sabato 14 gennaio 2012

Europa - Il male ungherese è il male dell'Europa


ungheriaunicavia

Tra populismo e autoritarismo, la via di fuga dell'Ungheria dalla crisi

A cura di Valerio Renzi


Sono diverse settimane che l'Ungheria guidata da Viktor Orban è sotto i riflettori per la decisa virata autoritaria che il governo di destra ha impresso al paese, concretizzatasi in una riforma costituzionale che limita i poteri della magistratura, la libertà di stampa e da un ruolo quantomeno anomalo in un regime democratico al potere esecutivo. Orban sta portando inoltre l'Ungheria di fatto fuori dalla strada che porta all'euro e all'integrazione economica e politica con l'Unione. Di cosa succede in Ungheria e nell'est dell'Europa ne parliamo con Matteo Zola giornalista e direttore di "East Journal" un sito che svolge un lavoro pregevole e importante nel raccontare cosa succede ad oriente del nostro continente.
Qua una raccolta di articoli dedicati da East Journal alla situazione ungherese:

http://eastjournal.net/2012/01/03/ungheria-tra-nuova-costituzione-ed-estrema-destra-una-retrospettiva/
E' da dopo la caduta del muro che in est Europa soffia il vento di un populismo di destra e autoritario, forse complice la crisi. Quanto sta avvenendo in Ungheria è l'apice di questo processo e il caso più preoccupante...
Quello ungherese è il caso più evidente, presentato dai media “occidentali” (se questa parola ha ancora un senso in Europa) con un certo semplicismo, ma non è certo l'unico né forse il più grave. E' da quando ho fondato East Journal che seguo gli sviluppi dell'estremismo di destra, prima in Europa orientale, poi ampliando lo sguardo all'interezza del vecchio continente. La domanda, per me, è sempre stata una: perchè? Perché l'estremismo di destra si diffonde, vince elezioni, governa? Qual'è la sua forza? In un primo momento, guardando solo all'oriente europeo, mi sono dato la risposta più ovvia: quei Paesi non hanno conosciuto i fascismi di matrice nazionalista, quindi la deriva nazionalista è più facile, tanto più se hanno visto le loro istanze indipendentiste annichilite dall’omologazione sovietica. La riscoperta della propria identità nazionale diventa necessaria anche al fine di ri-costruire una società che si riconoscesse nel nuovo ordine costituito. In un simile contesto non stupisce il radicalismo specie se utile a questo o quel politico per ottenere consensi. Consensi facili, infine, se le opposizioni sono rappresentate dagli eredi del vecchio regime come nel caso del partito socialista ungherese.
L'Ungheria però è stata governata fino al 2010 proprio dal partito socialista, erede del regime, con la sola parentesi del 1998- 2002 in cui vinse la Fidesz di Viktor Orban che fu nominato primo ministro.
Ecco allora che affermare che il populismo di destra e le tendenze autoritarie siano figlie del 1989 diventa fuorviante. Il fenomeno, in Europa orientale, è assai più recente e metterlo in relazione con la caduta del Muro di Berlino è una soluzione suggestiva quanto facile.
Allargando lo sguardo si vede che la nascita di questo tipo di populismo, che non esiterei a definire d'ispirazione clero-fascista, non è la ruvida Europa orientale ma sono Austria, Svizzera, e poi Baviera, nord Italia, Francia pre-alpina. E' qui che all'inizio degli anni Novanta si sviluppa il modello, pur con caratteristiche diverse e differenti gradazioni, che ritroviamo anche nell'Europa orientale. Lega Nord, l'Udc elvetico di Christoph Blocher, l'Fpö di Jorg Haider, la Csu bavarese di Edmund Stoiber (che ben si presta ad “alleanze” politiche con partiti estremisti ma che orbitano nell'Internazionale cattolica, come la Lega delle Famiglie polacche o l'Hdz croato, di cui diremo dopo) e il Front National in Francia. Questi partiti, all'inizio degli anni Novanta, presentano tutti gli elementi del nuovo populismo europeo pur non presentandoli sempre tutti insieme: intolleranza, (etno)nazionalismo, antieuropeismo, antisemitismo, autoritarismo, populismo, paternalismo, fondamentalismo religioso e/o identitario.

mercoledì 11 gennaio 2012

Movimenti Antisistemici: Occupy Wall Street, El Barrio e l’EZLN.

Los de Abajo

Il legame tra Occupy Wall Street, El Barrio e l’EZLN
di Gloria Muñoz Ramírez 
Tra la 117ª e 2ª, nel cuore di El Barrio ad Harlem, New York, un murales della lotta zapatista illustra la connessione del Movimento per la Giustizia nel Barrio (MJB) con gli indigeni del Chiapas. Il Movimento è parte dell’Altra Campagna. Sono gli zapatisti di questa città nella quale dal 17 settembre scorso è in svolgimento l’iniziativa Occupy Wall Street.
I vincoli non sono pochi. Il movimento zapatista, quello di El Barrio e Occupy sono parte del 99% del pianeta, ovvero, compongono il mondo degli esclusi. Nel seminario dei movimenti antisistema che si è svolto questo fine anno a San Cristóbal de las Casas, Chiapas, in occasione del 18° anniversario dell’insurrezione dell’EZLN, sono confluite le tre lotte: Il MJB ha presentato una dichiarazione di appoggio agli zapatisti firmata da oltre mille componenti dell’assemblea di Occupy Wall Street, che a loro volta hanno parlato dell’influenza zapatista nelle assemblee che si tengono di fronte al centro finanziario più importante degli Stati Uniti.
Nella dichiarazione fatta arrivare da Piazza della Libertà, si denunciano gli attacchi contro le comunità indigene di San Marcos Avilés, San Patricio, e Rancho La Paz e si chiede “il rispetto dell’autonomia e l’autodeterminazione dei popoli zapatisti”.
A quasi quattro mesi dal suo inizio, il movimento Occupy Wall Street si è esteso a oltre mille città degli Stati Uniti e a decine di paesi nel mondo. In questa lotta, segnala Merlina, attivista di Occupy Wall Street: “Ci sono molte persone che sono state fortemente influenzate dagli zapatisti”. In un’intervista con la rivista virtuale Desinformémonos, Merlina ha spiegato che “quello che molta gente del movimento Occupy sta tentando di fare è rompere la relazione tra il capitale e l’uomo, perché finché questa continuerà, le persone dovranno continuare a vendere le proprie vite e la propria anima alla macchina capitalista e non saranno in grado di vivere in comunità autonome ed autosostenibili”. Aggiunge: “Gli zapatisti hanno lanciato messaggi molto chiari ed ispiratori che sono  arrivati alle coscienze degli statunitensi. Il fatto che queste comunità continuino a lottare contro il mondo, è fonte di forza, guida e saggezza per chi ora si mobilita negli Stati Uniti”.
L’autonomia zapatista, si dice nella dichiarazione newyorkese del MJB, “fa arrabbiare i servi del sistema capitalista”. In Messico, segnalano, “i governi federale, statale e municipale utilizzano le loro forze di polizia e militari ed i loro gruppi di scontro paramilitari per cercare di distruggerla”.

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!