Articolo di HERMANN BELLINGHAUSEN su La Jornada
Appoggiati da uffici del governo “montano” provocazioni e false denunce.
Priisti chiapanechi attizzano il conflitto contro i simpatizzanti dell’EZLN.
Non rispettano gli accordi firmati con gli zapatisti
Municipio autonomo Comandanta Ramona, Chis. - Il luogo dove, proveniente dal fiume Agua Azul, Agua Clara dà il nome ai dintorni e ad uno stabilimento balneare che normalmente era abbandonato, alcuni mesi fa era stato occupato dagli zapatisti della comunità dando avvio ad un'esperienza turistica semplice ed innovativa. "Occupato" è un modo di dire. Tutte queste terre erano state recuperate dopo l'insurrezione armata dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN).
Lo stabilimento balneare e le terre circostanti erano di proprietà di un certo Coutiño, di Tuxtla Gutiérrez. Zapatisti ed indigeni di altre organizzazioni "recuperarono" la proprietà e la terra bastava per tutti. Erano contadini, non guide turistiche, cosicché lo stabilimento balneare rimase semi-abbandonato.
Ma non è un posto qualsiasi. È uno dei più bei luoghi nel bacino degli spettacolari fiumi Tulijá, Aga Azul e Bascán che scendono nella selva e sono loro stessi selvaggi. Agua Clara è di quegli alvei azzurro-smeraldo con tronchi sommersi che sembrano incrostazioni d'ambra, soprattutto in inverno.
I turisti hanno continuato ad arrivare. Nel sessennio foxista, la Commissione per lo Sviluppo dei Popoli Indigeni (CDI), spinse la costruzione di una pensione con alcune stanze ed aggiustò strade e palapas, anche se le rive sono rimaste naturali ed intatte. Se ad Agua Azul questi investimenti così come nel lontano hotel Las Guacamayas dei Montes Azules, qui no.
Gestito da gruppi filogovernativi di Santa Clara, noti come priisti dell'Organizzazione Per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini (Opddic), il progetto cadde nell'abbandono e le strutture del CDI morirono.
Nel 2008 le basi zapatiste decisero di pulire lo stabilimento balneare e ristrutturarlo e, con l'accordo dei commissari della parte ejidale di Agua Clara (i priisti), rimase a carico della giunta di buon governo (JBG) di Morelia. Oggi, consigliati dal Partito Rivoluzionario Istituzionale dello stato, i primi hanno disonorato l'accordo, assumendo atteggiamenti ostili, montando provocazioni e false denunce con l'appoggio degli uffici stampa governativi e dei media filogovernativi.
In possesso di La Jornada c'è una copia dei verbali firmati da priisti e zapatisti il passato 14 ottobre nell’ejido Santa Clara, municipio Salto de Agua: "Le autorità della JBG, consigli municipali e le autorità di questo ejido riunite nella scuola primaria per redigere un verbale di accordo con gli ejidatari e consiglieri del municipio Comandanta Ramona per il fatto che nell'ejido sopraccitato si trova una struttura ecoturistica".
Il documento, con firme e timbri in calce dei rappresentanti ejidali ed autonomi, dice: "Entrambe le autorità manifestano concordi che quell'area sarà controllata con la JBG. Si concorda inoltre che questo avverrà conformemente alle indicazioni della Legge Rivoluzionaria dell'EZLN. Successivamente saranno rese note le aree delimitate dalle organizzazioni. Sono 19 mila 215 ettari".
Ci sono le firme di Pascual Pérez Gómez, Santiago Deara Gómez e Jacinto Hernández Moreno, commissario, consigliere di vigilanza ed agente ausiliare ejidali, rispettivamente, e tre membri del consiglio autonomo Comandanta Ramona. Ed i timbri di ognuno.
