mercoledì 19 agosto 2015

Messico - Da sopra, mai e poi mai arriveranno la verità e la giustizia.


ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE


MESSICO

16 Agosto 2015

Alla Sexta Nazionale e Internazionale:

Al Congresso Nazionale Indigeno:

A quelle e quelli di sotto nel mondo:

A chi di dovere:

Una volta di più si sottolinea che, da sopra, non arriveranno la verità e la giustizia.

Mai.

E poi mai.

Da sopra bisogna solo aspettarsi simulazione, inganno, impunità, cinismo.

Il criminale di sopra riceverà sempre assoluzione e ricompensa. Perché chi lo giudica è lo stesso che lo paga. Sono gli stessi criminali e giudici. Sono teste velenose della stessa Idra.

E ora ne abbiamo un nuovo esempio.

Come zapatisti che siamo, ci siamo accorti che, belli grassi e contenti, sono tornati alle loro case nel villaggio de La Realidad due degli autori intellettuali dell’assassinio del compagno maestro Galeano. In teoria, sono stati arrestati per l’assassinio del nostro maesto e compagno. Sappiamo già che sono stati dichiarati innocenti dagli stessi che li hanno finanziati e appoggiati: il governo federale e quello statale del Chiapas. L’autodenominato “giudice” Víctor Manuel Zepeda López, del ramo penale di Comitán de Domínguez, Chiapas, il giorno 12 agosto di quest’anno, ha sentenziato che i signori Carmelino Rodríguez Jiménez e Javier López Rodríguez sono innocenti, nonostante essi e i loro complici della CIOAC-Histórica sappiano di essere colpevoli di aver organizzato il crimine. Non sono gli unici, ma lo sono anche loro.

Di nascosto li hanno riportati a La Realidad. Gli hanno detto di non mostrarsi troppo e di essere discreti, ma la superbia di chi si sa impune dinanzi alla giustizia di sopra, gli ha sciolto la lingua. E dichiarano, a chi li voglia ascoltare, che non sono stati arrestati, bensì protetti in una casa in cui hanno ricevuto tutte le attenzioni e le congratulazioni del governo statale di Manuel Velasco e dei leader della CIOAC-Histórica per l’assassinio del maestro Galeano, e che è stato loro detto che avrebbero dovuto aspettare qualche tempo prima di tornare al loro villaggio e “proseguire con ciò che è rimasto in sospeso”.

Ora manca che se ne escano a dichiarare in loro favore i loro complici: Pablo Salazar Mendeguchía, Luis H. Álvarez, Jaime Martínez Veloz, Juan Sabines Guerrero, Manuel Velasco, Manuel Culebro Gordillo, Vicente Fox, Felipe Calderón, Enrique Peña Nieto e Rosario Robles. Queste persone sono alcune di quelle che hanno addomesticato la CIOAC-Histórica e l’hanno convertita in ciò che è ora: una banda paramilitare utile a raccattare voti e assassinare lottatori sociali.

Manca anche che i giornalisti prog li intervistino e li presentino come vittime del “feroce” Galeano (lui solo contro più di due dozzine di criminali cioaquisti), rieditino la menzogna di uno scontro, pubblichino le sue foto contraffatte, e riscuotano con la mano destra il servizio prestato, automezzi con autista inclusi, mentre nei loro media esaltano il “grande” sviluppo del sudorientale stato messicano del Chiapas e, con la mano sinistra, celebrano il loro “impegno nelle lotte sociali”.

Ma…

Come zapatisti che siamo, guardiamo e ascoltiamo non soltanto la nostra rabbia, il nostro risentimento, il nostro odio contro chi là sopra si sente padrone e signore di vite e destini, di terre e sottosuoli, e contro chi si vende, con i suoi movimenti e organizzazioni, tradendo la propria storia e i propri principi.

Come zapatisti che siamo, guardiamo e ascoltiamo anche altri dolori, altre rabbie, altri odi.

Guardiamo e ascoltiamo il dolore e la rabbia, che si fanno reclamo nei familiari di migliaia di desaparecid@se assassinati nazionali e migranti.

Guardiamo e ascoltiamo la tenace ricerca di giustizia dei familiari dei bambini e delle bambine assassinati nell’asilo ABC in Sonora.

Guardiamo e ascoltiamo la rabbia che si fa degno e ribelle sciopero della fame delle e degli anarchici arrestati in Messico e in altre parti del mondo.

Guardiamo e ascoltiamo la rabbia nei passi instancabili dei familiari dei 47assenti di Ayotzinapa.

Guardiamo e ascoltiamo la rabbia nel popolo fratello Nahua di Ostula, aggredito dall’esercito.

Guardiamo e ascoltiamo la rabbia nel popolo fratello Ñahtó di San Francisco Xochicuautla per la spoliazione dei suoi boschi.

Guardiamo e ascoltiamo la rabbia del popolo fratello Yaqui per gli arrestati ingiustamente e per il saccheggio sfacciato del suo territorio.

Guardiamo e ascoltiamo la rabbia per la farsa che è l’indagine per l’assassinio di Olivia Alejandra Negrete Avilés, Yesenia Atziry Quiroz Alfaro, Nadia Dominicque Vera Pérez, Mile Virginia Martin Gordillo y Rubén Espinosa Becerril, a Città del Messico.

Guardiamo e ascoltiamo la rabbia degli insegnanti democratici che resistono alla guerra mediatica, poliziesca e militare di cui soffrono per il delitto di non arrendersi.

Guardiamo e ascoltiamo l’indignazione di chi, nel nord sconvolto e brutale, è attaccato per il colore della propria pelle e per tale colore riceve una sentenza di condanna.

Guardiamo e ascoltiamo la rabbia e il dolore per le donne scomparse, assassinate per il delitto di essere donne; per le diverse e i diversi attaccati perché il Potere non tollera quel che non rientra nel suo ristretto modo di pensare; per l’infanzia che è annullata senza che nemmeno gli venga dedicata una cifra nelle statistiche della macroeconomia.

Guardiamo e ascoltiamo che si ricevono solo menzogne e beffe da chi dice di amministrare la giustizia e in realtà amministra soltanto l’impunità e fomenta il crimine.

Guardiamo e ascoltiamo dappertutto le stesse promesse di verità e giustiza, e le stesse menzogne. Non cambiano più nemmeno le parole, come ci fosse già uno scritto che leggessero, e male, tutti quelli di sopra.

E’ ormai il tempo in cui, quando chi sta sotto chiede perché lo si attacca, la risposta di chi sta sopra è “per essere ciò che sei“.

Perché in questo mondo che compatiamo, il criminale è libero e il giusto è incarcerato. Chi ammazza è premiato e chi muore è calunniato.

Ma guardiamo e ascoltiamo che ogni volta sono di più le voci che non si fidano, che non lasciano fare, che si ribellano.

Noi, come zapatiste e zapatisti che siamo, non ci fidavamo prima, né ci fidiamo ora, né ci fideremo poi di chi sta sopra, qualunque sia il colore della sua bandiera, qualunque sia il suo modo di parlare, qualunque sia la sua razza. Se sta di sopra, ci sta perché opprime chi sta sotto.

Non è di parola chi sta sopra, non ha onore, non ha vergogna, non ha dignità.

Da sopra, mai e poi mai arriveranno la verità e la giustizia.

