mercoledì 7 dicembre 2016

Argentina - I “nessuno” come soggetti

sgc_8341A Córdoba, seconda città dell’Argentina, lo Stato è un apparato poliziesco e serve soprattutto a difendere le grandi coltivazioni di soia e la speculazione immobiliare urbana. Quelli che non consumano sono di troppo, i media e il potere li considerano dei “nessuno”. Il problema è che il loro vagabondare, ma anche solo la loro presenza, generano insicurezza. Li riconosci dall’aspetto, sono giovani, poveri, portano quasi sempre la gorra, il berretto con la visiera, e spesso hanno la pelle scura. La polizia ne ferma 200 al giorno, basandosi soprattutto sull’aspetto. Li arresta in modo sistematico sui ponti, alle uscite dai quartieri, mentre tornano a casa. Grazie al Código de Convivencia, che equipara le infrazioni ai reati, perseguitarli non è un reato, così molto spesso vengono anche assassinati o fatti sparire. Il 19 novembre, però, 20 mila persone hanno percorso a Córdoba la decima Marcha de la Gorra contro gli abusi della polizia. Bisognava vederli e soprattutto sentirli, quei ragazzi, mentre danzavano, cantavano, gridavano in testa al corteo. Quando quelli che stanno più in basso, i “nessuno” di sempre, riprendono in mano le redini della loro vita, e per di più lo fanno in forme collettive, è perché qualcosa di molto profondo sta cambiando. Riusciamo ancora a immaginare i più poveri come soggetti? Noi che pensiamo di avere una coscienza politica e ci diciamo “attivisti” o “militanti”, accettiamo di farci da parte, di togliere di mezzo ogni logica accademica o tutela coloniale e limitarci ad accompagnare la lotta per cambiare il mondo dei soggetti che stanno sotto?

Colombia - Intervista con il comandante del Blocco Orientale delle FARC

In una intervista con Semana.com il comandante del Blocco Orientale delle FARC (Mauricio Jaramillo) parla delle difficoltà avute una volta arrivati nei punti di pre-raggruppamento e del momento in cui cominceranno a fare politica nel paese.

Il suo nome è diventato pubblico nel 2012 quando è stato nominato alla guida della commissione che ha condotto la fase esploratoria del processo di pace. Non ha studiato a Cuba né in Unione Sovietica, come si legge in alcune notizie che circolano in rete. Tuttavia, come altri membri delle FARC, è riuscito a frequentare alcuni corsi alla Facoltà di Medicina dell’Università Nazionale.

S.com: L’implementazione dell’accordo di pace è ormai all’angolo. Come vedono le FARC il momento politico che sta vivendo il paese?
MJ: Ci piacerebbe che tutti fossero coinvolti in questo processo. Fino all’ultimo momento abbiamo cercato di coinvolgere il presidente Uribe, invitandolo a parlare con noi. Solo adesso ha lasciato intendere che vuole parlare. Abbiamo detto che non era possible continuare a lasciare che altri facessero politica a nostre spese, è molto complicato. Lo abbiamo invitato quattro volte all’Avana a parlare con noi. Era necessario che Uribe venisse per raggiungere davvero una pace sicura e per questo vogliamo che tutti i settori siano coinvolti, ma loro non hanno voluto.

S.com: Non temete avviare l’implementazione in questa situazione di polarizzazione politica?

MJ: Lo temiamo nel senso che già si vedono conseguenze nelle strade. Sono stati uccisi molti dirigenti. Alla fine, noi siamo soltanto un settore che vuole che le cose avanzino per far prosperare economicamente il paese, in mezzo a tutta questa gente. Vogliamo stare in tutte le attività, politiche, economiche e culturali.

S.com: Però… vi sembra facile?

MJ: Sarà complicato, la gente ha molta paura. Questo paese è stato segnato dal terrore.

S.com: Questa nuova ondata di omicidi, vi ricorda un altro sterminio politico?

MJ:
La gente si è cominciata a svegliare in Colombia. Ci sono state molte manifestazioni e molte pressioni sullo Stato. E’ lo Stato che deve fermare questa violenza e far sì che la Colombia effettui un cambio di direzione preciso. Bisogna fermare la violenza, la morte, il terrore.

S.com: Ha partecipato alla fase esploratoria del processo di pace. E’ stato uno di quelli che ha aiutato a organizzare l’agenda che si è negoziata. Pensava che le cose sarebbero andate così?

MJ:
Nell'immaginario del compagno Alfonso - che è stato quello che ha cominciato tutto questo processo - sì, era così che doveva andare. Noi abbiamo sempre aspirato alla pace, anche nelle tre volte anteriori in cui ci siamo seduti al tavolo delle trattative.

S.com: In cosa si è vinto e in cosa si è perso?

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!