Ciò nonostante, da dicembre i priisti sono diventati ostili accusando gli zapatisti di quello che loro stessi facevano. Hanno parlato di aggressioni e del presunto arrivo di zapatisti armati. Quelli che sono arrivati sono gruppi di autonomi della regione Tzot'z choj per fare la guardia e partecipare alla ristrutturazione del luogo.
Oggi, quando esistono due "caselli" di pedaggio, uno dei priisti ed un altro degli autonomi, il conflitto è attizzato dagli ejidatari di La Concordia (sic) che chiedono al Congresso ed al governo dello stato di "risolvere un problema di convivenza" con "presunti zapatisti". Ed i priisti di Agua Clara, guidati da Pascual Hernández, vessano gli abitanti ed hanno inventato "sparizioni" ed aggrediscono i turisti.
(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)
lunedì 19 gennaio 2009
MST: 25 anni di ostinazione
di João Pedro Stedile (membro del Coordinamento Nazionale del MST y della Vía Campesina Brasile)
Nel gennaio del 1984 ci fu un processo di avanzamento dei movimenti di massa in Brasile. La classe lavoratrice si stava riorganizzando, accumulando forze organiche. I partiti clandestini erano già in strada, come il Partito Comunista Brasiliano (PCB), il Partito Comunista del Brasile (PCdoB), etc. Avevamo conquistato una amnistia parziale, però la maggior parte degli esiliati erano rientrati. Si erano già formati il Partito dei Lavoratori (PT), la Centrale Unitaria dei Lavoratori (CUT) e il Congresso Nazionale della Classe Lavoratrice (CONCLAT), spinta dai comunisti che più tardi confluì nella CUT. Numerosi settori delle chiese cristiane ampliavano il loro lavoro di formichine, per generare coscienza e nuclei di base in difesa dei poveri, ispirati dalla teologia della liberazione. C’era entusiasmo dappertutto, perché la dittatura era ormai sconfitta e la classe lavoratrice brasiliana all’attacco: lottando e organizzandosi.
I contadini delle zone rurali vivevano lo stesso clima e lo stesso attacco. Tra il 1979 e il 1984 si realizzarono decine di occupazioni di terra in tutto il paese. I possessori (1), i senza terra, i salariati rurali, perdettero la paura. E iniziarono la lotta. Non volevano più migrare alla città come buoi che vanno al macello (con le parole del nostro poeta uruguayano Zitarroza).
Il risultato di tutto questo fu la l’incontro dei leaders delle lotte per la terra di sedici stati brasiliani. Ci riunimmo a Cascabel, nel gennaio 1984, stimolati dal lavoro pastorale della CPT (Commissione Pastorale della Terra). E lì, dopo 5 giorni di dibattiti, discussioni, riflessioni collettive, fondammo il MST: il Movimento dei Lavoratori Rurali Senza Terra.
I nostri obiettivi erano chiari. Organizzare un movimento di massa a livello nazionale, che potesse fare prendere coscienza ai contadini affinché lottassero per la terra, per la riforma agraria (comprendendo cambiamenti più grandi nell’agricoltura) e per una società più giusta e egualitaria. Volevamo, infine, combattere la povertà e la disuguaglianza sociale. E la causa principale di quella situazione nella campagna era la concentrazione della proprietà della terra, conosciuta come latifondo.
Non sapevamo se questo era possibile. Né quanto tempo sarebbe stato necessario per raggiungere i nostri obbiettivi.
Sono passati 25 anni. Molto tempo. Furono anni di molte mobilitazioni, tante lotte e di ostinazione costante, lottare e mobilizzarci contro il latifondo, sempre.
Pagammo caro per questa ostinazione. Durante il governo Collor la repressione fu dura, anche con la creazione di un dipartimento all’interno della Polizia Federale, specializzato per i senza terra. Più tardi, con la vittoria del neoliberalismo del governo di Fernando Henrique Cardoso ci fu il semaforo verde per l’attacco dei latifondisti e delle loro polizie provinciali contro il movimento. Ci furono nell’arco di poco tempo due massacri: Corumbiara e Carajás. Durante quegli anni centinaia di lavoratori rurali pagarono con la loro vita il sogno di una terra libera.
