domenica 12 agosto 2018

Argentina - “Vi racconto l’inferno delle donne argentine, costrette a morire a causa degli aborti clandestini”

Riportiamo una intervista a Irupé Tentorio, giornalista e attivista pro-aborto, a due giorni dal voto del Senato argentino, che ha detto no alla proposta di legge per legalizzare l’interruzione di gravidanza nel paese.

“Ana era malata di cancro, ha chiesto di abortire per continuare la chemioterapia ma le è stato negato. Sua figlia è morta dopo 24 ore, lei un mese dopo”. Due giorni fa il Senato argentino ha bocciato la proposta di legge per legalizzare l’aborto. 

TPI ha intervistato Irupé Tentorio, giornalista e attivista, che ci ha spiegato perché le donne argentine prima o poi riusciranno a vincere questa battaglia.

C’è chi si stringe in un abbraccio, chi piange. Altre urlano, qualcuna tira sul volto un fazzoletto, che non è più quello bianco delle madri di Plaza de Majo ma è verde, il colore diventato il simbolo del movimento che in Argentina è sceso in strada per ottenere la legalizzazione dell’aborto.

L’onda verde, come l’hanno chiamata, negli ultimi cinque anni ha scosso il paese e ha portato al centro del dibattito pubblico il corpo, le donne e la loro libertà di scelta. “Sul mio corpo decido io”, “Aborto libero, legale e gratuito”, si legge sui cartelli, sugli striscioni, sui panuelos.

In strada ci sono tre milioni di persone, che hanno aspettato i risultati del voto per sedici ore, sotto la pioggia e con una temperatura di quattro gradi. Hanno visto proiettati sui maxischermi i volti dei senatori e hanno ascoltato le loro dichiarazioni, mentre si esprimevano sul disegno di legge per legalizzare l’interruzione volontaria di gravidanza.

Quando arriva la notizia che la legge per la depenalizzazione dell’aborto non ha ottenuto il sì del Senato, a Buenos Aires Plaza del Congreso è divisa a metà. Da un lato sono sventolati foulard blu, quelli dei movimenti pro-life, che lanciano fuochi d’artificio, applaudono. E urlano: “Viva la vita”.


L’altra metà è un’onda verde che si muove, si stringe e scandisce: “La battaglia non è finita”.
“Sapevamo che la legge avrebbe incontrato difficoltà in Senato, che è tradizionalmente più conservatore della Camera”, spiega Irupé Tentorio.

Insieme alle altre donne, Irupé ha seguito la votazione per tutta la notte. È una giornalista, scrive per Página/12, l’unico giornale con un supplemento dedicato alle tematiche di genere e alla diversità sessuale in Sud America.

Non è la prima volta che scende in strada: negli ultimi anni e negli ultimi cinque mesi di mobilitazione serrata – quando, dopo il sì della Camera Bassa, i movimenti delle donne hanno accelerato la corsa – le strade le ha vissute anche da attivista. Le ha viste con Karl Mancini, fotogiornalista italiano: insieme hanno raccontato le donne, le loro storie e battaglie nel progetto Ni Una Menos, un lavoro a lungo termine sulla violenza di genere, il femminicidio e la lotta dei movimenti femministi per i diritti in Argentina, ma anche nel resto del Sud America.


“La decisione dei senatori è stato un golpe contro le donne e la loro libertà, che evidentemente fa ancora paura”, continua Tentorio. “Ma il movimento non si ferma e noi continuiamo con la nostra militanza, territoriale e creativa”.

La proposta di legge è stata il punto di arrivo di un lungo percorso di discussione, attivismo e lavoro sul territorio. Da 33 anni le donne argentine si riuniscono ogni mese di ottobre ed è stato in uno di quegli incontri nazionali, tra il 2003 e il 2004, che è stata lanciata la “campagna dei fazzoletti verdi”, pensata e sostenuta da un gruppo di femministe e di attiviste.

sabato 28 luglio 2018

Cile - Manifestazione massiva per l’aborto legale, sicuro e gratuito

Cile: manifestazione massiva per l’aborto legale, sicuro e gratuito

L’Alameda, il corso principale di Santiago del Cile, mercoledì 25 luglio si è riempita di fazzoletti verdi, facendo l’occhiolino alle femministe argentine che hanno ottenuto sostanziali avanzamenti verso una legislazione che consenta l’aborto legale, sicuro e gratuito. “Tre causali non bastano”, era uno degli slogan (il riferimento è alle sole tre condizioni –pericolo di vita della donna, malformazione del feto e violenza sessuale– nelle quali la legge dell’agosto 2017 autorizza le donne cilene ad abortire, NdT). Anche nelle altre città del Paese si sono svolte manifestazioni.

