giovedì 24 gennaio 2013

Messico - Terza parte di "Ellos y Nosotros". del SCI Marcos

Continuano i messaggi del Sup per descrivere il capitalismo e il mondo dei potenti che cerca di annientare gli zapatisti. Il messaggio è accompagnato da tre video

Ellos y Nosotros. III.- LOS CAPATACES.


LORO E NOI
III – I Capoccia.
In qualche luogo del Messico…

L’uomo colpisce, furioso, il tavolo.

- Annientateli!

– Signore, con tutto il rispetto E’ da più di 500 anni che ci proviamo. Gli imperi che si sono succeduti hanno tentato con tutto il potere militare dell’epoca.

– E perché sono ancora lì?

– Emm… stiamo ancora cercando di capirlo – il lacchè guarda con rimprovero il tipo in divisa militare.

Il militare si alza e, sull’attenti, tende il braccio destro, con la mano estesa, e grida con entusiasmo:

Heil…! Scusate, volevo dire, saluto, signore – Dopo aver rivolto un’occhiata minacciosa che zittisce le risatine degli altri commensali, continua:

- Il problema, signore, è che quegli eretici non ci affrontano dove siamo forti, ci girano intorno, ci attaccano nelle nostre debolezze. Se fosse una questione di piombo e fuoco, già da tempo quelle terre, con i loro boschi, acqua, minerali, persone, sarebbero state conquistate e così lei avrebbe potuto offrirle in tributo al grande Capo, signore. Quei codardi, invece di affrontarci con i loro eroici petti nudi, o con archi, frecce e lance, e morire da eroi (sconfitti sì, ma da eroi), si preparano, si organizzano, si mettono d’accordo, ci prendono in giro, si nascondono quando si tolgono la maschera. Ma non saremmo in questa situazione se mi avessero coinvolto quando tutto è cominciato – e guarda con riprovazione il commensale sulla cui targhetta sul tavolo si legge “chupa-cabras versione 8.8.1.3“.

Il commensale sorride e dice:

Generale, con tutto il rispetto, non avevamo una bomba atomica. Ed anche se ne avessimo potuta avere una dai nostri alleati (il commensale che ha la targhetta con scritto “ambasciatore” ringrazia per la menzione), saremmo riusciti ad annichilire tutti gli aborigeni, ma avremmo distrutto anche i boschi e l’acqua, oltre a rendere i lavori di esplorazione e sfruttamento di minerali  impossibili per, diciamo, vari secoli.

Interviene un altro dei lacchè:

Abbiamo promesso loro che alla loro morte ci sarebbero state canzoni e poemi in lode al loro sacrificio, corridos, film, tavole rotonde, saggi, libri, opere teatrali, statue, il loro nome in caratteri d’oro. Li abbiamo avvertiti che se si impegnavano a resistere e continuare a vivere, avremmo diffuso voci e dubbi sul perché non sono spariti, perché non sono morti, e che avremmo detto che loro erano una nostra creazione, che avremmo intrapreso una campagna di discredito tale che avrebbero perfino avuto il sostegno di alcuni intellettuali, artisti e giornalisti progressisti – I commensali ai quali allude fanno un gesto di approvazione, benché più di uno si mostri infastidito per così tanti “isti.

L’uomo interrompe impaziente:

E?

Ci hanno risposto così – (il lacchè mostra il pugno col dito medio alzato).

I commensali si agitano indignati e reclamano:

Plebei! Villani! Rozzi! Barboni! -

Il lacchè è ancora col dito medio alzato di fronte all’uomo che lo riprende:

Ok, ho capito, abbassa la mano.

Il lacchè abbassa lentamente la mano mentre strizza l’occhio agli altri commensali. Poi continua:

Il problema, signore, è che queste persone non hanno il culto della morte, ma della vita. Abbiamo cercato di eliminare i loro leader visibili, comprarli, sedurli.

Quindi?

Oltre al fatto che non ci siamo riusciti, ci siamo resi conto che il problema maggiore sono i leader invisibili.

Ok, trovateli.

Li abbiamo già incontrati, signore

E? -

Sono tutt@, signore.

- Come tutt@?

Sì, tutte, tutti. Questo è uno dei messaggi che hanno lanciato il giorno della fine del mondo. Ma siamo riusciti a non far trapelare sui mezzi di comunicazione, e credo che qui possiamo dirlo senza paura che qualcun altro lo sappia, che hanno usato un codice affinché noi capissimo: quello che sta sopra il palco è il capo.

- Cosa?! 40 mila capi?

Emm… signore, scusi, questi sono quelli che abbiamo visto, bisognerebbe aggiungere gli altri che non abbiamo visto.

Allora corrompeteli. Immagino che abbiamo denaro a sufficienza – aggiunge rivolgendosi al commensale con la targhetta “cassiere non automatica”.

Il cosiddetto “cassiere” dice balbettando:

- Signore, dovremmo vendere qualche bene dello Stato ma ormai non c’è quasi più nulla.

Il lacchè interviene:

Signore, c’abbiamo provato.

E?

Non hanno prezzo.

Dunque, convinceteli.

- Non capiscono quello che diciamo. E a dire il vero, anche noi capiamo quello che dicono. Parlano di dignità, di libertà, di giustizia, di democrazia…

Bene, allora facciamo come che se non esistessero. Così moriranno di fame, malattie curabili, con un buon blocco informativo, nessuno se ne accorgerà fino a che sarò troppo tardi. Ok, uccidiamoli di oblio.

Il commensale che somiglia sorprendentemente ad un chupa-cabras fa un segno di approvazione. L’uomo ringrazia per il gesto.

Sì, signore, ma c’è un problema.

Quale?

Anche se li ignoriamo, si ostinano a continuare ad esistere. Senza le nostre elemosine, scusate, volevo dire senza il nostro aiuto, hanno costruito scuole, hanno coltivato la terra, realizzato cliniche ed ospedali, migliorato le abitazioni e la loro alimentazione, abbassato i livelli di criminalità, sconfitto l’alcolismo. Oltre ad aver proibito la produzione, distribuzione e consumo di stupefacenti, elevato la loro speranza di vita quasi equiparandola con quella delle grandi città.

- Ah, cioè che continua ad essere più alta nelle città – l’uomo sorride soddisfatto.

No signore, quando dico “quasi” è che la loro è più alta. La speranza di vita nelle città si è ridotta grazie alla strategia del suo predecessore, signore.

Tutti si voltano a guardare con scherno e riprovazione il personaggio con la cravatta blu.

Vuoi dire che quei ribelli vivono meglio di quelli che corrompiamo?

Assolutamente, signore. Ma non dobbiamo preoccuparci di questo, abbiamo predisposto una campagna mediatica ad hoc per rimediare a questo.

E?

- Il problema è che né loro né i nostri guardano la televisione, leggono i nostri giornali, non hanno twitter, né facebook, nemmeno il cellulare. Loro sanno di stare meglio ed i nostri sanno di stare peggio.

Si alza la commensale con il cartellino “sinistra moderna”:

Signore, se permette. Con il nuovo programma di Solid… scusi, volevo dire con la Crociata Nazionale…

Il lacchè la interrompe spazientito:

Dai Chayo, non cominciare con i discorsi per i media. Tutti noi concordiamo che il nemico principale sono quei maledetti indios e non l’altro innominabile. Quello l’abbiamo ben infiltrato e circondato da personale del signore qui presente.

Quello con cartellino chupa cabras annuisce con soddisfazione e riceve grato le pacche sulle spalle dei vicini commensali.

Il lacchè continua:

Ma tu ed io, e tutti i presenti, sappiamo che la faccenda dei programmi sociali è una bugia, che non importa quanti soldi si investano, alla fine dell’imbuto non resta niente. Perché ognuno si prende la sua fetta. Dopo il signore, con tutto il rispetto, tu ne prendi una buona parte, e così tutti i presenti, poi i signori governatori, i comandi delle zone militari e navali, le legislature locali, i presidenti municipali, i commissari, i leader, gli addetti, i cassieri, alla fine, resta poco o niente.

L’uomo interviene:

- Allora bisogna fare qualcosa, altrimenti il Capo cerca altri capoccia e voi sapete bene, signore e signori, cosa significa: la disoccupazione, lo scherno, forse la prigione o l’esilio.