Ma continuammo la lotta.
Frenammo il neoliberalismo eleggendo al governo Lula. Avevamo la speranza che la vittoria elettorale potesse scatenare un nuovo avanzamento del movimento di massa e che, con esso, la riforma agraria avrebbe avuto più forza per essere messa in atto. Non ci fu riforma durante il governo Lula.
Nel gennaio del 1984 ci fu un processo di avanzamento dei movimenti di massa in Brasile. La classe lavoratrice si stava riorganizzando, accumulando forze organiche. I partiti clandestini erano già in strada, come il Partito Comunista Brasiliano (PCB), il Partito Comunista del Brasile (PCdoB), etc. Avevamo conquistato una amnistia parziale, però la maggior parte degli esiliati erano rientrati. Si erano già formati il Partito dei Lavoratori (PT), la Centrale Unitaria dei Lavoratori (CUT) e il Congresso Nazionale della Classe Lavoratrice (CONCLAT), spinta dai comunisti che più tardi confluì nella CUT. Numerosi settori delle chiese cristiane ampliavano il loro lavoro di formichine, per generare coscienza e nuclei di base in difesa dei poveri, ispirati dalla teologia della liberazione. C’era entusiasmo dappertutto, perché la dittatura era ormai sconfitta e la classe lavoratrice brasiliana all’attacco: lottando e organizzandosi.
I contadini delle zone rurali vivevano lo stesso clima e lo stesso attacco. Tra il 1979 e il 1984 si realizzarono decine di occupazioni di terra in tutto il paese. I possessori (1), i senza terra, i salariati rurali, perdettero la paura. E iniziarono la lotta. Non volevano più migrare alla città come buoi che vanno al macello (con le parole del nostro poeta uruguayano Zitarroza).
Il risultato di tutto questo fu la l’incontro dei leaders delle lotte per la terra di sedici stati brasiliani. Ci riunimmo a Cascabel, nel gennaio 1984, stimolati dal lavoro pastorale della CPT (Commissione Pastorale della Terra). E lì, dopo 5 giorni di dibattiti, discussioni, riflessioni collettive, fondammo il MST: il Movimento dei Lavoratori Rurali Senza Terra.
I nostri obiettivi erano chiari. Organizzare un movimento di massa a livello nazionale, che potesse fare prendere coscienza ai contadini affinché lottassero per la terra, per la riforma agraria (comprendendo cambiamenti più grandi nell’agricoltura) e per una società più giusta e egualitaria. Volevamo, infine, combattere la povertà e la disuguaglianza sociale. E la causa principale di quella situazione nella campagna era la concentrazione della proprietà della terra, conosciuta come latifondo.
Non sapevamo se questo era possibile. Né quanto tempo sarebbe stato necessario per raggiungere i nostri obbiettivi.
Sono passati 25 anni. Molto tempo. Furono anni di molte mobilitazioni, tante lotte e di ostinazione costante, lottare e mobilizzarci contro il latifondo, sempre.
Pagammo caro per questa ostinazione. Durante il governo Collor la repressione fu dura, anche con la creazione di un dipartimento all’interno della Polizia Federale, specializzato per i senza terra. Più tardi, con la vittoria del neoliberalismo del governo di Fernando Henrique Cardoso ci fu il semaforo verde per l’attacco dei latifondisti e delle loro polizie provinciali contro il movimento. Ci furono nell’arco di poco tempo due massacri: Corumbiara e Carajás. Durante quegli anni centinaia di lavoratori rurali pagarono con la loro vita il sogno di una terra libera.
Ma continuammo la lotta.
