lunedì 2 novembre 2009

Malalai Joya - Una donna tra i Signori della guerra

Interviste e notizie sull'attivista afghana

Malalai Joya, una delle esponenti democratiche dell'Afghanistan. Nel 2005 è stata eletta come la più giovane del Parlamento afghano.

E' stata sospesa nel 2007 per aver denunciato i signori della guerra dentro il governo.

Ha da poco pubblicato le sue memorie: A Woman Among Warlords: The Extraordinary Story of an Afghan Woman Who Dared to Speak Out, co-written by Derrick O’Keefe.

L'attivista è stata anche in Italia nel mese di settembre.

Corriere Fiorentino

Web di Malalai Joya

Amy Goodman per Democracy Now l'ha intervistata nel suo viaggio in America.

Honduras: una vittoria del popolo; la lotta dovrà essere più intensa che mai

Sull'accordo siglato

Adesso la nostra visione deve essere di più a lungo termine; dobbiamo scegliere molto bene le azioni da intraprendere, senza rinunciare ai nostri principi né le nostre rivendicazioni.

di Ricardo Salgado

Quelli che hanno affermato che il presidente sarebbe stato restituito agli inizi di novembre per legittimare le elezioni, con piedi e mani legate, sono riusciti a descrivere molte settimane fa il finale a cui stiamo assistendo. Ma che sia chiaro che non è il fine del golpe; questo continua vigente, i suoi propositi prevalgono; le condizioni che lo hanno causato continuano tanto efficaci come il 28 di giugno.

L'accordo politico sospinto dalla diplomazia straniera non contempla i temi critici, bensì tenta di ignorare argomenti fondamentali e mette in primo piano la preminenza degli interessi oligarchici. Il presidente Zelaya ha firmato con la sua restituzione quello che può interpretarsi come la vittoria del golpe e dei golpisti.

I particolari continuano ad essere ingannevoli: ancora non esiste un programma dei passi che porteranno Zelaya di rutorno alla casa presidenziale. Tecnicamente l'accordo può mantenere il presidente costituzionale ancora vari giorni imprigionato nell'ambasciata del Brasile, perché è il Congresso Nazionale quello che dovrà decidere le sorti del paese.
Lo stesso congresso che ha commesso il misfatto di falsificare la firma del presidente, e che ha decretato la sua destituzione. Fine accordo dove il ladro decide che tipo di giustizia riceverà la sua vittima. La Corte Suprema di Giustizia che ha ordinato l'arresto e la deportazione di Manuel Zelaya Rosales, dovrà dare un'opinione giuridica per orientare il congresso. Da qui soluzione.

Ci sono varie commissioni da formare: della continuità, della giustizia, e chissà che altro. Nella cornice di questo intreccio l'oligarchia guadagna il riconoscimento delle elezioni truffa; ora Zelaya presterà i suoi sforzi per riuscire che si riaprano le porte dell'aiuto internazionale alla già malconcia economia honduregna.

Alla fine non ci sono garanzie su cosa succederà, né come né quando. Come è successo durante tutti questi mesi tragici, l'incertezza domina lo scenario. Continuiamo a dipendere dalle bugie degli assassini che inventano decreti che loro stessi non rispettano.

Ieri, in contrasto con il tavolo di negoziato, la resistenza è stata brutalmente repressa. Nonostante in possesso di tutti i permessi necessari, la polizia ed i militari hanno decisero di dare una nuova dose di gas, colpi e pallottole al movimento popolare, come un promemoria che gli accordi non eliminano la repressione; non eliminano i gruppi paramilitari; non eliminano gli assassini selettivi; non eliminano le violazioni ai diritti umani.

Sarebbe ingenuo pensare che siamo arrivati a risolvere qualcosa. I militari mantengono una posizione molto autonoma di fronte ai politici ed obbediscono ai loro padroni impresari che continuano con l'idea che bastonando il popolo preservano i loro interessi. Continuano ad essere vigenti anche i decreti repressivi che ha firmato Micheletti. La struttura di violazione dei diritti umani continua vivo, ben oliata e soprattutto, attiva contro il popolo honduregno.

Sembra che la negoziazione, almeno fino al momento che scrivo queste righe, abbia dimenticato l'enorme prigione che ha creato il regime di fatto. Vale la pena domandarsi che succederà adesso con il presidente Zelaya; avrà la stessa Guardia Presidenziale?; quale sarà la sua relazione con le Forze armate?; e la sua relazione col Congresso di Micheletti?