Il personaggio titolato “chupa-cabras” trema e fa un gesto affermativo.

Ed è urgente, perché se quegli indios zampa-storta… (la figlia del signore fa una smorfia schifata, la signora improvvisamente si sente male e diventa verde). La signora si ritira adducendo qualcosa su una gravidanza.

L’uomo prosegue:

Se quegli stronzi di indios si uniscono, ci troveremmo con grossi problemi perché…

Emm, emm, signore - interrompe il lacchè.

- Sì? -

Temo che ci sia un problema più grande, cioè, peggiore, signore.

Più grave? Peggiore? Cosa può esserci di peggio degli indios insorti?

- Beh, che si mettano d’accordo con gli/le altr@, signore -.

Gli/le Altr@? Chi sono? -

- Mm… aspetti che guardo… beh, contadini, operai, disoccupati, giovani, studenti, maestri, impiegati, donne, uomini, anziani, professionisti, gay, punk, rasta, skater, rapper, hip-hopers, rocker, metallari, autisti, coloni, ong, ambulanti, bande, razze, villani, plebei…-

- Basta!, ho capito… credo.

I lacchè si scambiano un sorrisetto complice.

Dove sono i leader che abbiamo corrotto? Dove sono quelli che abbiamo convinto che la soluzione di tutto è diventare come noi?

- Sono sempre in meno a crederci, signore. E’ sempre più difficile controllare i loro uomini.

Cercate chi corrompere! Offrite soldi, viaggi, programmi televisivi, seggi, governi! Ma soprattutto soldi, tanti soldi!

- Lo stiamo facendo, signore, ma … – il lacchè tentenna.

- E? – lo pressa l’uomo.

Ne troviamo sempre di più… -

- Magnifico! Allora, c’è bisogno di altri soldi?

Signore, voglio dire che ne troviamo sempre di più che non si lasciano corrompere.

- E col terrore?

Signore, sono sempre di più a non aver paura, o se ce l’hanno, la controllano.

L’inganno?

Signore, sono sempre di più le persone che pensano con la propria testa.

Allora bisogna distruggerli tutti!

- Signore, se spariscono tutti, spariscono anche i nostri. Chi seminerà la terra, chi farà funzionare le macchine, chi lavorerà nei grandi media, chi ci servirà, chi combatterà le nostre guerre, chi ci loderà?

Allora bisogna convincerli che noi siamo necessari quanto loro.

Signore, oltre al fatto che ci sono sempre più persone che rendono contro che non siamo necessari, sembra che il Capo stia dubitando della nostra utilità, e per “nostra” mi riferisco a tutti noi.

Gli invitati al tavolo del signore si agitano nervosamente sulle sedie.

- Dunque?

Signore, mentre cerchiamo un’altra soluzione, perché quella del “Patto” non è servita a niente, e visto che bisogna evitare la vergogna di ospitarlo di nuovo in un bagno, abbiamo acquisito qualcosa di più adatto: una “stanza antipanico!”

I commensali si alzano e applaudono. Tutti si affollano intorno alla macchina. L’uomo entra e si mette ai comandi.

Il lacchè, nervoso, avverte:

Signore, faccia attenzione a non premere sul tasto “espulsione”.

Questo?

Nooooooooooooooo!

Truccatori e burattinai corrono a prestare aiuto.

Il lacchè si rivolge ad uno dei cameraman che ha filmato tutto:

- Cancella questa parte… E dì al Capo che prepari un fantoccio di scorta. Questo bisogna “resettarlo” ogni volta.

I commensali si aggiustano la cravatta, la gonna, si pettinano, tossicchiano cercano di richiamare l’attenzione. I click delle telecamere e la luce dei flash oscurano tutto…

(continua…)

Da qualche luogo in qualunque mondo.

SupMarcos
Pianeta Terra
Gennaio 2013


Dati ricavati dalla Relazione #69 del Servizio di Intelligenza Autonoma (SIA) su quanto sentito e visto in una riunione ultra-arci-super-iper segreta, realizzata in Messico, D.F. cortile degli Stati Uniti, latitudine 19° 24´ N, longitudine 99° 9´ W. Data: alcune ore fa. Classificazione: solo per i tuoi occhi. Raccomandazione: non rendere pubblica questa informazione perché ci sgamano. Nota: mandate altro pozol perché Elías l’ha finito al grido di “reggetevi che c’è fango!”, e sta ballando ska sul motivo dei Tijuana No, “Trasgresores de la Ley”, nella versione di Nana Pancha. Sì, il pezzo è forte, ma è dura entrare in slam perché Elías indossa scarponi da minatore con punta di acciaio.



