Oscilla da 60 anni senza mai fermarsi fra l'isola e il continente. Il governo Ma, che si ripresenta, ritiene di rappresentare al meglio la «politica dei tre no». E gli Stati uniti sono in difficoltà Per i sondaggi testa a testa nazionalisti favorevoli allo status quo e indipendentisti Il presidente uscente presenta risultati importanti ma controversi. I suoi 4 anni di governo fra i più pacifici dei 60 anni di storia dell'isola ribelle. Una politica di avvicinamento senza precedenti
Occhi puntati su Taiwan che oggi vota per eleggere un nuovo presidente e i 113 deputati del suo parlamento, il Legislative Yuan. Un convitato di pietra, la grande Cina, seguirà gli abitanti dell' «isola ribelle» nel segreto delle cabine elettorali mentre dall'altra parte del Pacifico gli Stati uniti fingeranno di osservare super- partes, incrociando le dita. E tutti sperano che il verdetto delle urne, con quel che seguirà, non vada ad aggiungersi alla lista dei problemi che affliggono il mondo in questo momento di crisi globale.
I 32 milioni di taiwanesi non ignorano l'aspettativa che si concentra sulle loro complicate vicende in queste occasioni. Votano ormai per la quinta volta dal 1996, anno che mise fine al sistema del partito unico, quello del Kuomingtang (Kmt) nazionalista di Chiang Kai shek, e avviò un sistema sostanzialmente bipolare che da allora vede fronteggiarsi ogni 4 anni i «blu», i nazionalisti del Kmt, fedeli al concetto di «una sola Cina», e i «verdi», gli indipendentisti del Democratic Progressive Party (Dpp), con l'aggiunta dal 2000 del People First Party (Pfp).
In questa tornata il Kmt ricandida il presidente uscente, Ma Ying-jeou, 61 anni, eletto nel 2008 con una valanga di voti che aveva assicurato al suo partito ben 81 seggi nel Legislative Yuan, dopo otto anni di Dpp segnati da alta tensione con Pechino e finiti in clamorosi processi per corruzione, con lo stesso presidente Chen Shui bian condannato a 17 anni di carcere. Il Progressive Party affida oggi la sua riscossa politica e morale a Tsai Ing-wen, 55 anni, la prima donna a candidarsi alla presidenza. Terzo incomodo è James Soong Chu-yu, 69 anni, presidente del Pfp, definito il Ralph Nader taiwanese, per il suo ruolo di guastatore. Non vincerà (i sondaggi gli assegnano dall'8 al 10%) ma sottrarrà voti, soprattutto al Kmt, da cui è stato espulso nel 2000, diventando l'ago della bilancia per eventuali coalizioni.
I 32 milioni di taiwanesi non ignorano l'aspettativa che si concentra sulle loro complicate vicende in queste occasioni. Votano ormai per la quinta volta dal 1996, anno che mise fine al sistema del partito unico, quello del Kuomingtang (Kmt) nazionalista di Chiang Kai shek, e avviò un sistema sostanzialmente bipolare che da allora vede fronteggiarsi ogni 4 anni i «blu», i nazionalisti del Kmt, fedeli al concetto di «una sola Cina», e i «verdi», gli indipendentisti del Democratic Progressive Party (Dpp), con l'aggiunta dal 2000 del People First Party (Pfp).
In questa tornata il Kmt ricandida il presidente uscente, Ma Ying-jeou, 61 anni, eletto nel 2008 con una valanga di voti che aveva assicurato al suo partito ben 81 seggi nel Legislative Yuan, dopo otto anni di Dpp segnati da alta tensione con Pechino e finiti in clamorosi processi per corruzione, con lo stesso presidente Chen Shui bian condannato a 17 anni di carcere. Il Progressive Party affida oggi la sua riscossa politica e morale a Tsai Ing-wen, 55 anni, la prima donna a candidarsi alla presidenza. Terzo incomodo è James Soong Chu-yu, 69 anni, presidente del Pfp, definito il Ralph Nader taiwanese, per il suo ruolo di guastatore. Non vincerà (i sondaggi gli assegnano dall'8 al 10%) ma sottrarrà voti, soprattutto al Kmt, da cui è stato espulso nel 2000, diventando l'ago della bilancia per eventuali coalizioni.