“Per tutta la vita sono stata cosciente di quello che mi può succedere continuando con questa lotta, così come sono cosciente che stiamo lottando contro un potere oligarchico, bancario, finanziario e internazionale, oltre che contro lo stesso Stato honduregno e i suoi organi repressivi, che storicamente si sono piegati agli interessi delle grandi imprese multinazionali. Non mi piegheranno!” (Bertha Cáceres, giugno 2013).
Así estamos
consternados
rabiosos
aunque esta muerte sea
uno de los absurdos previsibles…
Mario Benedetti
Nemmeno ricordo quante volte ho intervistato Bertha Cáceres, Bertita come la chiamavamo. E non è facile riassumere una vita di lotta, di impegno inflessibile, in un articolo.Ancor di più dopo poche ore dall'essere stato travolto da una valanga di messaggi, telefonate, comunicati stampa, che mi avvisavano che Bertha fisicamente non è più qui con noi; che Bertha è stata vigliaccamente assassinata all'alba di questo 3 marzo mentre riposava nel suo letto, dopo l’inaugurazione del Foro sulle energie alternative dalla prospettiva delle popolazioni indigene.
Di lei possiamo dire che era la coordinatrice e storica militante del Consiglio civico delle organizzazioni popolari e indigene dell’Honduras, Copinh, e che ha difeso, fino alla fine, i diritti ancestrali del popolo nativo Lenca di fronte agli assalti di un modello patriarcale, di sfruttamento e di monopolio delle risorse naturali.
Per questa lotta è stata ripetutamente minacciata, perseguitata, processata, incarcerata e repressa. Non ho nessuno dubbio che per questa stessa lotta sia stata assassinata, né che si tratti di un crimine fortemente e profondamente politico.
La prolungata lotta nella zona di Río Blanco contro il progetto idroelettrico Agua Zarca, promosso dall'impresa di capitale honduregno Desarrollos Energéticos S.A. de C.V. (DESA) e finanziato da istituzioni finanziarie europee e imprese di costruzione cinesi, ha fatto il giro del mondo.
Per questo, lo scorso 20 aprile, Bertha ha ricevuto il Premio Goldman 2015 per l’ambiente, il più alto riconoscimento al mondo per gli attivisti ambientali di base. Lo aveva dedicato al popolo Lenca, al Copinh, al suo coraggio e alla sua storica resistenza.
In quell'occasione, un po’ emozionata, mi aveva detto che sia il popolo Lenca che gli altri popoli nativi dell’Honduras “si trovano di fronte a un progetto egemonico promosso dal grande capitale nazionale e multinazionale, i cui interessi sono rivolti al settore energetico, minerario e dell’industria agroalimentare. Questo implica la privatizzazione di interi territori e delle risorse idriche, e costituisce una minaccia molto grave”.
Le sue parole erano risultate ancor più serie quando le avevo chiesto se quel premio sarebbe potuto essere un elemento di dissuasione per i responsabili di tanta violenza in Honduras.
“Il governo adesso cerca di vincolare gli omicidi dei difensori dell’ambiente e della terra con la violenza comune, però ci sono sufficienti elementi per dimostrare che esiste una politica diretta, pianificata, strutturata e finanziata per criminalizzare la lotta di tutti i movimenti sociali e popolari”, mi aveva risposto Bertha.
“L’istallazione ed espansione di progetti multinazionali nei territori non genera solo conflittualità, ma molteplici forme di violazione dei diritti umani, tra cui gli omicidi. Spero di sbagliarmi, ma credo che invece di diminuire, la persecuzione contro chi lotta si inasprirà”, aveva aggiunto.
Non si sbagliava.
Negli ultimi mesi a Río Blanco la campagna mediatica contro Bertha e il Copinh si era intensificata. L’organizzazione indigena aveva denunciato la criminalizzazione della lotta, e la presenza di truppe d’assalto legate al partito di governo nonché attacchi indiscriminati, sia verbali che fisici, ai militanti.
Omicidio politico: Le manovre per farlo apparire un crimine comune
“È un crimine politico. Bertha era una cipota linda, una lottatrice, coraggiosissima. Sono stato con lei, il Copinh e la Rel-UITA a Río Blanco, dove il popolo Lenca difendeva il fiume Gualcarque dalle minacce del progetto idroelettrico. Lottava per la vita, delle donne, della natura”, ha detto visibilmente commosso il noto dirigente sindacale Carlos H. Reyes.