En algún lugar de México…
El señor golpea la mesa, furioso.
¡Aniquílenlos!
– Señor, con todo respeto, llevamos más de 500 años intentándolo. Los sucesivos imperios encumbrados lo han intentado con todo el poderío militar de la época -.
– ¿Y por qué siguen ahí?
– Err… todavía lo estamos tratando de entender – el lacayo mira con reproche al que tiene uniforme militar.
El aludido se levanta y, en posición de firmes, extiende su brazo derecho al frente, con la mano extendida, y grita con entusiasmo:
– ¡Heil…! perdón, quise decir, lo saludo, señor – Luego de dirigir una mirada amenazadora que calla las risitas de los demás comensales, continúa:
- El problema, señor, es que esos herejes no nos enfrentan donde somos fuertes, nos dan la vuelta, nos atacan en nuestras debilidades. Si todo fuera cuestión de plomo y fuego, bueno, pues hace tiempo que esas tierras, con sus bosques, agua, minerales, gente, hubieran sido conquistadas y así usted hubiera podido ofrecerlas en tributo al gran Mandón, señor. Esos cobardes, en lugar de enfrentarse a nosotros sólo con sus heroicos pechos desnudos, o con arcos, flechas y lanzas, y quedar como héroes (derrotados sí, pero como héroes), se preparan, se organizan, se ponen de acuerdo, nos dan la vuelta, se esconden cuando se quitan la máscara. Pero no estaríamos en esta situación si me hubieran hecho caso cuando empezó todo -, y mira con reprobación al comensal en cuyo letrero en la mesa se lee “chupa-cabras versión 8.8.1.3″.
El comensal aludido, sonríe mientras dice:
– General, con todo respeto, no teníamos una bomba atómica. Y aunque pudimos haber conseguido una de nuestros aliados (el comensal que tiene el letrero de embajador agradece la mención), habríamos conseguido aniquilar a todos los aborígenes, pero también habríamos destruido los bosques y el agua, además de que los trabajos de exploración y explotación de minerales serían imposibles por, digamos, varios siglos -.
Otro de los lacayos interviene:
– Les ofrecimos que a su muerte habría canciones y poemas alabando su sacrificio, corridos, películas, mesas redondas, ensayos, libros, obras de teatro, estatuas, su nombre en letras doradas. Les dijimos que si se empeñaban en resistir y seguir vivos, íbamos a sembrar rumores y dudas sobre por qué no han desaparecido, por qué no han muerto, y que diríamos que eran creación nuestra, que íbamos a llevar adelante una campaña de desprestigio tal que incluso contaría con el apoyo de algunos intelectuales, artistas y periodistas progresistas – Los comensales aludidos hacen un gesto de aprobación, aunque más de uno lo hace de desagrado por tantos “istas“.
El señor interrumpe impaciente:
– ¿Y?
– Nos contestaron con una señal así – (el lacayo enseña la mano empuñada pero con el dedo medio levantado).
Los comensales se revuelven indignados y claman:
– ¡Proles! ¡Nacos! ¡Groseros! ¡Plebeyos! ¡Barrio! -
El lacayo sigue con la señal de la mano, mirando de frente al señor. Éste lo increpa:
– ¡Ya entendí!, ya puede bajar la mano.
El lacayo baja la mano lentamente, mientras hace un guiño a los demás comensales. Después continúa:
– El problema, señor, es que estas personas no rinden culto a la muerte, sino a la vida. Hemos intentado eliminar a sus líderes visibles, comprarlos, seducirlos.
– ¿Y entonces?
– Además de que no lo hemos conseguido, nos hemos dado cuenta de que el problema mayor son los líderes invisibles.
– Ok, encuéntrenlos.
– Ya los encontramos, señor.
– ¿Y? -
– Son tod@s, señor.
- ¿Cómo que tod@s?
– Sí, todas, todos. Ése fue uno de los mensajes de lo que hicieron el día del fin del mundo. Logramos que no se manejara eso en los medios de comunicación, pero creo que aquí podemos decirlo sin temor a que alguien más se dé cuenta. Usaron un código para que nosotros entendiéramos: el que está arriba del templete es el jefe.
- ¡¿Qué?! ¿40 mil jefes y jefas?
– Err… señor, disculpe, ésos son los que vimos, habría que agregar muchos más que no vimos.
– Cómprenlos entonces. Imagino que tenemos dinero suficiente - agrega dirigiéndose al comensal con el letrero de “cajero no automático”.
El llamado “cajero”, empieza a balbucear:
- Bueno, señor, tendríamos que vender algo del Estado y ya casi no queda nada.
El lacayo interrumpe:
– Señor, lo hemos intentado.
– ¿Y?
– No tienen precio.
– Entonces convénzanlos.
- No entienden lo que les decimos. Y a decir verdad, nosotros tampoco entendemos lo que dicen ellos. Hablan de dignidad, de libertad, de justicia, de democracia…
– Bueno, entonces hagamos como que no existen. Así morirán por hambre, enfermedades curables, con un buen cerco informativo, nadie se percatará hasta que sea demasiado tarde. Eso, matémosles de olvido.
El comensal que se asemeja sorprendentemente a un chupa-cabras hace un signo de aprobación. El señor agradece el gesto.
– Ya, señor, pero hay un problema.
– ¿Cuál?
– Aunque los ignoremos, se empecinan en seguir existiendo. Sin nuestras limosnas, perdón, quise decir sin nuestra ayuda, construyeron escuelas, hicieron producir la tierra, levantaron clínicas y hospitales, mejoraron sus viviendas y su alimentación, bajaron los índices de delincuencia, acabaron con el alcoholismo. Y, además de que prohibieron la producción, distribución y consumo de narcóticos, elevaron su esperanza de vida y casi la igualaron con la de las grandes ciudades.
- Ah, o sea que sigue siendo mayor en las ciudades – el señor sonríe contento.
– No señor, cuando dije “casi” es que la de ellos es superior. La esperanza de vida en las ciudades se redujo gracias a la estrategia de su antecesor, señor.
Todos voltean a ver con burla y reprobación al personaje de corbata azul.
– ¿Quieres decir que esos rebeldes viven mejor que los que se venden a nosotros?
– Completamente, señor. Pero de eso no hay que preocuparse, hemos montado una campaña mediática ad hoc para tapar eso.
– ¿Y?
- El problema es que ni ellos ni los nuestros ven televisión, ni leen nuestra prensa, no tienen tuiter, ni feisbuc, ni siquiera señal de celular. Ellos saben que están mejor y los nuestros saben que están peor.
Se levanta la comensal con el letrero de “izquierda moderna”:
– Señor, si me permite. Con el nuevo programa de Solid… perdón, quise decir con la Cruzada Nacional…
El lacayo la interrumpe impaciente:
– Ya Chayo, no empieces con discursos para los medios. Todos nosotros concordamos en que el enemigo principal son esos malditos indios y no el otro innombrable. A ése lo tenemos bien infiltrado y acotado con personeros del señor aquí presente.
El del letrero chupa cabras asiente con satisfacción y recibe agradecido las palmaditas que le dan los comensales cercanos.
El lacayo continúa:
– Pero tú y yo, y todos los que estamos aquí, sabemos que todo eso de los programas sociales es una mentira, que no importa cuánto dinero se invierta, al final del embudo no queda nada. Porque cada quien se lleva su tajada. Después del señor, con todo respeto, tú agarras una buena parte, todos los aquí presentes también, luego los señores gobernadores, los mandos de las zonas militares y navales, las legislaturas locales, los presidentes municipales, los comisionados, los líderes, los encargados, los cajeros, total, que para abajo ya queda muy poco, o nada .
El señor interviene:
- Pues hay que hacer algo ya, porque si no el Mandón va a buscar a otros capataces y ustedes saben bien, damas y caballeros, lo que eso significa: el desempleo, el escarnio, tal vez la cárcel o el exilio.
El personaje rotulado chupa cabras se estremece y hace un gesto afirmativo.
– Y es urgente, porque si esos indios pata-rajada… (la hija del señor hace una señal de asco, la señora se siente súbitamente indispuesta y adquiere un color verde que olvídate de Linterna ídem). La señora se retira argumentando algo de un embarazo.
El señor sigue:
– Si esos pinches indios se unen entre sí, estaremos en muy graves problemas porque…
– Ejem, ejem, señor - interrumpe el lacayo.
- ¿Si? -
– Me temo que hay un problema más grande, es decir, peor, señor -.
– ¿Más grande? ¿Peor? ¿Qué puede ser peor que toda la indiada insurrecta? -
- Bueno, pues que se pongan de acuerdo con l@s otr@s, señor -.
– ¿L@s Otr@s? ¿Quiénes son? -
- Mmh… deje veo… bueno, pues campesinos, obreros, desempleados, jóvenes, estudiantes, maestros, empleados, mujeres, hombres, ancianos, profesionistas, maricones y machorras, punketos, rastafaris, skateros, raperos, hip-hoperos, rockeros, metaleros, choferes, colonos, ong´s, ambulantes, bandas, razas, nacos, plebes…-
- ¡Basta!, ya entendí… creo.
Los lacayos se miran entre sí con una sonrisa cómplice.
– ¿Dónde están los líderes que hemos comprado? ¿Dónde los que hemos convencido de que la solución de todo es volverse como nosotros?
- Cada vez les creen menos, señor. Cada vez controlan menos a su gente.
– ¡Busquen a quién comprar! ¡Ofrézcanles dinero, viajes, programas de televisión, registros, diputaciones, senadurías, gobiernos! ¡Pero sobre todo dinero, mucho dinero!
- Lo estamos haciendo, señor, pero… – el lacayo duda.
- ¿Y? – lo apremia el señor.
– Cada vez encontramos más… -
- ¡Magnífico! ¿Se necesita más dinero entonces?
– Señor, quiero decir que cada vez encontramos más que no se venden.
- ¿El terror entonces?
– Señor, cada vez son más los que no nos tienen miedo, o que si lo tienen, lo controlan.
– ¿El engaño?
– Señor, cada vez son más los que piensan por sí mismos.
– ¡Hay que acabarlos a todos entonces!
- Señor, si desaparecemos a todos, también desaparecemos nosotros. ¿Quién sembrará la tierra, quién hará andar las máquinas, quién trabajará en los grandes medios, quién nos atenderá, quién peleara nuestras guerras, quién nos alabará?
– Entonces hay que convencerlos de que nosotros somos tan necesarios como ellos.
– Señor, además de que cada vez más gente se está dando cuenta de que no somos necesarios, parece que el Mandón está dudando de nuestra utilidad, y por “nuestra” me refiero a todos nosotros.
Los invitados a la mesa del señor se revuelven incómodos en sus asientos.
- ¿Y entonces?
– Señor, mientras encontramos otra solución, porque la del “Pacto” no sirvió para nada, y viendo que hay que evitar la vergüenza de refugiarlo de nuevo en un cuarto de baño, hemos adquirido algo más conveniente: ¡un “cuarto de pánico”!
Los comensales se ponen de pie para aplaudir. Todos se arremolinan alrededor de la máquina. El señor entra y se pone frente a los controles.
El lacayo, nervioso, advierte:
– Señor, sólo tenga cuidado de no oprimir el botón de “eyección”.
– ¿Éste?
– ¡Nooooooooooooooo!
Las maquillistas y titiriteros corren a dar los primeros auxilios.
El lacayo se dirige hacia uno de los camarógrafos que ha filmado todo:
- Tienes que borrar esa parte… Y dile al Mandón que vaya preparando un muñeco de repuesto. A éste hay que estarlo “reseteando” a cada rato.
Los comensales se arreglan la corbata, la falda, se peinan, tosen, buscando llamar la atención. Los clicksde las cámaras y la luz de los flashes opacan todo…
(continuará…)
Desde cualquier rincón en cualquier mundo.
SupMarcos.
Planeta Tierra.
Enero del 2013.
Datos tomados del Informe #69 del Servicio de Inteligencia Autónoma (SIA, por sus siglas en español) sobre lo escuchado y visto en una reunión ultra-archi-recontra-hiper secreta, realizada en México, D.F. traspatio de EU, latitud 19° 24´ N, longitud 99° 9´ W. Fecha: hace unas horas. Clasificación: sólo para sus ojos. Recomendación: no hacer pública esta información porque nos van a balconear. Nota: manden más pozol porque el Elías ya se lo acabó al grito de “¡atásquense que hay lodo!”, y está bailando ska con la rola deTijuana No, “Transgresores de la Ley”, en la versión de Nana Pancha. Sí, está chida la rola, pero está cabreras entrarle al slam porque el Elías trae botas mineras de punta de acero.

mercoledì 23 gennaio 2013

Messico - Seconda parte di "Ellos y nosotros" del SCI Marcos

ELLOS Y NOSOTROS. II.- La Máquina en casi 2 cuartillas.


