domenica 17 marzo 2013

Messico - ELLOS Y NOSOTROS VII.- L@s más pequeñ@s 7 y último. Dudas, sombras y un resumen en una palabra.


LORO E NOI
VII. – Le/i più piccol@ 7 e ultimo.
7. – Dubbi, ombre ed il riassunto in una parola.

Marzo 2013
I Dubbi.
  Se dopo avere letto i frammenti della parola delle compagne e dei compagni dell’EZLN sostenete ancora che gli indigeni zapatisti sono manipolati dalla mente perversa del supmarcos (ed ora anche del subcomandante insurgente Moisés) e che dal 1994 non è cambiato niente nel territorio zapatista, allora siete irrecuperabili.

Non vi diciamo di spegnere la televisione, o di smettere di credere che l’intellettualità di solito si distribuisce tra i suoi parrocchiani, perché restereste con la mente vuota. Continuate a credere che la recente legge sulle telecomunicazioni democratizzerà l’informazione, che eleverà la qualità della programmazione e che migliorerà il servizio di telefonia mobile.

Ma, se la pensate così, non sareste arrivati fino a questa parte della saga “Loro e Noi”, quindi, è una supposizione, diciamo che siete una persona con coefficiente intellettuale medio e cultura progressista. Con queste caratteristiche è molto probabile che pratichiate il dubbio metodico riguardo a tutto, cosicché sarebbe logico supporre che dubitiate di quello che avete qui letto. E dubitare non è qualcosa da condannare, è uno degli esercizi intellettuali più sani (e più dimenticati) dell’umanità. E di più quando si tratta di un movimento come quello zapatista o neo-zapatista, sul quale si sono dette tante cose (la maggior parte senza nemmeno essersi avvicinati a quello che siamo).

Mettiamo da parte un fatto, accertato perfino dai grandi mezzi di comunicazione: decine di migliaia di indigeni zapatisti che prendono, in forma simultanea, 5 città dello stato sudorientale messicano del Chiapas.

Dunque, già avanzando dubbi, se non è cambiato niente nelle comunità indigene zapatiste, perché continuano a crescere? Non avevano detto tutti che era qualcosa del passato, che gli errori dell’ezetaelene (ok, ok, ok, di marcos) erano costati la sua esistenza (“mediatica”, ma questo non l’hanno detto)? La dirigenza zapatista non era allo sbando? L’EZLN non era sparito e di lui rimaneva solo l’ostinata memoria di chi, fuori dal Chiapas, sente e sa che la lotta non è qualcosa soggetta ai viavai della moda?

Ok, rimediamo a questo fatto (l’ezetaelene è cresciuto in maniera esponenziale nei tempi in cui non era di moda), ed abbandoniamo il tentativo di instillare questi dubbi (che serviranno solo perché i vostri commenti sulla stampa nazionale siano pubblicati o siate bannati “per sempre”).

Riprendiamo il dubbio metodico:

E se le parole apparse in queste pagine come quelle di uomini e donne indigeni zapatisti, in realtà fossero paternità di Marcos?

Cioè, e se fosse stato Marcos a simulare che erano altr@ quell@ che parlavano e sentivano quelle parole?

E se le scuole autonome in realtà non esistessero?

E se gli ospedali, le cliniche, i rendiconti, le donne indigene con incarichi di responsabilità, le terre coltivate, la forza aerea zapatista, e…?

Sul serio: e se niente di quello che dicono quelle indigene, quegli indigeni esistesse realmente?

In sintesi, e se tutto non fosse nient’altro che una monumentale bugia di marcos (e Moisés, già che ci siamo) per consolare con chimere quell@ di sinistra (sporch@, brutt@, cattiv@, irriverenti, non dimenticate) che non mancano mai e che sono sempre pochi, pochissimi, una disprezzabile minoranza? E se il supmarcos si fosse inventato tutto questo?

Non sarebbe bene confrontare questi dubbi ed il vostro sano scetticismo con la realtà?

E se fosse possibile che voi vedeste direttamente queste scuole, queste cliniche ed ospedali, questi progetti, queste donne e questi uomini?

E se voi poteste ascoltare direttamente quegli uomini e quelle donne, messicani, indigeni, zapatisti mentre si sforzano di parlarvi in spagnolo per spiegarvi, raccontarvi la loro storia, non per convincervi o per reclutarvi, ma solo affinché possiate capire che il mondo è grande e che al suo interno ci sono molti mondi?

