In piazza per chiedere una risposta dopo l'assalto alla flottiglia pacifista in viaggio per Gaza
''Bibi, Bibi al tidag od niré otkha beHaag''. "Bibi [Netanyahu] non ti preoccupare, ci vediamo alla [Corte Internazionale di Giustizia di] Hague". E ancora: "Democratia lo bonim al gufot shel peilim": "La democrazia non si costrusce sulla pelle degli attivisti".
Sono questi i due slogan più scanditi nella centralissima piazza Parigi, nel quartiere di Rekhavia, a pochi passi dalla residenza del primo ministro israeliano a Gerusalemme. Nel resto della città la vita prosegue con i ritmi di sempre. Qui, al contrario, alle sette di pomeriggio di ieri si sono dati appuntamento circa cinquecento dimostranti. Manifestano a supporto degli attivisti uccisi la notte scorsa. In gran parte sono giovani israeliani: "Per fermare la flottiglia - spiega Ada Pesim, studentessa all'Università Ebraica - bastava un cavo di acciaio da lanciare tra le eliche. In realtà il vero problema è quello di pensare di poter imporre la democrazia con la forza. A ciò va aggiunta la sconsiderata volontà, tanto israeliana quanto egiziana, di tenere sotto assedio un milione e mezzo di persone, per lo più profughi, all'interno di una minuscola striscia di terra.