mercoledì 11 novembre 2009

Eni in Congo: insostenibile

Un rapporto mette in guardia

I piani del cane a sei zampe di investire sullo sfruttamento delle sabbie bituminose e dell’olio di palma nel bacino del fiume Congo (Repubblica del Congo) rischiano di provocare dei danni irreversibili alla biodiversità, alle comunità locali e al clima. Lo sostengono gruppi congolesi per la tutela dei diritti umani e i loro partner internazionali.

In un rapporto reso pubblico oggi, durante un incontro tenutosi a Milano, dal titolo Energy Futures? Eni's Investments in tar sands and palm oil in the Congo Basin, i gruppi della società civile sostengono che, viste le loro pesanti implicazioni per il clima e il contesto locale, tali investimenti devono essere considerati ad alto rischio sia da parte dell'Eni che da parte di qualsiasi altra compagnia petrolifera.

Il rapporto è pubblicato dalla Heinrich Böll Foundation, la fondazione del partito dei Verdi tedeschi e sottoscritto da: Bank Track, Campagna per la riforma della Banca mondiale (CRBM), Fondazione Culturale Responsibilità, Friends of the Earth International, Justice and Peace Commission, Pointe-Noire (Congo), Misereor, Platform, Rainforest Action Network (Ran), Rencontre pour la paix et les droits de l'homme (Rpdh, Congo) e Secours Catholique/Caritas.

Quello nella Repubblica del Congo è il primo progetto per lo sfruttamento delle sabbie bituminose in Africa, mentre quello relativo all'olio di palma per fini alimentari e la produzione di biocombustibili è considerato uno dei più grandi di tutto il continente. Nel 2008 l'Eni ha siglato un'intesa su più fronti con la Repubblica del Congo, paese ricco di petrolio ma con un alto tasso di povertà e minime condizioni di trasparenza e di rispetto dei diritti umani. Le foreste primarie coprono i due terzi del territorio e sono essenziali per la sopravvivenza della popolazione locale e come immagazzinatori di anidride carbonica. Il governo del Congo vuole assicurarsi la leadership sulla gestione delle risorse del Bacino, tuttavia i suoi precedenti nel far rispettare la normativa sulle foreste e sulla protezione ambientale sono particolarmente negativi.

Attualmente l'Eni è ritenuta la compagnia petrolifera più sostenibile del pianeta. Di recente il suo amministratore delegato, Paolo Scaroni, ha chiesto ai delegati del Leadership Forum delle Nazioni Unite, tenutosi a New York, di agire per porre un argine ai cambiamenti climatici. Tuttavia, ricerche sul campo mettono in evidenza che i nuovi investimenti dell'Eni in Congo non costituiscono un passo in avanti sul sentiero della sostenibilità energetica.

«A meno di un mese dall'inizio del summit di Copenaghen sui cambiamenti climatici, i progetti dell'Eni mettono seriamente in dubbio le sue credenziali di tutela dell'ambiente. Evidenziano inoltre gli alti costi che tali investimenti energivori, e che provocano l'emissione di grandi quantità di anidride carbonica, comportano. Specialmente in aree molto sensibili dal punto di vista ambientale e con forme di governo non all'altezza», ha dichiarato Gudrun Benecke della Heinrich Boell Foundation.

Secondo l'attivista per i diritti umani Brice Mackosso «le popolazioni locali, che stanno già soffrendo gli impatti dello sfruttamento petrolifero, non sono state consultate nel modo adeguato sullo sviluppo di nuovi progetti. Un fatto, questo, che viola le politiche ambientali e sui diritti umani della stessa Eni».

L'area interessata dalle attività dell'Eni in Congo, quella di Tchikatanga e di Tchikatanga-Makola, copre un'estensione di 1790 chilometri quadrati. Non si sa ancora dove si procederà con la produzione di olio di palma, sebbene si parli di 70mila ettari di terre non coltivate. L'Eni afferma che nessun progetto sarà sviluppato in zone ricoperte dalle foreste pluviali o con la presenza di biodiversità e che implicano la rilocazione di popolazioni locali. Però nelle ricerche condotte proprio dall'Eni si attesta che l'area dove si ricaveranno le sabbie bituminose è per circa il 70% occupata da foreste e da zone molto sensibili dal punto di vista ambientale, come viene per l'appunto svelato nel rapporto.