Dovremo costruirle dal basso. E allora il criminale pagherà finché saranno pareggiati i conti.

Perché ciò che non sanno di sopra, è che ogni crimine impunito non fa che esacerbare l’odio e la rabbia.

E ogni ingiustizia commessa non fa che aprire la strada affinché quell’odio e quella rabbia si organizzino.

E sulla bilancia dei nostri dolori, peseremo quel che ci devono.

E presenteremo il conto… e lo incasseremo.

Allora avremo, sì, la verità e la giustizia. Non come un’elemosina di sopra, ma come una conquista di sotto.

Il carcere sarà allora per i criminali e non per i giusti.

E la vita, degna, giusta e in pace, sarà per tutte e tutti.

Questo, solo questo.

Dalle montagne del Sudest Messicano

Subcomandante Insurgente Moisés                             Subcomandante Insurgente Galeano

Messico, agosto 2015



Traduzione a cura dell’Associazione Ya Basta! Milano

sabato 15 agosto 2015

Messico: “Non ci abitueremo alla violenza”

Dal Chiapas il discorso della madre di Nadia rivolto al governo messicano, agli investigatori e alla società. Tante le perplessità e le domande circa la morte della figlia, di Rubén Espinosa e di altre tre donne a Città del Messico.

La nostra Nadia, “in difesa della memoria”
Mirtha Luz Pérez Robledo
DICHIARAZIONE PUBBLICA
AL GOVERNO FEDERALE
AL GOVERNO DEL DF
AL GOVERNO DELLO STATO DI VERACRUZ
ALLE ISTITUZIONI INCARICATE DELLA PROTEZIONE DEI DIRITTI UMANI
ALLA SOCIETÀ MESSICANA
ALLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE
Cosa si può dire quando ti hanno rapito il cuore? Le parole si rompono, si disperdono. Non sai se ciò che è successo corrisponda davvero a ciò che senti. Va via la parola amore. Va via la parola generosità. Vanno via le parole con cui abitualmente parli, operi, ti comporti, ti costruisci. Vanno via le parole che ti abitano e smetti di abitare le parole. Allora rimani muta, pietrificata, immobile, annullata, umiliata, si cancella il tuo orizzonte, ti cancelli, poco a poco cominci a cancellare te stesso.
1. La tragedia
Il pomeriggio del giorno sabato primo agosto, attraverso i mezzi di comunicazione, e non delle autorità, abbiamo saputo dei tragici fatti in cui ha perso la vita la nostra cara Nadia insieme ad altre 4 persone. Nadia Dominique Vera Pérez viveva dal febbraio del 2015 nell’appartamento 401 dell’edificio ubicato nella strada Luz Saviñon 1909, della colonia (zona) Navarte in cui avvennero gli incresciosi fatti. Nadia era arrivata a Città del Messico dopo aver vissuto 12 anni nella città di Xalapa, perché “non si sentiva più sicura”.
Lei, stava per andarsene alla Città di Cuernavaca per un’offerta di lavoro. Se ne sarebbe andata il giorno domenica 2 agosto e infatti lo avevo detto ai suoi amici e familiari il mercoledì 29 luglio. Anche le ragazze che vivevano lì stavano per lasciare l’appartamento.
2. Chi era Nadia Dominique Vera Pérez?
Nadia è nata a Comitán, Chiapas, l’8 febbraio 1983. Nel 2001 iniziò a studiare nella Facoltà di Scienze sociali della UNACH della città di San Cristóbal de las Casas, che abbandonò per continuare gli studi a Xalapa nella Facoltà di Antropologia dell’Universidad Veracruzana.
Nadia era direttrice, produttrice e promotrice culturale in Messico, specialmente nel campo delle arti sceniche. La sua attività culturale fu sempre legata alla difesa dei diritti umani, della libertà di espressione e dei diritti degli animali. Appoggiò anche il movimento #YoSoy132, il magistero, nella difesa contro le aggressioni a giornalisti, il Comitato Universitario di Lotta dell’Universidad Veracruzana, quello in difesa per il petrolio, quello dei 43 normalisti scomparsi ad Ayotzinapa.
Nadia praticava un’attività politica molto energica a favore dei diritti umani a partire dalla cultura e l’arte. Queste due attività furono fondamentali per lei e le unì in ogni passo della sua vita. Svolse l’attività di produttrice generale e direttrice di diversi festival, attività nazionali e internazionali. Credeva fermamente nel potenziale delle arti per la trasformazione sociale del Messico e agiva di conseguenza. Nadia era anche, è, nostra figlia, nostra sorella, zia, cugina; un pezzo del nostro cuore.
3. Il proseguimento delle indagini
Al dolore per la perdita di Nadia, la violenza che dovette subire, si somma la violenza istituzionale quando constatiamo che manca limpidezza nella gestione del caso da parte del Procura Generale della Giustizia del Distretto Federale:
Fin dall’inizio l’informazione si è diffusa in modo extraufficiale, frammentata e contraddittoria attraverso i mezzi di comunicazione e il Procura non si è esposto per pronunciarsi su questo punto.
Si dice…
Che Nadia era fidanzata del reporter Rubén Espinosa, cosa falsa in quanto Nadia e Rubén erano amici e si conobbero quando entrambi vivevano a Xalapa, Veracruz, e collaborarono nel Festival 4X4.
Che avevano assassinato il reporter Rubén Espinosa e 4 donne, senza darci l’informazione completa di chi erano le vittime, nonostante fossero state trovate nel luogo in cui vivevano.
Che un testimone dichiarò che le vittime avevano consumato una festa con i loro carnefici. Quasi subito questa informazione è stata smentita e si è passati a informare che i fatti accaddero tra le 14 e 15, enfatizzando che Nadia e Rubén erano stati in un bar all’alba.
Che le altre vittime erano Yesenia Quiroz, truccatrice, Olivia Alejandra Negrete Avilés, collaboratrice domestica e, poi, una cittadina colombiana della quale si confusero nome e foto fintanto che, solo qualche giorno dopo, si conobbe la sua identità, si trattava di Mile Virgina Martin. Cioè, si enfatizzarono occupazione, nazionalità, sesso e abitudini delle vittime, contribuendo a stigmatizzarle.
Che le telecamere dell’edificio non funzionavano ma che ci si affidava a telecamere vicine. Tuttavia, in seguito è stato reso noto un video che mostrava l’uscita dei presunti assassini dall’appartamento, ma non il loro arrivo.
Che gli assassini fuggirono in un’auto modello Mustang rossa che fu abbandonata a Coyoacán, con varie contraddizioni sulla proprietà del suddetto veicolo e la probabile connessione con attività illecite in anni precedenti.
Che tutte le vittime furono assassinate da un proiettile di arma da fuoco e che si utilizzò un cuscino per silenziare il rumore.
Che filtrarono, attraverso i mezzi di comunicazione, fotografie sullo stato in cui versavano le vittime, ferendo ancora di più la loro memoria e quella delle famiglie.
Per quanto precedentemente detto, e alla luce del nostro diritto alla verità e giustizia in quanto parenti di Nadia, abbiamo molte domande per il Procura della Giustizia del DF, istituzione dalla quale aspettiamo ancora risposte:
Perché si afferma che i fatti avvennero ad un’ora (3 del pomeriggio) e nella parte forense si afferma che il decesso avvenne alle 21?
Quali dichiarazioni rilevanti hanno fatto i testimoni chiave sul caso?
Perché l’attività di Nadia come attivista non è contemplata come un fatto che la collocava in situazione di vulnerabilità?
Perché non si è preso in considerazione il contesto di violenza e insicurezza, oltre che l’aggressione diretta da parte dello Stato di Veracruz a gruppi studenteschi e attivisti a cui Nadia apparteneva?
Qual è la spiegazione di tanto accanimento contro le vittime?
Cosa implica il fatto che l’arma utilizzata nel crimine sia stata usata per la prima volta e sia un’arma con silenziatore?
Perché si fanno filtrare informazioni confidenziali ai mezzi di comunicazione se con ciò si mettono in pericolo i familiari delle vittime?
Perché ad amici e parenti delle vittime non è stato permesso fare dichiarazioni che possano apportare maggiori informazioni?
Perché si è data priorità al movente del furto e si sono minimizzate altre piste investigative?
Perché ai testimoni chiave è stato permesso raccogliere i loro beni, alterando così la scena del crimine?
Perché nessuna autorità si è messa in comunicazione con noi per darci informazioni e sostegno?
Nulla ci restituirà la nostra Nadia. Alle altre famiglie nessuno restituirà i loro cari, ma crediamo che conoscere la verità possa restituirci un poco di fiducia nelle istituzioni; diversamente si creerà un clima di scetticismo più forte e, ancora più grave, un’impunità galoppante che lascia la società indifesa.
Per quanto detto finora, ci affidiamo alla Legge Generale delle Vittime, specialmente per ciò che concerne la verità di quanto accaduto nei fatti in cui furono violati i diritti umani di Nadia e delle altre dirette vittime, come quelli dei parenti in qualità di vittime indirette, motivi per cui le autorità dovranno informare dei risultati delle indagini.
Chiediamo:
Che nelle indagini circa i fatti che porta avanti il Procura ci si attenga agli standard più alti in quanto a rispetto dei diritti umani, garantendo la sicurezza dei parenti delle vittime, così come degli attivisti e difensori dei diritti umani e gruppi studenteschi.
Che si permetta ai rappresentanti legali delle famiglie l’accesso all’informazione circa gli sviluppi e del caso e non ci sia fuga di notizie che provocano danni ancora più grandi alle vittime e ai suoi familiari.
Che le indagini sui fatti si compiano in modo esaustivo, senza tralasciare nessuna pista investigativa, senza scartare quella delle minacce denunciate da Rubén e Nadia.
Che si seguano i protocolli investigativi, evitando di mettere in rischio la sicurezza delle vittime indirette, così come dei testimoni del caso.
Che si permetta raccogliere gli effetti personali delle vittime, seguendo i protocolli di sicurezza, così come il Procura l’ha già permesso a persone che sono testimoni chiave.
Questi fatti ci distruggono come famiglia e distruggono le famiglie delle vittime e, in un contesto in cui violenza e impunità sono state una costante, distruggono anche tutta la società messicana.
Infine, vogliamo mostrarci solidali con le famiglie di Olivia Alejandra, Yesenia Quiroz, Mile Virginia e Rubén Espinosa, lo stesso dolore ci unisce; inoltre ringraziamo di cuore la solidarietà degli amici che da varie parti del Paese e del Mondo ci abbracciano; le persone che fanno parte di organizzazioni civili e coloro i quali ci hanno manifestato sostegno.
La loro solidarietà è ciò che ci mantiene in piedi di fronte a tanto dolore. Abbiamo bisogno di restare uniti per esigere un’accurata ricerca investigativa sui fatti, motivo per cui esortiamo a restare attenti e vigilare sul corso di tali indagini. Non ci abitueremo alla violenza.
FAMIGLIA DI NADIA VERA PÉREZ
SAN CRISTÓBAL DE LAS CASAS, CHIAPAS
10 Agosto 2015

