Con l'ultimo provvedimento in materia di Pubblica
Amministrazione, il governo Samaras ha sostanzialmente disposto la
mobilità del 40% del personale,
all'interno delle università. La manovra ha causato conseguenze nefaste
per la prosecuzione delle attività amministrative e didattiche delle
università,
Tutti i Senati accademici ed i Rettori degli otto
atenei ellenici hanno dichiarato di non avere un organico sufficiente,
arrivando in alcuni casi, come per il Politecnico di Atene, a bloccare
direttamente le immatricolazioni e gli esami fino a data da destinarsi.
L'austerity
e le imposizioni della Trojka stanno continuando a
smantellare il welfare greco e la linea di tendenza è sempre più il tentativo di privatizzazione e esclusione all'accesso dell'istruzione.
Di seguito da atenecalling.org riportiamo un comunicato del personale del Politecnico Metsoviano Nazionale di Atene:
399 licenziamenti – Il Politecnico di Atene sta sanguinando
In una notte, dal Politecnico di Atene (EMP) sono stati licenziati
399 impiegati, metà del suo personale. Con una decisione
ministeriale e senza l’approvazione del parlamento (le regole
fondamentali della democrazia non si applicano, quando si mettono in
atto reati predeterminati), 399 impiegati sono stati messi in
mobilità e da lì spinti verso il baratro del licenziamento.
La
scusa? Soddisfare il numero di licenziamenti richiesto dalla Troika.
399 persone perdono il loro volto, le loro caratteristiche, la loro
vita, si trasformano in numeri. Persone che, ognuno dal proprio
posto, facevano quello che potevano per lavorare al meglio,
nonostante le difficoltà, in quello che la società greca ammirava e
amava: il Politecnico Metsoviano Nazionale.
Ed è per questo che oggi portiamo le maschere. Le maschere della
tristezza, della disperazione, le maschere che nascondono centinaia
di drammi personali. Ma anche le maschere che non possono nascondere
la nostra rabbia e il nostro orgoglio. Né la nostra decisione di
lottare fino alla fine per impedire questa misura da incubo della
messa in mobilità-licenziamento. Portiamo le maschere per ricordare
che se non verrà abolita quella decisione, domani o in un futuro
vicino, al nostro posto potrebbe trovarsi chiunque di voi. La
“success story” del “recupero” è riuscita a produrre
soltanto 2 milioni di disoccupati e non smetterà di procurare
tristezza e dolore, se non la fermiamo noi.
venerdì 27 settembre 2013
Ecuador - Chevron salvata dal Tribunale internazionale dell'Aja
Intanto il presidente Correa si prepara ad allargare la frontiere dello sfruttamento petrolifero
Qualcuno l'ha definito come il più
grande danno ambientale della storia, superiore ai disastri BP nel
Golfo del Messico e ai danni della prima Guerra del Golfo nel
Persico.
Sappiamo per certo quello che ci dicono
i fatti e le sentenze: in Ecuador la Texaco è stata responsabile di
oltre 16,8 milioni di barili dispersi nella foresta amazzonica, con
oltre 1 milione di ettari disboscati, danni incalcolabili alla
vegetazione, inquinamento delle falde acquifere e danni alla salute
di diverse generazioni. Dopo un lungo iter, nel Novembre 2012, la
Corte di Sucumbios in Ecuador ha condannato la Chevron (che intanto
nel 2001 ha acquistato la Texaco) a pagare 9 miliardi di dollari alle
popolazioni colpite dai danni dell'estrazione petrolifera, che sono
diventati 18 per il rifiuto della compagnia di chiedere pubbliche
scuse.
La Chevron, da anni ormai fuori dal
paese, si è sempre opposta alla sentenza adducendo vari motivi,
dalla corruzione della corte, all'interferenza fraudolenta del
presidente Correa. Il 17 Settembre 2013 un tribunale della Corte
Internazionale di Giustizia dell'Aja dà ragione agli esposti di
Chevron-Texaco contro la Repubblica dell'Ecuador. In particolare
viene riconosciuto la non perseguibilità della multinazionale. La
TexPet(Texaco) è ritenuta libera da ogni responsabilità per i danni
ambientali e sociali, come sembrerebbe trasparire
dall'interpretazione degli accordi commerciali del 1995 e del 1998.