«I nuovi progetti dell'Eni pongono l'accento sulla mancanza di controllo da parte del suo principale azionista, lo stato italiano - ha dichiarato Elena Gerebizza della Campagna per la riforma della Banca mondiale (Crbm). L'Italia ha una evidente responsabilità nell'assicurare che l'Eni consideri con attenzione gli impatti sull'ambiente e sullo sviluppo dei suoi investimenti e non operi contro gli interessi nazionali di riduzione delle emissioni di gas serra».

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martedì 10 novembre 2009

Il tempo delle parole è durato troppo: mettiamo in atto la sovranità alimentare!

La Via Campesina al vertice della FAO

Circa 40 contadini di 25 paesi del mondo, membri del movimento contadino internazionale La Via Campesina, si riuniranno a Roma in occasione del Vertice mondiale della FAO sulla sicurezza alimentare e del Forum della società civile dal 13 al 18 novembre.

« Il tempo delle parole è durato troppo », ha dichiarato Nettie Wiebe, una contadina canadese, dirigente del movimento. « Se il mondo vuole veramente sradicare la fame, non ci sono molte alternative. Dobbiamo sostenere ed incoraggiare i contadini a produrre alimenti per le popolazioni locali in maniera durevole. La vera soluzione alla crisi alimentare passa attraverso una riappropriazione del controllo dei mezzi di produzione alimentare, come la terra, le sementi, l'acqua ed i mercati locali da parte dei contadini e delle contadine, e non delle multinazionali».

Anche se il mondo produce sufficientemente per nutrire i suoi abitanti, il numero delle persone che soffrono la fame ha raggiunto il miliardo quest'anno per la prima volta nella storia dell'umanità e 80% delle persone che soffrono la fame sono contadini e contadine, contadini senza terra e salariati agricoli. Per troppe famiglie nel mondo, la fame non è una cifra ma una realtà crudele. Come per ironia, questa crisi alimentare senza precedenti ha fatto nascere iniziative che vanno nel senso delle politiche che hanno provocato l'attuale catastrofe. E' il caso del Partenariato mondiale per l'agricoltura e la sicurezza alimentare e del Fondo speciale per la sicurezza alimentare della Banca mondiale sostenuto dal G20. Essi finanziano lo sviluppo di tecnolgie, quali quelle della « rivoluzione verde », che non fanno che accrescere la dipendenza dei contadini di fronte al mercato e distruggono i suoli. Queste iniziative rafforzano le politiche di libero-scambio e funzionano tenendosi per mano con l'agro-industria. Certamente le grandi imprese non hanno alcun interesse a salvare il mondo dalla fame. Esse si impegnano per l'aumento dei loro mercati e dei loro margini di guadagno. E ciò che è successo durante la crisi dei prezzi degli alimenti nel 2007 insegna molto: le imprese del settore agro-industriale hanno fatto guadagi faraonici(1), mentre milioni di persone cadevano nella fame e nella povertà. Oggi le terre agricole sono diventate un investimento lucrativo e le imprese mettono le loro mani su enormi territori nel mondo, espellendo i contadini, per produrre alimenti destinati all'esportazione o agrocarburanti.

Al Vertice della FAO a Roma, La Via Campesina difenderà la necessità di una nuova governance per l'alimentazione e l'agricoltura per risolvere la crisi alimentare ed assieme l'attuale crisi del clima. Le politiche alimentari non devono essere lasciate nelle mani del « club dei donatori » e delle istituzioni finanziarie. Un sistema di governance democratica, del tipo di quello evocato nel Comitato della sicurezza alimentare mondiale della FAO, deve essere realizzato immediatamente per garantire ai paesi ed ai popoli del mondo il diritto a mettere in atto la sovranità alimentare.

La sovranità alimentare è il diritto delle popolazioni e delle nazioni a definire le proprie politiche alimentari ed a promuovere sistemi alimentari locali, rispettosi dei mezzi di sussistenza delle popolazioni, delle culture e dell'ambiente. « Noi distribuiremo alimenti bio prodotti localmente, durante il Forum della società civile a Roma. Ogni giorno noi forniamo anche 150.000 pasti scolari bio in tutta Italia », ha annunciato Andrea Ferrante, dell'Associazione italiana per l'agricoltura biologica (AIAB), una organizzazione membra di La Via Campesina. Secondo lui, « la sovranità alimentare inizia ogni giorno, ad ogni pasto. Esiste già localmente in molti luoghi e, con una volontà politica, essa può estendersi in tutto il mondo e risolvere la crisi alimentare attuale ».

(1) Cargill per esempio, il più grande commerciante di sementi del mondo, ha conosciuto un aumento dei suoi guadagni di circa il 70% nel 2007 - un aumento del 157% dal 2006.

(Jakarta, 9 novembre 2009)

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!