venerdì 20 dicembre 2013

Ucraina - Accordo economico con la Russia per bloccare la Nato

La Nato si muove come un ombra dietro l'espansione economica europea.

Alla fine, dopo un mese di tensioni internazionali e scontri di piazza, Putin ha fatto a Kiev quell’offerta all’Ucraina di Ianukovich che non si può rifiutare, lo ha fatto per salvare il suo piano di consolidamento della Grande Russia, per bloccare l’espansione della Nato ad est.

Già, la Nato, poco nominata dalle cronache giornalistiche, si muove all’ombra dell’espansionismo economico europeo verso est. Una grande base è in avanzato grado di realizzazione nella regione ad est di Varsavia, in Polonia, se fosse stato raggiunto un accordo di cooperazione economica con l’Ucraina si sarebbe spalancata una porta per l’Alleanza atlantica quasi alle porte di Mosca.

Un matrimonio che non si ha da fare, dunque, quello tra l’Europa e l’Ucraina.

Tunisia - 3° anniversario della primavera

Manifestazioni celebrative della rivoluzione del gelsomino mentre la crisi economica e politica morde i cittadini.

La Tunisia celebra il terzo anniversario della sua Primavera Araba, quella che aprì la strada alle proteste in tutto il Medio Oriente e il Nord Africa, scendendo di nuovo in piazza. Ieri, 17 dicembre, giorno in cui il 26enne Mohammed Bouazizi si immolò come forma di protesta per la povertà e la disoccupazione che attanagliavano la Tunisia di Ben Ali, in migliaia si sono ritrovati nella stessa piazza per esprimere tutta la delusione per tre anni trascorsi invano. 

Poco o nulla è cambiato nella Tunisia post-rivoluzione: il partito islamista al governo, Ennahda, è accusato di incapacità di gestire la crisi economica che colpisce le aree più povere e marginalizzate del Paese e di mantenere alta la tensione, avallando politicamente - in maniera più o meno diretta - le violenze che hanno portato all'uccisione di due importanti leader delle opposizioni di sinistra, Chockri Belaid e Mohamed Brahmi. 

mercoledì 18 dicembre 2013

Russia - Dovrebbero essere liberate con l'amnistia le Pussy Riot e gli attivisti di Greenpeace

Dovrebbero essere liberate prima di Capodanno Nadia e Maria, le due attiviste delle Pussy Riot detenute per la performance anti-Putin nella cattedrale di Mosca. Anche per gli attivisti di Greenpeace dovrebbe scattare l'amnistia. Il condizionale è d'obbligo conoscendo le continue violazioni dei diritti umani fatte dal governo russo.
A dare la notizia della possibile liberazione delle Pussy Riot è stato uno degli avvocati delle attiviste. Non si sanno ancora i tempi della liberazione c'è chi dice entro la fine dell'anno, altri parlano di marzo.
Il provvedimento di amnistia, voluto per i 20 anni della Costituzione, nel suo testo finale amplia la sua attuazione ai condannati per reati con pene di meno di 5 anni, agli imputati di reati minori in attesa di giudizio, compreso quello di teppismo e alle madri di figli minori, oltre ad anziani e disabili.
Con questa formula dovrebbero rientrarci anche le giovani attiviste, detenute da due anni.
Ad usufruire dell'amnistia anche gli attivisti di Greepeace visto che il provvedimento riguarda anche chi è in attesa di processo mentre prima pareva che ci fosse bisogno della sentenza definitiva.
Per il momento la Russian Federal Prison Service non ha voluto rilasciare commenti in merito ad una possibile data della scarcerazione delle due giovani, di cui una è detenuta in Siberia.
La scelta di "allargare" l'amnistia, di certo presa a malincuore dal governo Putin, può essere spiegata con la necessità di "ripulire" un pò la propria immagine con l'avvicinarsi dell'Olimpiadi invernali di Sochi.
In tanti, giustamente, hanno invitato a boicottare l'evento sportivo proprio per la costante violazione dei diritti umani praticata dal governo e per le leggi antigay e l'atteggiamento omofobo portato avanti dal governo.
Le scelte di Putin sono così impresentabili che perfino Obama nella delegazione ufficiale americana che si recherà in Russia ha voluto due atlete dichiaratamente lesbiche.
La liberazione delle Pussy Riot e degli attivisti di Greenpeace è frutto delle pressioni e delle mobilitazioni, per questo non bisogna mollare e continuare anche in occasione dei riflettori puntati sulla Russia con Sochi a denunciare, boicottare un governo che fà della repressione e della discriminazione la sua stessa natura.