D'altra parte continua in attesa l'argomento dei crimini di lesa umanità commessi dai militari con la complicità del regime di fatto e l'oligarchia criminale. Fortunatamente per il popolo honduregno, per superbia o goffaggine, i golpisti sorvolato sul tema dell'amnistia che Oscar Arias aveva regalato loro nel suo piano originale.

Ci saranno questioni molto importanti per il movimento popolare honduregno. Il golpe è precipitato per le giuste rivendicazioni del popolo honduregno, che rimangono senza risposta da parte delle classi dominanti. Casomai stanno guadagnarono tempo per ritardare il processo di cambiamento in Honduras.

Che succederà con il processo elettorale? C'è una frode che non è compresa nella negoziazione. Di sicuro ci saranno molte pressioni affinché le candidature progressiste partecipino a questo processo. Questo delicato argomento richiede un'analisi molto approfondita. Tuttavia, la partecipazione a questo processo elettorale, indipendentemente dai risultati, può permettere che si mantenga la mobilitazione popolare.

Adesso la nostra visione deve essere di più a lungo termine; dobbiamo scegliere molto bene le azioni da intraprendere, senza rinunciare ai nostri principi né le nostre rivendicazioni. La situazione politica fa emergere nuove sfide, e adesso l'unità è un tema critico; non ai fini elettorali; la congiuntura obbliga a dare risposte al popolo; risposte che includono dare alla nostra gente il proprio spazio politico.

Vale la pena ricordare molti argomenti che si sono trattati con l'apporto dei compagni che hanno fatto opinione. Vale la pena ricordare che l'azione della resistenza è stata la chiave per forzare le forze oscure della destra a negoziare posizioni. Senza il movimento popolare questa conclusione non sarebbe stata necessaria.

Il protagonismo che ha guadagnato il popolo di questo paese è stato l'elemento centrale affinché si produca un fenomeno poco comune nella storia dell'America Latina: un presidente abbattuto è restituito alla sua posizione. Speriamo che il presidente Zelaya non dimentichi mai che è stata la resistenza del popolo quella che ha conquistato la sua restituzione; che non dimentichi il suo debito morale con la rifondazione dell'Honduras.

Questa è una vittoria popolare, ma è un primo trionfo nel tragitto di molta sofferenza e disperazione che verrà nella ricerca da un nuovo paese, dove tutti possiamo vivere in pace. L'oligarchia e l'impero hanno dimostrato che non ci daranno niente. Se vogliamo conquistare la nostra libertà dobbiamo farlo con la lotta.

In questo modo, le consegne rimangono. Oggi festeggiamo, ma resteremo allerta. La lotta, semmai, oggi è più intensa che mai. Oggi che dall'ombra emergeranno ancora molti traditori; oggi dobbiamo ricordare con più intensità che mai i nostri martiri a cui dobbiamo loro la conquista di un sogno: l'indipendenza dell'Honduras.

Ricordiamo: la lotta comincia qui. Non commettiamo l'errore di confondere questa situazione con le nostre aspirazioni.

Per gli assassini ne oblio ne perdono.


Cosa sono gli agro(bio)combustibili?

Il caso del Brasile

Le conseguenze delle monocoltivazioni per la produzione di etanolo.

“I movimenti contadini sostengono in primo luogo che non va impiegato il termine biocombustibile, perché mettere genericamente in relazione energia e vita (bio) è manipolare un concetto che non esiste. Il termine va rimpiazzato con agrocombustibile. Secondo, ammettiamo che l’agrocombustibile è più adeguato all’ambiente del petrolio. Ma ciò non modifica l’essenza della scelta a cui è chiamata l’umanità: il modello attuale di spreco di energia e di trasporto individuale, che deve essere sostituito da un modello basato sul trasporto collettivo (treno, metropolitana eccetera). Terzo, siamo contrari all’impiego di beni destinati all’alimentazione umana per produrre combustibili. Quarto, nonostante la produzione di agrocombustibili sia considerata necessaria, deve essere fatta in modo sostenibile.“ (Joao Pedro Stedile - MST)

Cosa sono gli agrocombustibili?

I biocombustibili sono combustibili vegetali, rinnovabili e puliti dal punto di vista ambientale, che sostituiscono i combustibili derivati dal petrolio, non influiscono sull’effetto-serra e possono essere ottenuti grazie all’energia solare per mezzo della fotosintesi delle piante.

Sono combustibili vegetali:
l’alcool etilico, ottenuto per fermentazione degli zuccheri o amidi
gli oli vegetali e la cellulosa, e i suoi numerosi derivati.

