In piazza per chiedere una risposta dopo l'assalto alla flottiglia pacifista in viaggio per Gaza
''Bibi, Bibi al tidag od niré otkha beHaag''. "Bibi [Netanyahu] non ti preoccupare, ci vediamo alla [Corte Internazionale di Giustizia di] Hague". E ancora: "Democratia lo bonim al gufot shel peilim": "La democrazia non si costrusce sulla pelle degli attivisti".
Sono questi i due slogan più scanditi nella centralissima piazza Parigi, nel quartiere di Rekhavia, a pochi passi dalla residenza del primo ministro israeliano a Gerusalemme. Nel resto della città la vita prosegue con i ritmi di sempre. Qui, al contrario, alle sette di pomeriggio di ieri si sono dati appuntamento circa cinquecento dimostranti. Manifestano a supporto degli attivisti uccisi la notte scorsa. In gran parte sono giovani israeliani: "Per fermare la flottiglia - spiega Ada Pesim, studentessa all'Università Ebraica - bastava un cavo di acciaio da lanciare tra le eliche. In realtà il vero problema è quello di pensare di poter imporre la democrazia con la forza. A ciò va aggiunta la sconsiderata volontà, tanto israeliana quanto egiziana, di tenere sotto assedio un milione e mezzo di persone, per lo più profughi, all'interno di una minuscola striscia di terra.
Senza accesso al mare, senza sbocchi esterni e con un'unica falda acquifera contaminata al 90 percento. È questo - domanda - il Paese che sognavano i nostri nonni?". Accanto ad Ada spunta un ragazzo palestinese. Kefia al collo e occhiali scuri: "Manifestazioni come questa fanno più male che bene - chiarisce - danno al mondo l'immagine che la maggioranza degli israeliani siano contrari ai loro leader. Ciò crea la percezione che questa sia una fiorente democrazia e che quindi in fin dei conti tutto sia permesso".
In mezzo alla folla, tra cori assordanti e i clacson delle automobili, spuntano anche alcuni manifestanti con cartelloni riferiti a Gilad Shalit. A pochi metri da qui c'è infatti il tendone permanente dedicato al soldato israeliano, da quattro anni prigioniero nelle mani di Hamas: "Traditori e ipocriti - urla una di loro - Ecco cosa sono i nostri concittadini qui presenti. A bordo della flottiglia c'era, tra gli altri, il celebre arcivescovo terrorista Hilarion Capucci. E poi li chiamano 'attivisti'. Andassero tutti a vivere a Sderot".
Se l'elettorato israeliano contrario alle poliche del governo si è dato appuntamento nel cuore di Gerusalemme, quello palestinese si è radunato poche ore prima a Kalandia, check-point alle porte di Ramallah. Negli scontri avvenuti tra dimostranti e militari è stata ferita Emily Henochowicz, attivista/studentessa newyorkese di 21 anni. Colpita in pieno volto da un lacrimogeno sparato dai soldati israeliani, è stata in seguito ricoverata all'Hadassah Hospital di Gerusalemme, dove le hanno asportato l'occhio sinistro.
Poco prima che avvenisse l'incidente è intervenuto Mustafa Barghouti, medico, ex ministro dell'Informazione del governo di unità nazionale palestinese e fondatore del partito al-Mubadara. "Israele ha violato tanto la sovranità turca, quanto quella greca e irlandese - dichiara Barghouti tra un nuvolo di giornalisti - in quanto ha attaccato in acque internazionali navi battenti le bandiere di quei paesi".
Accanto a Barghouti, unico esponente politico ad essere intervenuto, sfilano decine di manifestanti avvolti in bandiere turche. Gridano slogan a favore degli attivisti uccisi. Urlano la parola "Intifada" e si danno appuntamento alla giornata di oggi. All'alba inizieranno tre giorni di lutto nazionale indetti dall'Autorità Palestinese.
scritto per PeaceReporter da
Lorenzo Kamel
Lorenzo Kamel