Un successo la mobilitazione della sinistra contro la riforma del lavoro approvata dal governo. Migliaia in piazza contro flessibilità e riduzione dei salari, mentre la Revoluciòn Ciudadana è in crisi di consenso. A meno di un anno dalle elezioni.
di Luca Cafagna
In migliaia venerdì scorso hanno manifestato nel centro di Quito contro il governo di Rafael Correa. Almeno cinquantamila secondo gli organizzatori, mentre le forze dell’ordine non si sbilanciano. Un dato è certo: il consenso nei confronti di Alianza Paìs, partito da nove anni al governo dell’Ecuador, è ai minimi storici. L’ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la riforma del lavoro approvata il 17 marzo. Parole d’ordine: flessibilizzazione e riduzione della giornata lavorativa. Che in un paese piegato dalla crisi petrolifera, si traducono in precarietà e riduzione dei salari. A questo si aggiunge l’eliminazione del salario minimo per i tirocinanti tra i 18 e i 25 anni e l’introduzione di un controverso permesso di maternità/paternità fino a 9 mesi senza copertura salariale. Mentre l’opposizione neo liberale attacca dicendo che quest’ultimo provvedimento “serve solo a truccare le statistiche sull'occupazione”, la sinistra ecuadoriana è scesa in piazza in molte città per contestare il governo della Revolución Ciudadana.