lunedì 7 ottobre 2019

Ecuador - In piazza contro il paquetazo


proteste contro il paquetazo in Ecuador

Il presidente Lenín Moreno sposa le ricette imposte dal Fondo monetario internazionale

Il  1° ottobre scorso, quando Lenín Moreno ha annunciato in televisione il cosiddetto paquetazo, una serie di misure volte ad imporre l’austerity all’Ecuador, a partire dall’eliminazione del sussidio statale sul carburante, probabilmente ha sottovalutato le capacità di rivolta dei suoi concittadini, che tra il 1998 e il 2000 cacciarono prima Jamil Mahuad e poi Lucio Gutiérrez.

Quest’ultimo, per inciso, condivide con Moreno il tradimento dei movimenti popolari, delle comunità indigene e più in generale di quel popolo di sinistra che aveva contribuito all’elezione di entrambi.

La capitale del paese, Quito, è stata teatro di violenti scontri tra gli oppositori del presidente e del suo governo e la polizia. Per frenare la rivolta María Paula Romo, ministra dell’Interno, ha fatto sapere che prorogherà lo stato di assedio per 60 giorni ed ha già escluso un dietrofront del governo per quanto riguarda sia l’aumento del carburante sia il decreto che rende precario il mondo del lavoro tramite una flessibilizzazione selvaggia. Lenín Moreno, in pratica, non ha fatto altro che seguire la strada imposta dal Fondo monetario internazionale. In barba ai sindacati, il presidente ha imposto che la giornata lavorativa cresca fino a 12 ore quotidiane, per la gioia delle imprese, e ha scelto di difendere a spada tratta la dollarizzazione.

Le proteste nelle piazze, unite allo sciopero dei transportistas, lascia pensare che il conflitto sociale sia solo l’inizio di un’ampia ribellione contro un governo che, subito dopo le elezioni, ha deciso di passare armi e bagagli alla destra, anche in campo internazionale, aderendo al Gruppo di Lima, e di farla finita con il correismo, che pur essendosi caratterizzato per notevoli contraddizioni, soprattutto a livello ambientale, aveva permesso al paese di avere un alto profilo sotto molti aspetti, a partire dal buen vivir inserito nella Costituzione, per quanto rimasta più sulla carta che applicata. Alla mobilitazione dei transportistas si sono rapidamente uniti  studenti, sindacati, comunità indigene e tutte le organizzazioni popolari. 

La dollarizzazione ha già provocato effetti nefasti nell’Argentina che, all’inizio del nuovo secolo, si vide costretta a fare i conti con il corralito.

giovedì 26 settembre 2019

Messico - Le zapatiste convocano il Secondo Incontro Internazionale delle Donne che Lottano

Dal 27 al 29 dicembre 2019 le zapatiste hanno convocato il Secondo Incontro Internazionale delle donne che lottano al Semillero “Huellas del Caminar de la Comandanta Ramona”, del Caracol Torbellino de Nuestras Palabras, della zona Tzots Choj (nella comunità di Morelia, MAREZ (Municipio Autonomo Rebelde Zapatista) 17 de Noviembre.
La convocazione promessa nel 2018 durante il Primo Incontro delle Donne, si accompagna alle nuove iniziative annunciate per il prossimo periodo dall’EZLN come il Festival del cinema Puy Ta Cuxlejaltic e il Festival CompArte de Danza.

Dall’Italia partiremo per partecipare al Secondo Incontro delle Donne che lottano e per visitare le comunità zapatiste, continuando il sostegno al Progetto Juntos para el derecho a la salud

Per info padova@yabasta.it e cooperazionerebeldenapoli@gmail.com


Le iniziative proposte dagli zapatisti seguono il comunicato “.. E abbiamo rotto l’accerchiamento”, in cui si annuncia la nascita dei Centri di Resistenza Autonoma e Ribellione Zapatista e di nuovi Caracoles e altri Municipi Autonomi Ribelli Zapatisti, a dimostrazione del processo di rafforzamento dell’autonomia zapatista
Il lento ma continuo lavoro d’organizzazione nelle comunità zapatiste si è mostrato in grado di “rompere l’accerchiamento” delle mosse compiute nel tempo del governo della 4T (quarta trasformazione), presentato come “del cambiamento” di Andres Manuel Lopez Obrador.

Gli zapatisti negli ultimi comunicati hanno ripercorso il cammino partito nell’ottobre 2016 insieme al Congresso Nazionale Indigeno che ha dato vita al Consiglio Indigeno di Governo. Da allora si è continuato a tessere le reti di relazioni nazionali per rafforzare i percorsi dal basso di resistenza al saccheggio del territorio e alle politiche di sfruttamento, tanto più dopo l’elezione di Amlo.

Se si guarda l’insieme delle politiche del governo di Amlo ci vuole poco per capire che c’è ben poco di cambiamento, nonostante moltissimi l’abbiano votato con la speranza di voltare pagina.

* La costituzione della Guardia Nazionale, nuovo apparato armato che si inserisce in una più generale militarizzazione del paese. Guardia Nazionale per altro dislocata proprio nel Sud Est messicano per il “rafforzamento” del confine in funzione di bloccare l’arrivo di migranti dai paesi centroamericani in transito verso gli Usa.

* La volontà di far marciare mega progetti, ammantati di progresso per le comunità indigene, come il Treno Maya, che verrà costruito partendo dal Chiapas verso lo Yucatan.

* La falsa retorica delle consultazioni popolari, fatte in condizioni che non rispettano minimamente i percorsi di opposizione reale a progetti di sfruttamento del territorio. 
Emblematico quello che è successo in Morelos dove si lotta contro un gasdotto e dove Samir Flores Soberanes, attivista messicano impegnato nelle mobilitazioni è stato barbaramente ucciso, proprio nei giorni della consultazione popolare.

* La pura propaganda riferita ai diritti umani che non sposta niente negli equilibri macabri di violenza ed impunità che continuano ad esistere nel paese. 

Ogni 17 ore circa c’è l’aggressione di un giornalista in Messico, come denuncia Articolo 19.
I dati legati al femminicidio crescono insieme agli episodi di violenza, come denunciato nelle manifestazioni di protesta dell’agosto passato in cui migliaia di donne sono scese in piazza dopo l’ennesimo episodio di violenza da parte della polizia e per denunciare che "Tutti noi, cittadine e cittadini viviamo in costante pericolo, le autorità ci causano la stessa paura della delinquenza organizzata e siamo terrorizzate di vivere in questo paese". 

Mentre continuano le aggressioni, uccisioni o sparizioni di chi lotta, all’interno di una aggressione generalizzata ai popoli indigeni

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!