martedì 17 dicembre 2013

Via Campesina contro le multinazionali

Il mercato è ostaggio delle multinazionali e del capitale finanziario

Avendo a disposizione solo un quarto dei terreni coltivabili del mondo, gli agricoltori nutrono il 70 per cento della popolazione mondiale, secondo la Fao, oltre il 40 per cento della filiera agro-alimentare industriale si perde per decomposizione. Il 90 per cento del mercato mondiale dei cereali è nelle mani di quattro aziende: ABC, Bunge, Cargill e Dreyfus. Monsanto controlla il 27 per cento del mercato delle sementi a livello mondiale, e insieme a altre 9 società oltre il 90 per cento del mercato dei pesticidi. Questa concentrazione permette le loro pressioni speculative affinchè i prezzi delle materie prime aumentino in modo sistematico.
Inoltre la stretta alleanza con il sistema bancario internazionale consente loro di avere un’enorme massa di capitale di origine speculativa che viene utilizzato per accaparrarsi terre, fare lobby e pressione sui governi mondiali, corruzione, ecc ..

Di che libero mercato parlano? Il “mercato” è ostaggio delle multinazionali e del capitale finanziario. Se a questo monopolio aggiungiamo i problemi della perdita di biodiversità e della crisi ambientale causata dalle grandi monocolture estensive, i gravi problemi di salute e di inquinamento per i miliardi di tonnellate di pesticidi che spruzzano indiscriminatamente, il lavoro schiavo, l’uso indiscriminato dei combustibili fossili, la distruzione dei mercati locali, tra gli altri, appare chiaro che non è possibile armonizzare l’agricoltura contadina con quella dell’agrobusiness, e non sarà possibile eliminare la fame con questo modello nato con la rivoluzione verde.

lunedì 16 dicembre 2013

Brasile - Desalojo dell'Aldeia Maracanã

Il governatore Cabral manda i Choque a sgomberare lo storico luogo degli indigeni accanto allo stadio di Rio de Janeiro. I preparativi per i Mondiali 2014 si fanno sempre più imponenti. 

I preparativi per i Mondiali di Calcio 2014 sono già iniziati da molto tempo in Brasile, soprattutto a Rio de Janeiro. All'insegna della gentrificazione e speculazione urbana, la governance carioca ha deciso nelle giornate di ieri e oggi [15-16 dicembre] di portare a termine uno dei compiti che durante lo scorso anno, grazie alle resistenze e ai movimenti sociali deflagrati in tutto il Paese, non era riuscita a realizzare: sgomberare l'Aldeia Maracanã, storico luogo ospitante il museo e l'università indigena situato proprio al lato dell'ormai celeberrimo stadio. Il grande evento, prima della Confederation Cup e adesso dei Mondiali ha imposto un ampliamento dello stadio di Maracanã la cui estensione interessa appunto anche lo spazio dell'Aldeia. 
Con la complicità e la connivenza reciproche la Camara Municipal, il Governo di Cabral e le varie organizzazioni sportive vogliono cancellare tutta la storia ricca di eventi di liberazione dalle forme di schiavitù e subalternità, a cui gli indigeni erano costretti per secoli, rappresentati da quel luogo simbolico. 
La comunità indigena è sempre stata protagonista delle mobilitazioni per l'autodeterminazione e la giustizia sociale, lottando con forza contro i tentativi di esproprio delle loro terra, tramite cui avevano piena sovranità alimentare e indipendenza dal lavoro sfruttato del latifondo, e riuscendo spesso a connettersi ad altri percorsi di rivendicazione.
Proprio per tutti questi motivi, una prima mobilitazione degli indigeni coalizzati con i vari movimenti di lotta per la casa era riuscita a rioccupare l'Aldeia dopo il primo violentissimo sgombero, creando al suo interno una sorta di acampada permanente con anche funzione abitativa, visto che alcuni indigeni vi hanno sempre continuato a vivere durante gli ultimi anni.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!