mercoledì 18 novembre 2009

Provincializzare l'Europa



Il diario di bordo di Paolo Do - Hong Kong (Cina)

Qualche giorno fa la Cina ha formalmente richiesto di assumere il ruolo di coordinatrice nelle operazioni anti pirateria lungo le coste della Somalia. È forse in questo angolo del mondo, nuovo scenario di guerra, che possiamo osservare le prove tecniche della diplomazia e la prima manovra militare della Cina nel suo ruolo di potenza mondiale.

Qualche settimana fa, dopo il primo sequestro dell'imbarcazione De Xin Hai al largo del corno d`Africa, la questione anti pirateria, come l`hanno definita gli ufficiali del People’s Liberation Army (l`esercito cinese), è divenuta una vera e propria “questione politica” per la Cina. Anzi, è LA questione politica che vede la Cina impegnata per la prima volta sia militarmente oltre i propri confini nazionali, sia attraverso la propria intelligence. Non a caso il maggior centro mondiale di studio sulla pirateria risiede proprio ad Hong Kong.

Allo stesso tempo, l`esercito Cinese non è più l`esercito di contadini dell`epoca della rivoluzione: con l`arruolamento di migliaia di neolaureati come misura anti-disoccupazione, sta di fatto diventando un vero e proprio hi-tech army in tutti i sensi.

Il presidente Obama arriva in Asia mentre la Cina vuole l’elogio della sua crescita, ovvero il riconoscimento del suo ruolo militare proprio nell’oceano indiano ed in quello del pacifico; ma allo stesso tempo essa stenta a voler assumere quel ruolo di potenza globale che gli Usa vorrebbero assumesse. (Non arriva a caso l'affermazione di Obama sulla Grande Cina).

Se questo dimostra le divisioni interne al Partito della Repubblica Popolare, affatto omogeneo internamente a dispetto di quanto si possa pensare, allo stesso tempo la Cina ha stretto relazioni strategiche su energia e materie prime con molti paesi dell`Africa, del centro Asia, dell'America Latina e soprattutto con Mosca. È di due settimana fa l`arrivo a Pechino di Putin per la firma di un milionario accordo sulle forniture di Gas e costruzione di nuovi pipeline asiatici che dovranno fornire energia alla crescita dell`Impero Celeste. Proprio per questo (e conoscendo bene quali sono le relazioni Usa-Russia attualmente), la Cina non ha forse nemmeno l'intenzione di stabilire una relazione troppo stretta con gli Usa.

Come tutti si aspettavano, il primo passo statunitense in Asia è stato fatto in Giappone, suo principale alleato. Qui si sono incontrati per la prima volta Yukio e Obama, ovvero i “due presidenti del cambiamento”. La presenza di Obama al vertice di Singapore ha mostrato l`importanza che il presidente Usa e la sua amministrazione stanno dando al ruolo dell`Apec e alle sue economie nella recovery mondiale. Dopo aver affrontato crisi davvero pesanti, come quella delle tigri asiatiche del 1997 e della Sars poco tempo fa, la locomotiva Cinese ha affrontato quest`ultima trainando con la sua espansione tutta la regione, dalla Malaysia al Giappone. L’Asia è il vero vincitore nello tzunami globale e non a caso Obama si è definito il primo presidente del Pacifico.

A tutto ciò aggiungiamo la Russia, potenza sempre più asiatica e sempre meno europea, e il fallimento preventivo del vertice di Copenaghen a dicembre: decisione che non poteva essere più netta e chiara. Fin dall`inizio erano in molti ad essere scettici sui possibili risultati concreti di questa visita di Obama. Si sbagliavano.

Honduras: la responsabilità di Washington

La farsa delle elezioni

Innanzi alla crisi politica honduregna, il governo di Barack Obama ha finito per pendere a favore del regime golpista guidato da Roberto Micheletti.

Editoriale de La Jornada

Non significa altro che la disposizione di Washington a concedere il suo riconoscimento alla presidenza che sorgerà dalle elezioni previste per il 29 di novembre, nonostante queste, effettuandosi sotto la dittatura militare instaurata in giugno scorso, siano carenti di ogni legittimità, credibilità e trasparenza.

In effetti, nei giorni scorsi era diventato evidente il disegno della diplomazia statunitense di dare copertura alla strategia dei golpisti di guadagnare tempo col proposito di mettere la comunità internazionale davanti al fatto compiuto di alcuni comizi organizzati -se arrivano a realizzarsi- da un potere antidemocratico, dittatoriale e repressivo.

In questa logica, le autorità illegittime di Tegucigalpa stavano posticipando l'adempimento dell'accordo di San José -che di per sé rappresentava una concessione inaccettabile dal golpismo- arrivando a distorcerlo fino al punto di fabbricare una parodia del governo di unità nazionale previsto in quel patto: invece di collocare davanti il presidente legittimamente eletto, Manuel Zelaya, gli assalitori del potere lo hanno concepito con il proprio Micheletti, imposto alla Presidenza da loro stessi.

Per quel che riguarda il governo degli Stati Uniti, le conclusioni da desumere da questo episodio sono necessariamente preoccupanti: indipendentemente delle convinzioni e dai desideri personali del presidente democratico, è chiaro che l'apparato militare, imprenditoriale e diplomatico statunitense ha imposto in Honduras le consuete e tradizionali tendenze antidemocratiche della politica di Washington verso il resto dell'emisfero: incoraggiare la nascita di dittature militari quando e dove il Dipartimento di Stato, il Pentagono e le agenzie di spionaggio considerino che sia a rischio l'egemonia della superpotenza, e quando e dove risulti loro conveniente schiacciare esercizi di sovranità nazionale.

D'altra parte, questa catastrofica svolta della crisi honduregna colloca la diplomazia latinoamericana davanti allo specchio della propria impotenza. Nonostante gli sforzi di governi come quello del Brasile per restaurare in Honduras l'ordine costituzionale scalzato dallo smembramento del 28 di giugno, è chiaro che l'intermediazione diplomatica continentale è risultata inefficiente e che la dittatura honduregna ha davanti a sé la prospettiva di consolidarsi mediante l'organizzazione di alcuni comizi imbrogliati e l'imposizione in essi di un risultato che Washington ha qualificato in anticipo come accettabile, benché non lo sia.

La scommessa del potere statunitense e dell'oligarchia locale è chiara: lasciare che il tempo eroda il movimento di resistenza popolare che si è andato articolando dietro le richieste di restaurare l'ordine democratico annientato e restituire Zelaya alla carica per la quale è stato eletto.

Prevedibilmente, le rivendicazioni di quella resistenza evolveranno nelle settimane prossime, proprio per esigere la realizzazione di comizi liberi da sospetti o per chiedere una rifondazione democratica delle istituzioni distorte da chi le ha prese con l'assalto nel giugno scorso.

Sia quel che sia lo scenario, si deve ostacolare il consolidamento di questa avventura golpista che sarebbe precedente e referente per nuove aggressioni all'istituzionalità democratica in altre nazioni della regione.

In tale circostanza, toccherà alle società delle nazioni latinoamericane esigere dai loro rispettivi governi che ignorino l'elezione honduregna del prossimo giorno 29 ed i suoi risultati, e che concedano il loro supporto alle istanze oppositrici e democratiche sorte dalla società per affrontare il regime 'de facto'.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!