giovedì 22 gennaio 2009

I morti e i vivi di Gaza

di Vittorio Arrigoni

A Gaza solo i morti hanno visto la fine della guerra. Per i vivi non c’è tregua che tenga alla battaglia quotidiana per la sopravvivenza. 

Senza più acqua, senza più gas, senza più corrente elettrica, senza più pane e latte per nutrire i propri figli.Migliaia di persone hanno perduto la casa. 

Dai valichi entrano aiuti umanitari col contagocce, e si ha come la sensazione che la benevolenza dei complici di chi ha ucciso sia solo momentanea. Domani il segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon verrà a visitare Gaza, siamo certi che John Ging, a capo dell’agenzia per i profughi palestinesi, ne avrà da raccontargliene; dopo che Israele ha bombardato due scuole delle Nazioni Unite, ha assassinato 4 suoi dipendenti, ha colpito e distrutto il centro dell’UNRWA di Gaza city, riducendo in cenere tonnellate di medicinali e beni alimentari destinati alla popolazione civile. 

Le macerie di Gaza continuano a vomitare morti in superficie. Ieri fra Jabalia, Tal el Hawa a Gaza City e Zaitun, paramedici della mezza luna rossa con l’aiuto di alcuni volontari dell’ISM hanno estratto dalla rovine 95 cadaveri, molti dei quali in avanzato stato di decomposizione. 

Camminando per le strade della città di Gaza senza più il costante terrore di un bombardamento chirurgicamente mirato alla mia decapitazione, tremo ancora alla vista di cani randagi raccolti in circolo, a ciò che mi si potrebbe parare dinnanzi agli occhi essere il loro pasto. 

Gli uomini tirano un sospiro di sollievo e tornano a frequentare moschee e cafè, facilmente smascherabile è il loro atteggiarsi alla normalità, per i molti che hanno perso un familiare e per i moltissimi che non hanno più dove abitare. 

Fingono un ritorno alla routine per incoraggiare le mogli e i figli: in qualche modo bisogna oltrepassare anche a questa catastrofe. 

Con alcune ambulanze questa mattina ci siamo recati nei quartieri più colpiti della città, Tal el Hawa e Zaitun, muniti di questionario porta a porta abbiamo stilato l’entità dei danni agli edifici, e le primissime urgenze per le famiglie: medicinali per gli anziani e i malati, e riso, olio e farina, il minimo per alimentarsi. Tutto quello che abbiamo potuto consegnare al momento sono metri e metri di nylon, da apporre alle finestre laddove prima c’erano i vetri a difendere dal freddo. 

Compagni dell’ISM a Rafah mi hanno informato che la municipilità ha distribuito alcune migliaia di dollari, poca cosa, a quelle famiglie che hanno visto la loro casa rasa al suolo da bombe che secondo Israele erano destinate alla distruzione dei tunnel. 

Al termine del conflitto in Libano, gli Hezbollah staccarono milioni di dollari in assegni per ripagare i civili libanesi rimasti senzatetto. 

In una Gaza sotto assedio ed embargo, ciò che Hamas potrà versare come risarcimento alla popolazione "basterà a mala pena a rimettere su un capanno per il bestiame", mi fa sapere Khaled, contandino di Rafah. 

La tregua è unilaterale, quindi Israele unilateralmente decide di non rispettarla. Ieri a Khan Yunis, un ragazzo palestinese ucciso e un altro ferito. 
A est di Gaza city elicotteri innaffiavano di bombe al fosforo bianco un quartiere residenziale. Stessa cosa si è verificata a Jabalia. 

Oggi, sempre a Khann Younis navi da guerra hanno cannoneggiato su uno spazio aperto, fortunatamente senza fare feriti e mentre scrivo, arriva la notizia di un incursione di carri armati. Non ci risultano lanci di razzi palestinesi nelle ultime 24 ore. 

Giornalisti internazionali sciamano affamati di notizie lungo tutta la Striscia, sono riusciti a raggiungerci solo oggi. Israele ha concesso loro il lasciapassare a mattanza finita. 

Quelli arrivati ancora a bombardamenti in corso, hanno seriamente rischiato di rimetterci la pelle, come mi ha raccontato Lorenzo Cremonesi, inviato del Corriere: soldati israeliani hanno bersagliato di proiettili l’automobile su cui viaggiava. 

Dinnanzi allo scheletro annerito di ciò che resta dell’ospedale Al Quds di Gaza city, un interdetto reporter della BBC mi ha chiesto come è stato possibile per l’esercito scambiare l’edificio per un covo di terroristi. "Per lo stesso motivo per cui dei bambini in fuga da un palazzo in fiamme, sono entrati nei mirini dei cecchini posti sui tetti dello stesso quartiere in cui siamo ora, cecchini che non hanno esitato a ucciderli spandendo la loro materia cerebrale sull'asfalto". Ho risposto al giornalista inglese, ancora più accigliato. 

E’ evidente l’abisso fra noi che siamo testimoni e vittime di questo massacro, e chi ne viene a conoscenza tramite i racconti dei sopravvissuti. 

