sabato 7 novembre 2009

Documentario sui Gruppi di Pace



Sotto titoli in italiano a cura di UIKI - Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia

Il Governo costituzionale dichiara fallito l'accordo di Tegucigalpa

La farsa dell'accordo


Contestata la guida del governo di riconciliazione da parte del presidente golpista.

di Telesur

Il presidente costituzionale del Honduras, Manuel Zelaya, ha dichiarato fallito l'Accordo Tegucigalpa/San José col quale si pretendeva di mettere fine alla crisi politica nel paese centroamericano; il pronunciamento dopo la formulazione unilaterale di un'ipotesi Governo di Unità e Riconciliazione da parte del regime di facto honduregno.

Oltre a sconfessare l'accordo di Tegucigalpa/San José, il Governo costituzionale dell'Honduras richiama l'attenzione sull'attuazione di una gran frode elettorale che il regime golpista prevede di portare a termine il prossimo 29 di novembre.

In dichiarazioni alla radio locale, dall'ambasciata del Brasile in Tegucigalpa, Zelaya ha rifiutato che sia Micheletti quello che presieda il tentativo di Governo di coalizione, poiché nella sua condizione di golpista non è riconosciuto come governante dell'Honduras ed il suo regime di facto è oggetto a sanzioni economiche da parte della comunità internazionale.

"Non può presiedere un Governo di Unità e Riconciliazione un presidente di facto che nessuno ha riconosciuto nel mondo", ha detto Zelaya a radio Globo.

Il legittimo capo di Stato dell'Honduras ha fatto queste dichiarazioni dopo che il rappresentante del suo governo, Jorge Arturo Reina, ha annunciato il fallimento dell'accordo.


Reina, in dichiarazioni alla stampa durante il mattino di questo venerdì, dopo la scadenza del termine per la creazione della coalizione del governo di conciliazione, ha annunciato che il Governo costituzionale dava per fallito l'accordo.

Reina ha annunciato il rifiuto del Governo costituzionale honduregno sull'annuncio fatto alcuni minuti prima da Micheletti, che ha decretato la formazione del Governo di Unità e Riconciliazione, quando ancora il governante legittimo dell'Honduras, Manuel Zelaya, non è reintegrato al suo incarico, punto specifico contenuto nel accordo menzionato.

La conformazione unilaterale della coalizione conciliatrice è stata schedata da Reina come una mancanza di volontà del regime di facto di compiere l'accordo Tegucigalpa/San José, firmato da entrambi le parti (costituzionali e golpisti), la settimana scorsa.

"Con questo si manifesta la mancanza di volontà per compiere il testo e lo spirito dell'accordo, ignorando la proposta del piano Arias, le risoluzioni dell'Organizzazione di Stati Americani (OEA) e dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU)", ha detto Reina.

"Dichiariamo fallito l'Accordo per l'inadempimento del regime di facto dell'impegno che in questa data doveva essere organizzato ed installato il Governo di Unità e di riconciliazione nazionale, che per legge deve essere presieduto dal presidente eletto dal popolo dell'Honduras, José Manuel Zelaya Rosales", ha aggiunto il rappresentante di Zelaya.

Inoltre ha letto un documento di sette punti, tra cui la richiesta di impedire che il paese dell'Honduras sia truffato con la realizzazione di elezioni fraudolente, in riferimento al processo elettorale che i golpisti prevedono di realizzare il prossimo 29 di novembre.

Punti del documento:

  1. Non siamo disposti a perdere i diritti del popolo legittimando questo colpo di stato.

  2. Non accettiamo che si materializzi la società e che il presidente del Honduras sia elencato nella cupola delle Forze armate.

  3. La democrazia è un bene supremo della società e l'unica strada per affrontare i problemi della terza economia più povera dell'America latina, per cui non siamo disposti a permettere che ci venga rubata, con questo tipo di raggiri, la nostra democrazia.

  4. La violazione permanente ai diritti umani, la cancellazione delle libertà pubbliche e la confisca di mezzi di comunicazione, come pure la situazione del presidente eletto dal popolo, circondato dai suoi militari nella sede diplomatica del Brasile e la persecuzione politica, sono la prova più evidente della preparazione di una gran truffa politico-elettorale per il 29 di novembre.

  5. Annunciamo il nostro totale rifiuto a questo processo elettorale ed ai risultati dei vizi prima menzionati. Elezioni sotto dittatura sono una frode per il popolo.

  6. Invitare, in maniera immediata, i cancellieri della OEA che si pronuncino su quello che accade nel governo legittimamente eletto dal popolo honduregno e continuino la condanna e la sconfessione del regime di facto.