La Corte, riunita in sezione separata, ha dato un giudizio che
rimette in discussione la sentenza del Tribunale ecuadoriano. La
Chevron, tramite il vice-presidente Hewitt Pate, ha subito emesso un
comunicato in cui si dichiara la controversia conclusa, e proprio
grazie “all'eminente tribunale internazionale che dichiara
illegittima la sentenza” possono dirsi innocenti e tentare di
riabilitare il nome della compagnia. In particolare dal loro sito si
nota come oltre a presunti contributi alla pace nel Delta del Niger e
opere benefiche di vario tipo, viene vantato il successo nella causa,
dimenticando però di menzionare gli enormi danni all'ambiente che
comunque hanno provocato.
giovedì 19 settembre 2013
Grecia - Alba Dorata dalle aggressioni all'assasinio politico
Un omicidio politico mirato che spera nella violenta reazione della piazza per rafforzare il governo voluto della Troika
di Argiris Panagopoulos
L'allenamento
dei neonazisti di Alba Dorata con omicidi e aggressioni contro immigranti pakistani ed indiani è
finito.
Da ieri sera Alba Dorata ha fatto la sua prima vitima tra i
greci.
Il 34enne rapper antifascista Paulos Fyssas è stato
assassinato barbaramente da un killer di Alba Dorata ieri notte nel
quartiere Amfiali di Keratsini, vicino a Pireo. Un quartiere popolare
ed operaio, colpito pesantemente dalla crisi.
Paulos ha resistito per venti minuti ai
colpi dopo l'agguato. L'ambulanza è arrivata quasi mezz'ora dopo la
chiamata, per trasportarlo all'ospedali di Nikaia, dove i medici
hanno constatato la sua morte.
Per il padre di Paulos non c'è dubbio
che il colpo che ha ricevuto suo figlio è un azione di professionisti,
come gli hanno confermato anche i medici, mentre gli amici di Paulos
insistono che i neonazi avevano organizzato l'aggressione mentre stavano guardando una partita di calcio in una caffeteria di
Keratsini.
Agghiaccianti sono le
dichiarazioni degli amici di Paulos sulla presenza e la passività
della polizia durante l'aggressione, visto che erano già nella
zona e sul posto con parecchi poliziotti,
volanti e moto.
I neonazi hanno aspettato Paulos e i suoi
amici alle loro macchine e hanno cominciato ad aggredirli.
martedì 17 settembre 2013
Messico - Magistrale repressione
Violentissimo sgombero dell'accampamento dei maestri nel centro di Città del Messico: più di cento i detenuti e centinaia i feriti
Nel pomeriggio di venerdì 13 settembre, a pochi giorni dall'anniversario dell'Indipendenza nazionale e proprio con l'aberrante giustificazione di permettere la celebrazione della “festa di tutti i messicani” più di tremila agenti della Policìa Federal hanno fatto incursione nel grande accampamento che da tre settimane mantiene il sindacato dei maestri nello Zocalo, la grandissima piazza centrale di Città del Messico.
Provenienti da diversi stati della repubblica, più di cinquemila maestri elementari (e studenti delle scuole magistrali) appartenenti al sindacato Coordinadora Nacional de Trabajadores de la Educaciòn avevano scelto di accampare di fronte al Palazzo di Governo come forma di protesta contro la riforma al sistema educativo, che prevede la sostanziale privatizzazione e commercializzazione dell'educazione pubblica.
Durante la scorsa primavera, si sono svolte per settimane grandi manifestazioni contro la riforma all'articolo costituzionale relativo all'educazione statale pubblica; dalla metà di agosto, le proteste sono ricominciate in seguito all'approvazione dei decreti attuativi, che sancisce l'introduzione di criteri di competitività tra i maestri, paragonabili a quelli presenti nelle scuole private; aprono lo spazio alla precarizzazione della professione, sottomessa a continui test “di qualità”, e riducono il salario statale dei maestri, che dovrebbe essere integrato con una sorta di “cooperazione” dei genitori degli alunni.