giovedì 6 agosto 2015

Gaza - Margine Protettivo uccide ancora: 4 morti a Rafah

Un ordigno inesploso rimasto tra le macerie di una casa è saltato in aria uccidendo quattro membri della famiglia Abu Naqira. Trenta i feriti, 10 in condizioni gravi. Sarebbero 7mila le bombe inesplose ancora nella Striscia. 
A quasi un anno dalla fine della più brutale operazione militare israeliana contro Gaza, Margine Protettivo, nella Striscia si muore ancora: stamattina un ordigno inesploso è saltato in aria tra le macerie di una casa distrutta a Rafah, nel sud di Gaza.
Almeno quattro le vittime, tutte appartenenti alla stessa famiglia, tutti tra i 18 e i 38 anni: Bakr Hasan Abu Naqira, Abdul-Rahman Abu Naqira, Ahmad Hasan Abu Naqira e Hassan Ahmad Abu Naqira. Trenta i feriti. 
Secondo i medici che hanno accolto i feriti all’ospedale di Rafah, il bilancio potrebbe salire: dieci dei trenta feriti sono in gravissime condizioni. La bomba è esplosa mentre la famiglia stava ripulendo le rovine della propria casa. L’esplosione ha provocato danni anche alle abitazioni vicine.
Secondo l’agenzia Onu Ocha, sarebbero oltre 7mila gli ordigni israeliani inesplosi ancora presenti tra le macerie di una Gaza mai ricostruita. Tra le case, per le strade rase al suolo. Bombe a orologeria, perché molti gazawi vivono proprio tra quelle macerie, negli scheletri delle proprie case in attesa che entrino gli aiuti per la ricostruzione, bloccati sia da Israele che dall’assenza di pressioni e finanziamenti internazionali.
La storia si ripete: anche nelle precedenti operazioni, Piombo Fuso del 2008-2009 e Colonna di Difesa del 2012, dopo il cessate il fuoco si continuava a morire in questo modo: 111 i morti (di cui 64 bambini) per bombe inesplose tra il 2009 e il 2012, quattro al mese nel solo 2012. 
Tratto da Nena News

venerdì 31 luglio 2015

Messico - Sostegno a Xochicuautla da CNI ed EZLN

Ai popoli del Messico e del Mondo

Alla Sexta Nazionale e Internazionale

Alla comunità indigena ñätho di San Francisco Xochicuautla

A fronte della degna lotta che da otto anni la comunità ñätho di San Francisco Xochicuautla ha portato avanti contro il progetto di autostrada a pagamento Toluca-Naucalpan, che prevede la distruzione del suo bosco sacro per collegare le zone di lusso di Interlomas all’aeroporto di Toluca, il malgoverno guidato dall’assassino Enrique Peña Nieto ha firmato un decreto di espropriazione con il quale pretende arraffare il territorio della comunità di San Francisco Xochicuautla.

Durante questi anni abbiamo visto a quali interessi rispondono i malgoverni, dato che le loro forze di sicurezza scortano i macchinari di Autovan, parte del Gruppo Higa, con cui vogliono eseguire la distruzione del bosco ñätho. Con questo decreto di espropriazione credono di poter imporre il saccheggio e la distruzione. Oggi vi diciamo che sappiamo che il malgoverno ha sempre calpestato i nostri diritti di popoli indigeni, che ci disprezza e che in tutti i luoghi del Messico arriva e impone e progetti di morte, ma che a San Francisco Xochicuautla non ce la farà.

