giovedì 7 maggio 2009

Atenco - Los de abajo: a tre anni dalla repressione

Articolo di Gloria Munoz Ramirez

Questa settimana si compiono tre anni dalla repressione della polizia contro il Frente de Pueblos en Defensa de la Tierra (FPDT) di San Salvador Atenco, i fiorai di Texcoco e gli uomini e le donne solidali dell’Otra campana. L’anniversario rafforza la lotta per la liberazione dei 12 prigionieri politici e per la richiesta che vengano puniti i responsabili dell’operazione brutale, con la quale si violarono i diritti umani dei 207 iniziali arrestati, che furono colpiti, torturati e abusati sessualmente, in un operativo al quale parteciparono i tre livelli del governo e che lasciò un bilancio di due giovani assassinati.
Nel mezzo dell’attuale contingenza epidemiologica e del bombardamento propagandistico dell’Instituto Federal Electoral, attivisti e organizzazioni del Messico e di altri paesi hanno organizzato delle giornate di lotta per la libertà di Ignacio del Valle, Felipe Álvarez y Héctor Galindo, prigionieri in condizioni deprecabili nel carcere di massima sicurezza di El Altiplano, e Juan Carlos Estrada, Román Ordóñez, Jorge Ordóñez, Alejandro Pilón, Narciso Rellano, Inés Rodolfo Cuéllar, Édgar Eduardo Morales, Julio César Espinosa, Pedro Reyes e Óscar Hernández, de Tacotalpa, reclusi a Molino de las Flores, Texcoco.
La storia non iniziò nel maggio 2006, ma bensì il 23 ottobre 2001 quando il governo federale annunciò l’espropriazione di 5 mila ettari per la costruzione dell’aereoporto a Texcoco. I contadini che non accettarono la decisione iniziarono a mobilitarsi e non cessarono la lotta giuridica e la mobilitazione fino al 6 agosto 2002, quando conquistarono la cancellazione delle espropriazioni e si aggiudicarono un trionfo tra i più importanti nella storia recente in difesa della terra.
Dopo il trionfo del FPDT i contadini mantennero alleanza ed impegno alla solidarietà con gli altri movimenti.Nell’aprile 2006 ricevettero l’Otra Campana, con la presenza del subcomandante Marcos, mentre appoggiavano i fioristi di Texcoco, ai quali si voleva impedire di vendere i loro fiori al mercato.
Ed è allora che l’operativo di polizia comportò vessazioni, torture, perquisizioni, violazioni ed abusi contro circa 50 donne.
Il 3 e 4 maggio 2006 arrivò la vendetta dello Stato.Una repressione "esemplare" contro il movimento dei fioristi, dei contadini del FPDT, i membri dell’Otra Campana che raggiunsero Atenco come gesto di solidarietà
Oggi quelli che ordinarono le violazioni sono in libertà. In carcere restano 12 persone che non sono colpevoli
La loro libertà è quella di tutti.
Per approfondimenti

Lettera aperta a Roberto Saviano di Alessandra Valle

Riceviamo e pubblichiamo.

