martedì 17 dicembre 2013

Via Campesina contro le multinazionali

Il mercato è ostaggio delle multinazionali e del capitale finanziario

Avendo a disposizione solo un quarto dei terreni coltivabili del mondo, gli agricoltori nutrono il 70 per cento della popolazione mondiale, secondo la Fao, oltre il 40 per cento della filiera agro-alimentare industriale si perde per decomposizione. Il 90 per cento del mercato mondiale dei cereali è nelle mani di quattro aziende: ABC, Bunge, Cargill e Dreyfus. Monsanto controlla il 27 per cento del mercato delle sementi a livello mondiale, e insieme a altre 9 società oltre il 90 per cento del mercato dei pesticidi. Questa concentrazione permette le loro pressioni speculative affinchè i prezzi delle materie prime aumentino in modo sistematico.
Inoltre la stretta alleanza con il sistema bancario internazionale consente loro di avere un’enorme massa di capitale di origine speculativa che viene utilizzato per accaparrarsi terre, fare lobby e pressione sui governi mondiali, corruzione, ecc ..

Di che libero mercato parlano? Il “mercato” è ostaggio delle multinazionali e del capitale finanziario. Se a questo monopolio aggiungiamo i problemi della perdita di biodiversità e della crisi ambientale causata dalle grandi monocolture estensive, i gravi problemi di salute e di inquinamento per i miliardi di tonnellate di pesticidi che spruzzano indiscriminatamente, il lavoro schiavo, l’uso indiscriminato dei combustibili fossili, la distruzione dei mercati locali, tra gli altri, appare chiaro che non è possibile armonizzare l’agricoltura contadina con quella dell’agrobusiness, e non sarà possibile eliminare la fame con questo modello nato con la rivoluzione verde.

lunedì 16 dicembre 2013

Brasile - Desalojo dell'Aldeia Maracanã

Il governatore Cabral manda i Choque a sgomberare lo storico luogo degli indigeni accanto allo stadio di Rio de Janeiro. I preparativi per i Mondiali 2014 si fanno sempre più imponenti. 

I preparativi per i Mondiali di Calcio 2014 sono già iniziati da molto tempo in Brasile, soprattutto a Rio de Janeiro. All'insegna della gentrificazione e speculazione urbana, la governance carioca ha deciso nelle giornate di ieri e oggi [15-16 dicembre] di portare a termine uno dei compiti che durante lo scorso anno, grazie alle resistenze e ai movimenti sociali deflagrati in tutto il Paese, non era riuscita a realizzare: sgomberare l'Aldeia Maracanã, storico luogo ospitante il museo e l'università indigena situato proprio al lato dell'ormai celeberrimo stadio. Il grande evento, prima della Confederation Cup e adesso dei Mondiali ha imposto un ampliamento dello stadio di Maracanã la cui estensione interessa appunto anche lo spazio dell'Aldeia. 
Con la complicità e la connivenza reciproche la Camara Municipal, il Governo di Cabral e le varie organizzazioni sportive vogliono cancellare tutta la storia ricca di eventi di liberazione dalle forme di schiavitù e subalternità, a cui gli indigeni erano costretti per secoli, rappresentati da quel luogo simbolico. 
La comunità indigena è sempre stata protagonista delle mobilitazioni per l'autodeterminazione e la giustizia sociale, lottando con forza contro i tentativi di esproprio delle loro terra, tramite cui avevano piena sovranità alimentare e indipendenza dal lavoro sfruttato del latifondo, e riuscendo spesso a connettersi ad altri percorsi di rivendicazione.
Proprio per tutti questi motivi, una prima mobilitazione degli indigeni coalizzati con i vari movimenti di lotta per la casa era riuscita a rioccupare l'Aldeia dopo il primo violentissimo sgombero, creando al suo interno una sorta di acampada permanente con anche funzione abitativa, visto che alcuni indigeni vi hanno sempre continuato a vivere durante gli ultimi anni.

Colombia - Le FARC decretano un cessate il fuoco unilaterale di un mese

Lo scorso 9 dicembre il Segretariato dello Stato Maggiore Centrale delle FARC-EP ha diffuso un comunicato mediante il quale ordina a tutte le unità guerrigliere un cessate il fuoco unilaterale per 30 giorni, che entrerà in vigore il 15 dicembre prossimo e il cui termine sarà il 15 gennaio 2014.
Per tutta risposta, il guerrafondaio presidente “Jena” Santos ha dichiarato che “le istruzioni alla Forza Pubblica sono chiarissime: 
continuare l'offensiva militare in tutto il territorio nazionale”.
Nel comunicato dell'insorgenza si legge che il governo ha implementato “il rinforzo permanente e crescente dell'attività militare dello Stato” contro tutte le unità guerrigliere, di fronte “ad un'opinione pubblica nazionale che osserva con perplessità lo strano mix di dialoghi e morte con il quale il governo nazionale concepisce la riconciliazione.”
Le FARC denunciano che mentre da una parte “si parla molto di gesti, peraltro anche pretesi, che possano inviare segnali positivi alla comunità internazionale”, dall’altra “in tutta la Colombia imperversano le operazioni di sterminio per mano delle truppe governative.” E poi puntualizzano che “dal Nariño al Cauca, dall'Arauca al Catatumbo, così come nel Guajira e nel Putumayo, i bombardamenti, i mitragliamenti, gli sbarchi e l'occupazione del territorio, con tutto il loro abituale seguito di crimini, aumentano e si acutizzano con sanguinario fanatismo, mettendo in chiaro la volontà reale che anima il governo nazionale”.
Rispetto alla tregua unilaterale, però, il Segretariato ordina altresì “di mantenere l'allerta di fronte a qualunque operazione nemica, cui si dovrà rispondere senza dilazione alcuna”.
A ventitré anni esatti dal tradimento dell'ex presidente César Gaviria Trujillo, che affossò le possibilità di superamento del conflitto ordinando un'enorme operazione militare contro “Casa Verde”, l'accampamento principale del Segretariato, la guerriglia propone un nuovo cessate il fuoco unilaterale, con l'obiettivo non solo di predisporre un contesto favorevole all’ulteriore sviluppo dei lavori al Tavolo dell'Avana, ma anche di consentire al popolo colombiano di passare le festività di fine anno in un clima meno belligerante.
Ciò nonostante, Juan Manuel Santos, stretto fra i sondaggi e i calcoli elettoralistici e pressato dall'estrema destra ultrareazionaria, non ha né la volontà né la forza di corrispondere a questo gesto di pace delle FARC con un provvedimento di reciprocità, che ora più che mai sarebbe necessario.