La comunità ha portato avanti una lotta legale rivolgendosi a diversi tribunali e istituzioni del malgoverno messicano, ma la maggioranza ha mostrato la sua parzialità difendendo i potenti.

Noi sappiamo che San Francisco Xochicuautla ha difeso e difenderà il suo territorio, e che inoltre ha accompagnato molti popoli e comunità nelle sue lotte.

Perciò chiamiamo i popoli del Messico e del Mondo, i fratelli e le sorelle della Sexta Nazionale e Internazionale a stare attenti a quel che potrà accadere in futuro nella lotta di San Francisco Xochicuautla.

A San Francisco Xochicuautla diciamo che non siete soli in questo nostro camminare nella resistenza dei popoli indigeni.

Cordialmente

Mai più un Messico senza di noi

Congresso Nazionale Indigeno

Democrazia, Libertà e Giustizia

Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale

Luglio 2015







Traduzione a cura dell’Associazione Ya Basta! Milano

martedì 28 luglio 2015

Messico - Segundo Nivel Escuela Zapatista


ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE
MESSICO
27 Luglio 2015

Alla Sexta nazionale e internazionale:

Alle/Agli ex alunn@ della Escuelita Zapatista:

Compas:

Si avvicina dunque la data del secondo livello (solo per coloro che hanno superato il primo) della Escuelita Zapatista.

Come già annunciato, le date sono 31 luglio, 1 e 2 agosto 2015.
No, non precipitatevi. Non si tratta di venire in terre zapatiste. O meglio, di non venire fino qua solo per la escuelita. Il secondo livello sarà universale e al di fuori delle terre zapatiste.

Spieghiamo:

Come già abbiamo detto, sappiamo che la situazione economica è difficile. Non solo quella economica; la repressione governativa contro i popoli originari Yaqui (in Sonora) e Nahua (a Santa María Ostula, Michoacán, ed Ayotitlán, Jalisco) e del magistero democratico (a Oaxaca in primo luogo, poi sarà nelle altre entità) ricordano a tutte e tutti noi che quelli di sopra non mantengono la parola e che tradire è parte del loro modo di fare politica.

Dal lato economico, sappiamo quanto sia difficile mettere insieme i soldi per andare avanti giorno dopo giorno, e tanto più per viaggiare e stare qui per qualche giorno.

Lo sappiamo bene noi, zapatiste e zapatisti, che se diciamo di venire alla scuola per imparare a guardarci, è perché ci sarà chi potrà farlo.
Ma la maggioranza di chi ha superato il primo livello sono compas che non hanno soldi e/o devono compiere il loro dovere nelle geografie nelle quali lottano. 

Cioè, non possono venire qui spesso. Non perché non vogliano, ma perché non possono. 

C’è chi ha già fatto tutto quello che poteva per essere qui al semenzaio del maggio scorso, ed è pertanto difficile che possa venire di nuovo quest’anno.

La escuelita non può essere solo per chi non ha problemi di calendario né di soldi per viaggiare. Quello che noi, zapatiste e zapatisti vogliamo, è che le/i nostr@ compas della Sexta ci conoscano direttamente, ci guardino e ci ascoltino, e, come deve essere, prendano quello che credono possa servirgli e lascino da parte quello che credono non gli serva o non gli aggrada.
Siccome noi prendiamo in considerazione tutte queste cose, dobbiamo pensare come fare per continuare a parlare con voi ed imparare reciprocamente.

Quindi, abbiamo organizzato i seguenti livelli (dal 2 al 6) in modo che non dobbiate venire qui ogni volta, ma diciamo una volta all’anno. Chiaro, avvisandovi per tempo quando sarà possibile accogliervi.

Vi avvisiamo dunque che per il Secondo Livello non ci saranno lezioni in territorio zapatista. 

Se volete, certamente potete venire alla festa dei caracol. Ma non dovete venire alle lezioni.
Ma le lezioni ci saranno comunque, ed ovviamente, l’esame.

Faremo così:

1.- Chi ha superato il primo livello, a partire dal giorno 30-31 luglio e 1° agosto di quest’anno 2015 riceverà una email (al suo indirizzo di posta elettronica, o la email sarà inviata a chi ha preso contatti per il primo livello). In questa email ci sarà il link ad un video. In questo video un gruppo speciale di maestri e maestre zapatisti spiegheranno quello che spiegheranno. 

Per poter vedere il video, ci sarà bisogno di una password che sarà contenuta nella stessa email che riceverete.
Non è obbligatorio guardare il video individualmente. Collettivi, gruppi o organizzazioni possono riunirsi per visionarlo insieme. Si può fare nei locali delle Squadre di Appoggio della Commissione Sexta dell’EZLN presenti in diverse parti del Messico, oppure nelle sedi di gruppi e collettivi ed organizzazioni della Sexta nel mondo.

Fino a qui non ci sono problemi. Sia individualmente che collettivamente, vedrete ed ascolterete le nostre compagne e compagni dirvi delle cose, spiegarvi una parte della genealogia della lotta zapatista. Perché voi avete già ascoltato, visto e perfino convissuto con le basi di appoggio zapatiste, con i vostri Votan, con le loro famiglie. Ma questa è solo una parte della lotta per la libertà secondo lo zapatismo. Mancano altre parti.

È come se vi avessimo dato solo una parte del puzzle. Cioè, come si dice, manca quello che manca.
Voi dovrete studiare il capitolo I del libro “Il Pensiero Critico di Fronte all’Idra Capitalista”, ai paragrafi: “Qualcosa di quello che è cambiato”; “Verso una Genealogia della lotta delle Zapatiste”; e “Appunti di Resistenza e Ribellione”. Se non avete il libro, non preoccupatevi, perché queste parti si trovano nella pagina web di Enlace Zapatista, ma sarebbe meglio procurarsi il libro perché lì dentro c’è l’idea integra.

2.- Dopo aver visto, ascoltato e studiato quello che dicono le compagne ed i compagni nel video e studiato quei paragrafi del libro, INDIVIDUALMENTE dovrete scrivere 6 domande. 

Non una di più, non una di meno. Sei domande su quello che avete ascoltato e guardato nel video. Mandate queste 6 domande all’indirizzo indicato nella email che riceverete. 

La data per inviare le domande è un giorno ed ora qualsiasi dopo il 3 agosto del 2015 e fino al giorno 3 ottobre del 2015 compreso.

3.- Alle domande non sarà risposto singolarmente, ma collettivamente. Cioè, raccoglieremo tutte le domande e realizzeremo testi, video, registrazioni in cui risponderemo a queste domande. Quando leggerete un testo della comandancia o ascolterete una registrazione de@ votan, saprete che stanno rispondendo alle vostre domande. Altrimenti, non disperate, vuol dire che ci sarà un’altra occasione dove vi verrà risposto. Non ci saranno risposte individuali, bensì generali e collettive.

4.- Le domande sono importanti. Secondo il nostro modo zapatista, sono più importanti delle risposte. Cioè, saranno le vostre domande ad essere valutate per decidere se passerete al terzo livello.

5.- Ovvero, dovete rendervi conto che quello che interessa alle/agli zapatisti non sono le certezze, bensì i dubbi. Perché pensiamo che le certezze immobilizzano, cioè un@ si mette tranquill@, content@, sedut@ e non si muove, come se fosse già arrivato o che già sapesse. Invece i dubbi, le domande fanno sì che un@ si muova, che cerchi, che non stia tranquill@, che sia come in dissenso, come irrequiet@. 