E se voi poteste concentrarvi solo a guardare ed ascoltare, senza parlare, senza pensare?

Accettereste questa sfida o continuereste a rifugiarvi nello scetticismo, quel solido e magnifico castello di ragioni per non fare niente?

Vorreste essere invitato ed accettereste l’invito?

Frequentereste delle lezioni nelle quali le e gli insegnanti sono indigeni la cui lingua madre è classificata come “dialetto”?

Avreste voglia di studiarla a scopo antropologico, psicologico, del diritto, esoterico, storiografico, per realizzare un reportage, fare loro un’intervista, dire loro la vostra opinione, dare loro consigli, ordini?

Li guardereste, cioè, li ascoltereste?
 -*-
Le ombre.

A lato di questa luce che ora brilla, non si nota la forma irregolare delle ombre che l’hanno resa possibile. Perché un altro dei paradossi dello zapatismo è che non è la luce che produce le ombre, bensì è da queste che la luce nasce.

Donne e uomini di angoli lontani e vicini di tutto il pianeta hanno reso possibile non solo quello che si vede, ma con i loro sguardi hanno arricchito il cammino di questi uomini e donne, indigeni e zapatisti, che ora innalzano di nuovo la bandiera di una vita degna.

Individui, gruppi, collettivi, organizzazioni di ogni tipo, e a livelli diversi, hanno contribuito alla realizzazione di questo piccolo passo delle/dei più piccoli.

Dai 5 continenti sono arrivati gli sguardi che, dal basso e a sinistra, hanno offerto rispetto ed aiuto. E con queste due cose, non solo si sono fatte scuole ed ospedali, si è anche sollevato il cuore indigeno zapatista che, così, si è affacciato a tutti gli angoli del mondo attraverso queste finestre sorelle.

Se c’è un luogo cosmopolita in terre messicane, forse è la terra zapatista.

Di fronte a tale appoggio, è corrisposto uno sforzo di uguale grandezza.

Credo, crediamo, che tutta quella gente del Messico e del mondo può e deve condividere come propria questa piccola gioia che oggi cammina con viso indigeno nelle montagne del sudest messicano.

Sappiamo, so, che non l’aspettate, né lo chiedete, ma vi mandiamo un grande abbraccio, che è il modo in cui gli zapatisti, le zapatiste, si ringraziano tra compagn@ (ed in particolare abbracciamo chi ha saputo essere nessuno). Forse senza volerlo, voi siete stati e siete, per tutte e tutti noi, la migliore scuola. Inutile dire che non smetteremo di sforzarci di fare in modo che, senza badare al vostro calendario e alla vostra geografia, rispondiate sempre affermativamente alla domanda se ne vale la pena.

A tutte (mi dispiace dal profondo della mia essenza maschilista, ma le donne sono la maggioranza quantitativa e qualitativa), a tutti: grazie.

(…)

Ma, ci sono ombre e ombre.

E le più anonime e impercettibili sono alcune donne e uomini di bassa statura e di pelle del colore della terra. Hanno lasciato tutto quello che avevano, anche se poco, e sono diventati guerriere e guerrieri. In silenzio e nell’oscurità hanno contribuito e contribuiscono, come nessun’altro, a che tutto questo sia possibile.

Sto parlando delle insurgentas e degli insurgentes, i miei compagni.

Vanno e vengono, vivono, lottano e muoiono in silenzio, senza far rumore, senza che nessuno, se non noi stessi, ne tenga il conto. Non hanno volto né vita propria. 

I loro nomi, le loro storie, vengono forse alla memoria di qualcuno quando si sono sfogliati molti calendari. Allora, forse intorno a un fuoco, mentre il caffè bolle in una vecchia teiera di peltro e si accende il fuoco della parola, qualcuno o qualcosa saluta la loro memoria.

E non importerà, perché quello di cui si trattava, di cui si tratta, di cui si è trattato sempre, è contribuire a costruire le parole con le quali normalmente iniziano i racconti, gli aneddoti e le storie, reali e fittizie, delle zapatiste e degli zapatisti. 