Frenammo il neoliberalismo eleggendo al governo Lula. Avevamo la speranza che la vittoria elettorale potesse scatenare un nuovo avanzamento del movimento di massa e che, con esso, la riforma agraria avrebbe avuto più forza per essere messa in atto. Non ci fu riforma durante il governo Lula.
Al contrario, le forze del capitale internazionale e finanziario, attraverso le proprie multinazionali, aumentarono il controllo sull’agricoltura brasiliana. Oggi, la maggior parte delle nostre ricchezze, produzione e distribuzione di prodotti agricoli è sotto il controllo delle multinazionali. Queste, si sono alleate con i grandi proprietari capitalisti e hanno prodotto il modello di sfruttamento dell’agro-business. Molti dei loro portavoce si affrettarono ad annunciare nelle colonne dei grandi giornali della borghesia che il MST era finito. Un inganno.
L’egemonia del capitale finanziario e delle multinazionali sull’agricoltura, non è riuscito per fortuna a decretare la fine del MST. Per un solo motivo: l’agro-business non rappresenta nessuna soluzione ai problemi dei milioni di poveri che vivono nelle zone rurali. E il MST è l’espressione della volontà di liberazione di questi poveri.
La lotta per la riforma agraria che prima si basava solo sull’occupazione delle terre del latifondo, adesso si presenta più completa. Dobbiamo lottare contro il capitale. Contro la dominazione delle multinazionali. E la riforma agraria ha smesso di essere quella classica: espropriare grandi latifondi e distribuirli ai poveri contadini. Ora, i cambiamenti nella campagna, per combattere la povertà, la disuguaglianza e la concentrazione di ricchezza, dipendono dai cambiamenti non solo della proprietà della terra, ma anche del modello di produzione. Adesso i nemici sono anche le imprese internazionalizzate, che dominano i mercati mondiali. Significa anche che i contadini dipenderanno ancora una volta dalle alleanze con i lavoratori della città per poter realizzare le proprie conquiste.
Fortunatamente, il MST ha acquistato esperienza in questi 25 anni. Saggezza necessaria per sviluppare nuovi metodi, nuove forme di lotta di massa, che possano risolvere i problemi del popolo.
Nota (1) Contadini che hanno possesso precario della terra, sopratutto in Amazzonia, che tuttavia no hanno nessun titolo di proprietà.
L’egemonia del capitale finanziario e delle multinazionali sull’agricoltura, non è riuscito per fortuna a decretare la fine del MST. Per un solo motivo: l’agro-business non rappresenta nessuna soluzione ai problemi dei milioni di poveri che vivono nelle zone rurali. E il MST è l’espressione della volontà di liberazione di questi poveri.
La lotta per la riforma agraria che prima si basava solo sull’occupazione delle terre del latifondo, adesso si presenta più completa. Dobbiamo lottare contro il capitale. Contro la dominazione delle multinazionali. E la riforma agraria ha smesso di essere quella classica: espropriare grandi latifondi e distribuirli ai poveri contadini. Ora, i cambiamenti nella campagna, per combattere la povertà, la disuguaglianza e la concentrazione di ricchezza, dipendono dai cambiamenti non solo della proprietà della terra, ma anche del modello di produzione. Adesso i nemici sono anche le imprese internazionalizzate, che dominano i mercati mondiali. Significa anche che i contadini dipenderanno ancora una volta dalle alleanze con i lavoratori della città per poter realizzare le proprie conquiste.
Fortunatamente, il MST ha acquistato esperienza in questi 25 anni. Saggezza necessaria per sviluppare nuovi metodi, nuove forme di lotta di massa, che possano risolvere i problemi del popolo.
Nota (1) Contadini che hanno possesso precario della terra, sopratutto in Amazzonia, che tuttavia no hanno nessun titolo di proprietà.
(Rivista Caros Amigos, San Paolo, gennaio 2009).
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BOICOTTA TURCHIA
Viva EZLN
Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.
La lucha sigue!