di Raúl Zibechi
La
militarizzazione crescente delle nostre società è un chiaro segno dell’autunno
del sistema capitalista patriarcale. Il sistema ha rinunciato ad integrare le
classi popolari, ora non vogliono più nemmeno dialogare con loro, ma si è
limitato a monitorarle e controllarle. Prima di questo periodo militarista, i
"deviati" venivano rinchiusi per correggerli. Ora si tratta di
sorveglianza a cielo aperto di interi strati e della maggioranza della
popolazione.
Quando un
sistema ha bisogno di militarizzare la vita quotidiana per controllare la
maggioranza, si può dire che i suoi giorni sono contati. Anche se in realtà
quei giorni si dovrebbero contare in anni o decenni.
Un buon
esempio è l'eredità del regime di Pinochet in Cile, rispetto al ruolo centrale
dei militari e della polizia militare, i Carabineros, nel controllo sociale.
Una di queste eredità è il controllo da parte delle forze armate delle
eccedenze della compagnia statale di rame, principale materia che il Cile esporta.
La Ley Reservada
del Cobre (n.d.t. – legge riservata del
rame) fu approvata
negli anni Cinquanta, quando dilagavano le mobilitazioni dei lavoratori e dei
poveri nelle città e nelle campagne. Durante la dittatura militare, quella
legge riservata, segreta, come indica il nome, fu modificata sette volte. Solo
nel 2016, grazie a una rivelazione del quotidiano digitale El Mostrador, si è
appreso che il 10 per cento dei profitti della compagnia statale di rame
vengono trasferiti direttamente alle forze armate (https://bit.ly/3tNDa0S).
È stato solo
nel 2019 che la legge segreta è stata abrogata (https://bit.ly/2OUAiAJ),
quando le strade del Cile hanno iniziato a bruciare a seguito di una serie di
proteste e rivolte iniziate nel 2011, con la resistenza studentesca e del
popolo Mapuche e poi dalle femministe.
Il danno che
il regime militare ha inflitto alla società si può vedere nel fatto che più
della metà dei cileni non vota, quando prima votava la stragrande maggioranza;
nella terribile delegittimazione dei partiti politici e delle istituzioni
statali.
Non è
l'unico caso, ovviamente. L'esercito brasiliano ha svolto un ruolo di primo
piano nella prigionia di Lula, nella rimozione di Dilma Rousseff e
nell'elezione di Bolsonaro.
In tutti i
casi, la militarizzazione viola il cosiddetto "stato di diritto", le
norme legali che la società ha adottato, molte volte senza essere adeguatamente
consultata.
In tutti i
casi, la militarizzazione contribuisce alla distruzione di nazioni e società,
perché implica la consegna di porzioni significative di potere e gestione a
un'istituzione antidemocratica che, in questo modo, rimane fuori da ogni
controllo.
La
militarizzazione va di pari passo con l'imposizione di un modello di società
che abbiamo chiamato estrattivismo, una modalità di accumulazione del capitale
dell'1% basata sul furto e l'espropriazione dei popoli, che implica una vera
dittatura militare nelle aree e nelle regioni in cui si opera.
Il
militarismo è subordinato a questa logica dell'accumulazione attraverso la
violenza, per il semplice motivo che i beni delle persone non possono essere
rubati senza puntare contro le armi.
Il
militarismo si coniuga alla violenza, alle sparizioni forzate, ai femminicidi e
agli stupri. Per il resto favorisce sempre la nascita di gruppi paramilitari,
che accompagnano sempre grandi opere estrattive e che, sebbene considerati
illegali, come dimostrano Colombia e Messico, vengono addestrati e armati dalle
forze armate.
Ora sappiamo
che il grande beneficiario del Tren Maya saranno le forze armate, a cui il
governo di López Obrador ha concesso tutti i tratti, aggiungendo che si tratta
di "un premio" a quell'istituzione (https://bit.ly/39aURjh).
C'è più di
una somiglianza con il caso del rame in Cile.
La prima è
l'erogazione diretta dei benefici, con cui ogni governo ottiene lealtà dai
militari a cui, in realtà, è subordinato.
La seconda riguarda
l'argomento della "sicurezza nazionale" utilizzato dai governi. In
Cile è stata la lotta contro il comunismo. In Messico il confine meridionale,
con la giustificazione delle migrazioni e della tratta.
La terza è
che la militarizzazione è sia un progetto che un modo di governare. Seguono gli
aeroporti, l'ordine interno e gli aspetti più svariati della vita. Con la
forza, riescono a interrompere la legalità a piacimento, come i regolamenti di
bilancio.
Osserviamo
processi di militarizzazione negli Stati Uniti, Russia e Cina, fino a tutti i
paesi dell'America Latina. Consistono nel controllo delle geografie rurali e
urbane da parte di uomini armati al servizio del capitale, per controllare i
popoli che resistono all'espropriazione.
Non si
tratta della cattiveria di un presidente o di un governo. Non metto in dubbio
quest’ultimo, ma non è il punto centrale. Siamo di fronte a un sistema che per
allungare la sua agonia ha bisogno di applicare forme nate nel XX secolo: lo
stato di eccezione come forma di governo, la guerra civile legale contro i
"non integrabili" e il campo di concentramento a cielo aperto
sorvegliato dai paramilitari, che sono poi i temi di Giorgio Agamben.
Tratto da La Jornada https://www.jornada.com.mx/2021/03/26/opinion/020a2pol