Proprio com’è cominciato quello che ora è una realtà, cioè con un:
“Ci sarà una volta…”

Salve, e che non manchino mai né l’ascolto né lo sguardo.

(non continua più)

A nome delle donne, degli uomini, dei bambini, degli anziani, delle insurgentas e degli insurgentes del
Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale
Dalle montagne del Sudest Messicano

Subcomandante Insurgente Marcos

Messico, Marzo 2013 

P.S. CHE ANTICIPA. – Continueranno ad uscire gli scritti, non gioite in anticipo. Principalmente saranno del compagno Subcomandante Insurgente Moisés, e riguarderanno la scuola: date, luoghi, inviti, iscrizioni, documenti, regolamenti, livelli, divise, materiale scolastico, voti, consulenze, dove ritirare gli esami superati, etc. Ma se volete sapere quanti livelli sono ed in quanto tempo si arriva al diploma, vi diciamo: noi ci stiamo da 500 anni e non abbiamo ancora smesso di imparare.

P.S. UN CONSIGLIO PER FREQUENTARE LA SCUOLA – Eduardo Galeano, un saggio nella difficile arte di guardare ed ascoltare, ha scritto nel suo libro “I Figli dei Giorni“, nel calendario di marzo:
“Carlos e Gudrun Lenkersdorf erano nati e vissuti in Germania. Nell’anno 1973, questi illustri professori arrivarono in Messico. Ed entrarono nel mondo maya, in una comunità tojolabal, e si presentarono dicendo:
  – Veniamo ad imparare.
  Gli indigeni tacquero.
  Poi, qualcuno spiegò il silenzio:
  – È la prima volta che qualcuno ci dice questo.
  Per anni, Gudrun e Carlos restarono lì ad imparare.
  Dalla lingua maya impararono che non c’è gerarchia che separi il soggetto dall’oggetto, perché io bevo l’acqua che mi beve e sono guardato da tutto quello che guardo, ed impararono a salutare così:
  – Io sono un altro tu.
  – Tu sei un altro io.”
Ascoltate Don Galeano. Perché è sapendo guardare ed ascoltare, che si impara.

P.S. CHE SPIEGA QUALCOSA SU CALENDARI E GEOGRAFIE. – I nostri morti dicono che bisogna saper guardare ed ascoltare tutto, ma che al sud ci sarà sempre una ricchezza speciale. Come si sarà accorto chi ha guardato i video (ne sono rimasti ancora molti, magari in un’altra occasione) che accompagnavano gli scritti di questa serie di “Loro e Noi”, abbiamo cercato di far passare diversi calendari e geografie, ma c’è stata una prevalenza per il nostro rispettato sud latinoamericano. Non solo per l’Argentina e l’Uruguay, terre sagge in ribellione, anche perché, secondo noi, nel popolo Mapuche non c’è solo dolore e rabbia, ma anche interezza nella lotta ed una profonda saggezza per chi sa guardare ed ascoltare. Se c’è un luogo al mondo dove bisogna tendere ponti, è il territorio Mapuche. Per quel popolo, e per tutt@ le/i desaparecid@s e prigionier@ di questo sofferente continente, la memoria è viva. Non so dall’altro lato di queste lettere, ma da questo lato sì: né perdono, né oblio! 

P.S. SINTETICA. – Sì, lo sappiamo, questa sfida non è stata né sarà facile. Si profilano pesanti minacce, colpi di ogni tipo e da tutte le parti. Così è stato e sarà il nostro cammino. Cose terribili e meravigliose compongono la nostra storia. E così sarà. Ma se ci domandano come possiamo riassumere tutto in una parola: i dolori, le scoperte, le morti che ci fanno male, i sacrifici, il continuo andare contro corrente, le solitudini, le assenze, le persecuzioni e, soprattutto, questo testardo ricordare chi ci ha preceduto ed ora non c’è più, è qualcosa che unisce tutti i colori che sono in basso e a sinistra, senza badare al calendario o alla geografia. E, più che una parola, è un grido: 
Libertà… Libertà!… LIBERTÁ! 

Bene.

Il sup che ripone il computer e cammina, cammina sempre.

domenica 10 marzo 2013

Messico - ELLOS Y NOSOTROS. VII.- L@s más pequeñ@s 6.- La Resistencia.