In attesa della parola degli zapatisti rivolta al "Noi" di chi lotta in basso, è uscita la seconda parte del testo "Noi e Loro", del Sub Comandante Marcos. Questa volta, la penna del Sup si mette nelle vesti di un venditore che racconta la spregiudicatezza del capitalismo contemporaneo e dei suoi attori. Dalla spoliazione di territori e popolazioni, alla manipolazione dei media e la produzione dei desideri nel mercato.
Il messaggio è accompagnato da un video musicale (nella colonna affianco) ed uno che parla della lotta del popola Mapuche, riportato nel post precedente.
LORO E NOI
II – La Macchina in 2 cartelle
Gennaio 2013
Parla il venditore:
Si chiama “globalizzazione neoliberale versione 6.6.6., ma preferiamo chiamarla “la selvaggia” o “la bestia”. Sì, un appellativo aggressivo, d’impulso, molto grrr. Sì, l’ho imparato al corso di sviluppo personale “Come vendere un incubo” … ma torniamo alla macchina. Il suo funzionamento è molto semplice. È autosufficiente (o “sostenibile”, come poi si dice). Produce guadagni esorbitanti… Che cosa? Investire parte di quei guadagni per ridurre la fame, la disoccupazione, la mancanza d’istruzione? Ma se sono esattamente queste carenze a far funzionare questa meraviglia! Che ne dice, eh? Una macchina che produce contemporaneamente il combustibile di cui necessita per funzionare: la miseria e la disoccupazione.
Certo, produce anche merci, ma non solo. Guardi: supponiamo di produrre qualcosa di completamente inutile, di cui nessuno ne ha bisogno, senza mercato. Bene, questa meraviglia non solo produce l’inutile, ma crea anche il mercato dove questa inutilità si trasforma in un genere di prima necessità.
Le crisi? Certo, prema questo pulsante qui… no, quello no, quello è di “espulsione” l’altro… sì. Bene, prema questo tasto e tatan!, ecco la crisi che serve, completa, coi suoi milioni di disoccupati, i suoi carri armati antisommossa, le sue speculazioni finanziarie, le sue siccità, la sua fame nera, la sua deforestazione, le sue guerre, le sue religioni apocalittiche, i suoi salvatori supremi, le sue prigioni e cimiteri (non per i salvatori supremi), i suoi paradisi fiscali, i suoi programmi assistenziali con sigla musicale e coreografia incluse… certo, un po’ di carità sarà sempre ben vista.
Ma non è tutto, mi permetta di mostrarle questo demo. Quando lo imposta su “distruzione/spopolamento-ricostruzione/riordino” fa miracoli. Guardi questo esempio: vede questi boschi? No, non si preoccupi per quegli indigeni… sì, sono del popolo Mapuche, ma potrebbero essere yaquis, mayos, nahuas, purépechas, maya, guaranì, aymarás, quechúas. Bene, prema il tasto “play” e vedrà che i boschi spariscono (anche gli indigeni, ma non sono importanti), ora guardi come tutto si trasforma in una landa, aspetti… lì arrivano le macchine, e voilá!: ecco il campo da golf che aveva sempre sognato, col suo residence esclusivo e con tutti i servizi. Ah, meraviglioso no?
E’ accompagnato da un software di ultimissima versione. Faccia click qui, dove dice “filtro”, e nella sua tv, radio, giornali, riviste, feisbuc, tuiter, yutub, appariranno solo complimenti e lodi per lei e per i suoi. Sì, elimina ogni commento, scritto, immagine, rumore, tutta la cattiva energia che le viene da quei plebei anonimi, sporchi, brutti e cattivi… e volgari, sì.
Ha il cambio a leva (anche se può passare al pilota automatico con un solo click); eliporto; un biglietto aereo no, perché poi non esiste posto dove fuggire, però sì, un posto sarebbe sulla navetta spaziale più prossima alla partenza; ha anche il suo “mall” super-iper-mega esclusivo; campo da golf; bar; yacht club; un diploma di Harvard già incorniciato; casa di villeggiatura; pista di ghiaccio… sì, lo so, che cosa faremmo senza la sinistra moderna e le sue trovate? Ah, e con questa meraviglia lei potrà stare in “tempo reale” e simultaneamente in qualunque parte del pianeta, è come se avesse il proprio ed esclusivo bancomat globale.
Mmh… sì, include una bolla papale per assicurarsi un posto V.I.P in cielo. Sì, lo so, ma sull’immortalità ci stiamo lavorando. Nel frattempo, possiamo installare come accessorio (costo a parte, chiaro, ma sono sicuro che questo non è un problema per qualcuno come lei): una stanza antipanico! Sì, perché poi a quei vandali vengono delle pretese come quella che “la terra è di chi la lavora”. Oh, ma non c’è da preoccuparsi. Per questo abbiamo governanti, partiti politici, nuove religioni, “reality show”. Ma, è solo una supposizione, e se per caso fallissero? Ovviamente, in questioni di sicurezza nessuna spesa è onerosa. Certo, lasci che prenda nota: “includere Stanza Antipanico”.
Comprende inoltre uno studio TV, uno radiofonico ed un tavolo di redazione. No, non mi fraintenda. Non sono per guardare la televisione, né ascoltare la radio, né leggere giornali e riviste, quello è per porci. Sono per produrre l’informazione e il divertimento di quelli che fanno funzionare la macchina. Non è geniale?
Cosa? Oh… bene… sì… mi temo che questo piccolo problema non sia stato risolto dai nostri specialisti. Sì, se la materia prima, voglio dire, se la moltitudine plebea si ribella non c’è niente da fare. Sì, forse anche la “stanza antipanico” sarebbe inutile in quella situazione. Ma non bisogna essere pessimisti, pensi che quel giorno… o notte… è molto lontano. Sì, l’ottimismo “new age” l’ho imparato sempre nel corso di sviluppo personale. Eh? Come? Sono licenziato?
(continua…)
Da qualche posto, in qualunque parte dei mondi.
SupMarcos
Pianeta Terra
Gennaio 2013
traduzione in italiano tratta dal blog del Comitato Chiapas "Maribel"