Da Roma mi informano che l’Unione Europea avrebbe congelato i fondi per la riscostruzione fino a quando Gaza sarà governata da Hamas. Lo ha lasciato intendere il Commissario europeo per le Relazioni estere, Benita Ferrero-Waldner. "Gli aiuti per la ricostruzione della Striscia", ha detto la diplomatica europea, "potranno arrivare solo se il presidente palestinese Abu Mazen riuscirà ad imporre nuovamente la sua autorità sul territorio" . 

Per i palestinesi di Gaza questo è un chiaro invito dall'esterno alla guerra civile, ad un colpo di stato. Come un legittimare il massacro di 410 bambini che sono morti perchè i loro genitori hanno scelto la democrazia ed eletto liberamente Hamas. "L’unione Europea ricalca alla perfezione la criminale politica di punizione collettiva imposta da Israele. Perchè non affidano i fondi all’ONU? O a qualche organizzazione governativa?" ."Gli Stati Uniti sono liberi di eleggere un guerrafondaio come Bush, Israele di scegliere leaders con le mani sporche di sangue come Sharon e Nettanyau, e noi popolazione di Gaza non siamo liberi di scegliere Hamas...", mi suggerisce Mohamed, attivista per i diritti umani che non ha votato per il movimento islamico; non ho argomenti per contraddirlo. 

I palestinesi vivi imparano dai morti, imparano a vivere morendo, sin dalla più tenera età. Tregua dopo tregua, la percezione è quella di una macabra parentesi per contare i cadaveri fra una mattanza e l’altra, verso una pace che non è mai così stata distante. 

Perlustrando Gaza city a bordo di un ambulanza, per una volta con la sirena muta, la guerra resta presente impressa nelle rovine di una città saccheggiata di sorrisi e popolata da sguardi spauriti, occhi che insistono a scrutare il cielo verso aerei ancora incessantemente in volo. 

All'interno di una casa che coi paramedici abbiamo visitato, sul pavimento ho notato dei disegni in pastello, chiaramente una mano infantile li aveva abbandonati evacuando in fretta e furia. 

Ne ho raccolto uno, carrarmati, elicotteri e corpi ridotti in pezzi. In mezzo al foglio un bambino ritratto con una pietra riusciva a raggiungere l’altezza del sole e danneggiare una delle macchine della morte volanti. Si dice che il significato del sole in un disegno infantile è il desiderio di essere, di apparire. Quel sole che ho visto piangeva in pastello rosso, lacrime di sangue. Per lenire questi traumi, una tregua unilaterale basta? Restiamo umani.
ViK

Comunicato della Conaie di valutazione della mobilitazione nazionale




Il 20 gennaio è stata una grande giornata di mobilitazione in tutto il paese
Quito, 21 de Enero del 2009
Comunicado 4
Una giornata con grande esito per i Diritti Indigeni e di tutti gli Ecuadoriani.
Il Consiglio di Governo della CONAIE, valuta come positiva la Giornata di Mobilitazione nel paese.
Nonostante la repressione e il controllo poliziesco, migliaia di indigeni si sono mobilitati e hanno manifestato pacificamente nelle principali città del paese consegnando ai governatori locali le loro rivendicazioni. A Imbabura, Pichincha, Latacunga, Ambato, Guaranda, Pastaza e Macas, le mobilitazioni hanno avuto una grande partecpazione.
Constatiamo ancora una volta la grande offensiva dei mezzi di propaganda del governo. La propaganda in televisione a favore della Legge Mineraria e delle politiche neoliberali è stata molto ampia durante questi giorni per manipolare la cittadinanza e creare confusione. La mobilitazione è stata pacifica nella sua interezza. Abbiamo dimostrato la naturalezza democratica del nostro movimento e delle organizzazioni di base, gli scontri sono stati responsabilità della forza pubblica.
Le mobilitazioni della zona Sud del Paese della scorsa settimana e quelle di questi giorni dimostrano che c’è un opposizione nazionale ampia alle miniere a grande scala e alle politiche e decisioni di carattere neoliberale di questo governo. La "rivoluzione cittadina" deve decidere se è uno spazio di diritti per le transnazionali o per i popoli.
Abbiamo ricevuto innumerevoli espressioni di sostegno e adesione della comunità internazionale, delle organizzazioni dei diritti umani, sociali e abbiamo gestito le informazioni nel mondo in tre lingue.
Vogliamo preparaci a portare avanti una serie di iniziative nel quadro degli strumenti dei diritti umani e legali a livello nazionale e internazionale. Le renderemo pubbliche al momento opportuno. I Relatori dell’ONU e OEA sui Diritti Indigeni sono stati informati e riceveranno una nota integrale sul tema.
C’è una posizione razzista nei portavoce del Governo: i Ministri Larrea e Bustamante ne fanno apologia. Questo ci preoccupa e allertiamo gli ecuadoregni sulle persone che il partito al potere vuole inviare all’Assemblea Nazionale Legislativa.
Rifiutiamo le detenzioni arbitrarie e illegali realizzate dalla Polizia Nazionale per ordine esplicito del Ministro del Governo; esigiamo la libertà immediata dei fermati.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!