Quando nel 2011 è iniziata la rivoluzione, sapevamo
che il conflitto si sarebbe trasformato in una guerra tra sciiti e
sunniti. Noi invece abbiamo scelto una terza via, quella della
convivenza”, racconta Haval Jalil co-presidente di
TEV-DEM, “la nostra è una rivoluzione culturale che passa innanzitutto
per il rafforzamento delle comunità”. Siamo a Qamishlo, la capitale del cantone di Jazeera, una cittadina di duecentomila abitanti al confine con la Turchia.
di X. Haval
Chi scrive c’è appena stato è può testimoniare: è in corso una vera rivoluzione.
Negli
ultimi tre anni, l’auto-amministrazione guidata da TEV-DEM,
l’organizzazione di collegamento tra i partiti del Kurdistan siriano e i
movimenti sociali, è stata impegnata nella riorganizzazione delle
istituzioni e nella stesura delle nuove leggi.
L’unità organizzativa e decisionale minima della comunità si chiama Komin (comune). I komin sono organizzati principalmente su base territoriale, ma ce ne sono anche di donne o di gruppi etnici specifici. In ogni quartiere ci sono 7/8 Komin che eleggono rappresentanti nei consigli di quartiere e poi nei consigli cittadini. Nei Komin
si elaborano proposte, richieste e si risponde collettivamente ai
bisogni delle comunità. Nei consigli cittadini tornano le proposte di
legge dell’amministrazione autogestita per miglioramenti ed
approvazione. Ognuno dei tre
cantoni del Rojava, Jazeera, Kobane ed Efrin, ha ad oggi
un’amministrazione separata. Solo lo scorso anno buona parte di questi
territori era controllato da Daesh. Il YPG, la milizia
di protezione popolare e la sua brigata di donne, il YPJ, hanno
recuperato gran parte del territorio attraverso durissime battaglie.
Oggi, solo il cantone occidentale di Efrin è ancora separato da Kobane
da una zona cuscinetto occupata dall’esercito turco, al quale Daesh ha
ceduto territorio senza opporre resistenza. Nonostante la discontinuità
territoriale, per l’anno prossimo è
prevista l’elezione del primo “Governo Confederale della Siria del Nord
Est – Rojava” attraverso il sistema di democrazia diretta costruito in
questi 3 anni. Ma il vero cuore pulsante della
rivoluzione curda è la strategia di transizione dal modello economico
capitalista a un nuovo paradigma di economia sociale.
“Vogliamo che la nostra economia sia costituita per l’80% da cooperative, non crediamo in un modello socialista che
proibisca l’iniziativa privata. La nostra idea è che ogni persona abbia
un ruolo economico attivo nella società e che la trasformazione avvenga
gradualmente attraverso la partecipazione della gente”, spiega Haval
Rachid, co-presidente del dipartimento di economia. In
Kurdistan ogni incarico pubblico è sempre assegnato a due
rappresentanti, un uomo e una donna che hanno la funzione di
co-presidenti.
Fino a tre anni fa, le cooperative non
esistevano da queste parti fatta eccezione per alcune isolate e malviste
esperienze legate al regime di Assad. Oggi nel cantone di Jazeera sono
piú di cento e si moltiplicano ad una velocità impressionante. Kasrik è
una cooperativa agricola a 120 Km da Qamishlo, in direzione di Aleppo,
avviata quattro mesi fa. Oggi conta più di 5000 soci consumatori
residenti nelle vicine città di Til Tamer e Dirbesye.
“L’amministrazione autogestita ci ha assegnato 5000 ettari di terra. Il nostro è un progetto di lungo termine. In otto anni prevediamo di arrivare a produrre e trasformare la maggior parte dei prodotti agricoli e di allevamento. Già vendiamo ortaggi, mais e il latte prodotto da un gregge di 1250 pecore. Ai lavoratori va l’8% del ricavato, tutto il resto lo reinvestiamo nel nostro progetto fino a che non sarà completato”, ci spiega Azad, uno dei contadini locali che si sono uniti per dare vita a questo ambiziosissimo progetto.