Le lotte del basso e a sinistra, compas, nascono dai dissensi, dai dubbi, dall’inquietudine. Se un@ si accontenta è perché aspetta che gli dicano cosa fare o gli hanno già detto cosa fare. Se un@ è in dissenso, sta cercando cosa fare.

6.- Vi diciamo dunque cosa viene valutato per passare al terzo livello: le 6 domande che voi, individualmente, farete. Sono queste che le/i votan valuteranno per vedere se mettervi nella lista che dice “Passati al terzo livello”.

Per ora è tutto, compas. Con la escuelita e tutto il resto, dobbiamo continuare ad appoggiarci mutuamente ed appoggiare chi lotta per la verità e la giustizia, come la comunità Nahua di Ostula che reclama giustizia per l’attacco subito e nel quale è stato assassinato dall’esercito federale, il bambino EDILBERTO REYES GARCÍA; come la comunità Nahua di Ayotitlán, attaccata dalle guardias blancas e dai poliziotti al servizio della multinazionale mineraria Ternium; come i familiari dei 47 assenti di Ayotzinapa; come i genitori dei bambini e delle bambine dell’Asilo ABC (che non perché non appaiano sui giornali, non lottino più per avere giustizia); come i familiari de@ detenut@ e desaparecid@s politici in tutto il mondo; come il magistero ribelle; come la Grecia del basso e a sinistra che non si è bevuta la storiella del referendum; come le/i detenut@ che da dietro le sbarre continuano a sfidare il Potere e lo Stato; come chi lo sfida per le strade e nelle campagne di tutte le geografie; come i popoli originari che continuano nella difesa della Madre Terra; come chi non si vende, non tentenna e non si arrende.

Perché sono la resistenza e la ribellione a rompere le geografie ed i calendari di sopra. 

Perché quando lassù predicano la sconfitta, lo scoraggiamento e il tentennamento, c’è sempre unoa, una, uno che dice “NO”. Perché, badate bene, alle radici della libertà c’è sempre un “NO” che si aggrappa alla terra, di lei si nutre e con lei cresce.

Bene. E non dimentichiamo né l’oggi né il passato, così domani ricorderemo quanto è in sospeso.



Subcomandante Insurgente Moisés                         Subcomandante Insurgente Galeano
     Direttore della Escuelita                                              Portinaio della Escuelita

Messico, Luglio 2015

Traduzione “Maribel” – Bergamo

sabato 25 luglio 2015

Kurtistan - Cosa bolle al confine tra Siria e Turchia, mentre la polizia di Erdogan uccide Günay Özarslan


Quanto sta succedendo al confine tra Siria e Turchia, dopo la brutale strage di Suruc, costata la vita a 27 ragazzi che si trovavano al Amara Cultural Center, si inserisce in pieno nella contraddittoria situazione, densa di interessi contrapposti che si gioca nell’intero scacchiere dell’area. Intanto la polizia di Erdogan carica ancora i manifestanti, scesi in piazza dopo che nelle proteste contro il massacro della cittadina al confine con Kobane, è stata uccisa Günay Özarslan durante le "operazioni antiterrorismo fatte dal governo che provocatoriamente mette insieme i barbari di Isis e i militanti curdi del PKK. 
Segui gli aggiornamenti da Uiki Onlus e gli aggiornamenti in diretta twitter di Ivan Grozny.
"Erdogan e il gioco delle tre carte" di Ivan Grozny
Mercoledì 23 luglio a Dyerbaykir c’era ancora nell’aria l’odore acre dei gas CS che era sera. Come in tutte le città curde di Turchia ci sono state mobilitazioni che hanno visto scendere in strada migliaia di manifestanti sull’onda di quanto accaduto a Soruc dove hanno perso la vita 32 giovani. Domandarsi poi come allo stesso tempo l’indomani lo stesso governo che ha represso brutalmente le manifestazioni decida il via libera a raid aerei contro le postazioni ISIS è quantomeno lecito.
Nella giornata di giovedì le tv turche non hanno fatto che raccontare di questa incredibile svolta, mostrando anche immagini di scontri sul confine che era qualche settimana che veniva presidiato ancora più che di solito dai soldati di Ankara. Circa ventimila uomini di reparti scelti erano stati inviati lì dall’inizio di luglio. Schierati sul confine con la Siria e ora pronti ad entrare in azione. Sono stati arrestati anche due presunti complici degli attentatori del Amara Center, notizia cui i media in Turchia hanno dato molto risalto. Non bisogna mai fermarsi alle apparenze, soprattutto in questi casi. Lasciando da parte le complicate analisi geopolitiche su quanto accade in quest’area, non si può non notare che le vittorie di YPJ e YPG in Rojava preoccupano non poco il governo di Erdogan.

Messico - L’attacco ad Ostula e agli zapatisti nei giorni della fuga del Chapo


Le operazioni repressive di esercito, paramilitari ed apparati statali 


a cura di Giovanna Gasparello


A pochi giorni dalla ricorrenza dei 10 mesi dall’agguato di Iguala contro gli studenti di Ayotzinapa, lo scorso 26 settembre, continuano gli episodi che mettono in evidenza l’essenza stessa del narcostato, la collusione sistemica delle strutture del potere politico con le mafie del narco. Uno scenario che si accompagna ad una aggressiva politica di criminalizzazione dei movimenti sociali e dei percosi di lotta. Emblematiche di questa situazione sono le continue provocazioni contro le comunità zapatiste, come l’aggressione paramilitare alla Garrucha, che sono state denunciate a livello internazionale in questi giorni come informa la Red contra la represion, ma anche gli episodi successi a Ostula e Calera.
L’avvenimento più eclatante risale a domenica 19 luglio, quando elementi dell’Esercito hanno fatto fuoco su un gruppo di persone che realizzavano un blocco stradale vicino alla comunità indigena nahua di Ostula, in Michoacán, uccidendo un ragazzino di 12 anni e ferendo gravemente altre sei persone, tra cui una bimba di sei anni. 
Gli indigeni protestavano contro l’arresto arbitrario di Semeí Verdía, coordinatore della Polizia Comunitaria della zona, organizzazione formata dalla popolazione di Ostula nel 2009 per difendersi dalla violenza del cartello dei Caballeros Templarios, che ha provocato piú di trenta morti nella comunità, e proteggere il territorio comunitario dall’ingerenza di progetti minerari e turistici. Nonostante una progressiva criminalizzazione del processo di autodifesa popolare, soprattutto a partire dal 2013 quando molti poliziotti comunitari del municipio di Aquila, di cui fa parte la comunità di Ostula, furono incarcerati, la Polizia Comunitaria della zona si é mantenuta attiva e con un forte appoggio popolare.

giovedì 23 luglio 2015

Messico - Comunicato congiunto del CNI e del CCRI-CG del EZLN

A la Comunidad Indígena Nahua de Santa María Ostula, Aquila, Michoacán:
A la Sexta nacional e Internacional:
A los pueblos de México y del Mundo:

21 de julio del 2015.
Ante los violentos acontecimientos perpetrados el pasado 19 de julio de 2015 en contra de la comunidad indígena de Santa María Ostula por un numeroso comando conformado por miembros de la Policía Federal Preventiva, la Secretaría de la Defensa Nacional y la Secretaría de Marina, hechos en los que fue detenido el comandante de la policía comunitaria de Ostula, Cemeí Verdía Zepeda, y en los que los soldados federales asesinaron POR UN IMPACTO DE BALA EN LA CARA AL NIÑO EDILBERTO REYES GARCÍA DE DOCE AÑOS e hirieron a la niña Yeimi Nataly Pineda Reyes, de 6 años, a Edith Balbino Vera, a Delfino Antonio Alejo Ramos de 17 años, a Horacio Valladares Manuel de 32 años, a José Nicodemos Macías Zambrano, de 21 años, y a Melesio Cristino Dirzio, de 60 años, …
DENUNCIAMOS
La criminal actuación de dichas corporaciones militares y policiacas y su complicidad con el crimen organizado, en este caso Los Caballeros Templarios, para escalar la guerra de conquista que desde hace años han desatado contra la comunidad indígena nahua de Santa María Ostula con el fin de ocupar sus territorios, favorecer los intereses mineros y turísticos trasnacionales y como castigo por haberse atrevido dicha comunidad a recuperar sus territorios de los que era despojada y a defenderse, haciendo valer su derecho a la vida, del crimen organizado que hoy sirve de brazo paramilitar al Estado Mexicano.
El motivo de estos criminales sucesos no es otro que avanzar dicha guerra de conquista capitalista en contra de Ostula y en contra de los pueblos originarios y comunidades indígenas y no indígenas de este país.
Asimismo EXIGIMOS:
  1. LA LIBERTAD INMEDIATA E INCONDICIONAL DEL COMANDANTE CEMEÍ VERDÍA ZEPEDA Y EL RETIRO DE LOS CARGOS QUE EXISTEN EN SU CONTRA.
  2. El CASTIGO DE LOS MANDOS Y DE LOS INTEGRANTES DE LAS CORPORACIONES MILITARES Y POLICIACAS QUE ASESINARON AL NIÑO EDILBERTO REYES GARCÍA, E HIRIERON Y GOLPEARON A DIVERSOS COMUNEROS DE OSTULA.
  3. El respeto a las tierras de la comunidad de Santa María Ostula que pretenden ser despojadas por empresas mineras extranjeras como Ternium, con el apoyo del mal gobierno coludido con el crimen organizado.
  4. La presentación con vida de los 6 comuneros desaparecidos y el castigo a los autores intelectuales y materiales del asesinato de 33 comuneros, todos pertenecientes la comunidad de Ostula a lo largo de los últimos cuatro años en su lucha por la defensa de sus libertades y de sus tierras.
  5. El respeto y otorgamiento de garantías para el funcionamiento de la policía comunitaria de la comunidad indígena de Santa María Ostula.
Finalmente, hacemos un llamado a la comunidad internacional y a los hermanos y hermanas de la Sexta Nacional e Internacional a permanecer atentos a los acontecimientos que se presenten en lo futuro en el territorio de la Comunidad Indígena de Santa María Ostula, sumándose a la solidaridad con su lucha y sus exigencias.
Atentamente
Julio de 2015
Nunca más un México sin nosotros
Congreso Nacional Indígena.
Comité Clandestino Revolucionario Indígena- Comandancia General del EZLN.

martedì 21 luglio 2015

Kurdistan - Come e perché si è arrivati al massacro di Suruç?

Come e perché si è arrivati al massacro di Suruç ?
I giovani che sono morti o feriti a Suruç avevano un unico scopo: andare a Kobanê e unirsi alla ricostruzione della città. 

La Federazione della gioventù socialista (SGDF) aveva scritto un comunicato stampa prima di andare a Suruç. 

Da un mese i giovani si stavano preparando per partire con un’azione pubblica.

I residenti di Suruç e i rappresentanti delle organizzazioni non governative hanno accolto i giovani a Suruç. 
Si sono incontrati con il governatore distrettuale e gli hanno detto che volevano andare a Kobanê. 
Il Governatore Distrettuale però li ha fatti aspettare dicendo che solo pochi di loro potevano attraversare il confine, ponendosi in contrasto con tutto il gruppo.

Il sanguinoso attacco di Suruç è avvenuto dopo la conferenza stampa nel centro culturale Amara, in risposta alla risposta negativa del governatore distrettuale.

Bisogna fare le seguenti domande per quanto riguarda l’attacco:

1-
La polizia ha fermato tutti i giovani che si stavano dirigendo ad Amara. 

Il posto di blocco della polizia era a 200 metri di distanza da Amara, la polizia avrebbe potuto fare il posto di controllo più vicino al centro culturale. 

La polizia ha fatto il posto di blocco a 200 metri di distanza da Amara, in modo da non essere coinvolta dall’esplosione?

2- Come ha fatto la kamikaze dell'ISIS ad entrare nel centro culturale dove la polizia ha perquisito ogni notebook, macchina fotografica e anche le matite dei giovani massacrati?

3- Come è potuto succedere che i sevizi di intelligence turchi, che sorvegliano Suruç compreso il valico di confine di Mürşitpınar, non sono riusciti a "vedere" la cellula dell’ ISIS?

4- Come è possibile che la polizia non ha identificato la cellula dell’ISIS nonostante il fatto che Amara è vicino ad una stazione di polizia?

5- Perché la polizia ha attaccato i civili che portavano i feriti in ospedale? È perché volevano lasciare i feriti a morire così?

6- Ci sono molte cellule ISIS intorno a Suruç? Lo stato a conosce queste cellule?

7- Perché i corpi sono stati esaminati all’obitorio di Antep invece che a Urfa? Cosa stanno cercando di nascondere?

8- Non ci sono dichiarazioni di testimoni ma si sostiene che ci sono stati due attentatori, un uomo che ha fatto esplodere la bomba e una donna, la donna è ferita e sotto custodia della polizia attualmente. Chi è l’attentatrice nata nel 1995 a Sivas, che è tenuta sotto custodia dalla polizia? Perché i funzionari non vogliono fare dichiarazioni su questo?

Lo stato turco non risponde a queste domande.

Molte persone avevano previsto questo attacco, dopo la liberazione del YPG di Gire Spi (Tel Abyad). 

Come i filmati delle telecamere hanno confermato, l’ISIS è fuggito da Gire Spi ed è passato ad Akçakale liberamente e felicemente. 

Poco dopo, Dicle News Agency e altri media indipendenti hanno documentato la sede ISIS ad Akçakale. Diha ha anche riferito che si è formata una cellula ISIS a Ceylanpınar due giorni fa.

Gire Spi è stata una sconfitta pesante per l’AKP e ISIS perché la loro logistica era organizzata attraverso questo confine.

I funzionari dell’AKP hanno dimostrato il loro malcontento per la liberazione di Gire spi pubblicamente e Erdogan ha dichiarato che "non sarebbero stati a guardare". 

Ora stanno cercando di vendicare la liberazione di Gire Spi nel Nord Kurdistan. 

Quando ISIS è stato sconfitto in Rojava, hanno portato la guerra da questa parte del confine. Stanno ripetendo l’attacco di Kobanê del 25 giugno a Suruç, Urfa e Diyarbakir. 

Il brutale massacro di Suruç prende di mira il modello di vita democratica e libera sviluppato in Rojava e i solidali con il movimento di liberazione curda.