mercoledì 11 settembre 2013
Turchia - Si riaccendono le braci
di Serena Tarabini
Questa volta il focolaio parte da Ankara, dove da diverse settimane gli studenti dell’Università Tecnica del medio Oriente (ODTU) protestano per la costruzione di una nuova autostrada, un progetto fortemente voluto dal Sindaco di Ankara, appartenente all’AKP, lo stesso Partito di Erdogan, che comporterebbe la distruzione del grande bosco adiacente il Campus; come per Gezi Park, la risposta del Governo è stata brutale: il 7 settembre scorso gli studenti che presidiavano il bosco e che hanno cercato di impedire pacificamente alle ruspe l’abbattimento dei primi alberi, sono stati attaccati pesantemente con lacrimogeni e idranti e arrestati. In seguito a questo episodio si sono susseguite manifestazioni di solidarietà anche in altre città come la stessa Istanbul; è in una di queste manifestazioni che un un altro ragazzo giovanissimo ha perso la vita. Ahmet Atakan, di 22 anni, viene colpito da un lacrimogeno alla testa e muore nelle prime ore del 10 settembre, ad Antakya. E’ la sesta vittima da giugno della brutalità della Polizia, la quale sostiene invece che il ragazzo sia morto in seguito a una caduta, e non risparmia lacrimogeni e gas urticanti neanche di fronte all’ospedale dove il ragazzo è stato trasportato.
E’ di nuovo uno shock per un paese che ha perso un altro figlio: immediata è la convocazione di altre manifestazioni in diverse città.
Questa volta il focolaio parte da Ankara, dove da diverse settimane gli studenti dell’Università Tecnica del medio Oriente (ODTU) protestano per la costruzione di una nuova autostrada, un progetto fortemente voluto dal Sindaco di Ankara, appartenente all’AKP, lo stesso Partito di Erdogan, che comporterebbe la distruzione del grande bosco adiacente il Campus; come per Gezi Park, la risposta del Governo è stata brutale: il 7 settembre scorso gli studenti che presidiavano il bosco e che hanno cercato di impedire pacificamente alle ruspe l’abbattimento dei primi alberi, sono stati attaccati pesantemente con lacrimogeni e idranti e arrestati. In seguito a questo episodio si sono susseguite manifestazioni di solidarietà anche in altre città come la stessa Istanbul; è in una di queste manifestazioni che un un altro ragazzo giovanissimo ha perso la vita. Ahmet Atakan, di 22 anni, viene colpito da un lacrimogeno alla testa e muore nelle prime ore del 10 settembre, ad Antakya. E’ la sesta vittima da giugno della brutalità della Polizia, la quale sostiene invece che il ragazzo sia morto in seguito a una caduta, e non risparmia lacrimogeni e gas urticanti neanche di fronte all’ospedale dove il ragazzo è stato trasportato.
E’ di nuovo uno shock per un paese che ha perso un altro figlio: immediata è la convocazione di altre manifestazioni in diverse città.
martedì 10 settembre 2013
Turchia - Ucciso un giovane manifestante durante le proteste ad Ankara
Nelle proteste in Turchia la notte scorsa è morto un ragazzo di 22 anni, Ahmet Atakan, ad Antiochia, nella parte meridionale del paese. Il giovane è morto dopo che era stato colpito alla testa da un lacrimogeno. La manifestazione a cui partecipava era per chiedere giustizia e un regolare processo per la vicenda del giovanissimo di 14 anni colpito anche lui da un lacrimogeno, durante le cariche contro i cortei del giugno scorso.
Nella notte scorsa erano in corso manifestazioni contro la violenza del governo in tutto il paese, anche ad Istanbul ancora una volta la polizia ha caricato con gas lacrimogeni e cannoni ad acqua.
La manifestazione ad Antiochia, in cui è morto Ahmet aveva anche come scopo quello di protestare a sostegno delle mobilitazioni degli studenti dell'Università di Ankara contro la costruzione di una nuova autostrada nelle vicinanze del campus universitario. Anche nei giorni scorsi gli studenti che protestavano erano stati caricati brutalmente.
MANIFESTAZIONI IN 19 CITTA' - LA PRIMAVERA NON E' FINITA
Nonostante le temperature bollenti, il caldo e l' afa, la rabbia e la determinazione del popolo turco continuano ad invadere le strade della Turchia.
Se qualcuno pensava che il Ramadam determinasse una diminuzione delle proteste e l'estate il definitivo riflusso del movimento di protesta nato dallo scoppio della scintilla prodotto dal tentativo di radere al suolo Gezi Park, ha capito ben poco.