“L’amministrazione autogestita ci ha assegnato 5000 ettari di terra. Il nostro è un progetto di lungo termine. In otto anni prevediamo di arrivare a produrre e trasformare la maggior parte dei prodotti agricoli e di allevamento. Già vendiamo ortaggi, mais e il latte prodotto da un gregge di 1250 pecore. Ai lavoratori va l’8% del ricavato, tutto il resto lo reinvestiamo nel nostro progetto fino a che non sarà completato”, ci spiega Azad, uno dei contadini locali che si sono uniti per dare vita a questo ambiziosissimo progetto.
“Produciamo senza chimica e vendiamo i prodotti
ai nostri soci a un prezzo piu basso di quello del mercato. Ogni quota
sociale vale 100 dollari. Chi non ha i soldi puó diventare socio
offrendo il suo lavoro, oppure unendosi ad altre persone. Quando ne
abbiamo bisogno, i soci ci vengono ad aiutare in gruppi per una giornata
nei campi. Pianteremo anche un bosco e quando il progetto sarà completo
apriremo un agriturismo. Stiamo realizzando il nostro sogno”, prosegue Azad visibilmente emozionato.
Le cooperative agricole sono le uniche che hanno un sostegno diretto dell’amministrazione autogestita.
A causa dell’embargo e delle scarsissime risorse economiche, i
contributi sono minimi ma simbolicamente necessari per il marcare
l’importanza dell’autosufficienza alimentare. Molte cooperative sono
promosse dal movimento di donne Kongra-Star, che ne ha già formate una
cinquantina. Si tratta per lo più di cooperative a piccola scala:
agricole, di allevamento, di artigianato, di ristorazione, di
trasformazione alimentare. “Lorin” è una cooperativa che prepara
conserve utilizzando prodotti di stagione. “Abbiamo iniziato sei mesi
fa. Prepariamo conserve da vendere nella nostra comunità e al mercato.
All’inizio i nostri mariti non approvavano, ma poi hanno capito. L’unico capitale che abbiamo sono le nostre mani e vogliamo utilizzarle per partecipare”,
spiega Sozda, una delle nove socie lavoratrici. “Abbiamo anche in
programma di creare una cooperativa agricola per coltivare direttamente
gli ortaggi che trasformiamo” .
Le
cooperative nascono infatti in diversi modi: per iniziative dei
movimenti sociali, della gente, dei Komin, ai quali viene richiesto di
formarne almeno una, e per filiazione. In quest’ultimo
ambito, il ruolo più attivo lo gioca Havgartin, la più grande
cooperativa della regione che conta 26 mila soci. “L’idea è nata un anno
fa nel villaggio di Zargan durante la crisi dello zucchero. Siamo sotto
embargo ed i commercianti capitalisti speculano sui prezzi dei prodotti
di base. Così è nata l’idea di formare una cooperativa per comprare lo
zucchero e rivenderlo a un prezzo inferiore di quello del mercato. Dallo
zucchero siamo passati a molti altri prodotti di prima di necessità
proponendo a tutti i komin di aderire in ogni città del cantone.
All’inizio la cooperativa agiva solo da grossista, oggi distribuiamo
anche i prodotti delle altre cooperative e investiamo il 5% dei profitti
nella creazione di nuove cooperative. Da Havgartin ne sono già nate
altre otto”, spiega Zafer, membro del consiglio di amministrazione, “il
nostro obiettivo finale è sottrarre il controllo del mercato ai
commercianti e ai grossisti che non socializzano i profitti con le
comunità. Per far questo vogliamo creare anche una banca per promuovere
la formazione di nuove cooperative”.
Due cose
colpiscono molto di questo processo assolutamente unico, la velocità con
la quale la società si sta riorganizzando su un modello sino a oggi
inesplorato e l’apertura della gente ad apprendere, scambiare e
correggere la rotta. “Noi stiamo sperimentando una
strada nuova, cerchiamo di imparare dagli errori che facciamo ogni
giorno. Non abbiamo le risposte a tutte le domande. Vorremmo ad esempio
conoscer molto di più le esperienze cooperative in altri paesi e le
buone idee che posso essere utili al nostro processo”. conclude Zafer
servendoci un altro tè, mentre in televisione scorrono senza
interruzione le immagini della guerra, con la sua atroce brutalità e le
indistricabili contraddizioni.
tratto da: comune-info