sabato 9 gennaio 2016

Messico - La Sindaca, El Chapo, il Mando Unico: dietro la trama


In Messico nelle telenovela i colpi di scena vanno per la maggiore. 
Ed ecco che a pochi giorni dalla notizia che aveva fatto il giro del mondo della sindaca Gisela Mota, uccisa a Temixco in Morelos, di nuovo i riflettori mondiali sono puntati sul paese o meglio sul mix delle immagini della ricattura a Sinaloa di El Chapo Guzman, vecchio capo dei narcos, sei mesi dopo l’incredibile evasione, accompagnate dalla gongolante conferenza stampa del presidente Peña Nieto.
Forse spostarsi dai riflettori, che a volte più che illuminare accecano, è la cosa migliore.
Facciamo un rewind e torniamo allo Stato del Morelos, da cui siamo passati in questi giorni con la Carovana Mexico Querido e dove è stata uccisa la sindaca, ex deputata, appartenente ad una corrente interna al PRD. Lo stesso partito che ha fatto eleggere con una coalizione, come governatore Graco Ramírez, personaggio non esente dall’accusa di essere poco pulito. Dopo l’uccisione della sindaca avvenuta a Temixco, una delle tante città cresciute a dismisura negli ultimi anni nella zona corridoio di transito della droga dal Guerrero verso il nord e dove è in atto uno scontro per il controllo del territorio, si è riacceso il dibattito sul "Mando Unico". Tema che a livello internazionale non si è minimamente trattato. 
Di cosa si tratta? 
Già provato, con scarsi risultati, negli anni ottanta ed ora di nuovo in auge il "Mando Unico" significa l’accentramento della gestione della sicurezza e dell’ordine, accorpando e mettendo sotto un unico comando i vari livelli di polizia (municipale, statale e federale) in una zona. La motivazione: i poliziotti locali possono essere maggiormente infiltrati o corrotti e dunque accentrare la gestione della sicurezza permette una maggiore impermeabilità degli apparati. La proposta all'inizio spinta dal PRI ora è sostenuta anche dal PRD. La stessa sindaca uccisa l’appoggiava. 
Peccato che, come hanno denunciato molte ONG dei diritti umani in tutte le zone in cui agisce il "Mando Unico" aumentano i casi di esecuzioni e detenzioni arbitrarie, le denunce di tortura e violazione dei diritti umani. I detrattori del "Mando Unico" dicono che così facendo si espropriano, inoltre, le comunità locali del controllo sulla "loro" polizia. Altri commentano che il "Mando Unico" favorisce la criminalità organizzata: basta controllare un solo apparato invece che tanti. Non secondaria in tutta la questione è la gestione dei fondi per finanziare il "Mando Unico", che vede i governi statali risparmiare i soldi da inviare alle polizie locali e incamerare i soldi federali.
Il Morelos è considerato tra i primi stati per violenza nel Messico (sesto per presenza di fosse comuni). Gli esperti dello scontro tra bande organizzate dicono che oltre ai Guerreros Unidos e a Los Rojos sono altri 6, 7 i gruppi si contendono in controllo di Guerrero e Morelos, dopo l’uccisione nel 2009 di Arturo Beltran Leyva, il cui cartello controllava l’intera area.
Il governatore Graco Ramírez appena eletto ha varato il "Mando Unico" ma 15 Municipi si sono opposti, ritenendo lesa la loro autorità (ed anche i loro bilanci ..). Ora approfittando della situazione il Governatore ha emanato un decreto d’urgenza per istituire il "Mando Unico" anche sui Municipi recalcitranti. 