Le manifestazioni proseguono e in modo sempre più determinato.
lunedì 9 settembre 2013
Messico - Storia e motivi della rivolta dei maestri in lotta
La ribellione della CNTE, corrente dissidente del Sindacato Nazionale dei docenti
di Fabrizio Lorusso
Gli insegnanti delle scuole pubbliche occupano le piazze e le strade del Messico contro le “riforme strutturali” del presidente Peña Nieto e continuano a dar battaglia: è una resistenza epica che viene da lontano. Il conflitto degli insegnanti con il governo e i parlamentari federali per la riforma educativa dura da alcuni mesi, ma nelle ultime due settimane ha raggiunto l’apice. Un presidio di insegnanti nel centro della capitale era presente già dall’8 maggio, ma pochi se n’erano accorti. Invece da agosto la CNTE, Coordinamento (Coordinadora in spagnolo) Nazionale dei Lavoratori dell’Educazione, è in sciopero indefinito e l’anno scolastico 2013-2014 non è ancora cominciato in migliaia di scuole. La combattiva Sección 22 di Oaxaca, forte di 74mila affiliati e già protagonista del conflitto del 2006, soffocato nel sangue dall’allora governatore dello stato di Oaxaca, Ulises Ruiz, rappresenta il gruppo più nutrito di professori in resistenza, ma i rinforzi questa volta sono arrivati da tutto il paese.
Il plantón
Dal 19 agosto il presidio dei maestri è diventato una tendopoli quindi l’attenzione mediatica s’è rivolta verso gli oltre 40mila occupanti, insegnanti di asili, scuole primarie e secondarie, che ormai vivono nella piazza principale del Messico. Ogni giorno realizzano atti di resistenza, bloccano le strade e l’aeroporto internazionale, chiudono le entrate dei palazzi del potere, fanno assemblee, sistemano le tende scardinate dai violenti acquazzoni di questa stagione piovosa e inclemente, e infine portano avanti le negoziazioni estenuanti con funzionari e parlamentari inviati dai partiti per fare melina. Le minacce avanzate da alcuni deputati della destra (PAN, Partido Accion nacional) di incarcerazione dei leader, che in realtà sono i “portavoce” del movimento, e di repressione violenta della protesta non hanno fatto desistere i docenti.
Ho provato a descrivere con una galleria fotografica (link qui), non solo con le parole, l’enorme tendopoli allestita dalla CNTE nella piazza centrale (lo zocalo) di Città del Messico. Nel plantón, il presidio-tendopoli, ore e ore di pioggia non spazzano via la speranza, anche se funzionano per scacciare i curiosi, i venditori ambulanti, in maggior parte commercianti della capitale, e le cattive notizie che arrivano dal Palazzo: nella notte dell’1S (primo settembre), con una sortita dei legislatori, è stata approvata dalla Camera dei deputati la Legge del Servizio Professionale Docente, oggetto delle negoziazioni tra i rappresentanti della CNTE, il governo e alcuni parlamentari. Uno sberleffo in piena regola.
domenica 8 settembre 2013
Messico - “L’esperienza zapatista è una crepa nel territorio messicano”
di Alfonso
Medrano, dal Cile
Un
Votán non è solo un guardiano, è una guida, un maestro consapevole che impara
da te come tu da lui, è un tutor, ma soprattutto, un compagno, qualcuno che ha
abbracciato i sentieri della lotta e che ti accoglie con umiltà e rispetto, che
ti ospita a casa sua per mostrarti come si è sviluppato il lavoro indigeno
tinto di zapatismo nello stato di Chiapas.
Personalmente
ho avuto la fortuna di avere un Votán che parlasse un castigliano quasi
perfetto, in parte perché era promotore di educazione e in parte perché la sua
curiosità personale e l’intuizione intellettuale erano molto sviluppate come
pure la sua sensibilità, per cui non ci siamo trovati contro barriere
linguistiche e abbiamo potuto avvicinarci ulteriormente. Ascoltare il suo
racconto di vita è stato un insegnamento totale su ciò che significa assumere i
costi di una vita ribelle, che molte volte porta isolamento, fame e dolore. Una
delle sue frasi che più mi ha colpito è stata: “in guerra non vince nessuno, ma
avevamo bisogno di farla”. M’è sembrata una riflessione molto lucida di come la
violenza sia una necessità politica dei popoli, l’autodifesa come voce di un
diritto reclamato, ma consapevole dei costi e dei traumi che comporta e anche
delle sue piccole e non tanto piccole vittorie.
In
30 anni di organizzazione, resistenza e lotta al malgoverno, il popolo
zapatista ha eretto i propri organi di governo, ha trasformato il concetto di
democrazia in politica inclusiva dove si è aperto uno spazio per il ritorno del
dialogo così da decidere collettivamente come camminare insieme, ha capito che
i cambiamenti radicali NON si possono sviluppare sotto il cappello della
politica istituzionale e che è necessaria l’autonomia per poter avanzare con
più domande che certezze, un percorso che ha contraddizioni ma che non si
arresta grazie all’impegno e alla responsabilizzazione di tutti e tutte i comp@
delle comunità di queste terre.