La brutalità si è scatenata verso le 21, poco prima del termine della manifestazione, e tre donne sono state accoltellate. Il trasferimento al pronto soccorso centrale è stato immediato e, fortunatamente, le loro vite non sono in pericolo.

“Un’orda di incappucciati ha cominciato ad alzare barricate nel corteo, a un isolato dal palco. Ad un tratto, un gruppo ha cominciato a disturbare delle manifestanti. Alcune ragazze, essendosi rese conto dei disturbi, sono uscite dal corteo per proteggerle e sono state accoltellate. Questo è terrorismo, non voglio chiamarlo in nessun altro modo. Quando un gruppo vuole intimidire un altro gruppo per impedirgli di esprimere le sue idee liberamente, senza aver ricevuto alcun tipo di provocazione, si tratta di terrorismo. Hanno provato a spezzare il corteo per impedirci di passare”, ha dichiarato Macarena Castañeda, portavoce della tavola Acción por el Aborto.

Nonostante ciò il movimento è già inarrestabile, travolgente, potentissimo: una sorta di marea, che si è rinnovata a livello generazionale e reclama un diritto rivendicato da decenni.

lunedì 23 luglio 2018

Nicaragua - La sinistra e i silenzi che uccidono

di Raul Zibechi

Senza etica, la sinistra non è nulla. Né il programma, né i discorsi e ancor meno le intenzioni hanno un qualsivoglia valore se non si fondano sulla verità, sul rispetto incondizionato delle decisioni esplicite o implicite dei settori popolari che pretende di rappresentare.

In questi tempi, in cui tutti i dirigenti della sinistra si riempiono la bocca di valori, è significativo che non si vada al di là del discorso. E’ solo quando s’ha qualcosa da perdere che l’etica viene messa alla prova. Il resto è retorica. Parlare di etica, di valori, quando non ci sono rischi, né materiali, né simbolici, risulta essere un esercizio vuoto.

Ci ricordiamo tutti che, in Bolivia, il Che mise a repentaglio la propria vita tornando sul luogo di uno scontro armato per salvare un compagno ferito: assurda da un punto di vista militare, quell'azione fu eticamente encomiabile.

Stiamo di fronte oggi alla seconda opportunità per la sinistra latinoamericana di riscattarsi da tutti i suoi “errori” (mettiamo il vocabolo tra virgolette perché se ne abusa per coprire colpe più serie) condannando il massacro che Daniel Ortega e Rosaria Murillo stanno perpetrando contro il loro stesso popolo. Seconda opportunità perché la prima si presentò una ventina d’anni fa quando Zoilamerica Narvaez, la figliastra di Ortega, denunciò gli abusi sessuali subiti dal patrigno.

Foreste occupate - Vivere e resistere sugli alberi


Dal Nord America all'Europa: lotte di resistenza contro la deforestazione e per la difesa della Terra

di Liza Candidi

“Vivo sugli alberi da cinque mesi. È l’unico modo che ho per proteggere la vita che la foresta ci ha dato. L’unico modo per chiamarmi fuori da questo abominevole sfruttamento”
Gipsy Eyes, 23 anni, attivista californiana

Centinaia di corpi nudi avvinghiati ad alberi tanto alti che non se ne vede la cima. Così alcuni attivisti difendono le sequoie giganti dall’arrivo di bulldozer pronti ad abbatterle. È solo una delle recenti proteste dei forest defenders della California settentrionale, che da trent’anni tutelano uno fra i patrimoni naturalistici più spettacolari del Nordamerica: alberi colossali di duemila anni che sfiorano i cento metri d’altezza, annoverati fra gli esseri viventi più antichi del pianeta.

Questa foresta, che prima dell’era industriale si estendeva fino a 9000 kmq, è ora ridotta ad appena il 5%, di cui oltre tre quarti in mano privata.

