giovedì 1 ottobre 2009

Lacrime di Camara


Il capo della giunta militare al potere cerca di smarcarsi dalla strage compiuta lunedì dalle forze dell’ordine, che hanno sparato contro una manifestazione dell’opposizione: 157 morti, 1200 feriti. Unanime condanna della comunità internazionale. Rimane alta la tensione.

La giunta militare al potere in Guinea dal 23 dicembre dello scorso anno non si smentisce. Ha dichiarato oggi e domani giornate di lutto nazionale - lutto che essa stessa ha provocato, nonostante le patetiche smentite del capitano Moussa Dadis Camara, capo della giunta - e contemporaneamente vietato ogni «raduno di carattere sovversivo». L'obiettivo a breve è fare in modo che il 2 ottobre, festa dell'indipendenza (dalla Francia, 1958), trascorra senza altre tensioni.

Lunedì scorso, nella capitale Conakry, le forze dell'ordine hanno sparato su una manifestazione dell'opposizione uccidendo 157 persone e ferendone 1.200. Queste sono le cifre riferite dall'organizzazione guineana di difesa dei diritti dell'uomo. I manifestanti protestavano contro la ventilata candidatura alle presidenziali del 31 gennaio 2010 del capitano Camara, il quale dopo aver sbandierato per mesi che avrebbe restituito il potere ai civili aveva di recente manifestato l'intenzione di candidarsi. Intenzione che è stata subito stigmatizzata dalla comunità internazionale.

Va ricordato che i militari si sono impadroniti delle leve di comando nove mesi fa, poco dopo l'annuncio della morte del presidente Lansana Conté, alla guida del paese dell'Africa occidentale per 24 anni. Oltre alle presidenziali, dovrebbe svolgersi, il 26 marzo 2010, anche le elezioni per il rinnovo del parlamento.

Il capitano Camara ha ribadito anche stamani di non sentirsi responsabile di quanto accaduto perché non sarebbe nelle condizioni di controllare pienamente l'esercito. «Dire che io controllo l'esercito - ha affermato - è pura demagogia».

Mamadi Kaba, una della voci della società civile guineana, ha dichiarato all'agenzia France Presse che la popolazione è intenzionata a continuare la resistenza e che anche i prossimi giorni saranno difficili. Secondo Kaba, «in seno all'esercito, c'è una milizia al soldo di Camara, determinata a uccidere e pronta a commettere crimini ancora più gravi di quelli di lunedì».

Sul piano internazionale non si è fatta attendere la condanna delle violenze: dall'Unione africana all'Unione europea, dalle Nazioni Unite alla Comunità economica dell'Africa occidentale (Cedeao), da Parigi a Washington a Londra. La Francia ha sospeso la cooperazione militare e ha annunciato il riesame del suo aiuto bilaterale. Quanto all'Unione europea, aveva già congelato il proprio aiuto allo sviluppo dopo il colpo di stato dello scorso dicembre. La Guinea è grande poco meno dell'Italia e ha 10 milioni di abitanti con un reddito pro-capite di 1.100 dollari l'anno.

tratto da Nigrizia - 30/9/2009

Sudafrica - Attacco alla democrazia nelle baraccopoli

L'apartheid non è finita

Nell'insediamento di Kennedy Road la milizia armata dell'Anc attacca il movimento Abahlali base Mjondolo

Comunicato stampa

Ormai da tre giorni Abahlali base Mjondolo (“quelli che vivono nelle baracche” in lingua zulu) è sotto violento attacco da parte della milizia armata dall’African National Congress. Il teatro principale delle violenze è l’insediamento di Kennedy Road, una delle principali baraccopoli di Durban. L’insediamento informale di Kennedy Road (dove vivono circa 7000 persone) è il luogo dove, alla fine del 2005, è nato il movimento Abahlali baseMjondolo. Il movimento lotta per i diritti alla casa e all’accesso ai servizi pubblici, e si oppone agli sgomberi indiscriminati delle baraccopoli. La battaglia di Abahlali è anche diventata una battaglia di democrazia: secondo il movimento, le autorità devono consultare i residenti degli insediamenti (shack dwellers) prima di prendere decisioni che riguardano gli insediamenti e il loro futuro, ascoltando le esigenze degli shack dwellers. La lotta del movimento si è concretizzata anche in un rifiuto della politica istituzionale, che non fornisce adeguate risposte ai problemi degli shack dwellers, e nel rifiuto di votare alle elezioni.

Abahlali base Mjondolo conta migliaia di membri e simpatizzanti in vari insediamenti nel KwaZulu-Natal e nell’area di Città del Capo. Il movimento elegge annualmente la sua leadership e prende ogni decisione attraverso assemblee di gestione aperte a tutti, in ogni insediamento in cui è presente.

Nell’insediamento di Kennedy Road a Durban, Abahlali lavora da anni insieme al Kennedy Road Development Committee.

Nella notte di sabato 26 settembre, i membri del Kennedy Road Development Committee sono stati vittima di un improvviso attacco da parte di un gruppo di 40 uomini armati. Ci sono sicuramente dei morti, alcuni dicono 3 altri 5. La polizia, per quanto avvertita, non è arrivata a Kennedy Road. Nella stessa notte, tutti i leader principali del movimento Abahlali sono stati presi di mira. Le loro case e i loro negozi sono stati distrutti. Dalle prime ricostruzioni pare evidente che il gruppo di criminali che ha sferrato l’attacco abbia legami diretti con la leadership locale
dell’African National Congress (ANC), che aveva promesso, due settimane fa, che avrebbe “reso la sede di Abahlali base Mjondolo una sede dell’ANC”.

