sabato 28 luglio 2012

India - Il rischio di una promessa tradita


di Giovanni Mafodda - Tratto da Limes
Il più recente colpo basso all’ottimismo di quanti ripongono nei Bric (Brasile, Russia, India e Cina) le speranze di una reale capacità di traino dell’economia mondiale fuori dalla perdurante “grande recessione” lo ha dato nei giorni scorsi l’aggiornamento trimestrale del Fondo Monetario Internazionale sull’economia globale e la stabilità finanziaria. L'Fmi ha corretto al ribasso le tutt’altro che rosee prospettive di crescita delineate con l’analisi precedente.
Il contagio che interessa le economie emergenti è amplificato da vulnerabilità peculiari ai rispettivi paesi, come nel caso già evidenziato del Brasile; vulnerabilità date per risolte, come per incanto, dalla performance drogata dall’eccesso di liquidità che ha caratterizzato la fase più recente del sistema economico internazionale.
 I numeri delle correzioni al ribasso dell'Fmi sono per l’India i più severi tra quelli relativi ai paesi emergenti. Le previsioni di crescita dell’economia del subcontinente evidenziano un ulteriore taglio dello 0,7%, al netto del quale il pil dovrebbe posizionarsi a livelli non superiori al 6,1 e 6,5% rispettivamente per l’anno in corso e per il prossimo. Un ritmo ritenuto dai commentatori e da molti esponenti politici indiani insufficiente a far procedere su un reale percorso di crescita diffusa un paese di 1,2 miliardi di abitanti.
 Nel 1991 la “rivoluzione economica” di Manmohan Singh, attuale primo ministro e da qualche settimana anche ministro delle Finanze, ha liberato l’India da molte delle pastoie del “license Raj”, un sistema improntato all’esempio dalle economie pianificate che sottoponeva, frustrandolo, ogni tentativo di esercizio imprenditoriale ad un complicatissimo ed imponente apparato di permessi, regole e licenze. La ricetta di Singh ha quadruplicato da allora la taglia dell’economia indiana, assicurando ritmi di crescita media annua superiori al 7%, con picchi del 9% nel biennio 2007/2009 e accumulando tra il 2007 ed il 2012 un incremento del 43% del pil secondo solo alla Cina (56%). Essa sembra però non bastare più ad assicurare ritmi di crescita sostenuti.

Spagna - Intervista a Pablo Elurdoy - Revista Diagonal


Puoi inquadrarci la situazione che sta attraversando la Spagna sia a livello di mobilitazioni, sia per quanto che sta facendo il Governo, sia per il tema dello "scontro" tra Governo centrale e autonomie locali?
Quello che sta succedendo in Spagna è che dopo la parentesi provocata dalle elezioni e lo sciopero generale convocato dai sindacati, in una forma tradizionale di protesta, gli ultimi attacchi dei "mercati", come vengono chiamati qui, degli investitori istituzionali, per usare la terminologia sulla credibilità del debito, hanno fatto sì che il Governo si trovi nella situazione in cui i tagli e i vari piani di austerità non sono serviti a calmare questi attacchi alla credibilità del debito.
L'ultima manovra di tagli fatta il 12 luglio, in cui è stato attaccato il settore che aveva sinora meglio sopportato la crisi, ovvero il pubblico impiego e il lavoro qualificato, ha portato ad una situazione in cui i lavoratori pubblici e della classe media hanno reagito quasi per la prima volta dall'inizio della crisi. Infatti, lo sciopero del 29 maggio non aveva coinvolto i lavoratori del pubblico impiego che non erano scesi in piazza, mentre questa volta sono stati loro stessi ad essere protagonisti delle mobilitazioni.
Questi lavoratori si sono organizzati per la prima volta in maniera non verticale, o comunque meno verticale che in altre occasioni.
Uno per uno, luogo di lavoro per luogo di lavoro, hanno iniziato a reclamare lo spazio di dibattito per contrapporsi ai tagli. Hanno iniziato a mobilitarsi in una forma diversa da quella tradizionale dei sindacati.
La manifestazione del  19 luglio é stata l'evidenza della nuova fase dello scontro. Ci sono stati blocchi stradali, cortei, manifestazioni dei distinti settori che si sono visti attaccati dalla riforma. Adesso bisogna vedere come proseguiranno questi avvenimenti visto il periodo dell'anno in cui ci troviamo, e cioè luglio e agosto che sono un periodo di relativa calma.
Per quanto riguarda le comunità autonome e la loro "ribellione", bisogna tener presente che una delle caratteristiche che questo modello ha assunto durante la transizione è stato arrivare a prevedere che le comunità autonome avessero più competenze.
Competenze soprattutto per quelle realtà che le hanno sempre storicamente rivendicate, per quelle che hanno  identità e peculiarità storiche particolarmente forti, come la Catalunya e i Paesi Baschi, anche se poi questo si è esteso a tutte le realtà dello stato spagnolo. L'ultimo taglio del 19 luglio non solo ha minato la capacità d'investimento e con questo anche la capacità di creazione di politiche pubbliche delle comunità, ma, oltre a minarla, ha anche ridato un ruolo alle "deputazioni", che sono delle figure pre-franchiste quasi centenarie che durante il franchismo acquisirono molta importanza proprio perchè il regime non voleva riconoscere alle comunità le proprie autonomie.
Quindi con la scusa dell'austerità e a causa della cattiva gestione delle comunità autonome, governate queste dal PP, è stata recuperata una figura identificata con il "centralismo", che come sapete in Spagna è un tema che suscita molte polemiche. Questo recupero delle deputazioni nasonde una ristrutturazione dello stato nel livello di trasferimento delle competenze.
E' paradossale: le comunità autonome che hanno maggiori debiti e sono in condizioni peggiori  sono proprio quelle governate dal PP, ovvero la Comunità Valenciana, simbolo della speculazione, quella di Murcia che agisce con lo stesso schema, la Castiglia e poi la Catalogna, che è un'eccezione perchè sta applicando i dettami neoliberali a tutta velocità, adrittura più velocemento dello stesso governo (per esempio i tagli dei lavoratori pubblici c'è stato prima in Catalogna che nel resto dello stato a tal punto che le misure del 12 luglio non vi sono state applicate perchè già in atto).
In questo quadro come è possibile costruire percorsi di alternativa?

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!