L’esperienza
zapatista è una crepa nel territorio messicano, un punto di fuga, una rottura
profonda con questo modello di vita, convivenza e produzione. Quello che accade
sulle sue terre liberate è per me davvero ammirabile, un impegno preso con la
storia, di passare da semplici spettatori ad attori e costruttori del proprio
futuro.
venerdì 6 settembre 2013
Messico - Manifestazioni di massa
Il 4 settembre (4S) dalle 10 del mattino oltre 30.000 insegnanti hanno manifestato a Oaxaca e 40.000 in Chiapas mentre in 20.000 hanno camminato per 8 ore nelle strade della capitale messicana, dall'Auditorio Nacional al palazzo del Senato. Proprio questa camera ieri ha approvato la Riforma Educativa (riforma costituzionale approvata 7 mesi fa e leggi secondarie approvate in agosto e settembre malgrado le proteste) presentata dal presidente Peña Nieto e già passata alla Camera dei deputati.
La cosiddetta riforma educativa è in realtà una riforma del lavoro dei docenti e dell'amministrazione di tipo neoliberista ed è parte del piano di riforme strutturali (lavoro, fisco, energia, educazione, politica) che il governo di Peña intende portare a termine entro i prossimi 4 mesi.
Il primo grande scoglio sono queste proteste dei "maestri dissidenti", gli unici per ora che abbiano saputo articolare un'opposizione degna di questo nome. Infatti, i tre principali partiti (PRI, PAN, PRD) stanno approvando riforme legislative e costituzionali in fretta e furia, blindati dalle larghe intese alla messicana, cioè dall'accordo di governo chiamato "Patto per il Messico" e sottoscritto dai loro leader.
La CNTE ha dato la cifra di 200.000 insegnanti mobilitati per questa giornata di protesta a livello nazionale. Dal 19 agosto gli insegnanti occupano la piazza centrale della capitale e realizzano manifestazioni e attività di resistenza pacifica in 22 stati della repubblica messicana contro la riforma che definiscono "amministrativa e del lavoro" e non "educativa".
Sabato 7 ci sarà il primo incontro nazionale degli insegnanti a Mexico City convocato dalla CNTE e il giorno seguente la Coordinadora parteciperà alla giornata di assemblea contro la riforma energetica e alla manifestazione convocata dall'ex candidato presidenziale delle sinistre Andrées Manuel López Obrador e il suo movimento MoReNa.
A seguire un video sulla manifestazione del 1 settembre a Città del Messico
mercoledì 4 settembre 2013
Colombia - Trattativa per la pace e sciopero generale nelle campagne
A partire circa da metà pomeriggio di giovedì 29 agosto 2013, violente repressioni dei manifestanti sono state attuate dall’ESMAD, la polizia colombiana antisommossa, a Bogotá.
di James Jordan
Le forze armate colombiane hanno brutalmente aggredito i manifestanti dello Sciopero Nazionale Popolare e Contadino “Paro Agrario”, provocando almeno da quattro a cinque morti e, secondo quanto riferito, centinaia di feriti. Il presidente colombiano Juan Manuel Santos, liquidando gli scioperanti come vandali, ha ordinato la militarizzazione della capitale, Bogotá, e di altri luoghi in tutto il paese promettendo di schierare 50.000 soldati. Santos ha accusato il movimento popolare per la pace, Marcha Patriòtica, di fomentare la violenza e ha affermato: “Sappiamo che Marcha Patriòtica non cerca altro che una situazione senza via d’uscita per imporre i propri obiettivi. Gli interessi dei contadini non contano nulla per loro, né gli accordi regionali; la sola cosa che conta è il loro programma politico”. Quello che Santos sembra non capire è che Marcha Patriòtica è in larga misura costituita da gruppi contadini, compreso il maggiore sindacato colombiano dei contadini, il FENSUAGRO. Il fatto che i leader di Marcha Patriòtica siano stati scelti per rappresentare gli scioperanti e la vasta partecipazione allo sciopero rivelano la falsità della dichiarazione di Santos.
Messico - Stato d'eccezione: manifestazione 1S a Città del Messico
Foto e post di Fabrizio Lorusso - Link a fotogalleria della tendopoli degli insegnanti a Città del Messico.