Enero del 2013.
Habla el vendedor:
Es maravillosa, muy “cool” para que me entienda. Se llama “globalización neoliberal versión 6.6.6″, pero preferimos nombrarla “la salvaje” o “la bestia”. Sí, un mote agresivo, de iniciativa pues, muy grrr. Sí, eso lo aprendí en el curso de superación personal “Cómo vender una pesadilla”… pero volvamos a la máquina. Su funcionamiento es muy sencillo. Es autosuficiente (o “sustentable”, como luego se dice). Produce sí, ganancias desorbitantes… ¿Qué? ¿Invertir parte de esas ganancias en paliar el hambre, el desempleo, la falta de educación? ¡Pero si precisamente son esas carencias las que hacen andar esta preciosura! ¿Qué tal, eh? Una máquina que produce al mismo tiempo el combustible que necesita para andar: la miseria y el desempleo.
Claro, también produce mercancías, pero no sólo. Mire usted: supongamos que se produce algo completamente inútil, que nadie necesita, sin mercado pues. Bueno, esta maravilla no sólo produce lo inútil, también crea el mercado donde esa inutilidad se convierta en un artículo de primera necesidad.
¿Las crisis? Claro, sólo oprime usted este botón de aquí… no, ése no, ése es el de “eyección”… el otro… sí. Bueno, oprime usted ese botón y ¡tarán!, ahí tiene usted la crisis que necesita, completa, con sus millones de desempleados, sus tanques antimotines, sus especulaciones financieras, sus sequías, sus hambrunas, su deforestación, sus guerras, sus religiones apocalípticas, sus salvadores supremos, sus cárceles y cementerios (para los que no sigan a los salvadores supremos), sus paraísos fiscales, sus programas asistencialistas con tema musical y coreografía incluidos… claro, un poco de caridad siempre será bien visto.
Pero no es todo, ahora permítame, deje que le ponga este demo. Cuando usted la pone en modo “destrucción/despoblamiento-reconstrucción/reordenamiento” hace milagros. Vea este ejemplo: ¿ve usted esos bosques? No, no se preocupe por esos indígenas… sí, son del pueblo Mapuche, pero podrían ser yaquis, mayos, nahuas, purépechas, maya, guaranís, aymarás, quechúas. Bueno, oprima usted el botón “play” y vea cómo desaparecen los bosques (también los indígenas, pero ésos nunca importan), ahora vea cómo todo se convierte en un páramo, espere… ahí llegan las máquinas, y ¡voilá!: ahí tiene usted el campo de golf que siempre había soñado, con su fraccionamiento exclusivo y con todos los servicios. Ah, maravilloso ¿no?
También viene con un software que es lo último de lo último. Puede usted darle click aquí, donde dice “filtro”, y en su tv, radio, periódicos, revistas, feisbuc, tuiter, yutub, aparecen sólo salmos y alabanzas para usted y los suyos. Sí, elimina todo comentario, escrito, imagen, ruido, toda la mala vibra que luego les da por colar a esos proles anónimos, sucios, feos y malos… y groseros, sí.
Tiene palanca al piso (aunque usted puede pasar al piloto automático con apenas un click); helipuerto; un boleto de avión no, porque luego no hay a dónde huir, pero sí un lugar en el transbordador espacial más próximo a partir; también tiene su “mall” super-hiper-mega exclusivo; campo de golf; servibar; club de yates; un diploma de Harvard ya enmarcado; casa de veraneo; pista de hielo… sí, lo sé, ¿qué haríamos sin la izquierda moderna y sus ocurrencias? Ah, y con esta maravilla usted podrá estar en “tiempo real” y simultáneamente en cualquier parte del planeta, es como si tuviera su propio y exclusivo cajero automático global.
Mmh… sí, incluye una bula papal para asegurarle un lugar V.I.P. en el cielo. Sí, lo sé, pero ya estamos trabajando en eso de la inmortalidad. Mientras tanto, le podemos instalar como accesorio (con costo aparte, claro, pero estoy seguro que eso no es problema para alguien como usted): ¡un cuarto de pánico! Sí, ya ve que luego a esos vándalos les da por exigir lo que les pertenece con eso de “la tierra es de quien la trabaja”. Oh, pero no hay de qué preocuparse. Para eso tenemos gobernantes, partidos políticos, religiones nuevas, “reality shows”. Pero claro, es un supositorio, ¿y si llegaran a fallar alguna vez? Por supuesto, en cuestiones de seguridad ningún gasto es oneroso. Claro, deje anoto: “incluir Cuarto de Pánico”.
Incluye también un estudio de tv, uno de radio y una mesa de redacción. No, no me mal interprete. No son para ver televisión, ni escuchar radio, ni leer periódicos y revistas, eso es para mal nacidos. Son para producir la información y el entretenimiento de quienes hacen andar la maquina. ¿No es genial?
¿Qué? Oh… bueno… sí… me temo que ese pequeño problema no ha sido solucionado por nuestros especialistas. Sí, si la materia prima, quiero decir, si la muchedumbre plebeya se rebela no hay nada que hacer. Sí, puede ser que el “cuarto de pánico” sea también inútil en esa situación. Pero no hay que ponerse pesimista, piense que ese día… o noche… está muy lejos. Sí, eso del optimismo “new age” también lo aprendí en el curso de superación personal. ¿Eh? ¿Qué? ¿Estoy despedido?

(continuará…)
Desde cualquier rincón, en cualquiera de los mundos.
SupMarcos.
Planeta Tierra.
Enero del 2013.

Cile-Argentina - Sulla lotta del popolo Mapuche


martedì 22 gennaio 2013

Messico - SCI Marcos : para: Alí Babá y sus 40 ladrones (gobernadores, jefe de gobierno y lame-suelas).

Con un dito medio gli zapatisti rispondono ad una provocazione mediatica del governo, attraverso un nuovo comunicato grafico firmato dal Sub Comandante Marcos.
In questi giorni è partito un programma assistenziale del governo, chiamato "Crociata nazionale contro la fame", destinato a fasce sociali deboli del paese attraverso l'elargizione di derrate alimentari. Il presidente della repubblica, ha iniziato la campagna in Chiapas, nel municipio di Las Margaritas, una delle città occupate dagli zapatisti il primo gennaio 1994, nella quale perse la vita il Sub Comandante Pedro, secondo dirigente militare dell'EZLN; ed occupata nuovamente, ma pacificamente, il 21 dicembre 2012 da circa 7 mila indigeni ribelli, mentre altre migliaia marciavano su altre 3 città dello stato del Chiapas.
Tante voci autorevoli, in Messico, si erano espresse nelle scorse settimane rispetto a questa nuova campagna assistenzialista del governo, che come tutte quelle che l'hanno preceduta non va minimamente ad attaccare le cause della povertà e la disuguaglianza sociale nel paese. In molti parlavano della necessità di affrontare questi problemi mettendo al centro la sovranità alimentare, piuttosto che la fame, in un paese agricolo che a seguito dei trattati di libero commercio degli anni '90 ha visto la migrazione di un terzo della popolazione agricola. Ma è chiaro che il governo risponde ad altri interessi, ed invece di sostenere la produzione locale sta promuovendo lo smantellamento della proprietà collettiva delle terre e grandi progetti di monocoltivazioni come quelle di mais e soia OGM nelle regioni sotto il controllo di cartelli dei narcos nel nord del paese. Questi programmi assistenziali, oltre a non intaccare le cause della povertà in Messico, sono uno dei tanti strumenti per drenare denaro pubblico alle grandi imprese, infatti nelle dispense alimentari offerte ai poveri non sono presenti alimenti dei piccoli produttori locali di ogni regione, ma ovunque si distribuiscono prodotti, per niente genuini, delle grandi imprese transnazionali del settore.
Le comunità zapatiste non accettano nessun programma dal governo, ma con le loro sole risorse e con il lavoro collettivo affrontano la situazione di emarginazione e costruiscono il loro futuro. Spesso le autorità statali utilizzano questi soldi o altri beni come strumenti per tentare di comprare famiglie o dividere le comunità. La strategia di negare programmi assistenziali è spesso usata nei confronti di comunità non zapatiste che si stanno opponendo a espropriazioni o altri progetti indesiderati sulle loro terre. Gli zapatisti, come ha visto chi li ha visitati, e come hanno ribadito loro stessi nel comunicato del 30 dicembre scorso, dopo aver occupato le terre dei latifondisti nel '94 hanno abbattuto il problema della fame e la denutrizione, che prima di allora era la principale causa dell'alta mortalità infantile. Allora scrissero: "In questi anni ci siamo rafforzati ed abbiamo migliorato significativamente le nostre condizioni di vita. Il nostro livello di vita è superiore a quello delle comunità indigene vicine ai governi di turno, che ricevono le loro elemosine e le spendono in alcool ed articoli inutili. [...] Nei nostri villaggi, la terra che prima era per far ingrassare gli animali d'allevamento dei latifondisti, adesso è per il mais, i fagioli e le verdure che illuminano le nostre tavole".
Quindi, di fronte alla provocazione mediatica del presidente messicano, di iniziare la campagna contro la fame a Las Margaritas, municipio circondato da uno dei territori con la più alta presenza di zapatisti, la regione del caracol della Realidad, scrivono in questo messaggio che non hanno parole per rispondergli, e lo fanno con un disegno, accompagnato anche questa volta da un video musicale.
Ancora continua la presa di parola degli zapatisti che si rivolgono ai politici e governi del Messico. Come hanno scritto a inizio gennaio, questo continuerà per pochi altri comunicati, dopo dei quali la loro parola tornerà a rivolgersi a chi come loro lottano per costruire alternative reali al capitalismo e per la democrazia. A seguire la traduzione a cura di Comitato Maribel.


ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE
MESSICO
 21 GENNAIO 2013
Per: Alì Babà e i 40 ladroni (governatori, capo di governo e leccapiedi).
Da: Io
Non troviamo le parola per esprimere i nostri sentimenti sulla Crociata Nazionale Contro la Fame, quindi, senza parole:

P.S. Pessima coreografia e coordinamento. l’applauso degli acarreados era assolutamente fuori tempo, perfino il “precisino” se n’è accorto. Ricordate bene che il principio è la forma (oppure era il contrario?) Mmh… e poi i balbettamenti, oltre agli errori nell’uso del plurale, del singolare, del maschile e del femminile. Bisogna fare più pratica. Mmh… a meno che questo non sia lo stile di governo. Infine, bisogna sforzarsi di più. Infatti nessuno vi crede e poi con quei cartelloni, ancora meno. 
ALTRO P.S. Neta che aspettava la sigla musicale del teleton per estrarre gli accendini e prendersi per mano tutti a cantare “s-o-l-i-d-a-r-i-e-t-à” e poi, certo, “messico clap, clap, clap”, “messico clap, clap, clap”. 
ALTRO P.S. Un consiglio: l’elemosina andate a farla da un’altra parte, qui non vive nessun Gesù di nome Ortega Martínez o Zambrano. O potete farla con il “Pacto por México”. (Ah, le mie carambole sono sublimi, no?)


lunedì 21 gennaio 2013

Messico - Nuova carta del Sup Marcos

E' uscito su Enlace Zapatista un nuovo messaggio del Sub Comandante Insurgente Marcos. Il portavoce zapatista ribadisce ancora la grossa distanza tra la proposta politica zapatista di costruire alternative dal basso, rispetto alla classe politica messicana. Ancora un chiaro riferimento al PRD, partito della sinistra messicana che, a detta di Marcos, tenta ogni volta di normalizzare l'esperienze di rabbia e di ribellione che sorgono dal basso, tentando di canalizzarle all'interno del suo percorso di partito e nella logica elettorale. Come hanno scritto gli zapatisti nel comunicato del 30 dicembre 2012, riferendosi al PRD: voi non avete bisogno di noi; noi non abbiamo bisogno di voi. Marcos, con questo testo letterario ci mostra ancora che la proposta zapatista e delle organizzazioni che fanno riferimento all'Altra Campagna fa paura al potere proprio perchè sfugge alle logiche del sistema dei partiti e della tradizione della sinistra istituzionale, costruendo nuovi mondi.
Di seguito la traduzione e a questo link la versione originale http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2013/01/20/ellos-y-nosotros-i-las-sin-razones-de-arriba/

ELLOS Y NOSOTROS.
I.- Las (sin) razones de arriba.
Gennaio 2013

Parlano quelli che stanno sopra:

“Siamo noi che comandiamo. Siamo più potenti anche se siamo di meno. Non c’importa quello che dici-senti-pensi-fai, basta che stai muto, sordo, immobile. 
Possiamo imporre al governo gente mediamente intelligente (anche se è molto difficile trovarne nella classe politica), ma scegliamo uno che neanche riesce a far finta di sapere che cosa va a fare.

Perché? Perché possiamo farlo.

Possiamo usare l’apparato di polizia e militare per perseguire ed imprigionare veri delinquenti, ma questi criminali sono la nostra parte vitale. Invece scegliamo di perseguire te, picchiarti, catturarti, torturarti, imprigionarti, assassinarti.

Perché? Perché possiamo farlo.

Innocente o colpevole? ¿E chi se ne importa se sei uno o l’altro? La giustizia è solo una prostituta in più sul nostro libro paga e, credici, non è la più costosa. 

Ed anche se fai alla lettera quello che imponiamo, anche se non fai niente, anche se innocente, ti schiacceremo.

E se insisti a chiedere perché lo facciamo, ti rispondiamo: perché possiamo farlo.

Questo è avere il Potere. Si parla molto di soldi, ricchezze, e di queste cose. Ma credici, quello che eccita è questa sensazione di poter decidere sulla vita, la libertà ed i beni di chiunque. No, il potere non è il denaro, è quello che puoi avere grazie ad esso. Il Potere non è solo esercitarlo impunemente, ma anche e soprattutto, farlo irrazionalmente. Perché avere il Potere è fare e disfare senz’altra ragione che il possesso del Potere.

E non importa chi compaia davanti, per occultarci. Destra e sinistra sono solo indicazioni per far parcheggiare l’autista. La macchina funziona da sola. Non dobbiamo nemmeno ordinare che si punisca l’insolenza di sfidarci. Governi grandi, medi e piccoli, di tutto lo spettro politico, oltre ad intellettuali, artisti, giornalisti, politici, gerarchi religiosi, si contendono il privilegio di compiacerci.

Quindi fottiti, marcisci, crepa, disilluditi, arrenditi. 

Per il resto del mondo non esisti, non sei nessuno. 

Sì, abbiamo seminato l’odio, il cinismo, il rancore, la disperazione, il menefreghismo teorico e pratico, il conformismo del male minore, la paura fatta rassegnazione. 

Tuttavia, temiamo che questo si trasformi in rabbia organizzata, ribelle, senza prezzo.

Perché il caos che imponiamo lo controlliamo, lo gestiamo, lo dosiamo, lo alimentiamo. Le nostre forze dell’ordine sono le nostre forze per imporre il nostro caos.

Ma il kaos che viene dal basso …

Ah, quello… non capiamo nemmeno cosa dicono, chi sono, quanto costano.

E poi sono così volgari da non mendicare, sperare, chiedere, supplicare, ma esercitare la loro libertà. Mai vista una tale oscenità! 

Questo è il vero pericolo. Gente che guarda da un’altra parte, che esce dagli schemi, o li rompe, o li ignora.

Sai cosa ci ha dato buoni risultati? Il mito dell’unità ad ogni costo. Intendersi solo col capo, dirigente, leader, caudillo, o come lo si voglia chiamare. Controllare, gestire, contenere, comprare qualcun@ è più facile che comprarne molti. Sì, e più a buon mercato. Le ribellioni individuali. Sono tanto commoventemente inutili.

Quello che invece è un pericolo, un vero caos, è quando qualcuno si mette in collettivo, gruppo, banda, razza, organizzazione, e impara a dire no e a dire sì, e che si mettano poi d’accordo tra loro. Perché questo non punta a chi comandiamo. Eh sì… uff… questo sì è una calamità, immagina che ognuno costruisca il proprio destino, e decida che cosa essere e fare. Sarebbe come rivelare che noi siamo prescindibili, che siamo d’avanzo, che disturbiamo, che non siamo necessari, che dobbiamo essere imprigionati, che dobbiamo sparire.

Sì, un incubo. Vero, ma ora per noi. Ti immagini di che cattivo gusto sarebbe questo mondo? Pieno di indios, di neri, di caffè, di gialli, di rossi, di rasta, di tatuaggi, di piercing, di estoperoles, di punk, di darket@s, di chol@s, di skater@s, di quella bandiera con la A così senza nazione da essere comprata, di giovani, di donne, di put@s, di bimb@, di vecchi, di chicanos, di autisti, di contadini, di operai, di nacos, di proletari, di poveri, di anonimi, di… di altr@. Senza uno spazio privilegiato per noi, “the beautiful people”… la gente per bene che si capisce…. perché si vede da lontano che tu non hai studiato ad Harvard.

Sì, quel giorno per noi sarebbe notte… Sì, tutto esploderebbe. Che che cosa faremmo? 

Mmh… non ci avevamo pensato. Pensiamo, pianifichiamo e realizziamo cosa fare per impedire che accada, ma…… no, non c’avevamo pensato.

Bene, nel caso, dunque… mmh… non so… forse cercheremmo i colpevoli e poi, non so, penseremmo a un piano B. Indubbiamente per allora tutto sarebbe inutile. Credo che allora ricorderemo la frase di quel maledetto ebreo rosso… no, Marx no… Einstein, Albert Einstein. Mi sembra che sia stato lui a dire: “La teoria è quando si sa tutto e non funziona niente. La pratica è quando tutto funziona e nessuno sa perché. In questo caso abbiamo combinato la teoria e la pratica: non funziona niente… e nessuno sa perché”.

