Car@? amic@ e nemic@: ehm… bene… insomma…
cioè… ricordate che alla fine del testo del 19 marzo 2015 “Su Omaggio e
Seminario”, avevamo scritto che l’organizzazione del seminario era un casino?
Bene, abbiamo mantenuto la parola: l’indirizzo di posta elettronica al quale
state inviando i vostri dati di iscrizione non è giusto, non è questo, è
sbagliato, ecc.
La Tormenta, la Sentinella e la Sindrome della Vedetta.
Aprile 2015
A loas compañeroas della Sexta:
A tutt@ gli interessati:
Anche se non sembra, questo è un invito… o una sfida?
Se siete stati invitata, invitato, invitadoa come relatore, vi arriverà una
missiva simile a questa attraverso lo stesso tramite col quale siete stati
contattati. La differenza sta nel fatto che la lettera di invito ai relatori
contiene una “clausola segreta”.
Bene, l’invito, come si dice, è l’involucro.
Dentro, più in basso e a sinistra, c’è…
La Sfida.
Oh lo so. Gli inizi classici ad una riflessione zapatista: sconcertante,
anacronistica, confusa, assurda. Anche senza volerlo, è così, viene fuori una
cosa tipo “vi lasciamo ad essa”, “vedete voi cosa farne”, o qualcosa del genere
“è affare vostro”. Come se prendessero un pezzo di un puzzle e si aspettassero
che si capisse che non stanno descrivendo una parte della realtà, ma stanno
immaginando l’immagine completa. Come se guardassero il puzzle già completato,
con le sue figure ed i suoi bei colori, ma con i bordi dei pezzi visibili, come
per segnalare che l’insieme è tale grazie alle parti, e, chiaramente, che ogni
parte acquisisce il proprio senso nella sua relazione con le altre.
Come se la riflessione zapatista sollecitasse a vedere quello che manca, e
non solo quello che c’è, quello che si percepisce nell’immediato.
Qualcosa di simile a quanto fece Walter Benjamin con “Angelus Novus” di
Paul Klee. Riflettendo sul dipinto, Benjamin lo “completa”: vede l’angelo, ma
vede anche quello che l’angelo vede, vede come è spaventato per ciò che vede,
vede la forza che lo aggredisce, vede l’orma brutale. Vede il puzzle completo:
“C’è un quadro di Klee che
s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di
allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la
bocca aperta, le ali distese; l’Angelo della Storia deve avere questo aspetto.
Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede
una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia
ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre
l’infranto. Ma una tempesta spira dal Paradiso, si è impigliata nelle sue ali
ed è così forte che gli non può chiuderle. Questa tempesta lo spinge
irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle
macerie sale davanti a lui fino al cielo. Questa tempesta è ciò che chiamiamo
progresso.” (X, “Tesi su filosofia della storia”)
È come se le nostre riflessioni fossero una sfida, un enigma dell’Arcano,
una sfida da Mr. Bane, un jolly nelle mani del Joker mentre chiede “Perché così
seri?”.
Come se il gatto-cane, super eroe e super cattivo, Sherlock e Moriarty,
irrompesse sulla scena a disturbare con domande quali: che cosa guardiamo?
perché? dove? da dove? per quale motivo?
È come se discutessimo del mondo, criticando il suo rozzo girare,
dibattendo sulla sua direzione, sfidando la sua storia, disputando la
razionalità delle sue prove.
È come se, per un solo momento, fossimo…
La Sentinella.