“Compagni,
a tutti quelli che ci hanno sostenuto, sono Alexander Mora Venancio.
Con questa voce vi parlo, sono uno dei 43 caduti del giorno 26 settembre
per mano del narco-governo. Oggi, 6 dicembre, i periti argentini hanno
confermato a mio padre che uno dei frammenti delle mie ossa mi
appartiene. Mi sento orgoglioso che abbiate alzato la mia voce, la
rabbia e il mio spirito libertario. Non lasciate mio padre solo col suo
dolore, per lui significo praticamente tutto, la speranza, l’orgoglio, il
suo sforzo, il suo lavoro, la sua dignità. Ti invito a raddoppiare gli
sforzi della tua lotta. Che la mia morte non sia avvenuta invano. Prendi
la miglior decisione ma non mi dimenticare. Rettifica se possibile, ma
non perdonare. Questo è il mio messaggio. Fratelli, fino alla vittoria”.
I
genitori dei 43 studenti desaparecidos di Ayotzinapa, nello stato
messicano del Guerrero, hanno diffuso il questo messaggio su
Facebook. Sono le quattro del pomeriggio. Mentre Città del Messico si
prepara a un pomeriggio di cortei contro il crimine di stato del 26-27
settembre a Iguala, nello stato del Guerrero, e per il ritrovamento in
vita dei 43 studenti desaparecidos della scuola normale di
Ayotzinapa “Raúl Isidro Burgos”, arriva una notizia inattesa. La piazza
grida, chiede la rinuncia del presidente Enrique Peña Nieto e del
procuratore della repubblica Jesús Murillo Karam. Alcuni normalisti del
comitato studentesco di Ayotzinapa hanno appeno fatto un annuncio
importante, le emozioni e le reazioni sono contrastanti.
Tra
i resti umani trovati dagli inquirenti nella discarica dei rifiuti di
Cocula all'inizio di novembre ci sono quelli del diciannovenne Alexander
Mora Venancio, uno degli studenti che, secondo le testimonianze di tre
narcotrafficanti in stato di arresto, sarebbero stati bruciati per 15
ore nella stessa discarica. Lo hanno confermato i periti argentini
dell’Equipe Argentina di Antropologia Forense i quali, su richiesta dei
familiari delle vittime, stanno lavorando con la procura alle prove del
DNA. I genitori di Alexander, vittima di un attacco da parte di narcos e
poliziotti di Iguala e Cocula insieme ad altri compagni, sono partiti
immediatamente per la loro terra d’origine, il paesino di Teconoapa,
sulla costa del Pacifico, per le esequie. Sono otto gli studenti
scomparsi a Iguala che provengono da questa località e i genitori di
tutti loro appartengono all'organizzazione indigena, contadina e
popolare Unione dei Popoli e Organizzazioni dello Stato del Guerrero (UPOEG).