Poiché le piante da cui vengono estratti (canna da zucchero, palme, mais e grano, mamona,..) necessitano di molto sole, possono essere prodotti in grande scala nelle regioni tropicali che dispongano di acqua abbondante.

Il Brasile ha la maggior quantità di acqua dolce del mondo, una grande abbondanza di manodopera a basso costo ed è uno Stato strategico dal punto di vista biopolitico, nel panorama latino americano.

Le conseguenze delle monocoltivazioni per la produzione di etanolo

La monocoltivazione della canna sta sostituendo in molti stati la produzione di alimenti di base -il che minaccia la sovranità alimentare-, oltre al fatto che danneggia gravemente l’ambiente a causa dell’uso massiccio di pesticidi tossici, provoca malattie respiratorie e inquinamento atmosferico perché viene bruciata e sfrutta il lavoro dei tagliatori di canna, costretti a raccogliere ogni giorno 12-15 tonnellate a testa.

Altra conseguenza negativa della monocoltivazione delle piante che producono biocombustibili è che si innescherà un meccanismo di competizione per gli alimenti tra le macchine e le persone. Sta già succedendo. Dall’inizio dell’anno scorso, il prezzo del mais è duplicato, anche quello del grano è salito: secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per alimenti e agricoltura, la ragione di questo aumento è la domanda di etanolo: l’alcool usato come combustibile per motori è fatto anche di mais e grano.

Numerosi studi stanno dimostrando che i biocombustibili sono peggiori del petrolio per il pianeta: innanzitutto perché verranno distrutti migliaia di ettari di foreste in tutto il mondo per impiantare le monoculture, in secondo luogo perché le foreste bruciate per i disboscamento producono diossido di carbonio in quantità estremamente elevate, tant’è che sarebbe meno dannoso continuare ad usare il petrolio.

Il biodiesel dalle piante non conviene. Si usa più energia di quella poi generata

La trasformazione di piante quali il mais, la soia o il girasole in carburante richiede molta più energia di quella generata dall’etanolo o dal biodiesel risultante. Lo sostiene uno studio di ricercatori della Cornell University e dell’Università della California di Berkeley pubblicato sulla rivista "Natural Resources Research" (Vol. 14, No. 1, pp. 65-76).

"Non ci sono benefici energetici nell’uso di biomasse vegetali come combustibili liquidi", afferma l’ecologo David Pimentel. "Si tratta di strategie non sostenibili".

Pimentel e l’ingegnere ambientale Tad W. Patzek hanno analizzato in dettaglio il rapporto fra energia in ingresso e in uscita nella produzione di etanolo da mais, legno ed erba, e nella produzione di biodiesel dalla soia e dalle piante di girasole.

Nel caso della produzione di etanolo, gli autori hanno scoperto che l’utilizzo di mais richiede il 29 per cento di energia fossile più rispetto al carburante prodotto. Questi valori salgono al 45 per cento per l’erba e al 57 per cento per la biomassa di legno.

Nel caso del biodiesel, le piante di soia richiedono il 27 per cento di energia in più di quella fornita dal carburante, e i girasoli addirittura il 118 per cento in più.

Per stimare l’energia in ingresso, i ricercatori hanno considerato fattori quali l’energia usata per far crescere le piante (compresa la produzione di pesticidi e fertilizzanti, l’alimentazione delle macchine agricole e dei sistemi di irrigazione, e il trasporto) e per fermentare e distillare l’etanolo. Nell’analisi non sono stati inseriti costi aggiuntivi come quelli associati con tasse e sussidi statali e quelli relativi all’inquinamento e al degrado ambientale.

"In futuro avremo bisogno di un sostituto del petrolio, - spiega Pimentel - ma la produzione di etanolo o di biodiesel dalle biomasse vegetali non sembra essere la strada giusta".

Afghanistan - Abdullah Abdullah lascia il ballottaggio

Lo sfidante getta la spugna


"Un'elezione trasparente non è possibile": è quanto ha affermato lo sfidante del presidente afghano Hamid Karzai, Abdullah Abdullah, anunciando il suo ritiro delle elezioni presidenziali, dopo i pesanti brogli al primo turno del 20 agosto. A questo punto Karzai pare restare solo. In teoria è il presidente senza aspettare il ballottaggio in programma per domenica prossima.

I commentatori politici vedono una situazione non certo facile nel paese.

"E' stata una decisione difficile", ha detto ai giornalisti, dopo un incontro con i suoi sostenitori in una enorme tenda ad ovest di Kabul, dove otto anni fa nacque il primo governo afghano del dopo-talebani.