No, hai ragione, non riusciremmo neppure a sorridere. Il senso dell’umorismo è sempre stato un patrimonio non espropriabile. Non è una pena? 

Sì, senza dubbio: sono tempi di crisi.

Senti, non scatti qualche foto? Dico, così, per sistemarci un po’ e farci un po’ più decenti. Naah, questo modello l’abbiamo già usato in Hola… ah, ma che ti raccontiamo, si vede che non hai letto il Libro Vaquero (fumetto di storielle ambientate nell’ovest del Messico alla fine del XIX° secolo – n.d.t.).

Ah, non possiamo aspettare di raccontarlo a@ nostr@ amic@ che sono venuti ad intervistarci uno così… così… così… altro. Gli piacerà. E a noi daranno un’aria così cosmopolita…

No, certo che non ti temiamo. In quanto a questa profezia… bah, si tratta solo di superstizioni, così… così… così autoctone… Sì, così di bassa qualità … hahahaha… buona questa barzelletta, prendi nota per quando vedremo i ragazzi… 

Cosa?… non è una profezia?… 

Oh, è una promessa… 

(…) (suono di titutata-tatatatà dello smartphone)

Pronto, polizia? Sì, è venuto qualcuno a trovarci. Sì, pensiamo che fosse un giornalista o qualcosa così. Sembrava così… così… così altro, sì. No, non ci ha fatto niente. No, non si è nemmeno portato via niente. Sì, ora che siamo usciti dal club per incontrare i nostr@ amic@ vediamo che hanno dipinto qualcosa sul portone d’ingresso del giardino. No, le guardie non hanno visto chi è stato. No! certo che i fantasmi non esistono. Sì è di molti colori… No, non abbiamo visto nessun barattolo di vernice qui intorno… Bene, stavamo dicendo che è dipinto in molti colori, così, molto variopinto, molto naif, molto altro, niente a che vedere con le gallerie dove… che cosa? No, non vogliamo che mandi nessuna pattuglia. Sì, lo sappiamo. Ma lo diciamo per vedere se è possibile indagare per capire che cosa vuol dire quello che è dipinto. Non sappiamo se è un codice, o una di quelle strane lingue che parlano i proletari. Sì, è una sola parola, ma non capiamo perché ci fà venire i brividi. Dice:


 MARICHIWEU!” (*)
(continua…)

Da qualche parte, in qualunque dei mondi.
SupMarcos
Pianeta Terra
Gennaio 2013

http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2013/01/20/ellos-y-nosotros-i-las-sin-razones-de-arriba/
(*) parola mapuche che significa “vinceremo sempre!”

(Traduzione “maribel” – Bergamo)

Africa - Un deserto chiamato guerra


Le motivazioni della guerra, nel duplice significato di cause e obiettivi, sono già state sviscerate: il jihadismo, le materie prime, lo spazio, il prestigio, l'impiego di armi vecchie da consumare e di armi nuove da provare.

di Gian Paolo Calchi Novati
[..........]Le motivazioni della guerra, nel duplice significato di cause e obiettivi, sono già state sviscerate: il jihadismo, le materie prime, lo spazio, il prestigio, l'impiego di armi vecchie da consumare e di armi nuove da provare. Nessuna guerra nasce da una sola causa e insegue un unico obiettivo. Senza nemmeno discutere il merito della questione i volenterosi di turno stanno correndo a costituire la solita coalizione. Chissà se come in altri casi, troppo noti per doverli citare, ci sarà anche questa volta un'eterogenesi dei fini. 
E alla poco gloriosa vittoria delle armate occidentali farà da riscontro la vittoria di qualche «terzo incomodo» o a effetti non voluti come nel caso della Libia.
Per il momento i contendenti, usando due termini volutamente propagandistici, sono il «mondo libero» e il «califfato islamico». Di califfato sovranazionale, esagerando, parla Giulio Sapelli in un bell'articolo sul Corriere della Sera del 18 gennaio, su cui si tornerà per contestarne, più che l'analisi, le conclusioni. La crisi scoppiata in Mali riprendeva, adattandoli, temi nati molto prima della war on terror, connessi piuttosto alla secolare tensione fra nomadi e sedentari e più esattamente al processo di costituzione dello stato in un'area tormentata del continente fra Africa araba e Africa nera.

Il fondamentalismo islamico nel Sahel è un fenomeno che dura da tempo e solo di recente ha acquisito gli aspetti anti-occidentali e militarizzati che adesso tutti giudicano intrinseci e preponderanti. Di per sé era una forma di identità culturale e di organizzazione sociale. Il grado maggiore o minore di ortodossia o eresia è importante ma secondario ai fini dei problemi attuali, ormai dominati dallo scontro duale così come definito più sopra.
Una rivolta di alcune migliaia di combattenti bene o male armati in cui si mischiano autonomismo localistico, fanatismo religioso, narcotraffico e criminalità comune, per di più in un territorio periferico, senza sbocchi al mare e senza il controllo di metropoli con un senso per l'economia-mondo che fa capo al Centro, dovrebbe avere un peso molto relativo. Vero è che anche in epoca coloniale - quelli che non credono nella storia si ostinano a non vedere le asimmetrie che l'esondazione dell'Europa fuori dell'Europa con i suoi valori, la sua tecnica e il suo potere ha provocato una volta per tutte - i piccoli incidenti hanno provocato i grandi eventi.

Del resto, il Mali si collega con la Somalia, la Somalia con l'Afghanistan, l'Afghanistan con Al-Qaida. È più raro sentire nell'elenco l'appoggio fornito a vario titolo dall'America prima ai mujaheddin per abbattere il regime pro-sovietico di Kabul e poi ai talebani attraverso il Pakistan, dall'Europa ai militanti islamici della Bosnia e del Kosovo per fiaccare la Serbia o da Israele a Hamas per distruggere l'Olp. Le ragioni della rimozione sono ovvie mentre tornerebbe utile partire dal presupposto che l'islam non è o non è sempre stato il male da esorcizzare con tutti i mezzi ma uno strumento funzionale a certe cause.
Più la singola fattispecie, oggi il Mali o meglio l'Azawad, si configura, per la realtà dei fatti o ad arte, come una sfida che riguarda tutto e tutti, più la reazione andrebbe studiata e modulata con riferimento al quadro generale invece che al micro-contesto. Non per niente alcuni parlano addirittura di pericolo per la «civiltà». [...........] In effetti, se l'Occidente riduce la sua politica alla guerra, crisi dopo crisi, il divario più prezioso fra i «noi» e i «loro» di una certa visione, fra l'Occidente e chi aggredisce l'Occidente, evapora. Guerra contro guerra: una tragica equivalenza. Ognuno ha le sue Torri Gemelle da rinfacciare all'altro.
Riprendendo Sapelli, l'illustre storico ha ragione di vedere l'insorgere di un movimento generale che interpella l'Occidente. La verità però è che il jihadismo è la classica punta di un iceberg che non si esaurisce nelle guerre, che pure esistono. L'Europa dovrebbe riconoscere che il suo modello che - di nuovo, dal colonialismo in poi - era la sua vera forza nei rapporti con Africa e Asia non ha più presa.