LORO E NOI
VII. – Le/i più piccol@ 6.
6.- La Resistenza.
Marzo 2013
NOTA: I frammenti che seguono parlano della resistenza zap… un momento!… esiste una Forza Aera Zapatista?! Il sistema di salute zapatista è migliore di quello del malgoverno?! Durante questi quasi 20 anni, le comunità zapatiste hanno resistito con ingegno, creatività ed intelligenza proprie a tutte le variabili della controinsurrezione. La cosiddetta “Crociata”contro la Fame” dei capoccia priisti di turno, non fa altro che rieditare la fallace supposizione che ciò che gli indigeni chiedono è l’elemosina, e non Democrazia, Libertà e Giustizia. Questa campagna di controinsurrezione non arriva da sola, ma accompagnata da quella mediatica (la stessa che oggi in Venezuela ripropone la sua vocazione golpista contro un popolo che saprà tirar fuori la forza dal suo dolore), dalla complicità dell’insieme della classe politica (in quello che dovrebbe chiamarsi “Patto contro il Messico”) e, chiaramente, una nuova escalation militare e di polizia: nei territori zapatisti si ringalluzziscono i gruppi paramilitari (col consenso del governo statale), le truppe federali aumentano i pattugliamenti provocatori “per localizzare la dirigenza zapatista”, le agenzie di “intelligence” si riattivano, ed il sistema di giustizia ripropone la sua ridicolaggine (vedi il caso Cassez) e nega al professor Alberto Pathistán Gómez la libertà, condannandolo per essere indigeno nel Messico del secolo XXI. Ma il professore resiste, per non parlare delle comunità indigene zapatiste…
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Buongiorno compagni, buongiorno compagne. Il mio nome è Ana, della Giunta di Buon Governo attuale, della quarta generazione 2011-2014, del Caracol I di La Realidad. Vi parlerò un po’ della resistenza ideologica, ve ne parleremo in due, io e il compagno. Vi parlerò dell’ideologia del malgoverno. Il malgoverno utilizza tutti i mezzi di comunicazione per controllare e disinformare il popolo, per esempio la televisione, la radio, le telenovelas, cellulari, giornali, riviste e perfino lo sport. Per televisione e radio trasmette molti spot commerciali per distrarre la gente, le telenovelas per incantare la gente e far credere che quello che succede in TV può succedere a tutti. Nell’ambito dell’educazione il sistema del malgoverno, ideologicamente, a quelli che non sono zapatisti li manipola affinché i loro figli vadano a scuola ogni giorno ben vestiti e ordinati, senza badare se imparano a leggere o scrivere, ma solo per mettersi in bella mostra. Fornisce loro anche borse di studio per avere un titolo di studio ma alla fine dei conti le uniche ad avvantaggiarsene sono le aziende che vendono tutti gli accessori per la scuola o quelle divise. Come resistiamo a tutti questi mali dell’ideologia del governo nel nostro Caracol? La nostra arma principale è l’educazione autonoma. Nel nostro Caracol ai promotori si insegna la vera storia che riguarda il popolo affinché sia trasmessa ai bambini e alle bambine, facendo conoscere anche le nostre richieste. Si è anche cominciato a fare corsi di politica ai nostri giovani affinché siano svegli e non cadano facilmente nell’ideologia del governo. Nelle comunità si stanno facendo anche dei corsi sulle tredici domande, i corsi sono tenuti da persone locali di ogni villaggio. Questo è quello che posso dirvi ed ora vi parlerà il compagno.
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C’è anche la questione dei programmi, dei progetti del governo. Il governo introduce dei progetti affinché i fratelli credano di ricavarci qualcosa e credano che questo è bene e si dimentichino dei loro lavori. Affinché i fratelli non dipendano più da loro stessi, ma siano dipendenti dal malgoverno.
Che cosa facciamo noi per opporci a queste cose? Ci organizziamo per svolgere lavori collettivi, come già hanno raccontato alcuni compas, nel villaggio, nella regione, nei municipi e perfino nella zona. Questi lavori soddisfano le nostre necessità ed è così che resistiamo per non cadere nella trappola dei progetti del malgoverno e per dipendere da noi stessi e non dal malgoverno.