“È una notizia scioccante. Siamo indignati, sconvolti. Condanniamo con forza questo omicidio politico, commesso sotto un regime che continua a militarizzare il paese e a difendere gli interessi di qualche multinazionale che si sta impadronendo dell’Honduras”, ha indicato il presidente del Sindacato dei lavoratori dell’industria delle bevande e simili, Stibys.
E come si fa a non essere arrabbiati? Come si fa a non trovare, tra lacrime, ricordi, risate, abbracci, la forza di andare avanti, di gridare con forza ORA BASTA, di fronte a tanto orrore in Honduras?
Il 3 marzo, il Comitato dei famigliari dei detenuti scomparsi in Honduras, Cofadeh, ha emesso un comunicato nel quale esorta le banche internazionali, le finanziarie multilaterali e i governi a “smettere di appoggiare questa perversa alleanza tra il sistema economico multinazionale, le forze militari, la polizia e i sicari locali che assassinano i difensori delle risorse naturali che appartengono ai popoli nativi”.
“Per tutta la vita sono stata cosciente di quello che mi può succedere continuando con questa lotta però non mi piegheranno!”. Queste parole me le aveva dette a poche ore da uno dei tanti processi a cui era stata sottoposta e che faceva parte della campagna di criminalizzazione sistematica di cui Bertha Cáceres e il Copinh sono state vittime.
Adesso possono anche dire che è stato un omicidio per rapina o inventarsi qualsiasi movente stupido. Però conosciamo la verità, il popolo honduregno sa qual è la verità, il mondo intero sa cosa è successo all’alba del 3 marzo, quando Bertha con il proprio sangue ha bagnato la terra sacra di Intibucá e ha piantato un altro seme di libertà.
Come UITA condanniamo questo crimine politico e continueremo ad accompagnare il coraggioso popolo honduregno, il Copinh, il fiero popolo Lenca, che sicuramente troveranno, in questa tragedia, la forza per continuare la lotta.
Hasta siempre Bertita, che la terra ti sia lieve!
Di Giorgio Trucchi | Rel-UITA
Traduzione Giampaolo Rocchi
rabiosos
aunque esta muerte sea
uno de los absurdos previsibles…
Mario Benedetti
Nemmeno ricordo quante volte ho intervistato Bertha Cáceres, Bertita come la chiamavamo. E non è facile riassumere una vita di lotta, di impegno inflessibile, in un articolo.Ancor di più dopo poche ore dall'essere stato travolto da una valanga di messaggi, telefonate, comunicati stampa, che mi avvisavano che Bertha fisicamente non è più qui con noi; che Bertha è stata vigliaccamente assassinata all'alba di questo 3 marzo mentre riposava nel suo letto, dopo l’inaugurazione del Foro sulle energie alternative dalla prospettiva delle popolazioni indigene.
Di lei possiamo dire che era la coordinatrice e storica militante del Consiglio civico delle organizzazioni popolari e indigene dell’Honduras, Copinh, e che ha difeso, fino alla fine, i diritti ancestrali del popolo nativo Lenca di fronte agli assalti di un modello patriarcale, di sfruttamento e di monopolio delle risorse naturali.
Per questa lotta è stata ripetutamente minacciata, perseguitata, processata, incarcerata e repressa. Non ho nessuno dubbio che per questa stessa lotta sia stata assassinata, né che si tratti di un crimine fortemente e profondamente politico.
La prolungata lotta nella zona di Río Blanco contro il progetto idroelettrico Agua Zarca, promosso dall'impresa di capitale honduregno Desarrollos Energéticos S.A. de C.V. (DESA) e finanziato da istituzioni finanziarie europee e imprese di costruzione cinesi, ha fatto il giro del mondo.
Per questo, lo scorso 20 aprile, Bertha ha ricevuto il Premio Goldman 2015 per l’ambiente, il più alto riconoscimento al mondo per gli attivisti ambientali di base. Lo aveva dedicato al popolo Lenca, al Copinh, al suo coraggio e alla sua storica resistenza.