Nella speranza di pubblicazione senza indirizzo mail. Grazie. Alessandra Valle
Gentile Roberto, mi è capitato di leggere su Repubblica che Lei immagina di trasferirsi a vivere in Israele, precisamente a Gerusalemme. Ho avuto, mi creda, una perdita di senso! Ma come, Lei che ha denunciato la militarizzazione del territorio da parte del potere criminale della camorra, decide di trasferirsi nello Stato più militarizzato del mondo? Certo, mi rendo conto che la ricerca di normalità in una condizione così esposta come la Sua, possa sembrarLe più facilmente garantita in un territorio dove ogni vita è controllata fin dentro l’anima, ma dov’è finito l’afflato etico che l’ha spinta a denunciare con tanta veemenza l’arroganza del potere (camorristico) che decide della vita degli inermi narcotizzando ogni possibile tentativo di riscatto? Non pensa che questo processo si inneschi in qualunque contesto si realizzi l’organizzazione della vita di una collettività intorno ad un’identità assoluta come testimonia l’origine e lo sviluppo dello Stato di Israele che il governo attuale vuole definire (non a caso!) Stato ebraico? Ed i palestinesi che prima c’erano ed ancora oggi vivono in quel territorio dovranno subire l’ennesimo furto, “anche” di identità?
Quando il suo “caso” è diventato pubblico, ho firmato tutte le petizioni possibili in Suo favore, nella profonda convinzione che nessuna persona o popolo debba subire restrizioni alla propria libertà di denuncia. Da allora Lei è diventato, suo malgrado, un opinion leader ascoltato e rispettato e questa condizione non Le consente disattenzioni o imprecisioni nelle dichiarazioni pubbliche. Non posso credere che Lei non sappia che Gerusalemme è (nella sua parte orientale) territorio occupato dallo Stato di Israele dal 1967 nonostante lo stesso lo rivendichi come propria capitale (così come l’Olp nel 1988). A nulla sono valse le infinite risoluzioni Onu (242,194 ed altre) se non ad impedire che ciò fosse ratificato dal diritto internazionale tant’è che oggi, capitale dello Stato di Israele risulta essere Tel Aviv. Al momento, questa è l’unica impunità che non è stata concessa ai governi israeliani che si sono succeduti nel tempo. Mi piacerebbe allora che “utilizzasse” questo privilegio per dare voce e diritti alle donne e agli uomini palestinesi che sono ,ormai da 60 anni, espropriati dei diritti più elementari dai governi di quello Stato che Lei tanto ammira. La compassione e la protezione internazionale di cui Lei ha goduto, mi piacerebbe che la restituisse: ai 1310 morti di Gaza ( di cui 420 bambini, 112 donne,120 anziani e 15 tra medici e soccorritori) e 5500 feriti dell’ultimo attacco israeliano non a caso chiamato Piombo fuso. E a quelli che moriranno per l’effetto delle armi non convenzionali usate. Alle 117 prigioniere palestinesi nelle carceri israeliane che non hanno neanche il diritto di visita dei familiari perché non vengono loro rilasciati i permessi per attraversare i 543 check points fissi e 600 volanti che attraversano il territorio palestinese. Agli oltre 3000 bambini palestinesi prigionieri nelle carceri israeliane. Un ordinanza militare israeliana stabilisce che un bambino palestinese diventa adulto a 16 anni, mentre quello israeliano a 18 (!). Siccome però l’età viene attribuita al momento della sentenza, l’esercito israeliano può arrestare bambini dai 12 anni in su. Ai resistenti nonviolenti di Bil’in e Nih’lin che da 4 anni, ogni venerdì si recano in corteo davanti alla sezione del Muro (lungo complessivamente 850 mt e alto 8/9 mt) che gli israeliani (illegalmente! !!!) vogliono costruire nei loro villaggi. Una moltitudine composta da tutte le fasce d’età e di sesso, completamente disarmata che rivendica, attraverso slogan, l’integrità del proprio territorio. Per tutta risposta ricevono dai militari protetti da carrarmati e filo spinato, bombe lacrimogene e bombe sonore che avvelenano ed assordano, quando non ammazzano come è accaduto all’ ultimo caduto, un ragazzo di 29 anni, la settimana scorsa. Ai pacifisti israeliani ( l’unica parte sana di quella società) che rischiano costantemente il carcere e la vita per sostenere i diritti dei palestinesi e dissentire dalla retorica militarista dei loro governi.Mi fermo qui… ma la lista delle impunità potrebbe proseguire a lungo. Mi creda, Roberto, questa volta penso che non abbia riflettuto a sufficienza nel dichiarare ammirazione per quel triste paese. Se queste mie poche righe non saranno state sufficienti a farLe cambiare idea, mi permetto di suggerirLe un viaggio in Palestina dove troverà riscontro ( e molto di più) di quanto ho appena accennato. Se lo farà, lo leggerò sui media perché non potrà più fare a meno di denunciare pubblicamente. Esattamente come sto facendo io adesso.
Distinti saluti.
Alessandra Valle
Ps: le cifre citate sono tratte da rapporti di organizzazioni israeliane (!) per i diritti umani: Betselem, Phisicians for Human Rights, WOFPP

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!