venerdì 13 dicembre 2013

Uruguay - Una scelta contro il proibizionismo e i suoi profitti: la marijuana è legale

di Filippo Fiorini
Tre­dici ore di discus­sione e tre­dici voti con­trari non sono bastati a fer­mare il pro­getto di legge per la rego­la­men­ta­zione del mer­cato della can­na­bis in Uru­guay: la mari­juana è uffi­cial­mente legale e tra meno di sei mesi sarà pos­si­bile col­ti­vare, com­prare e fumare erba senza troppe noie per tutti i cit­ta­dini e i resi­denti che abbiano rag­giunto la mag­giore età. La norma, che per il ruolo cen­trale dello Stato e per il per­messo di pro­du­zione rico­no­sciuto ai sin­goli dà alla pic­cola repub­blica char­rua un pri­mato mon­diale in fatto di diritti, per­met­terà il con­sumo per tre ragioni cen­trali: le tera­pie medi­che, la ricerca scien­ti­fica e gli scopi ricrea­tivi. Con­tro un’unica grande minac­cia: il narcotraffico.
«Si tratta di un espe­ri­mento e se dovesse andar male, siamo pronti a tor­nare indie­tro», ha detto il pre­si­dente José “Pepe” Mujica, l’uomo che con il suo appog­gio per­so­nale ha garan­tito il voto uni­ta­rio di tutta la coa­li­zione di governo, Frente Amplio, e quindi il suc­cesso par­la­men­tare di un pro­getto molto cri­ti­cato den­tro e fuori dalle stanze del potere. In senato, infatti, la pro­po­sta è pas­sata per 16 voti su 30 e alla Camera ha dovuto affron­tare le obie­zioni di tutto l’arco oppo­si­tore. A que­sto, si aggiunge lo scet­ti­ci­smo di una comu­nità medica ancora spac­cata e l’opinione con­tra­ria di più del 61% della popo­la­zione, regi­strata in set­tem­bre dall’agenzia pri­vata Cifra.

giovedì 12 dicembre 2013

Usa-Cina le relazioni pericolose

di Angela Pascucci

Strana coppia, G2, partnership strategica del XXI secolo, nemici/amici. Le definizioni del rapporto senza precedenti fra Usa e Cina non sono mai state facili e si sono sempre consumate rapidamente, a riprova dell’evoluzione accelerata delle dinamiche che ormai coinvolgono le due potenze su tutto lo scacchiere planetario. La nuova leadership cinese guidata da Xi Jinping chiede oggi agli Stati uniti di prendere atto che la relazione, resa inscindibile dall’economia di mutua dipendenza, deve essere portata a un livello più alto, definito da Pechino “un nuovo tipo di rapporto fra superpotenze”. Washington non ha ancora deciso se e come gli conviene aprire questa nuova fase, che comporta un riconoscimento di portata storica, ma deve prendere atto che non può sottrarsi.

Lo ha dimostrato l’atteggiamento del vice presidente Biden, ritrovatosi il 4 dicembre scorso a Pechino nel frangente drammatico dello scontro sino-giapponese sulla nuova zona di difesa aerea stabilita dalla Repubblica popolare (Rpc) che ingloba un gruppo di isole contese, le Senkaku-Diaoyu, decisione che ha visto gli Usa schierare i propri B52 al fianco dell’alleato giapponese, come da trattati. Neppure una parola è stata proferita sulla questione nella conferenza stampa congiunta finale, seguita ai colloqui durati ben cinque ore fra Biden e Xi Jinping. Ma le dichiarazioni rilasciate avevano l’inquietante sapore delle questioni irrisolte, anche se c’è chi ha voluto vedere in questo silenzio una sorta di “maturità”. Il capo dei capi cinese, dopo aver parlato di un anno in cui i rapporti avevano avuto un buon avvio e “mantenuto un momento di sviluppo positivo”, ha dichiarato che la situazione nella regione e nel mondo sta cambiando, con sfide sempre più pronunciate e punti caldi nell’area che continuano ad accendersi inaspettatamente. “Il mondo nel suo insieme non è tranquillo” ha detto Xi, e Usa e Cina devono assumersi responsabilità importanti per mantenere la pace. 

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!