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| Ele Nao, femministe manifestano contro Bolsonaro. Foto Medium | 
di Raúl Zibechi
La schiacciante votazione che ha ricevuto Jair Bolsonaro 
al primo turno delle elezioni brasiliane, che lo colloca alle porte 
della presidenza, è però una buona opportunità affinché, come persone di
 sinistra, riflettiamo sulla necessità di percorrere nuove strade. Non 
basta, pertanto, limitarsi a denunciare quello che già sappiamo: il 
carattere militarista, autoritario e di ultra-destra del candidato. È 
necessario spiegare perché mezzo paese lo vota e che implicazioni 
comporta per il progetto di emancipazione.
Il Brasile vive una 
profonda frattura di classe, di genere e di colore della pelle che si 
manifesta in maniera nitida nei partiti della destra, i quali hanno
 delineato i loro obiettivi in modo chiaro e trasparente: vogliono 
installare una dittatura mantenendo il sistema elettorale. La sinistra crede in una democrazia inesistente, basata su una impossibile conciliazione delle classi. Se
 Bolsonaro è fascista, come dicono il PT e i suoi intellettuali, 
dobbiamo ricordare che non è mai stato possibile sconfiggere il 
fascismo, votando. È necessaria un’altra strategia.
L’altra è la frattura geografica: un paese diviso tra un sud ricco e bianco e un nord povero e nero/meticcio. Il
 fatto curioso è che tanto il PT che i principali movimenti sociali sono
 nati nel sud, dove hanno avuto alcuni governi statali e municipali. 
Quella regione è adesso l’epicentro della profonda svolta a destra, con 
chiaro contenuto razzista e machista.
Dobbiamo spiegarci le ragioni per le quali le élite e le classi medie abbienti hanno prodotto questa fenomenale svolta, disertando
 dal loro partito preferito, la socialdemocrazia di Fernando Henrique 
Cardoso, per Bolsonaro. Hanno abbandonato la democrazia e conservano 
appena le elezioni, come maschera della dominazione.
La ragione principale la spiega in una interessante intervista il filosofo Vladimir Safatle.
 “Il Brasile arriva al 2018 con due delle sue maggiori imprese che sono 
pubbliche, così come due delle maggiori banche. Per di più, con un 
sistema sanitario che copre 207 milioni di persone, gratuito e 
universale, qualcosa che non possiede alcun paese con più di 100 milioni
 di abitanti”. Safatle aggiunge che le università non sono solo per le 
ricche minoranze  e conclude che “il Brasile arriva ai nostri giorni in una situazione molto atipica dal punto di vista del neoliberalismo”.
L’autoritarismo è il modo per imporre l’agenda necessaria al sistema finanziario, all’agro-business e alle
 compagnie minerarie affinché possano continuare ad accumulare ricchezza
 in un periodo di crisi sistemica. Non lo possono fare senza reprimere i
 settori popolari e criminalizzare i loro movimenti. Per
 questo Bolsonaro convoca i militari e la polizia e si permette di 
minacciare l’attivismo sociale, con modi molto simili a quelli della 
ministra della Sicurezza argentina Patricia Bullrich, che accusa i movimenti sociali di mantenere rapporti “molto stretti” con il narcotraffico, quando tutti sappiamo che è la polizia quella che lo protegge.
Il razzismo, la 
violenza anti-LGBT e l’odio verso la sinistra da parte delle classi 
medie brasiliane, mostrano il volto occulto del paese con la maggiore 
disuguaglianza del mondo. Non vogliono perdere i propri privilegi di colore, di genere, di posizione geografica e di classe. Poco
 gli importa che vengano assassinate più di 60 mila persone ogni anno, 
nella stragrande maggioranza giovani, neri, poveri, perché sanno che 
quello è il prezzo per mantenere i loro privilegi.
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| Marielle Franco, una delle principali voci di opposizione all’occupazione militare di Rio assassinata nel marzo di quest’anno. Foto Resumen.cl | 
Davanti a questo 
scenario, le sinistre non devono continuare ad aggrapparsi a una 
strategia che è stata delineata per altri tempi, quando il dialogo di 
classe era ancora possibile. Nel precedente mezzo secolo
 siamo passati dalla strategia della lotta armata alla strategia 
puramente elettorale. Entrambe hanno in comune l’obiettivo di prendere 
il potere e concentrano tutte le loro batterie in quella direzione.
Questo pendolo è nefasto perché pone i settori popolari 
solamente come supporto logistico o come elettori, sempre al servizio 
delle avanguardie o dei caudillos, ma mai come protagonisti delle loro vite politiche. Davanti a noi, alcuni
 popoli originari, comunità nere e una manciata di movimenti stanno 
percorrendo altre strade, al di fuori delle istituzioni ma senza 
affrontarle apertamente.
Stanno aprendo spazi nei territori dei popoli che giocano un duplice ruolo: resistere creando vita.
 Negli anni recenti abbiamo riportato, come altri compagni, forse 
migliaia di resistenze creative in tutti i paesi della regione. Sono 
strade che percorrono da sé, senza che nessuna avanguardia o partito 
indichi loro i passi da seguire.
Se a un certo punto 
decideranno di avere una presenza elettorale, lo faranno da quei “poteri
 in movimento” ma senza disarticolarli. Quel che non ha alcun senso, è 
che mentre la borghesia sta smantellando una democrazia che le è servita
 durante il periodo degli stati sociali, noi ci limitiamo ad agire solo 
su quel terreno, mettendo in pericolo tutte le costruzioni precedenti.
La strategia puramente elettorale ci lascia alla mercé de los de arriba,  tranne la manciata di cariche che passano dal partito allo Stato, in un viaggio senza ritorno.
Tratto da Comune-info
Articolo pubblicato su La Jornada con il titolo "La urgencia de buscar nuevos caminos"
Traduzione per Comune-info: Daniela CavalloZibechi ha scritto un’altra analisi molto interessante quanto approfondita del fenomeno Bolsonaro, la trovate in spagnolo qui