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C’è un ospedale abbastanza grande in una comunità che si chiama Guadalupe Tepeyac e adesso se ne sta costruendo uno molto vicino, a mezz’ora, un’ora di strada, a La Realidad, un ospedale infantile. Ma che cosa succede, come funziona quell’ospedale a Guadalupe Tepeyac? Il governo lì ha fornito tutte le attrezzature, e arriva gente da ogni comunità, dai diversi municipi, e che cosa succede se devono fare degli ultrasuoni, per esempio, o un’analisi di laboratorio? I medici di lì sanno, perché è molto vicino, che noi abbiamo l’Ospedale-scuola “Los Sin Rostro de San Pedro” che si trova in una comunità molto vicina, e loro non possono fare determinate analisi in quell’ospedale di governo perché non hanno personale qualificato, ci sono le macchine ma non c’è il personale, allora loro visitano e poi li mandano al nostro ospedale, all’Ospedale-scuola zapatista. Si eseguono gli esami – pensate a che livello siamo arrivati, compagni – e chiaramente ci sono anche delle regole da seguire in questo ospedale che prevedono il versamento di una quota per chi viene da fuori per sottoporsi ad esami.
Quindi la gente si rende conto, si stupisce, che in un ospedale governativo non c’è quello che ci si aspetta, cioè la soluzione del suo problema, allora viene nel nostro ospedale a sottoporsi a visite ed esami di laboratorio. All’ospedale di Guadalupe c’è un tecnico di laboratorio, ma ci sono molte cose che questo tecnico non sa fare, allora lo mandano al nostro ospedale-scuola. Lì abbiamo un compagno qualificato che ha formato già molti altri compagni ed esegue diverse analisi. Ma non solo, il vantaggio che non c’è nell’ospedale ufficiale, dove si eseguono solo gli esami e basta e poi mandano il paziente da un altro dottore perché riceva assistenza, è che questo compagno dell’ospedale, quando gli arriva qualcuno mandato dai medici dell’ospedale di Guadalupe, gli fa gli esami e contemporaneamente gli dà la ricetta, la cura per la sua malattia, perché lui ha acquisito molta conoscenza in quel laboratorio.
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Per completare un po’ quanto detto sulla città rurale [realizzata, con il plauso mediatico, dal governo di "sinistra" del corrotto Juan Sabines Guerrero], all’inizio si sono costruite le case. Secondo quello che ci raccontano i compagni, le costruzioni, cioè i materiali da costruzione, sono del tipo triplay, molto mingherlini, non come le tavole di legno che usiamo noi. Attualmente le costruzioni si gonfiano come palloncini quando c’è vento forte e quando è la stagione del caldo e della pioggia, perché i materiali con cui sono costruite le case sono già rovinati. È così. Lì, in quel municipio, sono andate a vivere per alcuni giorni delle famiglie, e secondo le notizie dei giornali, c’è una cucina che misura 3×3, ben piccola, una camera e una sala. Ma lì non si può fare niente perché come si fa in quello spazio ad accendere il fuoco? Non si può.
Attualmente non funzionano, le famiglie ci sono state per pochi giorni ma poi hanno dovuto tornare nella loro comunità. Alcune altre famiglie sono ancora lì ma vivono in cattive condizioni. Ci dicono che lì c’è una collina, e in cima dove ci sono le costruzioni hanno costruito un serbatoio per l’acqua che però non funziona, compagni, non stanno funzionando. Dicono che lì c’è una banca per investire denaro, non so se è una banca mondiale, statale, municipale, non so, ma non sta funzionando. Lì ci sono solo dei gusci vuoti e a pezzi. Non è come dicono una ‘città rurale’, un nome molto bello, in realtà lì non c’è niente. Per questo, come dicevano i compagni, perché credere nei progetti e cose così? Sono solo bugie.
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Come dicevano i compagni, è parte della guerra del nemico, per questo alcuni compagni di questa zona si sono lasciati convincere da quelle e sono andati lì, e non è perché hanno una vita più degna. In molti posti ci sono quelli che escono dall’organizzazione o quelli che stanno nei partiti, ma i compagni basi di appoggio hanno una vita migliore. Quello che dicono delle città rurali sono solo bugie.
