venerdì 6 marzo 2009

Guerrero - Una semina di odio, un raccolto di rabbia

Speciale sull’uccisione di Raul Lucas e Manuel Pone Rosas

Nello stato del Guerrero l’uccisione di Raul Lucas e Manuel Pone Rosas alla fine di febbraio mette in luce la gravità della situazione. Operativi militari, sparizioni assassini che rendono la situazione sempre più drammatica.Vi proponiamo alcuni articoli e comunicati

Raúl Lucas: semina di odio, raccolto di rabbia
di Luis Hernández Navarro
La quinta volta è stata la fatale. Già in quattro occasioni Raul Lucas Lucia era sfuggito alla morte. Ma il passato 13 febbraio non ha potuto scappare. Quel giorno è stato arrestato ed è sparito con violenza. Tre giorni dopo è stato assassinato. I suoi resti sono apparsi otto giorni dopo. Il suo corpo aveva i segni della tortura e del colpo di grazia. La stessa sorte l’ha sofferta il suo compagno Manuel Pone Rosas.
Insubordinato da 10 anni, Raul viveva perseguitato dal potere. Nel 1999, poco dopo il massacro di El Charco, l’Esercito messicano l’aveva torturato e minacciato. Nel settembre 2001 è stato torturato dai militari nella suo comunità insieme ai sui fratelli e parenti. Il 18 ottobre 2006, dopo il passaggio dell’Altra Campagna, nella comunità mixteca di El Charco, aveva ricevo le minacce dei soldati. Il 15 febbraio 2007 è stato ferito da una pallottola nel collo durante un imboscata ch’egli era costata quasi la vita.
La quinta volta è stata la fatale. Lo scorso 13 febbraio Raul e Manuel stavano partecipando all’atto ufficiale per inaugurare la costruzione di un edificio scolastico nella città di Ayutla de los Libres, Guerrero, insieme ad altre 35 persone. Poco dopo l’una e mezzo sono arrivati tre personaggi con armi, gridando polizia. L’hanno colpito in testa, trascinandolo via dalla riunione e caricandolo in una camionetta Liberty nera che aspettava con il motore acceso e se lo sono portati via verso una destinazione sconosciuta.
Mezz’ora dopo, Guadalupe Castro Morales, moglie di Manuel, ha ricevuto una chiamata al suo cellulare dal telefono del marito. Quando ha risposto una voce maschile l’ha avvertita: “Non fare casino. Sta in silenzio o facciamo sparire tuo marito. Questo succede perché lui difende gli indigeni.” Non si è saputo più niente di loro fino al 21 febbraio quando sono stati ritrovati i suoi resti.
Raul Lucas Garcia e Manuel Ponce Rios erano indigeni, mixtecos, guerrernses e poveri. Raul era presidente della Organización Independente de Pueblos Mixtecos (OIPM) e Manuel ne era il segretario. L’organizzazione nata nel 2002 dalle comunità tra vallate e monti, ha la sua base nella “cabezera municipal “Ayutla de los Libres. Si dedica a difendere i diritti dei popoli indigeni della regione, a denunciare le violazioni dei diritti umani che soffrono e a gestire progetti produttivi e di benessere sociale.
La OIPM proviene dalla Organización Independiente de Pueblos Mixtecos y Tlapanecos (OIPMT), fondata nel 1984. Da quest’ultima è sorta anche l’ Organización del Pueblo Indígena Me’phaa, che attualmente ha cinque dei suoi membri reclusi nel carcere di Ayutla, che sono stati adottati come prigionieri di coscienza da Amnesty International. Tutte organizzazioni che lavorano con il Centro de Derechos Humanos della Montaña Tlachinollan.
Raul era della Comunità di Roca Colorada, nella regone mixteca di Ayutla de los Libres. Ha lottato per anni a favore delle comunità indigene. Quando è stato nominato Presidente del Comisariado di Coapinola ha difeso i boschi contro il taglio illegale di legname fatto da imprese che saccheggiavano la ricchezza della foresta senza permesso. Ha guidato con successo la lotta delle comunità mixtecas contro il Programa de Certificación de Derechos Ejidales-Comunales (Procede).
L’assassinio di Raul e Manuel è l’episodio più recente del racconto repressivo di El Charco. Sono le ultime vittime di una saga macabra che dura da 11 anni. La mattina del 7 giugno 1998, mentre dormivano nella scuola primaria Catarino Maldonado, 10 indigeni mixtecos e studenti della UNAM sono stati assassinati in maniera sommaria da un gruppo di soldati. I contadini appartenevano alla OIPMT. Il generale Juan Alfredo Oropeza Garnica, capo della 27 zona militare, era al comando dell’operativo. Ernesto Zedillo era allora presidente della Repubblica. Il governo cercò di presentare il massacro come uno scontro tra Esercito e guerriglieri.
La lista dei dirigenti indigeni regionali morti violentemente da allora è lunga. Tra gli altri ricordiamo Galdino Sierra Francisco, tlapaneco di Barranca de Guadalupe, membro della Comunidades Eclesiales di Base, assassinato nell’aprile 2000. Donaciano González Lorenzo, ucciso nel 2001. Andrés Marcelino Petrona, dirigente mixteco di El Charco e membro del Comité de Defensa de los Derechos Humanos, ucciso il 26 agosto dello stesso anno.
In una delle ultime denunce, Raul Lucas raccontò come militari e polizia siano entrati in almeno 20 delle 28 comunità mixtecas di Ayutla. Ha raccontato che nei villaggi di La Fátima e Vista Hermosa i soldati portano dolci ai bambini però poi domandano loro se hanno visto guerriglieri o narcos. Raccontava anche come in queste incursioni circa 100 militari hanno anche rubato alcuni raccolti e ad altri hanno cercato di metterli in connessione con organizzazioni come ERPI e EPR oppure, nel peggiore dei casi al narcotraffico.
Come Presidente della OFPM, Raul ha documentato nel 2008 quattro casi di violazione ai diritti umani attuati con furti, detenzioni illegali etc … effettuati da militari nei villaggi mixtecas e tlapanecas. Su questi casi furono presentati cinque interrogazioni di fronte alla CNDH e alcune denunce penali. Gli abusi cessarono.
Gli omicidi di Raul Lucas e Manuel Ponce Ríos sono un passo avanti nella guerra delle intimidazioni contro le comunità indigene della zona Montaña e la Costa Chica. Due uomini degni e valenti, difensori dei diritti umani sono stati selvaggiamente eliminati. Nella regione i militari hanno seminato odio, violenza, morte, abusi, furto di raccolti. Hanno dato benzina al fuoco. Che nessuno si stupisca quando ci sarà il raccolto dell’odio.