A salvaguardia di ciò che rimane vi sono associazioni e movimenti ecologisti, come la radicale Earth First!, ma anche comitati locali e semplici cittadini, che organizzano proteste, sabotaggi di macchinari e tree-sits: occupazioni di alberi a decine di metri di altezza che costringono i boscaioli a rinunciare all’abbattimento. In questo modo gli occupanti presidiano le foreste primordiali destinate al legname, vivendo giorno e notte su tronchi oscillanti o piattaforme aeree, sprezzanti del vento freddo che soffia dall’oceano.




















È dagli anni Ottanta che questa regione della California è teatro di scontri permanenti fra ambientalisti e boscaioli redneck. In passato non sono mancate nemmeno sanguinose repressioni da parte delle forze dell’ordine, che hanno coinvolto anche l’FBI e impianti accusatori poi rivelatisi infondati.

Disobbedienza civile e occupazioni pacifiche – come quella famosa di Julia Butterfly Hill, l’attivista ventitreenne che per due anni di fila visse su una sequoia millenaria – hanno portato alla salvaguardia di alcune aree boschive, facendo approvare leggi statali a tutela degli heritage trees più antichi. Ma non è abbastanza. Nonostante la siccità stia desertificando ampie zone della costa occidentale statunitense, grosse multinazionali protette dall'ambigua etichetta di ‘forestazione sostenibile’ progettano disboscamenti e costruzioni di strade in foreste vergini.

Ricorrono a pesticidi e a scellerate tecniche di avvelenamento degli alberi, come l’economica Hack and squirt, erbicidi iniettati nel tronco per distruggerne lentamente la linfa, che finiscono per contaminare l’ecosistema ad ampio raggio.

L’ultimo fronte di lotta ambientale in California si trova nella Mattole Watershed Forest, un’antica foresta di conifere, che la Humboldt Redwood Company (HRC) ha intenzione di soppiantare con specie a rapida crescita, molto più lucrative per l’industria del legname.
Un gruppo di attivisti dell’Humboldt County è finora riuscito a evitare il disboscamento occupando il punto d’accesso alla foresta, una zona remota che si raggiunge solo in sette ore di cammino dal paese più vicino.

Qui, fra imponenti abeti di Douglas, hanno costruito una barricata con ingegnosi tripodi in legno che sostengono, tramite funi, una piattaforma aerea in cui vivono gli occupanti. Se i dipendenti della HRC dovessero rimuovere il blocco, si macchierebbero immancabilmente di omicidio colposo.
Da ormai un anno, a ogni temperatura, gli attivisti si danno il cambio su quella che chiamano “il guscio del cielo”, sospeso a venti metri da terra, leggendo e suonando, sostentandosi con le generose provviste fornite dai simpatizzanti. Resistono alle incursioni delle guardie ed eludono il controllo di elicotteri e droni inviati per sorvegliare l’area.
Mentre gli attivisti nella foresta tengono lontani i bulldozer, comitati in città organizzano corsi per insegnare ad arrampicarsi sugli alberi con corde e moschettoni, raccolgono fondi per la difesa di militanti arrestati per aver valicato proprietà privata (vale a dire la foresta vergine, che pur dovrebbe essere bene pubblico), fanno campagne per sensibilizzare anche i lavoratori stagionali, spesso messicani impiegati nell’industria del legno per pochi dollari all’ora.

sabato 21 luglio 2018

Messico - L’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale smentisce ogni contatto con AMLO. Comunicato del CCRI-CG dell’EZLN



ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE.


MESSICO.

AL POPOLO DEL MESSICO:

AI POPOLI E AI GOVERNI DEL MONDO:

AI MEDIA LIBERI, ALTERNATIVI, AUTONOMI O COME SI CHIAMINO:

ALLA SEXTA NAZIONALE E INTERNAZIONALE:

AL CONGRESSO NAZIONALE INDIGENO E AL CONSIGLIO INDIGENO DI GOVERNO:

ALLA STAMPA NAZIONALE E INTERNAZIONALE:


17 LUGLIO 2018.
DA IERI COME PURE OGGI, SUI MEDIA GIRA L’OPINIONE, SOSTENUTA DALLE DICHIARAZIONI DEL SIGNOR ALEJANDRO SOLALINDE (CHE SI PRESENTA COME PRESBITERO, SACERDOTE, PRETE O DICIAMO, CRISTIANO, CATTOLICO, APOSTOLICO E ROMANO), DI UN CERTO AVVICINAMENTO TRA L’EZLN E IL SIGNOR ANDRÉS MANUEL LÓPEZ OBRADOR E CHE “L’EZLN HA GIÀ ACCETTATO IL PRIMO DIALOGO” (parole testuali del Signor Solalinde).