Per far capire la manipolazione ideologica del malgoverno a Santiago El Pinar, alle donne avevano promesso di realizzare dei pollai per la vendita delle uova. Le galline da uova hanno bisogno di molto mangime, e fornirono molte galline che all’inizio fecero molte uova, ma il governo non procurò anche il canale di mercato attraverso cui venderle. Le galline facevano molte uova ma che fare? Non si poteva entrare in competizione con i grandi negozi alimentari dove si vendono le uova. Allora i fratelli ci hanno raccontato che si spartirono le uova, ma il governo non fornì più il mangime e le galline cominciarono a deperire e smettere di fare uova. Ed allora le donne dissero ‘che cosa facciamo? Dobbiamo cooperare. Ma come facciamo se non ci sono più uova? Dove troviamo i soldi?’. Le galline morirono e quello che aveva detto il malgoverno non aveva dato risultati. Tutto questo è stato solo per mandare lì le telecamere a filmare la consegna delle galline, quanto era bello ecc. Ma nel giro di tre mesi tutto questo era finito.
Tra altre cose, come ha detto il compa che le case si gonfiano come rospi, c’è un altro problema. Le donne sono abituate a fare le tortillas sul fuoco, ma il pavimento è di legno, triplay, e non si può accendere un fuoco lì. Hanno fornito delle bombole di gas che però non sanno usare e che non durano neanche un mese, e così ci sono cumuli di bombole, c’è la stufa e non serve a niente. Nella nostra vita di contadini, indigeni, dietro la tua casetta c’è la verdura, la canna, ananas, banane, quello che c’è, com’è il nostro stile di vita, ma lì non c’è, c’è semplicemente una casa e punto. Non sanno cosa fare ma devono tornare a lavorare sul terreno che hanno lasciato, e questo comporta altre spese per andare e venire.
La politica del malgoverno è distruggere la vita in comune, la vita comunitaria, che tu abbandoni la tua terra o la venda, e così sei fregato. È una politica di ingiustizia, è creare altra miseria. Tutti i milioni che il malgoverno statale, municipale e federale riceve dall’ONU, che è l’Organizzazione delle Nazioni Unite, viene usato per organizzare chi provoca i problemi nelle comunità soprattutto contro di noi basi di appoggio.
È la continuazione della politica, quello di cui si parlava molto, adesso non vogliono più che se ne parli, sui media non compare più: è il Piano Puebla-Panama. Ora hanno trovato un altro nome perché il Piano Puebla-Panama è stato molto criticato, ma è la stessa cosa, hanno solo cambiato nome per continuare a portare l’individualismo nelle comunità, per distruggere quanto di comune ancora resta.
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La resistenza si sta facendo più o meno come la raccontiamo. A volte i compagni lavorano nella milpa o nella piantagione di caffè, o se hanno del bestiame a volte vendono un animale per avere un po’ di soldi, siccome il malgoverno ci attacca con i suoi progetti di pavimenti di cemento, di case moderne e con altre cose così che i fratelli priisti, dei partiti e di altre comunità accettano.
E sembra che ormai loro si sono abituati ai soldi, stanno sempre più col governo perché arrivi con altri soldi ed altri progetti, come hanno spiegato alcuni compagni di La Garrucha, e così sta accadendo nel Caracol di Morelia. A volte a questi fratelli vendono i tetti di lamiera, cosa che fa parte di un progetto del governo, il governo pensa di migliorare il suo partito ma succede il contrario grazie al frutto del lavoro dei compagni in resistenza.
Per esempio, un foglio di lamiera in un negozio di ferramenta costa sui 180 pesos, ma arrivano a venderla a 100 pesos, 80 pesos; ed arrivano mattoni da costruzione che nelle ferramenta costano 5, 6 o 7 pesos, ma loro li vendono a 3 pesos, 2 pesos. Ed i compagni, noi, siccome siamo in resistenza, non siamo abituati a spendere il frutto del nostro lavoro, sono loro quelli che comprano, e forse un giorno vedrete in qualche nuovo insediamento della lamiera colorata, ma è venuta dal lavoro dei compagni. È questo che sta succedendo anche là.
Ma il governo si è accorto dove va a finire il suo progetto. Non sta beneficiano i partiti, i priisti, ma se ne stanno approfittando gli zapatisti, dove manda i materiali da costruzione c’è già il muratore. All’arrivo del materiale c’è già il muratore e lì gli zapatisti migliorano le loro case, e per questo sta cambiando modi, come hanno fatto in molte forme i malgoverni che si sono succeduti dal ’94 ad oggi.