La polizia è giunta la mattina di domenica e ha arrestato circa 8 persone.
Paradossalmente, però, le persone arrestate sono membri del Kennedy Road Development Committee, cioè quelli che hanno subito le aggressioni. Fra gli arrestati ci sono anche alcune persone che stavano partecipante ad una festa popolare a chilometri di distanza quando è avvenuto l’attacco.

La polizia presidia l’insediamento da domenica mattina, ma non sta facendo nulla per evitare che gruppi di criminali armati si aggirino per Kennedy Road, minacciando e aggredendo gli abitanti. Ogni richiesta di aiuto da parte di membri del movimento è stata ignorata.

Migliaia di persone hanno abbandonato la baraccopoli di Kennedy Road nelle ultime ore. Oltre alle donne e ai bambini, anche gli attivisti di Abahlali hanno lasciato l’insediamento a causa delle minacce di morte che hanno ricevuto.

Lunedì mattina il presidente della circoscrizione e l’assessore provinciale alla sicurezza sono giunti all’insediamento con una massiccia presenza di polizia. Le autorità hanno tenuto una conferenza stampa nella sala della comunità, dimostrando implicitamente il loro appoggio alle aggressioni che sono avvenute nel fine settimana. Hanno anche lanciato accuse al Kennedy Road Development Committee, sostenendo che i membri del comitato sono stati i primi ad iniziare le violenze.
Questa dichiarazione, però, risulta essere falsa. Ci sono vari testimoni, alcuni anche estranei alle vicende locali, che possono affermare il contrario.

Poco dopo, la polizia ha lasciato l’insediamento insieme alle autorità.
L’insediamento è stato lasciato nelle mani di gruppi di uomini armati al soldo dell’African National Congress che hanno distrutto l’ufficio di Abahlali baseMjondolo e minacciato di morte gli attivisti del movimento. Anche simpatizzanti e sostenitori del movimento, nonché vari giornalisti, sono stati minacciati ed è stato loro intimato di non avvicinarsi all’insediamento.

Dalle dichiarazioni delle autorità e dalle notizie che giungono, pare che il Kennedy Road Development Commitee e Abahlali siano stati allontanati dell’insediamento e sembra che tutt’ora l’insediamento sia sotto il controllo armato di membri della milizia. Tutti i membri del movimento hanno dovuto rifugiarsi altrove per la loro sicurezza.

La realtà, purtroppo, è che nei suoi 4 anni di attività il movimento è stato continuamente bersaglio della polizia. I suoi membri sono stati arrestati innumerevoli volte, accusati di crimini mai commessi, picchiati, perseguitati, minacciati. Le manifestazioni del movimento sono state vietate e represse, e le autorità hanno cercato di rappresentare il movimento come manovrato da forze esterne e antidemocratiche. Diverse organizzazioni che si battono per la libertà di espressione e per i diritti umani hanno denunciato questi atteggiamenti deprecabili da parte delle autorità pubbliche sudafricane.

In queste ore i comunicati dell’African National Congress locale cercano di addossare la responsabilità di quanto accaduto ai membri del movimento e che “è inaccettabile che un’associazione decida orari di chiusura ad esercizi commerciali nelle baraccopoli e che imponga alle persone un coprifuoco durante la notte”.
Paradossalmente, diventa una mancanza di democrazia una norma di autoregolazione che una comunità (attraverso un comitato regolarmente eletto) si era data, e non tanto un attacco da parte di uomini armati che ha ucciso, ferito e lasciato persone senza casa.

Il movimento continua a fare paura soprattutto all’ex partito “rivoluzionario”. Il fatto che i poveri abbiano deciso di parlare, di fare sentire la propria voce denunciando i tradimenti dell’elite politica è avvertito come una grande minaccia.
L’ANC vuole riconquistare, con ogni mezzo, i territori controllati democraticamente dal movimento. Nessuno è ostaggio del movimento! Ogni persona che vive negli insediamenti è libera di partecipare e di eleggere i propri leader. L’ANC ora vuole invece fare credere che il movimento sia un gruppo di criminali che terrorizza la propria gente.

Il movimento sta dando fastidio con la sua lotta alla corte costituzionale, dove si sta cercando di dichiarare incostituzionale una legge che garantirebbe alle varie municipalità di radere al suolo gli insediamenti e ricacciare gli abitanti verso il “deserto” delle periferie. Sta dando fastidio con il suo rifiuto di partecipare alla “politica” gestita dai partiti, dagli esperti delle sofferenze altrui. Sta dando fastidio perché è una realtà che sta crescendo in tutto il Sudafrica e si sta opponendo agli sgomberi forzati che il governo sta attuando per garantire un’immagine patinata in occasione del 2010.

L’apartheid non è finita, a quanto pare.

Francesco Gastaldon (Durban)

Filippo Mondini (Castelvolturno, di ritorno dal Sudafrica)

Per aggiornamenti si può consultare il sito del movimento
Abahlali

E' stata lanciata una petizione di solidarietà su:
www.thepetitionsite.com

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!