Un reportage racconta le testimonianze degli attivisti assaltati e arrestati senza accuse dall'esercito israeliano
di Vittorio Arrigoni
''Italia che si sveglia questa mattina sotto il governo Berlusconi e che si scopre a fiancheggiare i pirati e il terrorismo di stato israeliano, è un Paese ormai ridotto a sovranità limitata. Contro la risoluzione del Consiglio dei diritti umani dell'Onu che chiede lo svolgimento di una inchiesta sul massacro dello scorso lunedì contro la Freedom Flotilla, avvenuto in acque internazionali, hanno votato solo in tre: oltre l'Italia, gli Stati Uniti e l'Olanda.
Un'onta per una nazione che su quel Mediterraneo cremisi di sangue innocente ha il cortile di casa. Israele che rigetta violentemente la proposizione di una inchiesta internazionale indipendente sotto l'egida dell'ONU dovrebbe convincere anche i più scettici sulla colpevolezza dei Commandos accusati da centinaia di attivisti di aver compiuto una strage deliberatamente.
A fugare gli ultimi dubbi ci ha pensato ieri al Diane Rehm show, un popolare talk show di una radio statunitente, Michael Oren, ambasciatore israeliano negli Usa. Oren ha candidamente confessato che la nave turca Mavi Marmara era "troppo grande per essere fermata con mezzi non violenti".
Queste sono state le sue precise parole: "Too large to stop with nonviolent means". Facendo intendere a chiunque persino all'ultimo degli stolti che l'attacco alle navi della Freedom Flotilla e l'uccisione di nove civili, otto turchi e uno statunitense, erano premeditati. Al rilascio degli italiani sequestrati al largo del Mediterraneo il ministro degli Esteri Franco Frattini si è detto "particolarmente grato al governo israeliano per la collaborazione offerta".
Di che collaborazione si tratti è un mistero ai piu', forse intendeva ringraziare Tel Aviv per non aver sparato in testa ai nostri connazionali come è successo ad altri attivisti di nazionalità diverse. A Furkan Dogan, 19 anni, con doppio passaporto turco e statunitense, hanno sparato 5 volte, 4 volte in faccia.
Manuel Zani (che ha descritto l'assalto israeliano come una scena da "Apocalypse now"), Angela Lano, Giuseppe Fallisi, Ismail Abdel Rahim Qaraqe Awin e Marcello Faracci sono arrivati in Italia nel pomeriggio mentre Manolo Luppichini è in sbarcato ritardo. Rimpatriato sull'aereo di stato messo a disposizione alla parlamentare Stefania Craxi, Manolo è stato malmenato per aver preso le difese di un altro attivista, Osama Qashoo, mentre quest'ultimo veniva picchiato da delle guardie carcerarie
all'interno della prigione dell'aeroporto Ben Gurion. Mentre Manolo l'ho conosciuto qui a Gaza e l'ho condotto a documentare come i contadini palestinesi vengono cecchinati al confine ogni giorno mentre cercano di coltivare le loro terre, Osama era il mio coordinatore International Solidarity Movement quando stavo a Tulkarem, in Cisgiordania. Arrestato più volte per il suo attivismo, nelle carceri israeliane Osama ha passato tutta la trafila di torture possibili e immaginabili che sono prassi in Israele.
Secondo testimoni oculari, altri attivisti sono state ferocemente aggrediti sia durante lo sbarco ad Ahdod, sia dopo, nelle varie prigioni. Come i greci Vaggelis Pissias, professore universitario, e il documentarista Yannis Karipidis. Paul Larudee, musicista statunitense, è stato violentemente percosso per essersi rifiutato di fornire le generalità mentre Ken O' Keef, irlandese, secondo un testimone greco, era disteso nella sua cella coperto di sangue. Le guardie carcerarie gli hanno strappato tutti gli orecchini dal viso e lo hanno colpito più volte. Ken, che come tutti i sopracitati conosco benissimo in quanto attivisti navigati, e perché impegnati con me nel primo vittorioso viaggio del Free Gaza Movement il 23 agosto 2008, ha forse pagato lo scotto di una moglie araba e del suo secondo passaporto palestinese infilato in tasca. Oggi molti quotidiani italiani hanno scritto che l'ultima nave della Freedom Flotilla, la Rachel Corrie SS, attualmente in navigazione nel Mediterraneo, dovrebbe di sua spontanea volontà attraccare al porto israeliano di Ashdod. Niente di più falso. Sono in costante contatto con il capitano Dereck, e proprio ieri notte mi ha confermato la volontà di tirare dritto in direzione di Gaza per consegnare quegli aiuti necessari ad una popolazione ridotta allo stremo delle forze dopo 4 anni di assedio. Costi quel costi, equipaggio e passeggeri sono determinati ad andare avanti nella missione umanitaria a costo di morire per mano della marina militare israeliana, i nuovi pirati del Mediterraneo.
Restiamo Umani