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Bene compas, spiegherò di nuovo la resistenza militare, come già spiegato dalla compagna. A me tocca raccontare quello che è successo nel 1999 nell’ejido Amador Hernández, municipio General Emiliano Zapata.
A quel tempo, un giorno 11 di agosto, sono arrivati i militari, e noi compagne e compagni ci siamo opposti all’arrivo dei militari. Volevano prendere la comunità ed occuparono una sala da ballo e le compagne li affrontarono; li cacciarono da quella comunità. Ma la cosa andò avanti, si fece un presidio. Al presidio parteciparono tutti quelli della zona, del Caracol La Realidad. In quella situazione di resistenza arrivarono anche quelli della società civile e tutta quella resistenza riuscì perché era tempo di chaquiste [piccolo insetto che punge anche attraverso gli indumenti – n.d.t.], tempo di fango, stagione di pioggia. Non siamo caduti nelle loro provocazioni, non ci siamo scontrati militarmente, ma li abbiamo affrontati pacificamente.
Al presidio si organizzavano dei balli, ballavamo davanti ai militari. E si tenevano cerimonie religiose, si svolgevano eventi dei compas, facevamo dimostrazione politica della lotta.
Cosa fecero i militari? Cominciarono a temere che li convincessimo perché stavamo faccia a faccia con loro, allora i comandi militari dell’esercito installarono degli altoparlati perché non sentissero le nostre parole e li fecero allontanare un poco.
Che cosa successe? I compagni al presidio, avendone sentito parlare, si inventarono di fare degli aeroplanini di carta che lanciavano ai soldati. È così che è nata la prima forza aerea dell’Esercito Zapatista ad Amador Hernández, ma è solo di carta.
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Tutto questo, compas, è successo in quella resistenza militare, li abbiamo affrontati a spintoni, compagni e compagne ed i militari su due file, e c’era un compa… un piccoletto, che quando i militari ci spingevano coi loro scudi e manganelli, il compa gli pestava i piedi e i militari anche lo calpestavano. Un soldato più grosso vide la scena e cominciò a ridere perché il compa e i soldati si pestavano i piedi a vicenda. Il soldato rideva ed il compa piccoletto gli dice: “che ti ridi piccoletto?”, ma il soldato era grosso, era il compagno ad essere piccoletto.
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Questo è quello che ho visto e sto vedendo. Il risultato è lì. Non abbiamo mangiato tostadas per niente, e la tostada dà forza e saggezza. Si è fatto molto uso del collettivismo, perché parlo in questo modo, compagni? Scusate le parolacce, compagne, le abbiamo imparate dai compagni in ogni villaggio, in ogni municipio, per affrontare i dannati saldati che sono dentro i nostri luoghi e che ci perseguitano. Lì le compagne hanno imparato a difendersi, non so, con le bastonate li devono cacciare i soldati, l’hanno fatto con la forza, con le pietre o con le grida e con mentaderas [insulti]. Così si sono organizzate le compagne, io l’ho visto ed ho presente quando le compagne si convinsero ad affrontarli e dimostrarono che le compagne sono capaci di farlo.
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Anche le autorità hanno cominciato ad alternarsi ed accogliere le nostre necessità che presentiamo in municipio da ogni villaggio, ogni regione ed ogni centro. Così abbiamo lavorato e a poco a poco siamo progrediti. Po abbiamo avviato il progetto di salute ed educazione e, come ha detto la compagna, nel municipio abbiamo la clicnica “Compañera María Luisa” [nome di lotta di Dení Prieto Stock, caduta in combattimento il 14 febbraio 1974 a Nepantla, Stato del Messico, Messico] e nell’ejido San Jerónimo Tulijá la clinica “Compañera Murcia-Elisa Irina Sáenz Garza”, una compagna che ha lottato ed è morta nel rancho El Chilar [nella Selva Lacandona, Chiapas, Messico, nel febbraio dl 1974], viviamo vicini a dove è morta, per questo la nostra clinica porta il suo nome.
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Dení Prieto Stock    
           Elisa Irina Sáenz Garza “Murcia”

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(Continua…)
In fede.

Dalle montagne del Sudest Messicano.

Subcomandante Insurgente Marcos

Messico, Marzo 2013

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!