In quell'occasione, un po’ emozionata, mi aveva detto che sia il popolo Lenca che gli altri popoli nativi dell’Honduras “si trovano di fronte a un progetto egemonico promosso dal grande capitale nazionale e multinazionale, i cui interessi sono rivolti al settore energetico, minerario e dell’industria agroalimentare. Questo implica la privatizzazione di interi territori e delle risorse idriche, e costituisce una minaccia molto grave”.
Le sue parole erano risultate ancor più serie quando le avevo chiesto se quel premio sarebbe potuto essere un elemento di dissuasione per i responsabili di tanta violenza in Honduras.
“Il governo adesso cerca di vincolare gli omicidi dei difensori dell’ambiente e della terra con la violenza comune, però ci sono sufficienti elementi per dimostrare che esiste una politica diretta, pianificata, strutturata e finanziata per criminalizzare la lotta di tutti i movimenti sociali e popolari”, mi aveva risposto Bertha.
“L’istallazione ed espansione di progetti multinazionali nei territori non genera solo conflittualità, ma molteplici forme di violazione dei diritti umani, tra cui gli omicidi. Spero di sbagliarmi, ma credo che invece di diminuire, la persecuzione contro chi lotta si inasprirà”, aveva aggiunto.
Non si sbagliava.
Negli ultimi mesi a Río Blanco la campagna mediatica contro Bertha e il Copinh si era intensificata. L’organizzazione indigena aveva denunciato la criminalizzazione della lotta, e la presenza di truppe d’assalto legate al partito di governo nonché attacchi indiscriminati, sia verbali che fisici, ai militanti.
Omicidio politico: Le manovre per farlo apparire un crimine comune
“È un crimine politico. Bertha era una cipota linda, una lottatrice, coraggiosissima. Sono stato con lei, il Copinh e la Rel-UITA a Río Blanco, dove il popolo Lenca difendeva il fiume Gualcarque dalle minacce del progetto idroelettrico. Lottava per la vita, delle donne, della natura”, ha detto visibilmente commosso il noto dirigente sindacale Carlos H. Reyes.
“È una notizia scioccante. Siamo indignati, sconvolti. Condanniamo con forza questo omicidio politico, commesso sotto un regime che continua a militarizzare il paese e a difendere gli interessi di qualche multinazionale che si sta impadronendo dell’Honduras”, ha indicato il presidente del Sindacato dei lavoratori dell’industria delle bevande e simili, Stibys.
E come si fa a non essere arrabbiati? Come si fa a non trovare, tra lacrime, ricordi, risate, abbracci, la forza di andare avanti, di gridare con forza ORA BASTA, di fronte a tanto orrore in Honduras?
Il 3 marzo, il Comitato dei famigliari dei detenuti scomparsi in Honduras, Cofadeh, ha emesso un comunicato nel quale esorta le banche internazionali, le finanziarie multilaterali e i governi a “smettere di appoggiare questa perversa alleanza tra il sistema economico multinazionale, le forze militari, la polizia e i sicari locali che assassinano i difensori delle risorse naturali che appartengono ai popoli nativi”.
“Per tutta la vita sono stata cosciente di quello che mi può succedere continuando con questa lotta però non mi piegheranno!”. Queste parole me le aveva dette a poche ore da uno dei tanti processi a cui era stata sottoposta e che faceva parte della campagna di criminalizzazione sistematica di cui Bertha Cáceres e il Copinh sono state vittime.
Adesso possono anche dire che è stato un omicidio per rapina o inventarsi qualsiasi movente stupido. Però conosciamo la verità, il popolo honduregno sa qual è la verità, il mondo intero sa cosa è successo all’alba del 3 marzo, quando Bertha con il proprio sangue ha bagnato la terra sacra di Intibucá e ha piantato un altro seme di libertà.
Come UITA condanniamo questo crimine politico e continueremo ad accompagnare il coraggioso popolo honduregno, il Copinh, il fiero popolo Lenca, che sicuramente troveranno, in questa tragedia, la forza per continuare la lotta.
Hasta siempre Bertita, che la terra ti sia lieve!
Di Giorgio Trucchi | Rel-UITA
Traduzione Giampaolo Rocchi