Ha aggiunto che questa sua scelta è anche per "protestare contro il cattivo comportamento del governo, e della Commissione elettorale indipendente", e di aver "tentato in ogni modo di persuadere Karzai" ad accettare le sue condizioni. "Ma - ha concluso - non siamo giunti ad alcuna conclusione".

Ricordiamo che le condizioni che aveva posto prevedevano la chiusura di seggi 'fantasma', la cacciata del responsabile della Commissione elettorale indipendente, ovvero un ex collaboratore di Karzai, e di tre ministri, tra cui quello degli interni, da lui considerati responsabili delle frodi.

Senza queste premesse, ha detto Abdullah, "il secondo turno sarebbe ancora peggiore del primo", in cui circa un milione di voti sono stati annullati e l'iniziale consenso del 56,6% attribuito a Karzai è stato poi ridotto al 49,7%, contro il 30,59% di Abdullah.

Dopo queste dichiarazioni l'ex ministro degli esteri di Karzai ha evitato di scaldare gli animi esortando i suoi sostenitori alla calma.

Ha affermato che per lui gli elettori sono "liberi di scegliere".

Dalle fonti ufficiali di Karzai viene la notizia che il ballottaggio si farà comunque.

Ma questo è ora il punto. Secondo quanto hanno sostenuto fonti dello staff elettorale di Karzai, il ballottaggio deve tenersi comunque. Il capo della Commissione elettorale Daud Ali Najafi ha dal canto suo affermato che "in base alle leggi elettorali e alla Costituzione, si deve tenere un secondo turno", mentre l'Onu ha fatto sapere di auspicare una soluzione "legale e senza rinvii".

RASSEGNA STAMPA INTERNAZIONALE

El Pais

Le Monde

New York Times

Al Jazeera


Honduras - Accordo sul percorso per il reintegro di Zelaya

La resistenza del popolo dell'Honduras
ha raggiunto un primo obiettivo


L'OSA, Organizzazione degli Stati Americani, ha annunciato la firma di un accordo tra i delegati del presidente Manuel Zelaya e quelli di Roberto Micheletti che sblocca lo stallo politico in cui si trovavano i negoziati.

L'intesa prevede che il Congresso Nazionale (il parlamento monocamerale del Paese) decida sul reinsediamento di Zelaya nell'incarico di capo dello stato - in attesa delle presidenziali di novembre - dopo aver ascoltato i pareri della Corte Suprema di Giustizia, della Procura Generale e del Supremo Tribunale Elettorale.

A dare l'annuncio è stato Victor Rico segretario dell'Osa.

Zelaya ha espresso soddisfazione.

Comunicato del Frente Nacional contro el golpe

El Frente Nacional de Resistencia contra el Golpe de Estado, ante la inminente firma del acuerdo negociado entre la comisión representante del presidente legítimo Manuel Zelaya Rosales y los representantes del régimen de facto, comunica a la población hondureña y la comunidad internacional:
1. Celebramos como una victoria popular sobre los intereses mezquinos de la oligarquía golpista, la próxima restitución del presidente Manuel Zelaya Rosales. Esta victoria se ha obtenido con más de 4 meses de lucha y sacrificio del pueblo, que a pesar de la salvaje represión desatada por los cuerpos represivos del estado en manos de la clase dominante, ha sabido resistir y crecer en conciencia y organización hasta convertirse en una fuerza social incontenible.

2. La firma por parte de la Dictadura del documento donde se establece “retrotraer la titularidad del Poder Ejecutivo a su estado previo al 28 de junio”, representa la aceptación explícita de que en Honduras hubo un golpe de estado que debe ser desmontado para volver al orden institucional y garantizar un marco democrático en el que el pueblo pueda hacer valer su derecho de transformar la sociedad.

3. Exigimos que a los acuerdos que se firmen en la mesa de negociación se les de trámite expedito en el Congreso Nacional. En ese sentido, alertamos a todos nuestros compañeros y compañeras a nivel nacional para que se sumen a las acciones de presión para que se cumpla inmediatamente lo consignado en el documento final que se elabore en la mesa de negociación.

4. Reiteramos que la Asamblea Nacional Constituyente es una aspiración irrenunciable del pueblo hondureño y un derecho innegociable por el cual seguiremos luchando en las calles, hasta lograr la refundación de la sociedad para convertirla en justa, igualitaria y verdaderamente democrática.

“A 125 DÍAS DE LUCHA AQUÍ NADIE SE RINDE”
Tegucigalpa, M.D.C. 30 de octubre de 2009

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!