Articolo di Magdalena Gomez
Comunicato sulla morte di Raul e Manuel del Autoridades del Municipio Autónomo de San Juan Copala
Comunicato Centro de Derechos Humanos Tlachinollan
Articolo sul sequestro dei dirigenti indigeni

giovedì 5 marzo 2009

Le leggi delle Donne - Carovana "Donne in movimento"

"Porque si no lo hacemos, las que ya estamos en este mundo, que es un mundo donde todavía las mujeres no tenemos rostro, nombre ni voz para los capitalistas y neoliberales. Por eso, es la hora de ejercer y hacer valer nuestros derechos. Pero, para poder hacer todo esto, sólo se necesita tener voluntad, decisión, fuerza y rebeldía. Y no necesitamos pedirle permiso a nadie."
Le donne zapatiste.. "ci sono cose che si chiedono e cose che si impongono . Noi chiediamo le condizioni materiali minime . Noi non chiediamo che ci diano libertà e rispetto. La nostra libertà e dignità è qualcosa che imporremo, le riconoscono o no i compagni o il governo.."
Dallo sperduto angolo del sud-est messicano, il Chiapas... le zapatiste chiamano le donne per l’8 marzo a Oventik.
Per impedire che ancora una volta le loro voci vengano soffocate, che ancora una volta non vengano ascoltate è necessario assumersi responsabilmente la propria parte dell'impegno, accogliere la richiesta di far conoscere questa lotta, perché molte donne prendano esempio e facciano qualcosa nei loro paesi. Loro, le donne combattenti zapatiste, continueranno "a combattere in questo modo fino a che non saremo ascoltate e prese in considerazione"