A Città del Messico il primo settembre s'è svolta un'importante una manifestazione di studenti, facoltà universitarie, organizzazioni sociali, parti del MoReNa (Mov. Rigenerazione Nazionale), liberi cittadini e gruppi anarchici contro la Riforma energetica. Anzi, le iniziative in tutta la città e in tutto il paese erano decine. A questo link ho inserito una galleria fotografica della mattinata del primo settembre tra il Monumento alla Revolución e l’angolo tra le via Eje Central e Izazaga a Città del Messico.La manifestazione nel primo pomeriggio s’è unita a quella degli insegnanti della CNTE (Coordinadora Nacional Trabajadores de la Educación) che si sono diretti a San Lazaro, sede della camera dei deputati messicana. Un aggiornamento e foto sulla protesta dei docenti contro la Riforma Educativa è a questo link. Un poliziotto è rimasto ferito per l’attacco di un gruppo di persone incappucciate (presumibilmente e secondo fonti giornalistiche locali – il quotidiano La Jornada – appartenenti a dei gruppi identificati come anarchici). Ci sono stati almeno sei scontri di questo tipo avvenuti durante la manifestazione e anche al termine mentre gli insegnanti, che formavano un cordone indipendente e pacifico, stavano per ripiegare. L'accerchiamento forzato e l'enorme dispiegamento di forze rappresenta una strategia di contenimento che sfocia nella provocazione e nello stato d'eccezione. La reazione della polizia dopo gli scontri s’è quindi concentrata su altri "obiettivi", cioè persone individuate casualmente, e alla fine della giornata di protesta dell’1S ci sono stati 16 arresti di alcuni attivisti e giornalisti indipendenti. Le organizzazioni per la difesa dei diritti umani come il Comité Cerezo hanno già lanciato dei comunicati in proposito.
Durante la mattinata e il primo pomeriggio la polizia (6mila poliziotti di Città del Messico e granaderos in tenuta antisommossa oltre a 2mila federali) ha circondato e controllato costantemente l’intero cordone dei manifestanti senza lasciare spazi di azione e movimento alle persone che camminavano: un vero e proprio stato di eccezione. La quantità delle forze messe in capo dal governo della città e da quello federale è stata enorme. “L’imbottigliamento coatto” da parte della polizia era pensato per il controllo totale ma con l’effetto collaterale provocato di asfissiare e generare situazioni di tensione, in particolare nei momenti in cui la doppia fila digranaderos in testa al corteo spezzava il ritmo della marcia e bloccava i manifestanti, cosa che s’è ripetuta praticamente ad ogni curva mentre, nel contempo, gli scudi dei corpi antisommossa chiudevano la coda e i lati del corteo.
martedì 3 settembre 2013
Messico - Gli zapatisti, l’arte di costruire un mondo nuovo
di Raúl Zibechi
Dai suoi sei anni di altezza, Carlos Manuel abbraccia la vita di suo padre come se non dovesse mai staccarsene. Guarda il tetto e sorride. Julián, suo padre, cerca di liberarsi. Il bambino cede ma rimane vicino al padre. Irma, sua sorella di circa otto anni, osserva da un angolo della cucina dove sua madre, Esther, lavora al fuoco girando le tortillas di mais che continuano ad essere l’alimento base della famiglie contadine.
Gli altri tre figli, compreso il più grande, Francisco, di 16 anni, osservano la scena che si ripete durante i pasti, come se fosse un rituale. La cucina è il luogo delle conversazioni che si spargono lente come il fumo che ascende sui tetti di zinco. Le parole sono frugali e saporite quanto il cibo: fagioli, mais, caffè, banane e qualche verdura. Tutto seminato senza sostanze chimiche, raccolto ed elaborato a mano. Allevato in aperta campagna il pollo ha un sapore diverso, come tutto il cibo in questa comunità tojolabal.
Finito il pasto ognuno lava i propri piatti e le posate, compreso il padre che a tratti collabora nella preparazione del cibo. Chiedo se è normale in queste terre. Rispondono che è un’abitudine nelle terre zapatiste, non è così in quelle del “mal governo”, a cui si rivolgono, senza sarcasmo, chiamandoli “fratelli priisti”. Queste comunità, vicine a quelle che impugnano la stella rossa su sfondo nero, ricevono buoni e alimenti dal governo, che costruisce loro case di mattoni e pavimento di cemento.
