Non sempre le multinazionali riescono ad averla vinta.
L’esempio lampante viene da El Salvador, il più piccolo paese dell’America centrale, che all'unanimità ha votato una proposta di legge volta a proibire l’estrazione mineraria. È stata la Comisión de Medio Ambiente y Cambio Climático ad accogliere il rifiuto alla miniera metallica proveniente da ampi settori della società salvadoregna, poi ratificato dall’Assemblea legislativa.
La proposta di legge, giunta alla Comisión de Medio Ambiente y Cambio Climático con l’accompagnamento di oltre trentamila cittadini e con il con il sostegno dei movimenti sociali, ambientalisti, dell’arcivescovo di San Salvador José Luis Escobar Alas e dell’Universidad Centroamericana (Uca, quella dove gli squadroni della morte e l’esercito al servizio dell’estrema destra di Arena uccisero padre Ellacuría e i suoi compagni gesuiti), è stata recepita immediatamente deputati del Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional (Fmln). L’estrazione mineraria in El Salvador è stata costellata, da sempre, da soprusi e violenze di ogni tipo, ricordati da Giorgio Trucchi nel suo articolo Un paso importante hacia la prohibición de la minería metálica, pubblicato su Alainet. Molti sono stati i caduti, assassinati per aver provato a difendere il territorio dall’estrazione mineraria, a partire dal dipartimento di La Unión, dove scorre il fiume San Sebastián, le cui acque, fin dal 1968, hanno cominciato a tingersi di marrone e ad essere non più utilizzabili sia dagli esseri umani sia dagli animali (morti avvelenati) a causa della multinazionale Commerce Group. Una situazione simile, attualmente, è quella del dipartimento di Cabañas, dove l’opposizione delle comunità al progetto minerario El Dorado ha provocato morti e feriti. La Mesa Nacional Frente a la Minería Metálica non ha mai fatto un passo indietro, nonostante i molti militanti desaparecidos. Tra loro, Marcelo Rivera, esponente dell’associazione Amigos de San Isidro Cabañas, scomparso il 18 giugno 2009 e ritrovato in fondo a un pozzo, ed altri attivisti del Comité Ambiental de Cabañas, ricordati dal Movimiento de Víctimas, Afectados y Afectadas por el Cambio Climático y Corporaciones, che aveva invitato i deputati di tutti gli schieramenti a votare a favore della proposta di legge.
La battaglia tra El Salvador e le multinazionali va avanti almeno dal 2004, quando
all’impresa Pacific Rim Mining Corp fu concessa l’autorizzazione a procedere per il progetto minerario El Dorado, nel dipartimento di Cabañas. Nel 2009 il presidente Mauricio Funes (indipendente, ma candidato e sostenuto dal Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional) decise di togliere la licenza estrattiva agli statunitensi-canadesi di Pacific Rim Mining Corp, che si appellarono immediatamente al Cafta, il trattato di libero commercio tra Stati Uniti e America centrale. Successivamente, come avvenne in Bolivia ai tempi delle guerre per l’acqua, la multinazionale citò in giudizio lo stato di El Salvador di fronte al Ciadi, il tribunale della Banca mondiale il cui orientamento e verdetti sono pressoché scontati, chiedendo come risarcimento 77 milioni di dollari, lievitati addirittura a 315 quando Pacific Rim Mining Corp, in bancarotta, fu rilevata nel 2013 dall’impresa Oceana Gold, australiano-coreana. Quest’ultima, nel 2016, ha dovuto ingoiare, a sua volta, l’amarissimo boccone di dover risarcire El Salvador per i costi che ha dovuto sostenere lo Stato di fronte al Ciadi. Ora per il paese centroamericano si profila una nuova vittoria contro le multinazionali poiché anche le destre (Gran Alianza por la Unidad Nacional-Gana e Alianza Republicana Nacionalista-Arena) hanno votato a favore della proposta di legge che vieterà la miniera metallica a livello terrestre, marittimo e sotterraneo. Al tempo stesso, i movimenti popolari hanno invitato il presidente Salvador Sánchez Cerén e tutta la società civile a vigilare affinché la multinazionale Oceana Gold e le destre stesse non mettano in pratica qualche escamotage per bloccare la reale applicazione della legge. Sostenute dalla grande oligarchia salvadoregna, sia Gana (dove sono approdati molti transfughi areneros) sia Arena (il partito che ha governato con il pugno di ferro il paese prima delle recenti affermazioni efemelistas) hanno sempre mostrato interesse a svendere il territorio per favorire i guadagni dei soliti noti.
Il voto all’unanimità della Comisión de Medio Ambiente y Cambio Climático contro la miniera metallica aveva già rappresentato un passo in avanti significativo, ma l’ultima parola per l’approvazione spettava all’Assemblea legislativa, espressasi in maniera unanime contro l’industria metallica. A vigilare, dall’alto, tutti i martiri uccisi dalla voracità delle multinazionali e del profitto inseguito a tutti i costi costi dai terratenientes. Il no definitivo all’industria metallica ha rappresentato una vittoria in onore di Ramiro Rivera Gómez, Dora Alicia Sorto, Juan Francisco Durán Ayala e di tutti gli altri militanti che hanno dedicato la loro vita, perdendola, a combattere contro l’estrazione mineraria.
di David Lifodi