Le leggi delle donne zapatiste

Dietro ai volti zapatisti coperti da passamontagna che il primo gennaio del 1994 dichiararono guerra al governo messicano, non c’erano solamente tratti maschili. Con sorpresa di molti, dietro ai passamontagna c’erano le donne indigene, che oltre alla lotta armata ne combatterono un’altra, quella per il riconoscimento dei loro diritti. Poco dopo la dichiarazione di guerra da parte dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, le notizie sulla sollevazione indigena confermarono il gran numero di donne che militavano e partecipavano al movimento. Le donne avevano propri motivi per impugnare sia le armi di guerra che le armi della parola. Cercavano un modo di combattere le diverse forme di violenza nei confronti delle donne, forme di violenza che aumentano quando si parla di donne indigene. Il da farsi non era facile e le donne zapatiste iniziarono a stabilire la forma e la base di un documento che potesse rispecchiare le loro richieste e le loro necessità. Fu incaricata una donna indigena tzotzil, Susana, a viaggiare per le varie comunità e a parlare con le donne. Dopo quasi un anno di discussioni e consensi, nel marzo del 1993, il Comité Clandestino Revolucionario Indígena (CCRI) approvò la Legge Rivoluzionaria delle Donne (Ley Revolucionaria de Mujeres). In una lettera indirizzata al giornalista Alvaro Cepeda Neri, del quotidiano La Jornada, il 26 gennaio del 1994, il Subcomandante Marcos scrive che il CCRI discuteva delle Leggi Rivoluzionarie, e all’interno di queste c’era la Legge delle donne: “ A Susana toccò il compito di leggere le proposte che erano nate dalle idee di migliaia di donne indigene. Iniziò a leggere e più andava avanti con la lettura più l’assemblea diventava inquieta”. Aggiunge inoltre: “Susana non si arrese e continuò a inveire contro tutto e tutti: non vogliamo che ci obblighino a sposarci con chi non vogliamo. Vogliamo avere i bambini che noi vogliamo e che possiamo accudire (…). Le leggi delle donne che Susana finiva di leggere erano per le Comunità una vera rivoluzione”. Occorre aggiungere che le Leggi Rivoluzionarie sono le leggi che regolamentano la vita degli zapatisti nelle comunità liberate. Così la Legge Rivoluzionaria delle Donne fu pubblicata ne "El Despertador Mexicano", organo di informazione dell’ EZLN, il primo dicembre del 1993, insieme con la Prima Dichiarazione dalla Selva Lacandona. Questi documenti uscirono anche, sullo stesso organo di informazione, il 1° gennaio del 1994, come parte del contesto più ampio delle leggi zapatiste. Il testo che introduce gli articoli della legge dichiara che "nella giusta lotta per la liberazione del nostro popolo l’Esercito Zapatista include le donne nella lotta rivoluzionaria a prescindere dalla razza, dalla religione, dal colore della pelle o dalla appartenenza politica, con l’unico requisito che anche le donne facciano proprie le richieste del popolo sfruttato e mettano in pratica e facciano mettere in pratica le leggi e le regole della rivoluzione.” Continuando poi così: “ inoltre considerando la condizione delle donne lavoratrici in Messico, si includono le loro giuste richieste di uguaglianza e giustizia nella seguente Legge rivoluzionaria delle Donne”

La legge contiene dieci articoli:

1) Le donne, non importa la loro razza, la loro religione, la loro appartenenza politica, hanno diritto a partecipare alla lotta rivoluzionaria nel luogo e nel ruolo determinato dalla propria volontà e capacità.