In tutta la settimana non c’è stato il più piccolo gesto di aggressività tra padre, madre e figli.
Neppure un segno di malcontento o rimprovero. Parrebbe che la proibizione del consumo di alcol ammorbidisca le relazioni umane. Le donne sono quelle che traggono maggiore beneficio dai cambiamenti. “Riconosco gli zapatisti dal modo in cui si alzano in piedi, soprattutto le donne”, commenta il navigato giornalista Hermann Bellinghausen.
Il giorno della fine del mondo
La nuova fase intrapresa dagli zapatisti è cominciata il 21 dicembre 2012, giorno etichettato dai media come la fine del mondo che per i maya è l’inizio di una nuova era. Decine di migliaia di basi d’appoggio dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) si concentrarono nei cinque capoluoghi municipali del Chiapas, gli stessi che occuparono il 1 gennaio 1994.
Dai suoi sei anni di altezza, Carlos Manuel abbraccia la vita di suo padre come se non dovesse mai staccarsene. Guarda il tetto e sorride. Julián, suo padre, cerca di liberarsi. Il bambino cede ma rimane vicino al padre. Irma, sua sorella di circa otto anni, osserva da un angolo della cucina dove sua madre, Esther, lavora al fuoco girando le tortillas di mais che continuano ad essere l’alimento base della famiglie contadine.
Gli altri tre figli, compreso il più grande, Francisco, di 16 anni, osservano la scena che si ripete durante i pasti, come se fosse un rituale. La cucina è il luogo delle conversazioni che si spargono lente come il fumo che ascende sui tetti di zinco. Le parole sono frugali e saporite quanto il cibo: fagioli, mais, caffè, banane e qualche verdura. Tutto seminato senza sostanze chimiche, raccolto ed elaborato a mano. Allevato in aperta campagna il pollo ha un sapore diverso, come tutto il cibo in questa comunità tojolabal.
Finito il pasto ognuno lava i propri piatti e le posate, compreso il padre che a tratti collabora nella preparazione del cibo. Chiedo se è normale in queste terre. Rispondono che è un’abitudine nelle terre zapatiste, non è così in quelle del “mal governo”, a cui si rivolgono, senza sarcasmo, chiamandoli “fratelli priisti”. Queste comunità, vicine a quelle che impugnano la stella rossa su sfondo nero, ricevono buoni e alimenti dal governo, che costruisce loro case di mattoni e pavimento di cemento.
In tutta la settimana non c’è stato il più piccolo gesto di aggressività tra padre, madre e figli.
Neppure un segno di malcontento o rimprovero. Parrebbe che la proibizione del consumo di alcol ammorbidisca le relazioni umane. Le donne sono quelle che traggono maggiore beneficio dai cambiamenti. “Riconosco gli zapatisti dal modo in cui si alzano in piedi, soprattutto le donne”, commenta il navigato giornalista Hermann Bellinghausen.
Il giorno della fine del mondo
La nuova fase intrapresa dagli zapatisti è cominciata il 21 dicembre 2012, giorno etichettato dai media come la fine del mondo che per i maya è l’inizio di una nuova era. Decine di migliaia di basi d’appoggio dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) si concentrarono nei cinque capoluoghi municipali del Chiapas, gli stessi che occuparono il 1 gennaio 1994.
lunedì 2 settembre 2013
Messico - La Escuelita zapatista
La Escuelita zapatista
di Miguel Concha
L’invito fatto al Centro dei Diritti Umani Fray Francisco de Vitoria OP AC, ed il vissuto di due giovani compagni di questa organizzazione, esortano a diffondere alcune riflessioni al riguardo. Innanzitutto si ringraziano gli zapatisti per l’invito a un così importante esercizio di riflessione e formativo. E si ringraziano le migliaia di famiglie zapatiste che hanno accolto gli allievi. Si riconosce inoltre che questa convocazione è arrivata in un momento in cui i movimenti, collettivi ed organizzazioni sociali hanno bisogno di intessere le rispettive conoscenze con quelle dei popoli che resistono di fronte ad un sistema di morte che sfrutta ed esclude. Lo zapatismo è la dimostrazione che un altro mondo è possibile e, contrariamente a quello che il malgoverno dice, è un riferimento che ispira a continuare nelle lotte per un mondo più degno e giusto. Da quando i popoli zapatisti sono riapparsi il 21 dicembre scorso, si era percepito che c’era un messaggio profondo per il paese e per il mondo. Nei primi mesi dell’anno hanno poi invitato ad incontrarli. E così si è potuto condividere quello che hanno costruito in questi quasi 20 anni, e come lo hanno fatto. Una settimana di incontri è servita affinché i partecipanti si rendessero conto che la lotta zapatista non è mai stata endogamica, ma è partecipata con tutti i popoli del mondo, perché come ben dicono, per tutti tutto, per noi niente.
