allo sciopero generale indetto dal sindacato Ugtt. Ieri nel corso della manifestazioni migliaia di giovani, studenti e disoccupati sono stati dispersi dalle forze dell’ordine che hanno sparato, oltre che lacrimogeni e proiettili di gomma, anche proiettili di piombo con fucili da caccia(Rach) provocando oltre 200 feriti, anche gravi, di cui circa 20 rischiano di perdere la vista.
La manifestazione a Tunisi, indetta dagli studenti,è partita dal centro della città e si è diretta di fronte al Ministero dell’Interno, interamente circondato da mezzi blindati e filo spinato, piazzato nel corso della notte dai militari.
Una giovane donna spiega i motivi della protesta: "non si può accettare la repressione contro chi protesta per i propri diritti come a Siliana. Noi non torneremo indietro"

Dopo diverse ore di fronteggiamento tra le centinaia di poliziotti che presidiavano il palazzo e i manifestanti, sono partite delle violente cariche chesono sfociate in una vera e propria caccia all’uomo nelle vie che costeggiano l’arteria principale del centro di Tunisi, Avenue Bourghiba, in cui la polizia ha picchiato selvaggiamentee indiscriminatamente i manifestanti e alcuni tra i giornalisti presenti.
Nel corso della manifestazione sono stati scanditi ininterrottamente i cori che richiamano direttamente al periodo della rivoluzione, primo tra tutti il celebre ”Dégage” che è stato il simbolo della cacciata del dittatore Ben Ali, questa volta indirizzato al ministro dell’interno, diretto responsabile della violenta repressione di Siliana.
Nelle prossime ore si attende a Tunisi l’arrivo di una marcia degli abitanti di Siliana che porterà davanti ai palazzi del potere della Capitale la richiesta delle dimissioni del governo attuale, che ricalca medesime modalità del precedente regime.
Le manifestazioni di questi giorni e le drammatiche immagini dei feriti di Siliana hanno obbligato il Governo a fare un passo indietro sull’uso delle cartucce da caccia Rach.
La Rivoluzione de Gelsomini, che è stata un propulsore anche delle rivoluzioni in Egitto e in Medio Oriente si configura sempre più come incompiuta, e la transizione democratica appare ogni giorno più lontana. Ma se finora la popolazione tunisina è stata in fiduciosa attesa di un cambiamento che non c’è stato, d’ora in avanti sembra pronta a riconquistarsi il proprio futuro.

venerdì 30 novembre 2012

Congo - Dramma umanitario



Goma città fantasma. I ribelli non si ritirano. L'esercito, allo sbando, è accusato di saccheggi. E gli sfollati sono 1,6 mln.

di Michele Esposito

Un esercito regolare allo sbando, accusato di saccheggi e violenze. E una resistenza finora dimostratasi credibile ma capace, da un momento all’altro, di dar vita all’ennesima mattanza.
Lontano dai difficili negoziati di Kampala, a Goma, capitale del Nord Kivu situata nell’Est della Repubblica democratica del Congo (Rdc), regnano attesa e confusione.
La città, occupata dai ribelli del Movimento 23 Marzo (M23), è in stallo. Le voci di un ritiro dei ribelli si susseguono, ma sembrano ancora false. Migliaia di sfollati faticano a tornare nelle proprie case mentre diversi testimoni denunciano che le truppe regolari si sono rese colpevoli di gravi violazioni dei diritti umani, accentuando quella che pare delinearsi come l’ennesima emergenza umanitaria per la tribolata ex colonia belga.
GOMA CITTÀ FANTASMA. La capitale del Nord Kivu appare ancora come una «città fantasma, dove la gente preferisce restare in casa, le attività sono solo in parte riprese e anche le scuole, nonostante gli inviti dei ribelli a riaprirle, restano in parte chiuse», ha raccontato a Letter43.it padre Piero Gavioli, direttore del centro giovanile don Bosco Ngangi che, da quando l’M23 ha preso Goma, ospita «7-8 mila sfollati». La situazione, ha sottolineato Gavioli, è comunque di «calma apparente» anche perché l’M23 si è «comportato correttamente» a dispetto dei soldati regolari che «prima di ritirarsi, hanno saccheggiato diverse abitazioni».
LE VIOLENZE DELL'ESERCITO REGOLARE. Alle parole di Gavioli fanno eco quelle di altri testimoni che, nelle città-satellite di Goma, hanno assistito alle violenze di un esercito dove disciplina e tutela dei diritti umani sembrano essere ormai una chimera.
«I soldati sono arrivati e hanno cominciato a sparare e a stuprare le nostre donne. Hanno rubato cibo e altri beni nei negozi e hanno detto che, se li avessimo denunciati, ci avrebbero ucciso», ha raccontato, restando nell’anonimato, un abitante di Minova, città a 50 km a sud di Goma dove l’esercito congolese si è ritirato.
Minova sembra essere la cartina di tornasole di un quadro militare quasi paradossale, che vede i circa 1.500 combattenti dell’M23 presentarsi come una formazione ben equipaggiata e disciplinata a fronte di un esercito congolese che, nonostante possa contare su decine di migliaia di unità, appare paranoico, pericoloso, affamato di ogni genere di beni, prossimo al collasso.
IL TIMORE DI NUOVE TRAGEDIE. L’inaffidabilità delle truppe regolari «per noi non è una novità», ha spiegato a Lettera43.it Stefano Merante, responsabile dei progetti del Vis (Volontariato internazionale per lo sviluppo) nell’Rdc, ricordando al tempo stesso come, nel recentissimo passato, saccheggi e violenze abbiano segnato anche la presenza dell’M23. Anche per questo, ha sottolineato Merante - in costante contatto con i tre volontari italiani operanti al don Bosco - nel centro «c’è un clima di attesa e scoramento», accentuato dal timore che la ripresa dei combattimenti si possa trasformare nell’ennesima «tragedia».

Nell'est della Repubblica del Congo oltre 1,6 milioni di sfollati

Un figlio di profughi congolesi riscalda l'acqua al campo Mugunga, fuori da Goma.(© LaPresse) Un figlio di profughi congolesi riscalda l'acqua al campo Mugunga, fuori da Goma.
Per ora, gli sfollati del don Bosco così come i profughi dei 12 campi dell’area monitorati dall’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr), sono riusciti ad ottenere assistenza alimentare sufficiente per i prossimi giorni.
Ma se «i negoziati andranno per le lunghe come sembra, tornerà l’emergenza», ha avvertito Merante parlando di decine di bambini giunti al don Bosco in uno stato di «malnutrizione». E proprio donne e bambini, è l’allarme lanciato dal responsabile del Vis, sono le principali vittime della prolungata instabilità delle sponde occidentali del lago Kivu, teatro ormai da mesi di quella che «già si era profilata come una catastrofe umanitaria», con almeno «590 mila sfollati interni» registrati sin dalla recrudescenza delle ostilità, nella scorsa primavera.
CONDIZIONI SANITARIE DISPERATE. Famiglie spesso costrette in alloggi di fortuna, in condizioni igienico-sanitarie disperate, che, loro malgrado, hanno ulteriormente destabilizzato un’area che conta in totale 1,6 milioni di profughi. Ma «la causa umanitaria è da tempo passata in secondo piano» mentre le pattuglie dei migliaia di caschi blu della missione Monusco, da quando su Goma sventola il vessillo dell’M23, quasi non si vedono per le strade della città, segno della colpevole impotenza della più grande missione di pace delle Nazioni Unite.

Mercoledì, 28 Novembre 2012

Tratto da: Lettera 43

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!