Siamo in una situazione pericolosa per come Erdogan e il suo Akp stanno alimentando l’odio sia dopo la sconfitta in Rojava che dopo le elezioni.

Non possiamo fare appello ai tiranni perchè lo Stato non protegge i civili e le istituzioni da ISIS. Lo Stato protegge e tollera ISIS. 

Tale situazione rende l’autodifesa più fondamentale che mai.

Come possiamo organizzare la nostra auto-difesa?


1- La legittima difesa è un problema serio e importante. Dovremo organizzarla sistematicamente e senza panico e senza fare affidamento sullo stato.

2- Non dobbiamo lasciare la sicurezza nelle mani degli agenti di polizia con azioni collettive nelle città di confine, nonché centri urbani come Amed. È più probabile che ISIS attacchi le aree in cui vi è una presenza di polizia più alta.
I civili a centinaia possono formare comitati di sicurezza per l’auto-difesa.

3- Ci sarà pericolo sino a quando esisteranno cellule ISIS. Pertanto, i giovani dovrebbero prendere l’iniziativa ed eliminare le cellule ISIS che operano sotto false spoglie di organizzazioni umanitarie o riviste.


4- Le organizzazioni non governative, i politici democratici, i parlamentari e la stampa dovrebbero prendere posizione per quanto riguarda la sede ISIS nella casa colonica Tigem in Akçakale. 

Parlamentari e ONG dovrebbero chiarire perché Tigem è chiusa ai civili.


di Amed Dicle

lunedì 20 luglio 2015

Kurdistan - Decine di morti e feriti a Suruç e Kobane

Il co-presidente del DBP (Partito democratico) delle regioni di Urfa İsmail Kaplan ha dichiarato che un attacco suicida ha causato un’esplosione a Suruç, distretto di Urfa, che ha preso di mira circa 300 membri della Federazione delle associazioni della gioventù socialista prima del loro trasferimento a Kobanê. 
Kaplan ha dichiarato che, secondo un rapporto iniziale, oltre 50 persone hanno perso la vita e decine sono rimaste ferite.
L’esplosione si è verificata nel giardino del Centro culturale Amara dove i giovani si trovavano dal loro arrivo ieri nel distretto.
I giovani si erano radunati nel giardino per rilasciare un comunicato alla stampa prima di recarsi a Kobanê.
Il giardino del centro culturale si è trasformato in un bagno di sangue dopo l’esplosione a causa di corpi dei giovani sparsi a pezzi. 
Le ambulanze sono accorse sul posto per trasportare i feriti negli ospedali. I corpi delle vittime rimangono in giardino.
Dopo 45 minuti dell’attacco di Suruc un’altra esplosione a Kobane davanti all' Asayis di Kobane. Un giornalista ha detto che 3 membri di Asayis hanno perso la vita e che ci sono feriti.
Gli attacchi sono avvenuti dopo la dichiarazione di Erdogan e Bulent Arinc che ha detto "non li aspettano giorni migliori".

sabato 18 luglio 2015

Kurdistan - YPG: “Lottiamo per una Siria libera e democratica, completata con successo l’operazione.

YPG: “Lottiamo per una Siria libera e democratica, completata con successo l’operazione
Il comandante generale dello YPG (Unità di protezione del popolo) ha annunciato che l’operazione denominata Comandante Rubar Qamishlo, lanciata il 6 maggio contro l’Isis, è terminata con successo.

Questa operazione ha permesso di unire i due cantoni Kobane e Cizire e di liberare le città di Tal Abyad e Eyn Isa. 

In meno di tre mesi sono inoltre stati uccisi 1472 jihadisti del Califfato.

La notizia è stata data in un comunicato stampa a Qamishlo da Sozdar Derik, comandante generale dello YPG.

Questa operazione ha inoltre permesso di liberare centinaia di villaggi e decine di città, cacciando gli uomini dell’Isis da un’area di circa 11mila chilometri quadrati.

Il comandante generale Derik ha sottolineato come la liberazione di Tal Abyad sia stata la maggior vittoria dello YPG contro l’Isis. In toltale sono stati uccisi 1472 jihadisti e ne sono stati catturati 647. Nelle operazioni hanno perso la vita anche 139 combattenti dello YPG.


“Ai nostri compagni che sono caduti nelle operazioni abbiamo promesso che saremmo andati avanti con determinazione e coraggio – ha detto Derik – fino a quando non arriveremo a costruire una Siria libera, democratica e pluralistica”. 

giovedì 16 luglio 2015

Iran - I diritti negati ai curdi in Iran

I diritti negati ai curdi in Iran
“Ci sono dodici milioni di curdi in Iran che sono costretti a vivere in condizioni molto difficili, sia per quanto riguarda l’aspetto economico che quello dei diritti umani. Sono impegnati solo in mestieri umili, quelli che riescono a trovare un impiego. Molti lavorano la terra e sono impiegati nelle campagne ma pensare di fare carriera o occupare posti di rilievo è impensabile. 

Il PJAK (Free Life Party of Kurdistan) è l’unica forza politica che è impegnata nel difendere i diritti dei curdi, ma naturalmente è un partito illegale. La Repubblica Islamica giudica tutti coloro che portano avanti le vertenze dei curdi come dei traditori e questo implica che molti attivisti politici siano stati rinchiusi nelle carcere e sottoposti a torture. Chi viene giudicato un traditore viene giustiziato senza un giusto processo. Ci sono circa 1260 detenuti politici curdi in Iran. 

Lo stesso rischio lo corrono anche tutti coloro che osano parlare di quest’argomento e mettere in discussione l’autorità. Ci sono anche molti giornalisti rinchiusi nelle galere iraniane anche solo perché hanno osato parlare di diritti umani negati. E non sono tutti necessariamente di origine curda. Chiunque anche solo osi mettere al centro certe questioni rischia non solo la reclusione ma addirittura la vita”. 

A pronunciare queste parole è Shirzad Kamangar, tra gli uomini di spicco del partito curdo iraniano. Costretto all’esilio, vive la maggior parte del suo tempo a Bruxelles dove lo abbiamo incontrato.

Ma com’è la situazione di chi sceglie di lottare per i diritti in Iran?
“Chi ha scelto di fare politica è costretto a uscire dal Paese e questo implica l’impossibilità di rientrare perché messo piede sul suolo iraniano la conseguenza immediata sarebbe l’arresto. Il problema poi si presenta per i familiari che rimangono perché il governo impossibilitato ad arrestare chi vive all’estero e quindi se la prende con loro. Io sono stato in prigione diverse volte e dopo l’ultima volta ho scelto di abbandonare la mia terra e le persone a me care. Non potere rientrare è ovvio che è un dolore. Ma la cosa più difficile da accettare sono le ritorsione che subiscono i cari dei fuoriusciti. Mio fratello ad esempio era un insegnante di scuola elementare ed è stato arrestato e giustiziato dopo un processo sommario solo perché era mio fratello. Non era certo un attivista politico, eppure ha pagato con la vita il solo fatto di essere mio fratello”.


