mercoledì 5 dicembre 2018

Messico - Bastone di comando e neoindigenismo

di Luis Hernández Navarro 

L’insediamento di Andrés Manuel López Obrador come Presidente è stato, nello stesso tempo, rituale repubblicano e spettacolo. Le messe in scena sono state molte e prolungate. Ne cito alcune: giuramento in San Lázaro; conferimento del bastone di comando indigeno; occupazione cittadina de Los Pinos; pranzo con mandatari; trasferimenti con una modesta auto Jetta bianca; intrattenimento con un ciclista e spettacolo musicale.

Migliaia di persone hanno partecipato alle diverse cerimonie e feste. Con animo gioioso sono diventate attori di una data storica: l’avvio di quello che è stato battezzato come la Quarta Trasformazione. Hanno occupato strade e piazze pubbliche di Città del Messico non per protestare, ma per festeggiare.

Tra le tante cerimonie, una risalta: la consegna al nuovo Presidente da parte di dirigenti indigeni di un bastone di comando, in una cerimonia sui generis (inventata per l’occasione), con invocazioni ai quattro punti cardinali, amuleti, preghiere e copal.

Andrés Manuel López Obrador non è il primo presidente a ricevere il bastone di comando. 

Come ha ricordato Harim B. Gutiérrez, l’uso politico di questo atto è un’abitudine delle campagne elettorali della seconda metà del XX° secolo. Il candidato del PRI alla presidenza Adolfo López Mateos lo ricevette nel 1957 a Guelatao, Oaxaca. Anche alcuni presidenti in carica. A José López Portillo fu concesso a Temoaya, nel 1978. Si tratta di uno scambio di favori politici: i candidati e mandatari ottengono legittimità e le comunità la possibilità di ottenere opere e risorse. Da allora, il patto si è ripetuto con i candidati e capi dell’Esecutivo di turno.

Tuttavia, in questa occasione, la consegna del bastone ha avuto un altro scenario ed un’altra trama: lo Zócalo della capitale, a nome di una rappresentanza dei 68 popoli indigeni del Messico, coordinata dall’Istituto Nazionale dei Popoli Indigeni (INPI).

Il virus è nell’aria ed è contagioso. Così come Claudio X. González e la sua rete di ONG pretendono di parlare a nome della società civile, alcuni leader indigeni legati al nuovo governo si presentano come i rappresentanti di tutti i popoli originari.

Ovviamente chi ha dato al nuovo Presidente il bastone di comando non rappresenta l’insieme degli indigeni del Messico. Rappresentano se stessi e, in alcuni casi, le loro comunità ed organizzazioni. Non parlano per l’insieme del movimento, ma per una corrente di questo che cerca uno spazio in seno all’INPI. Senza andare troppo lontano, il Congresso Nazionale Indigeno, l’articolazione più importante del mondo indio, non ha partecipato a questa cerimonia.

L’idea stessa di un solo bastone di comando che rappresenti l’insieme dei popoli indigeni del paese è stata criticata da molti intellettuali indio ed autorità comunitarie. 

È un’invenzione. I bastoni sono simboli di autorità di ogni comunità, tribù o nazione.

Jaime Martínez Luna, uno dei più brillanti intellettuali zapotechi, insieme ad altri creatore del concetto di comunalidad, ha scritto sulla cerimonia (che ha definito una performance) di investitura dello Zócalo: "Chi lo ha consegnato al nuovo Presidente della nazione in questa occasione non rappresenta nessuno. Lui lo sa, e lo sa il Presidente. Lo sappiamo noi che guardiamo un rituale inesistente in termini reali, per una nazione inesistente".

sabato 1 dicembre 2018

Argentina - La final del mundo

Macri aveva detto che lo svolgersi pacifico della partita tra River e Boca sarebbe stata la dimostrazione del fatto che il governo è in grado di garantire nel fine settimana lo svolgimento pacifico del G20. “Non l’avesse mai detto…”, scrive da Buenon Aires Franco Berardi Bifo. Secondo Bifo “il summit è destinato a essere segnato dal fallimento totale del discorso neoliberale”, anche se non ci sarà nessuna dichiarazione di questo tipo. Non ci sarà neanche un’insurrezione dei movimenti. Trent’anni di dominio sulla società del capitalismo finanziario, come dimostra la folla scatenata per la partita di Buenos Aires, hanno provocato per lo più impoverimento, umiliazioni e demenza… Tracce di mondi diversi, tracce di umano si nascondono oggi “nei teatri numerosi e vivaci, nelle innumerevoli librerie di Buenos Aires, nelle scuole autogestite…, negli spazi in cui si organizza una resistenza di lungo periodo…”
Un laboratorio di Hip Hop con i bambini in strada a Buenos Aires, promosso durante le iniziative contro il G20 (foto di CRIA Asociación Civil)

di Franco Berardi Bifo

La final del mundo

Macri aveva detto che lo svolgersi pacifico della partita fine del mondo tra River e Boca, annunciata per il giorno 24 alle cinque del pomeriggio, sarebbe stata la dimostrazione del fatto che il ministero della Sicurezza della signora Bullrich – la Salvini argentina – è in grado di garantire uno svolgimento pacifico del vertice globale dei venti potenti.

Non l’avesse mai detto. Sabato ventiquattro è stato prima di tutto una figuraccia mondiale, e forse anche l’annuncio di un’apocalisse. Prima della partita i giocatori del Boca sono stati aggrediti nel loro pullman, due di loro feriti gravemente, poi sono state lanciate sostanze tossiche nello stadio e negli spogliatoi, poi la polizia ha chiuso gli ingressi, ha picchiato colpevoli e innocenti, ha caricato padri di famiglia col biglietto mentre migliaia di ubriachi seminavano il terrore tutt’intorno. La partita è stata sospesa e rinviata di ora in ora, finché alle sette e mezzo è arrivata la notizia che la partita era rinviata al giorno dopo. 

I padroni del calcio (amici di Macri, che fu presidente del Boca negli anni Novanta) hanno tentato in tutti i modi di costringere i calciatori a scendere nella fossa gigantesca dello stadio Monumental. Ma i giocatori hanno risposto di no, stavano negli spogliatoi vomitando, con gli occhi irritati dai fumi dei gas, terrorizzati da quel che poteva accadergli se fossero tornati in campo.

Il giorno dopo, domenica 25, gli organismi dirigenti del calcio argentino hanno deciso di rimandare nuovamente. A quando non si sa. Una nuova giornata di battaglia a pochi giorni dalla Cumbre Global del G20 non avrebbe migliorato l’immagine del governo argentino.

Nelle reti sociali circola un meme: “Angela Merkel ha telegrafato che questo G20 è meglio che lo facciamo in Skype”.

La parola fine

Sono venuto in Argentina all’inizio di novembre per presentare un libro che in questo paese è pubblicato col titolo Fenomenologia del fin, però non potevo immaginare che la parola “fine” era destinata a diventare il filo rosso del mio viaggio. L’ho scoperto poco a poco durante un mese di permanenza, mentre si stava avvicinando la data della mia partenza che avverrà più o meno in contemporanea con l’arrivo dei venti uomini (con qualche donna) più potenti del pianeta.

Però ho capito pienamente le parole di Mario Bergoglio il giorno in cui prese nome Francesco (“sono un uomo che viene dalla fine del mondo”) sabato 24 alle otto di sera quando è stato chiaro che non si poteva disputare la partita tra River e Boca, le due squadre (entrambe argentine, entrambe bonairensi) che si contendono la coppa continentale.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!