  7. Ringraziamo il popolo, l'appoggio offerto dalla comunità internazionale, alla OEA, il segretario Insulza, l'ex presidente del Cile, Ricardo Lagos Escobar, il ministro del Lavoro del Governo degli Stati Uniti, Sig.ra Hilda Solís.

Il governo costituzionale non coprirà truffe.

Inoltre, Reina assicurò che "il governo eletto dal popolo non si presterà ad occultare, con apparenze, l'illegalità profonda che racchiude il colpo di Stato e la criminale condotta che si sviluppa sul popolo del Honduras e che si prefigura come una gran frode elettorale."

È evidente che il Governo di Unità e Riconciliazione doveva essere guidato da Zelaya che è il mandatario che gli honduregni hanno scelto, che è stato distolto dal suo carico per mezzo di un colpo di Stato il passato 28 di giugno.

In questo senso, è certo che questo processo di riconciliazione è stato parte di una manovra del regime di facto, mentre è stato preso sul serio da parte del governo costituzionale di Zelaya.

"Tutto il processo di riconciliazione, mentre era preso con serietà profonda dal il governo del presidente costituzionale Manuel Zelaya, era una pantomima dei golpisti", ha detto Reina.

Ugualmente ha anticipato che "ora si farà un esame completo della situazione, per determinare una condotta che porti ad ostacolare che il popolo dell'Honduras sia defraudato con delle elezioni truffaldine, nelle quali abbiamo creduto di poter arrivare affinché fosse pulite.

venerdì 6 novembre 2009

La follia della guerra

Texas, doveva partire per l'Iraq, spara nella loro base di addestramento: strage tra i soldati: 12 morti e 30 feriti
guerra

Questa volta la tragedia non ha colpito una scuola o un centro commerciale come accade di solito nel paese con più armi in circolazione del mondo, ma una delle più importanti basi militari Usa quella di Fort Hood, in Texas. In questa base vengono addestrati i militari in partenza per le guerre afgana e irachena. Secondo le prime ricostruzioni, uno dei 65 mila militari di stanza alla base non ha retto alla tensione, ha imbracciato le loro armi, e ha cominciato a sparare prima di arrivare a destinazione nei Paesi a cui era destinato e nei quali sparare per uccidere sarebbestato normale.

18822.jpgL'autore della strage, che era stato dato per morto in un primo momento, è il maggiore dell'esercito Malik Nidal Hasan, medico specializzato in psichiatria di origine palestinese.
Un suo parente ha raccontato che il medico aveva lavorato per sei anni all'ospedale militare Walter Reed di Washington, centro specializzato nella riabilitazione dei soldati feriti e colpiti da ''stress post-traumatico'' e solo recentemente era stato destinato all'Iraq. Ma Malik, dice il cugino Nader Hasan, ''Era contrario alla idea di finire in guerra, era il suo incubo, stava facendo tutto il possibile per evitare questa svolta della sua vita, proprio perché aveva ascoltato ogni giorno al Walter Reed i racconti dei soldati rientrati dal fronte e rimasti traumatizzati da ciò che avevano visto''.
Malik, racconta chi lo conosce, aveva orgogliosamente indossato la divisa per quasi venti anni e si considerava ''un patriota'' americano. Aveva studiato con il sostegno finanziario delle forze armate, impegnandosi in cambio a restare per un certo numero di anni in divisa. Ma dall'11 settembre il suo nome arabo e la sua fede islamica gli avevano causato non pochi problemi con i commiiltoni, tanto che recentemente si era rivolto ad un avvocato per capire se avrebbe potuto dismettere la divisa e dare l'addio alle armi.

Maso Notarianni

Tratto da:

Argentina - Patagonia Presenz/attiva gennaio 2010

Carovana nell’Argentina dell’epoca dei Kirchner: dai conflitti urbani alla difesa dei beni comuni.


Quest’inverno saremo presenti in Argentina con l’obiettivo di capire cosa sta succedendo in questo paese dell’America Latina: vogliamo attraversare questo immenso territorio per conoscere direttamente le lotte che in questo periodo stanno interessando questa parte del mondo.
Dalle mobilitazioni metropolitane che riguardano la crisi economica e la precarietà urbana raggiungeremo le lotte locali in difesa dei beni comuni contro la devastazione ambientale.
L’Argentina è scenario di numerose mobilitazioni contro lo sviluppo di un modello basato sullo sfruttamento dei beni collettivi e della natura da parte delle transnazionali come ad esempio l’espansione incondizionata delle monocolture oppure la coltivazione della soia transgenica. Così come crescono le mobilitazioni contro le compagnie minerarie e petrolifere nelle Ande. Vorremmo attraversare queste diverse realtà fino a giungere in Patagonia dove il Popolo Mapuche sta continuando ed allargando la pratica del "recupero" dei territori usurpati dalle grandi transazionali.