In particolare nella vasta area che sempre più riassume in un unico complesso il Medio Oriente e l'Africa settentrionale fino alla Nigeria e alla Somalia il revivalismo islamico è un'alternativa di medio-lungo periodo che premia se mai la Turchia, i Fratelli musulmani o l'Arabia Saudita (meno l'Iran). Questa sì è una presa d'atto su cui conviene meditare per aggiustare le politiche e le alleanze. L'esito delle Primavere arabe sarebbe stato meno imprevedibile. L'unico rimedio non può essere la soluzione militare a pena di un'altra guerra dei cent'anni. Con riferimento al nostro paese, che si appresta a intervenire più o meno alla chetichella forse con la copertura di chi non si vorrebbe, Sapelli commette una duplice scorrettezza. Primo, non esclude la guerra come opzione strategica, senza dire che sarà impossibile farla rientrare nell'autodifesa, sola eccezione al ripudio della guerra di cui alla Costituzione italiana. Secondo, suggerisce cautamente di posporre il dibattito a dopo le elezioni.
tratto da Il Manifesto

domenica 20 gennaio 2013

Cina - Nella Cina del progresso si muore ancora di freddo


In una via di Bijie cinque bambini muoiono di freddo nell'indifferenza generale. L'opinione pubblica insorge, ma la censura cerca di insabbiare tutto.
di Maria Dolores Cabras
C’era un freddo tremendo da sentirsi accapponare la pelle, di quelli che fanno battere i denti e ti scorrono nelle ossa fino a farti impallidire, il 15 novembre scorso a Bijie. Piovigginava e una nebbia densa velava di buio la notte. La temperatura era scesa a picco fino a toccare i 6 gradi centigradi nella città-prefettura della provincia del Guizhou.
Zhonglin, Zhongjing, Bo, Chong e Zhonghong, cinque bambini tra i 9 e i 13 anni, avevano mendicato per tutto il giorno qualche soldo in un sottopassaggio all’ingresso dell’università, poi erano tornati nella grande strada periferica, la Huandong Lu, dove avevano messo su con teloni e stracci un riparo di fortuna per la notte.
C’è chi racconta di averli visti giocare col pallone con indosso giacchette leggere e maglie di cotone, prima che il freddo gli gelasse i piedi e chiazzasse le loro labbra di uno strano colore rosso-bluastro, prima che i cinque bambini scegliessero come nuova tana per la notte un cassonetto per l’immondizia, di due metri per uno. Ci si erano infilati dentro e lì avevano acceso un po’ di carbone. Solo un po’, per riuscire a sentire per l’ultima volta il torpore di casa. L’indomani i cinque ragazzini del Guizhou erano ancora rannicchiati lì dentro, stretti l’uno all’altro senza vita, soffocati dal monossido di carbonio, come ha precisato l’esame autoptico. Prima affamati, poi infreddoliti e infine morti, nella totale e cieca indifferenza di passanti, studenti, professori e perfino dei funzionari che lavorano nei palazzi amministrativi siti nella zona.
È questa la Nuova Cina dello sviluppo tanto celebrata dal Pcc? È possibile che ancora oggi nella seconda economia al mondo, motore della crescita regionale asiatica e globale, i bambini muoiano per il freddo? A chiederselo sono in tanti, le voci della società civile giungono dalla piattaforma dei microblog cinesi che si infiamma per lo sdegno, ma anche dal mondo del giornalismo locale. Li Yuanlong, giornalista del Bijie Daily, ha provato a fornire alcune risposte indagando sulla storia dei cinque bambini, avvicinando le loro famiglie e descrivendo il degrado delle loro misere vite. È riuscito perfino a fotografarne i corpicini e a diffonderne le immagini su internet, e per questo è stato censurato, arrestato e minacciato dalla polizia.

venerdì 18 gennaio 2013

Europa - Perchè la Slovenia è in piazza


di Franco Juri *
Fino a qualche anno fa la Slovenia veniva raccontata come una storia esemplare, una storia di successo, esibita come il fiore all'occhiello di un'Europa che guarda , da madre amorevole, ai Balcani. L'incantesimo ora si dilegua ; la crisi politica scaturita da quella economica e dalle scelte »Merkeliane« fatte sia dall'attuale governo di centrodestra , guidato da Janez Janša che, in termini più soffusi, dal precedente governo di centrosinistra di Borut Pahor, assume dei connotati per molti versi inquietanti, ma che in fondo riflette perfettamente , in uno spazio piccolo e in uno scenario politicamente incestuoso, gli obiettivi della »rivoluzione« conservatrice e neoliberista in corso nell' Unione Europea. In termini di parametri economici e sociali la Slovenia non è la Grecia.

Africa - Mali e Azawad: l’unica cosa certa sono le bugie che ci raccontano.


L'11 gennaio 2012 delle "forze armate internazionali”, circa 3300 uomini(tra cui francesi in primis, ma anche statunitensi e tedeschi), si aggiungono alle forze armate del Mali, per “risolvere” la questione dei touareg nel nord, che il 6 aprile 2012 hanno dichiarato formalmente e fisicamente l’indipendenza della regione chiamata Azawad.

di Davide Di Maggio

Dall'intervento militare internazionale contro i touareg ne ero a conoscenza già diversi mesi prima che questo realmente accadesse.
Procediamo con ordine.
Quache mese fa leggevo un articolo su repubblica.it dove si riportava un comunicato dell’attuale presidente ad interim del Mali Dionkunda Traore(divenuto “presidente” dopo un colpo di stato da parte di una giunta militare che ha spodestato Amadou Tourè). In questo comunicato, pubblicato dal sito di repubblica senza un minimo di critica giornalistica o ricerca di altre fonti, il “presidente” chiedeva alla comunità internazionale un “aiuto” al fine di riportare ordine nella regione sahariana dell’Azawad, culla naturale dei touareg.
In questo comunicato il presidente non eletto dichiarava con assoluta certezza che l’Azawad indipendente rappresenta un rischio per tutto il mondo civilizzato, poichè i ribelli in realtà sono estremisti islamici con solidi legami con Al-Qaeda. Sono andato a ricercare le dichiarazioni ufficiali di chi “conta”. Il giorno della dichiarazione d’indipendenza la Francia ha reso noto di considerare “nulla” la dichiarazione “unilaterale d’indipenenza”. L’Ue e gli Usa hanno respinto la secessione assicurando di “voler rispettare l’integrità territoriale del Mali”. Anche dall’Unione Africana è giunto il più “totale rifiuto”. Il tutto giustificato, ovviamente dal fatto che ci fosse lo zampino di Al-Qaeda in mezzo.
Quel giorno mi sono reso conto che ci sarebbe stato sicuramente un intervento militare a breve per mantenere lo status quo.
Ovviamente repubblica.it in quel caso riferiva solo la versione del governo del Mali.
La versione vista dalla parte dei touareg pero’, non solo è molto diversa (e poco pubblicata), ma è, a mio avviso, molto più convincente.

mercoledì 16 gennaio 2013

Messico - Autodifesa contro la criminalità.


di Gloria Muñoz Ramírez

Le complicità del crimine organizzato con i diversi livelli di governo ed il saccheggio nelle comunità di molti stati del paese, come Michoacán e Guerrero, per citarne solo due, che sono alla mercé delle bande di delinquenti, li ha portati all’autodifesa e all’organizzazione della sicurezza dei loro villaggi.

La polizia comunitaria della Montaña e Costa Chica di Guerrero dal 1995 è una delle esperienze più notevoli in quanto all’organizzazione della propria difesa. Nei mesi scorsi si è assistito alla contesa di questo territorio tra i narcos, il governo dello stato ed organizzazioni vicine alle istituzioni governative. L’autonomia, tuttavia, prevale nell’autodifesa.

In Michoacán, nell’aprile del 2011, il villaggio di Cherán fu protagonista di una sollevazione contro i taglialegna ed il crimine organizzato che opprimevano la comunità da tre anni, esperienza che si è diffusa in altri villaggi della meseta purépecha. Urapicho è una di queste comunità. E questa settimana gli abitanti sono tornati sulle barricate.

Urapicho, nel municipio di Paracho, parallelamente alla sua autodifesa, aveva chiesto l’installazione di una Base di Operazioni Miste (BOM) formata da elementi dell’Esercito Messicano, della Segreteria di Pubblica Sicurezza, Polizia Federale e procura statale, la quale si era installata nell’ottobre del 2012, ma è stata ritirata l’8 gennaio 2013, ed i comuneros, in disaccordo, il giorno dopo hanno tenuto in ostaggio per alcune ore i funzionari municipali per esigere il ritorno delle forze di polizia e militari. L’accordo raggiunto prevede che le altre BOM vicine amplieranno la loro azione per comprendere il municipio. Inoltre, il governo statale provvederà alla formazione della polizia municipale ed assegnerà una pattuglia.

Urapicho, Sevina, Comachuén e Turicuaro sono alcuni dei villaggi della meseta purépecha vittime della delinquenza, los malos, come li chiamano in Michoacán, stato nel quale era partito il programma di militarizzazione di Felipe Calderón e dove, lamentano gli abitanti, la criminalità è lungi dal diminuire ma è aumentata in tutti i villaggi.

Ogni popolo che intraprende la sua autodifesa segue storie e dinamiche proprie. Quello che succede a Urapicho non è lo stesso che a Cherán, e tanto meno è uguale a ciò che avviene in Guerrero, anche se le motivazioni siano le stesse.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!