A lui si è contrapposto, in particolare, Cuauhtémoc Blanco, ex calciatore, sindaco di Curnavaca, eletto anche in questo caso da una coalizione con al centro il PSD (Partito Social Democrata) e varie parti (quelle lasciate fuori dalla torta statale). Tanto di proclami dell’ex calciatore contro il governatore, strali infuocati accusandolo di connivenza con i narcos locali a cui il Governatore risponde dicendo che è il sindaco ad essere colluso con i Guerreros Unidos attraverso la famiglia Figueroa, accusata di riciclaggio di denaro.
Poi oggi la notizia che anche Cuernavaca accetterà il "Mando Unico", Ma ... vigilerà.
Morale di questa questione: nessuno che occupa cariche pubbliche è esente dai trasversali rapporti "ambigui" che caratterizzano la vita politica e sociale messicana.
Si vuol rappresentare come nelle migliori telenovelas una trama in cui i buoni combattono contro i cattivi. Ognuno si dichiara dalla parte onesta e pulita. Ma è una puntata. Nella puntata successiva si scopre che non è così. Tra colpi di scena, alleanze, divorzi, tradimenti e relazioni nascoste che poi vengono a volte svelate, la telenovela continua.
Ma non si tratta di una fiction.
Se si guarda oltre ai riflettori abbaglianti si vede la realtà. 
Se viviamo nel tempo del mercato unico del capitalismo finanziario globale, lo scenario messicano ne è una parte a tutto titolo. 
In questo senso parlare di narco stato può essere insufficente e per certi versi limitativo: non c’è un sistema buono che si oppone ad un altro malvagio. C’è semplicemente una interazione tra piani trasversali politici, economici, imprenditoriali, corporativi che innervano le moderne poliedriche forme dello sfruttamento sociale. 
Dagli affari formalmente illeciti come la produzione ed il transito di droga, la tratta di esseri umani, i sequestri, le estorsioni, la prostituzione, gestiti da vecchi cartelli e nuove forme della criminalità organizzata agli affari considerati leciti come le grandi opere, lo sfruttamento dell’ambiente e delle risorse, la gestione di rami imprenditoriali. Ambedue settori quanto mai in auge visto che con il calo del prezzo del petrolio, la riduzione delle rimesse dei migranti (a proposito è di questi giorni il dato di 190.000 rimpatri forzati dagli States ..) , lo spostamento delle maquilladoras in Asia, c’è bisogno di nuove forme di guadagno. 
Denaro che scorre ed alimenta i flussi finanziari.
Di fronte alla violenza drammatica che si accompagna a questo scenario la soluzione che si propone, come nel caso del "Mando Unico" o dei Centri di Comando (C4, C5), peraltro attivi anche in Guerrero quando sono spariti i 43 studenti di Ayotzinapa, è portatrice di ulteriore militarizzazione dei territori e repressione generalizzata di chi si oppone, accompagnata da violazioni dei diritti umani.
Un clima generalizzato di terrore che porta la gente a rinchiudersi, ad aver paura di protestare, a difendere il "proprio", anche costituendo forme di autodifesa che a volte finiscono per essere usate da questo o quel potere locale o nazionale. Una perversa spirale. 
Uno scenario inquietante che non riguarda solo questo paese, ma è semplicemente specchio di una condizione globale. 
I colpi di scena messicani di questi giorni non devono impedire di guardare alla radice. Non bisogna guardare il dito ma la luna. E’ questo quello che vogliamo fare con MexQue.
Per questo, più che appassionarci alla puntata in onda della telenovela ci sentiamo vicini a chi vuole un cambiamento sociale radicale di fronte alle molteplici forme dell"idra capitalista". 