  A PROPOSITO DI QUESTA MENZOGNA, L’EZLN DICHIARA:

PRIMO: IL CCRI-CG DELL’EZLN, DIREZIONE POLITICA, ORGANIZZATIVA E MILITARE DELL’EZLN, NON HA ACCETTATO ALCUN PRIMO DIALOGO CON NESSUNO.  COM’È RISAPUTO DA CHI HA UNA MINIMA CONOSCENZA DELL’EZLN E DEI SUOI METODI, UNA QUESTIONE DEL GENERE VERREBBE COMUNICATA PUBBLICAMENTE E IN ANTICIPO.

SECONDO: L’EZLN NON HA RICEVUTO DAL SIGNOR SOLALINDE NIENT’ALTRO CHE MENZOGNE, INSULTI, CALUNNIE E COMMENTI RAZZISTI E MISOGENI. EGLI PRENDE PER SCONTATO, COME VENIVA SOSTENUTO ALL’EPOCA DEL SALINISMO E DELLO ZEDILLISMO, CHE SIAMO SOLO DEI POVERI INDIGENI IGNORANTI, PER USARE LE SUE STESSE PAROLE, MANIPOLATI DA “CAXLANI CHE AMMINISTRANO LO ZAPATISMO”, E QUESTO EVITA CHE ABBASSIAMO LO SGUARDO E CI PROSTRIAMO DAVANTI A COLUI CHE IL SIGNOR SOLALINDE CONSIDERA ESSERE IL NUEVO SALVATORE.

TERZO: CAPIAMO L’AFFANNO DI PROTAGONISMO DEL SIGNOR SOLALINDE E LA SUA ATTITUDINE A PRETENDERE SOTTOMISSIONE, MA CON LO ZAPATISTMO DELL’EZLN SI SBAGLIA. E NON SI SBAGLIA SOLO IN QUESTO. NON SAPPIAMO GRAN CHE DI QUESTE COSE, MA PARE CHE UNO DEI COMANDAMENTI DELLA CHIESA CHE IL SIGNOR SOLALINDE DICE DI SERVIRE, RECITI: “NON PRONUNCERAI FALSA TESTIMONIANZA CONTRO IL TUO PROSSIMO NÉ MENTIRAI”.

QUARTO: COME DOVREBBE SAPERE CHIUNQUE CONOSCA LE LEGGI MESSICANE, IL SIGNOR ANDRÉS MANUEL LÓPEZ OBRADOR NON È IL PRESIDENTE DEL MESSICO, E NEPPURE IL PRESIDENTE ELETTO. PER ESSERE “PRESIDENTE ELETTO”, È NECESSARIA LA DICHIARAZIONE CORRISPONDENTE DA PARTE DEL TRIBUNALE ELETTORALE DEL POTERE GIUDIZIARIO DELLA FEDERAZIONE; DA QUESTO NE CONSEGUE CHE LA CAMERA DEI DEPUTATI EMETTA UN BANDO SULLA GAZZETTA UFFICIALE DELLA FEDERAZIONE IN CUI COMUNICA ALLA POPOLAZIONE CHE È STATO ELETTO UN NUOVO PRESIDENTE. E, SECONDO QUESTE STESSE LEGGI, IL PRESIDENTE NON ENTRA IN FUNZIONE FINCHÉ NON ASSUME L’INCARICO IL 1° DICEMBRE 2018. OVVIAMENTE, IN ACCORDO CON L’ULTIMA RIFORMA ELETTORALE, NON GOVERNERÀ PER 6 ANNI, MA DUE MESI IN MENO. CHIARAMENTE, A MENO CHE NON AVVENGA UNA RIFORMA DELLA COSTITUZIONE E SIA PERMESSA LA RIELEZIONE. 

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!