La pedagogia impiegata è stata quella dell’accompagnamento, dell’attenzione e dell’umiltà.
domenica 1 settembre 2013
Messico - Appunti del corso La libertà Secondo l@s Zapatistas (di ritorno dalla Escuelita Zapatista)
Appunti del corso
La libertà Secondo l@s
Zapatistas
di Gilberto López y
Rivas
E’ stato un privilegio assistere come alunno al corso di primo grado La Libertà Secondo l@s Zapatistas che si è svolto parallelamente in diversi territori dei governi autonomi, e nel Centro Indigeno di Formazione Integrale – Unitierra, a San Cristóbal de Las Casas, Chiapas, dal 12 al 17 agosto.
Per i suoi molteplici significati politici, strategici, programmatici e tattici nella tragica attualità di un paese devastato dal governo di tradimento nazionale e da suoi soci corporativo-repressivi (includendo il crimine organizzato), il corso impartito da indigeni delle diverse etnie che formano i governi autonomi zapatisti costituisce un appello urgente alla coscienza nazionale, agli uomini e alle donne con dignità e interezza ad organizzarsi, resistere e lottare per un mondo migliore dove si comandi ubbidendo ai popoli a partire da sette principi: 1. Servire e non servirsi. 2. Rappresentare e non sostituire. 3. Costruire e non distruggere. 4. Ubbidire e non comandare. 5. Proporre e non imporre. 6. Convincere e non vincere. 7. Scendere e non salire; e sulla base della massima etica che guida l’EZLN: Per tutti, tutto, per noi, niente, è questo il codice di condotta opposto a quello con cui agisce la classe politica messicana.
In questa settimana memorabile, accompagnati dal nostro Votán, il tutore o cuore-guardiano del popolo e della terra, e dei nostri libri di testo di lettura-consultazione-discussione, noi allievi ci siamo addentrati nello studio della storia del governo autonomo. Si sono ricordati gli anni difficili della clandestinità, con l’arrivo delle Forze di Liberazione Nazionale nella selva Lacandona, il 17 novembre 1983; i 10 anni di preparazione che precedono la dichiarazione di guerra; il processo lento ma diffuso di presa di coscienza sul ruolo da giocare quando ogni tanto sorgono uomini e donne che pensano agli altri, che si ribellano per esigere terra e libertà.
Messico - Principi e modi zapatisti (di ritorno dalla Escuelita Zapatista)
Principi e modi zapatisti
di Neil Harvey
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Rappresenta in parte la continuazione delle relazioni presentate nell’Incontro dei Popoli Zapatisti con i Popoli del Mondo, del 2007, ma con maggiore profondità e con nuovi metodi di organizzazione. L’assegnazione di un uomo o una donna delle basi di appoggio ad ogni studente come propri custodi, ha fatto sì che l’interazione fosse più diretta ed arricchente, mentre le presentazioni e sessioni di domande e risposte hanno dimostrato la disponibilità di condividere non solo i progressi, ma anche limitazioni, errori e, soprattutto, nuovi modi di correggerli.
Nello stesso tempo, la escuelita ha avuto impatto all’interno delle comunità zapatiste promuovendo la discussione e l’elaborazione di quattro libri e due dvd sui governi autonomi, l’autonomia e le donne, e la resistenza, lasciando a disposizione un importante strumento per l’educazione autonoma e la nuova generazione di giovani zapatisti. Nel processo si va consolidando la centralità dei sette principi di governo zapatista: ubbidire e non comandare; rappresentare e non sostituire; scendere e non salire; servire e non servirsi; convincere e non vincere; costruire e non distruggere, e proporre e non imporre.
La scuola dunque è uno spazio di dialogo, un’opportunità per conoscere e condividere non unicamente i principi zapatisti, ma anche le sue pratiche o modi. Ma, che cosa sono i modi zapatisti? Sebbene resistano alla definizione, è possibile valutare il modo in cui questi sono espressi nelle decisioni e nelle azioni dei membri dell’EZLN.
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Viva EZLN
Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.
La lucha sigue!