Che ruolo ha a tuo parere l’Iran con Is?
“Il ruolo dell’Iran nella questione Is è quello di supporto al Califfato. Chiaro che non lo dichiara apertamente ma è un fatto. Un po’ come fa la Turchia. Nessuno lo dice chiaramente ma la questione è per noi molto chiara. E non si tratta solo di una questione ideologica, ma anche pratica che però nessuno ha voglia di affrontare. Mi riferisco alla comunità internazionale. Il problema è anche che è molto complicato fare uscire notizie dall’Iran, impossibile poi anche solo fare un lavoro di inchiesta o di denuncia sulla questione. Credete sia possibile anche per un giornalista straniero, occidentale, entrare in Iran e raccogliere testimonianze sulla condizione dei curdi o sui rapporti di questa grande potenza e Daesh? 

Chiunque anche solo volesse provarci, sarebbe immediatamente tacciato di attività spionistica. La conseguenza immediata sarebbe la carcerazione.”

Che prospettive ci sono secondo te per il futuro? “Quello che pensiamo come comunità curda intesa nella sua quasi totalità è che è sui diritti che dobbiamo concentrare la nostra battaglia. Per questo siamo uniti alla lotta in Rojava ma anche sostegno al partito turco curdo HDP che è una bella spina nel fianco di Erdogan. Diversa è la questione nel Kurdistan iracheno ma quelle sono problematiche interne alla nostra comunità e di più facile soluzione. Oggi dobbiamo essere tutti compatti per fare si che i curdi sparsi nei vari territori ottengano finalmente il rispetto non solo dei diritti umani ma anche sul piano della libertà di espressione. Senza il raggiungimento di questi elementi, il popolo curdo non sarà mai libero, che si trovi a vivere in Iran, in Turchia, in quel che rimane della Siria o in Iraq”.


di Ivan Compasso, Articolo21

sabato 4 luglio 2015

Kurdistan - Appello per la pace delle donne di Turchia

Appello per la pace delle donne di Turchia

Le organizzazioni delle donne in Turchia hanno rilasciato un comunicato congiunto dal titolo ”Noi insistiamo per la pace” dichiarando che le donne manterranno la loro determinazione nel lottare per la pace e hanno avvertito i politici e i media di non presentare la guerra come un’alternativa alla risoluzione pacifica.

Le donne hanno ricordato il selvaggio attacco a Kobanê del 25 giugno costato la vita a 230 civili, e hanno affermato che il massacro ha creato un profondo dolore e rabbia; tuttavia hanno rafforzato la volontà di lottare per la pace invece che scomporsi.

Il comunicato delle donne ha attirato l’attenzione sul fatto che l’attacco a Kobanê dimostra la preparazione di un nuovo periodo di guerra e hanno dichiarato: ”Mentre vi è una guerra al di fuori dei confini, diventa tutto più difficile sviluppare la pace all’interno dei confini. Negli ultimi tre mesi il processo di pace è giunto a una battuta d’arresto. Quando abbiamo pensato che è stato raggiunto un consenso per la democratizzazione della Turchia e della pace sociale, l’odio, ostilità e la rabbia sono diventati di nuovo parte della vita quotidiana “.

Le donne hanno aggiunto che queste politiche di guerra sono state sviluppate nonostante la maggioranza della società nelle ultime elezioni politiche aveva chiesto la pace.

Chiamando in causa  i politici le donne hanno detto:”Mentre vi è un nuovo parlamento dove le differenze del paese sono bene rappresentate,non portate la guerra e i bollettini di guerra come soluzione di ogni problema” e hanno ricordato che un nuovo governo non si è ancora costituito e dunque un governo temporaneo non può assumere la decisione di guerra nel nome di milioni di persone.

Le donne hanno sottolineato che la maggioranza della società alle elezioni ha votato per la pace,e perciò il nuovo parlamento deve agire per sostenere la pace e hanno aggiunto che prima che inizino i lavori ufficiali del nuovo parlamento,un vecchio disegno di legge non può essere fatto sul terreno della guerra.

Le donne hanno anche chiesto agli organi dei media di essere la voce della pace e per far prevalere il giornalismo di pace e il linguaggio della pace.Le donne hanno anche invitato tutte le donne ad insistere sulla pace e hanno dichiarato: “Sappiamo tutti molto bene che cosa significa la guerra. Questo è il motivo per cui dobbiamo insistere sulla pace. Diffondiamo la pace a tutto il paese e gridiamo tutte ‘Siamo determinate per la pace”.

Il comunicato congiunto è stato rilasciato su richiesta dell’Iniziativa delle donne per la pace e sottoscritta dalle organizzazioni femministe, dai comitati delle organizzazioni sindacali, gruppi di studentesse e altre organizzazioni indipendenti delle donne.

domenica 28 giugno 2015

Messico - Nuovo attacco paramilitare.

Caracol Resistencia Hacia un Nuevo Amanecer. La Garrucha.

ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE
MESSICO
25 Giugno 2015
Alla Sexta nazionale e internazionale:
Come già sappiamo, i malgoverni continuano con le frodi e la violenza. Non importa se sono di un partito o di un altro, il Prepotente vuole sempre stare sopra a costo di quelli che stanno sotto. Per lui a nulla valgono le denunce, è sordo, perché paga profumatamente i media che si vendono affinché parlino bene di lui.

Prima è stato Juan Sabines Guerrero, quello che dicevano di sinistra ed i progressisti di partito venivano perfino ad omaggiarlo, ed il legittimo veniva a gridare “Viva Juan Sabines! “. Juan Sabines Guerrero ha sistemato per bene tutto per far eleggere il “rubio de categoría“, Manuel Velasco Coello, siccome i due appartengono alle famiglie che si spartiscono, insieme ad altre, le poltrone in Chiapas. Juan Sabines Guerrero ha rubato, frodato e compiuto violenze.

Ora Velasco fa lo stesso. Se solo pochi giorni fa ha compiuto una frode con le elezioni violando le stesse leggi di quelli di sopra, ora sta preparando tutto affinché le elezioni locali successive si macchino del sangue di quelli di sotto.

Poiché i governi di sopra non si accontentano solo di mentire, vogliono anche reprimere, imprigionare ed assassinare.

Ora reprimono gli insegnanti democratici che stanno solo dicendo che la cosiddetta riforma della scuola è una menzogna. Perché è una riforma dei padroni contro i lavoratori. Non è per migliorare l’educazione, ma per peggiorarla. E chi la proposta, nemmeno conosce come sono le scuole, né sa come si insegna. Al governo non piace che si dica la verità, quindi mente. Ma siccome nessuno crede più al governo, allora reprime.

Sono talmente senza pudore che il ministro dell’Educazione del governo è un assassino alcolizzato che un giorno dice una cosa ed il giorno dopo dice il contrario. Come fa a proporre una riforma della scuola qualcuno che non sa nemmeno parlare? Si chiama Emilio Chuayffet ed è uno degli assassini di Acteal, è quello che beveva e poi ubriaco diceva un mucchio di sciocchezze. E’ rimasto quello di allora.

Non solo in Chiapas, ma anche a Oaxaca, Guerrero ed in altri stati, i malgoverni vogliono nascondere la verità con le botte, i gas, gli spari e le minacce.

Ormai è evidente che se le loro elezioni “democratiche” non hanno assassinati, picchiati ed imprigionati, a loro non piace. E tutti i partiti litigano per il loro osso e nemmeno si ricordano di chi è stato assassinato, si chiamava Antonio Vivar Díaz ed era maestro, né dei feriti, né degli imprigionati.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!