2) Le donne hanno diritto ad un lavoro e ad un salario equo.

3) Le donne hanno il diritto di decidere il numero di figli che possono avere e possono accudire.

4) Le donne hanno diritto a partecipare agli affari delle comunità e a ricoprire cariche se vengono elette liberamente e democraticamente.

5) Le donne e i loro figli hanno diritto alla prima assistenza per quel che riguarda la loro salute e alimentazione.

6) Le donne hanno diritto all’educazione.

7) Le donne hanno diritto a scegliere il proprio compagno e a non essere obbligate, con forza, a sposarsi.

8) Nessuna donna potrà essere colpita o maltrattata fisicamente né da famigliari né da estranei. I crimini di tentato stupro o stupro saranno seriamente puniti.

9) Le donne potranno ricoprire incarichi di direzione nell’organizzazione e avere ruoli militari nelle forze armate rivoluzionarie.

10) Le donne avranno tutti i diritti e tutti i doveri indicate dalle leggi e dalle regole rivoluzionarie.

Dopo la sua pubblicazione, la legge e' diventata un punto di riferimento per il movimento femminile messicano e un passo importante nel riconoscimento dei diritti delle donne indigene. Oggi si sa che le donne rappresentano quasi il 45 per cento delle basi dell’Esercito Zapatista, ribellione indigena che ha le sue origini nelle Forze di Liberazione Nazionale, che quindici anni fa si è fatto conoscere con la presa di sette municipi nello stato del Chiapas. Comunque, lo stesso subcomandante Marcos disse “ il primo levantamiento (ribellione) del EZLN fu nel marzo del 1993 e lo diressero le donne zapatiste. Non ci furono perdite e vincemmo. Cose che succedono in queste terre”…

Atenco - Messaggio di America Del Valle dopo la decisione della SCJN


A cura del Frente de Pueblos en Defensa de la Tierra
E’ un audio della compagna America inviato dal suo rifugio, trasformato in una trincea, come risposta alla decisione della Corte Suprema di Giustizia che ha protetto il Governatore Peña Nieto e Medina Mora, e che si limita solo ad accettare quello che tutto il mondo già sa e cioè che ad Atenco si sono commesse gravi violazioni dei diritti umani.
La sentenza della Corte infatti ha voluto assolvere da ogni responsabilità i politici che hanno deciso, e coperto con l’impunità, le violenze delle forze dell’ordine.
"Quello che esigiamo non sono tardive dichiarazioni ma giustizia e libertà. Castigo per i repressori come Peña Nieto, Wilfrido Robledo, Medina Mora, Vicente Fox, e la libertà immediata per i nostri prigionieri e i perseguitati politici".

Grazie per il vostro appoggio nel far circolare questo messaggio
Frente de Pueblos en Defensa de la Tierra
Vai all’audio

Breve film d'animazione su Gaza


Atenco - Campagna nazionale ed internazionale


Si apre una vasta mobilitazione per libertà.
Campagna internazionale per la libertà dei prigionieri di Atenco
E’ stata lanciata una campagna nazionale ed internazionale per sostenere la richiesta di libertà per i detenuti di Salvador Atenco.

A quasi tre anni dai terribili fatti repressivi nella zona di Salvador Atenco la Campagna vuole mobilitarsi per ottenere:

La libertà dei 13 prigonieri ancora in carcere.

La revoca delle sentenze.

La cancellazione degli ordini d’arresto.

Il rispetto dei diitti umani dei detenuti e perseguiti.

Il castigo di responsabili materiali e intellettuali della repressione e della violazione dei diritti umani.

La condanna e la fine della criminalizzazione dei movimenti sociali in Messico.

Vai alla pagina della Campagna

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!