PERCORSI

* Buenos Aires - Incontri con le realtà metropolitane per conoscere il dibattito politico e la situazione sociale nel pieno di una profonda crisi economica.

* La Famatina - Nord-Ovest argentino - A La Rioja, a 1.800 metri di altitudine, incontreremo il piquete più alto del mondo. Gli abitanti della regione hanno dato vita ad un Coordinamento di assemblee con cui si sono auto-organizzati per resistere e dire no al Progetto (sponsorizzato dal governo) di una miniera a cielo aperto. Dal marzo del 2007 a Peñas Negras, di fronte al Monte della Famatina, nella Cordigliera, i cittadini stanno bloccando la multinazionale Barrick Gold Corporation e il suo progetto estrattivo che porterebbe alla distruzione delle montagne ed all’inquinamento da cianuro delle acque.
“…Noi vogliamo preservare il Famatina con i suoi ghiacciai, con l’acqua e il paesaggio, la nostra aria e la nostra terra agricola. Noi non vogliamo diventare minatori, non accettiamo di essere minatori, e crediamo nel “consenso sociale” e nella autodeterminazione dei popoli, siamo convinti che i governanti devono, anche se a loro non piace, accettare la decisione dei popoli..”

* El Maitén - Chubut (Patagonia) - Per incontrare il Collettivo di comunicazione della Radio Comunitaria Mapuche “Petu Mogeleiñ” e per contribuire attivamente alla costruzione della Casa Comunitaria.
La proposta è quella di creare uno spazio comune che sia riferimento locale per le iniziative del Popolo Mapuche e che possa essere punto di riferimento autogestito per chi vuole viaggiare in Patagonia con occhi diversi. La realizzazione di questo spazio permetterà una maggiore capacità d’azione di Radio Petu Mogeleiñ, la voce libera di un territorio che non solo Benetton ma molti dei moderni invasori vorrebbero sfruttare fino alla devastazione.
Patagonia - Visita ad alcune comunità Mapuche, ai terreni recuperati, per conoscere direttamente la resistenza delle comunità agli attacchi e tentativi di sgombero da parte delle autorità locali e dei nuovi colonizzatori.

Per info treviso@yabasta.it

www.yabasta.it

Full Metal Afghanistan

L'offensiva taliban costringe le UN a spostare i propri dipendenti civili



Le Nazioni Unite comunicano in una nota che sposteranno 600 dei loro dipendenti internazionali attualmente basati in Afghanistan. Il personale ritornerà al lavoro quando i livelli di sicurezza nelle strutture utilizzate al momento saranno innalzati.

Il trasferimento, fanno sapere le agenzie di stampa, non causerà alterazioni nei servizi legati agli aiuti, che venivano svolti da personale afghano. La mossa segue il raid talebano della settimana scorsa al Centro Bekhtar, nella capitale Kabul, in cui sono morti cinque dipendenti delle Nazioni Unite e tre cittadini afghani.

L'attacco alla struttura, nel distretto di Shar-i-Naw, è accaduto mercoledì scorso, ed è il più sanguinoso per i dipendenti civili internazionali delle Nazioni Unite dalla caduta del regime talebano nel 2001.

Questo lunedi inoltre, sempre per motivazioni legate alla sicurezza, è stato interrotto un progetto al confine nord-ovest tra Pakistan e Afganistan. Le Nazioni Unite hanno attualmente uno staff internazionale di 1300 persone impegnate in Afghanistan. Il capo della missione afghana per le UN, ha dichiarato che "è abbastanza chiaro che l'aspetto della sicurezza per il nostro staff è diventato sempre più complesso nel corso dell'ultimo anno".

Sempre i dirigenti delle Nazioni Unite avvertono che la pessima reputazione del governo di Kabul in termini di corruzione, e la recente crisi legata alle frodi elettorali del Presidente Karzai, stanno dando ulteriore forza all'offensiva talebana nel paese. I comandanti dell'esercito americano hanno fatto richiesta al Presidente Obama di altri 40.000 soldati, mentre Gordon Brown ha già annunciato l'invio di ulteriori 500 soldati in Afghanistan.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!