Carovana Mexico Querido
(Foto di copertina: murales a Tepotzlan - Morelos)

mercoledì 6 gennaio 2016

Messico - Migrantes


Se si ascoltano le storie di chi cerca di attraversare il Messico dal Centro-america fino agli Stati Uniti le similitudini con quanto avviene alle frontiere dell’Italia e dell’Europa ci dimostrano quanto il tema delle migrazioni non possa essere compreso se non nella sua dimensione globale.
Chi scappa fugge da miseria e/o da violenze e conflitti che disegnano le forme delle moderne guerre non dichiarate.
In questo pezzo di mondo si cerca di fuggire alle condizioni di povertà che stringono in una morsa feroce tutti i paesi del Centro-america dovute allo sfruttamento o meglio al saccheggio di questi territori. Politiche decise dai vari governi che si intrecciano con la violenza generalizzata di vecchie e nuove forme della delinquenza organizzata.
Chi scappa lo fa perché vuole, spera ardentemente di poter possedere, vivere, accedere alle merci e allo status quo dello stesso sistema che si nutre dello sfruttamento globale e genera le condizioni per cui si è costretti a fuggire. Lo stesso sistema che noi cerchiamo di combattere. Il sogno di arrivare in America muove migliaia di uomini e donne di ogni età che si mettono in viaggio in una fuga che diventa ulteriore occasione di selvaggio sfruttamento e guadagno.
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Albergue de migrantes Hermanos en el Camino Ciudad Ixtepec, Oaxaca
Oggi la frontiera sud del Messico è segnata dalla stessa ipocrisia delle rotte balcaniche o dell’arrivo sulle coste dell’euromediterraneo. Chi cerca di entrare in Messico lo fa ben convinto a non restare, ma a continuare il suo viaggio fino negli Stati Uniti. 
Lo fa pagando fin dall’inizio chi gli offre il transito a piedi lungo i confini sud del Messico. Paga e nella maggior parte dei casi viene lasciato a se stesso appena entrato nel paese. Negli anni scorsi i migranti cercavano di attraversare le migliaia di chilometri dal sud al nord salendo a centinaia sulla "Bestia", i treni merci. Oggi per l’appesantirsi delle misure in materia di migrazione messicane i cammini che i migranti cercando sono vari, differenziati. E’ come se si chiudesse un fiume con una barriera, ma l’acqua dividendosi in tanti rivoli trova la maniera di avanzare.
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La bestia
Arrivati in Messico in moltissimi casi vengono sequestrati, derubati, malmenati e le donne violentate da gruppi di delinquenti o anche dagli stessi appartenenti alle "forze dell’ordine", lapolicia de migracion o i tanti apparati di polizia locale. 
Chi ha il coraggio denuncia quel che gli succede ed in teoria se il crimine che ha subito è grave si apre un procedimento legale e può ottenere un visto che gli permette di restare in Messico. Ovviamente al di là di quel che è scritto nella legge la procedura è lunga e tortuosa.
Altri finiscono nelle maglie del crimine organizzato, dal traffico di organi, alla prostituzione fino a chi offre un lavoro che poi risulta essere nient’altro che la schiavitù o nella coltivazione di oppio e marijuana o nei laboratori della produzione di droghe sintetiche. La lavorazione di quest’ultime, con gli agenti chimici che provengono dalla Cina, come nelle vecchie maquilladoras sono una delle voci più remunerative del mercato delle droghe.
Richiedere asilo politico, come ovunque, è difficile, la persecuzione deve essere testimoniata ad personam, visto che la violenza generalizzata che si vive dall’Honduras al Salvador, al Guatemala etc .. non è riconosciuta. Ed in ogni caso il numero di domande accettate è basso, ed inoltre non serve a garantire l’ingresso negli States.
Nella visita all’Albergue de migrantes Hermanos en camino, creato nel febbraio 2007 a Ixtepec, per iniziativa di Padre Alejandro Solalinde, proprio in uno dei luoghi allora di transito della "Bestia", che offre assistenza umanitaria, mettendo a disposizione alimenti alloggio, appoggio sanitario e legale, i racconti dei volontari così come dei migranti sono specchio di quello che vediamo ai nostri confini.
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Albergue de migrantes Hermanos en el Camino Ciudad Ixtepec, Oaxaca
Basterebbe permettere legalmente il transito per il Messico, creare un sistema d’entrata legale negli Stati Uniti così come permettere il transito per l’Italia o i paesi attraversati dalle rotte migratorie. Ammettere appieno che non si ferma il flusso con nuove misure restrittive, con la pratica delle deportazioni dal Messico o dagli Stati Uniti o dall’Europa o con la delega a paesi terzi a svolgere il "lavoro sporco". Anzi le misure restrittive e tutto l’apparato connesso non fanno che aumentare il prezzo da pagare anche in termini di vite umane per chi vuole muoversi.
I miliardi che si fanno sul traffico di esseri umani è una voce in più di cui si nutre il sistema finanziario globale.
A farne le spese uomini e donne che con volti, storie, provenienze diverse chiamiamo migranti. Molti i ragazzini , i cosiddetti minori non accompagnati. 
Il transito dei migranti qui come nei nostri territori si accompagna all’aumentare del razzismo e di chi ci specula. Dentro il flusso del transito certo c’è anche chi poi andrà ad alimentare bande e gang che agiscono in Messico come negli States. Ma in generale anche qui, al di là dei singoli episodi di delinquenza di cui sono protagonisti i migranti, la narrazione sociale ha fatto dimenticare quanti messicani siano emigrati. 
L’allarme sociale nei confronti dei migranti è lo stesso veleno che agisce nelle nostre società, alimentandosi della generale precarietà ed immiserimento.
Far conoscere quel che avviene in questa frontiera con Mex ¿Qué? ci può aiutare a comprendere che per cambiare non basta solo la solidarietà, peraltro un atto umano che sarebbe dovuto, ma veramente c’è bisogno di trovare le alternative radicali ad un sistema globale di sfruttamento, che si alimenta con la barbarie delle frontiere.
Carovana Mexico Querido

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!