domenica 27 maggio 2012

Egitto - L’incubo del ritorno al passato e il bel risultato socialista.


«Ora sia Fotuh a sostenerci al secondo turno» dichiara al Manifesto, Mohammed Mursi, leader del partito dei Fratelli musulmani e vincitore del primo turno delle elezioni presidenziali in Egitto. «Il suo programma non differisce dal nostro.
È il tempo dell’unità» – continua Mursi. «Daremo la vice presidenza a uno dei candidati che non ha superato il primo turno» – aggiungono i leader della fratellanza nella conferenza stampa di sabato, organizzata per dichiarare la vittoria.
Si sono chiuse da 48 ore le urne, non ci sono ancora i risultati definitivi,ma con oltre il 25% dei voti Mohammed Mursi passa al secondo turno insieme all’ex uomo di Mubarak, Ahmed Shafiq (24,8%).
Mursi è l’unico dei candidati con alle spalle la grande organizzazione di un partito (Libertà e giustizia) con un controllo capillare del territorio. In più, gli sheikh delle moschee hanno chiesto ai fedeli di votare per l’esponente della fratellanza nei sermoni del venerdì. Mentre militari entrano ed escono dai seggi, al caffè Marusa di via Port Said nel quartiere di Sayeda Zeinab si festeggia il grande risultato dell’«aquila» di Hamdin Sabbahi.
La grande sorpresa dell’Egitto del dopo rivolte sono i socialisti. Hanno conquistato nuovo spazio, nonostante la retorica nazionalista li abbia per decenni disattivati nel sistema del partito unico voluto da Nasser e dai suoi successori. Sabbahi, nasserista, ex leader di Karima (dignità), «è l’unica alternativa al populismo nazionalista e islamista», assicura Khaled. Il giovane attivista porta al braccio il simbolo di Amr Moussa. «Per un giorno di campagna elettorale mi hanno pagato 150 ghinee (circa 18 euro,ndr). Ma l’unico successo per la rivoluzione può venire da Sabbahi, che non aveva i mezzi per fare campagna elettorale». E così, il terzo posto di Sabbahi, con il 20%, sembra davvero incredibile. L’ex sindacalista ha convinto gli elettori dei grandi quartieri urbani del Cairo, Giza e Alessandria dosando elogi e critiche per riforma agraria e capitalismo di stato di Nasser. «Sabbahi era in piazza Tahrir ed è uno dei pochi candidati che, ufficiosamente, abbiamo sostenuto contro il vecchio regime» – aggiunge al manifesto Ahmed Maher di «6 Aprile».
D’altra parte, il quarto posto di Abou el-Fotuh, progressista espulso dalla fratellanza musulmana, chiarisce come sinistra secolare e islamismo riformista abbiano un nuovo spazio da organizzare nella società egiziana. Nella sede del movimento di Fotuh nel quartiere di Helmeya non si nasconde la delusione.
«Non sosterremo chi ci ha cacciato» - dichiara affranto Ahmed Samir – «Fotuh è l’uomo del progresso per giovani e poveri, ma la campagna elettorale per le strade non ha pagato». In realtà, anche l’incognita del voto salafita si è finalmente sciolta. Nessuno di el-Nour ha appoggiato Fotuh. «Mursi sarà il nostro candidato al secondo turno» – ammette Emad Ghafour, insieme ai network salafiti, incluse le gama’at al-islamiyya.
Poche le luci e tante le ombre di questo voto: «è un incubo. Ora perchi dovrei votare?» – dice Walaa, attivista dei movimenti di resistenza extraparlamentare in piazzaTahrir.
Il secondo posto di un feloul (uomo del vecchio regime), come Ahmed Shafiq, preoccupa non poco. «È vero che gli egiziani vogliono sicurezza e stabilità, ma l’elezione di Shafiq porterebbe soprattutto nuove manifestazioni» – commenta Gamal Gawad del Centro studi Al-Ahram. «Shafiq ha ottenuto l’appoggio di militari, degli ex uomini del Partito nazionale democratico e della Chiesa copta», continua l’analista. E così, come dimostrato dalla strage dello stadio di Port Said del febbraio scorso, l’ex partito di Mubarak è in grado ancora di controllare «un sistema di piccola criminalità e di voto di scambio» che attiva violenze o impone alla polizia di non intervenire per sedare incidenti.
Per queste ragioni, da deputati e intellettuali si sono immediatamente levate voci contro Ahmed Shafiq, che dovrà rispondere delle accuse di frodi elettorali.
In questo senso, il deputato liberale Amr Hamzawi ha chiesto a Mursi di dimettersi, perchè tutto il fronte delle opposizioni al vecchio regime «si unisca intorno a Sabbahi». Nonostante ciò, proprio i liberali sono i grandi sconfitti di questo voto. El-Baradei ha lasciato i paese, dichiarando l’illegittimità del nuovo presidente «in assenza della nuova Costituzione». La milionaria campagna elettorale di Amr Moussa, quinto, ha raccolto una fredda accoglienza nel popolo egiziano. Si attendono le indicazioni di voto di Fotuh e Sabbahi per capire quante possibilità abbia Ahmed Shafiq di sconfiggere Mursi al secondo turno puntando, da una parte, sul pericolo di un presidente islamista e, dall’altra, sulla promessa di un premier della Fratellanza.
È certo che in Egitto dalla gioia di andare al voto senza conoscere già il risultato si è passati in poche ore all’incubo del ritorno al passato.
Tratto da Il Manifesto

Egitto - Ha vinto la democrazia non la rivoluzione

Mohammed Morsi dei Fratelli musulmani e Ahmed Shafiq, espressione dell’ancien regime, vanno al ballottaggio di metà giugno, che potrebbe essere a tre con il nasserista Hamdeen Sabahi. Deciderà la Commissione elettorale. Rabbia e delusione tra i giovani rivoluzionari.

Il  candidato dei Fratelli musulmani Mohamed Morsi con il 25,3 per cento dei voti e il controverso esponente laico Ahmed Shafiq (l’ultimo premier dell’ex raìs-faraone Hosni Mubarak) con il 24 per cento, hanno vinto il primo turno delle elezioni  presidenziali del 23 e 24 maggio. Si sfideranno in un faccia e faccia, senza precedenti nella storia egiziana degli ultimi decenni, nel ballottaggio di metà giugno. Sfida che potrebbe essere allargata a tre, dato che il terzo classificato, il candidato nasserista e della sinistra Hamdeen Sabahi, ha ottenuto un sorprendente 22 per cento. La legge elettorale infatti prevede, se i primi due candidati conseguono un numero piu’ o meno uguale di voti, che al secondo turno venga incluso un terzo candidato. Presto si conoscerà la decisione della Commissione elettorale.

Messico - Oaxaca - La lotta dei maestri


A sei anni di distanza dalla rivolta che per mesi riuscì a sovvertire l'ordine costituito in questa città e nell'intero Stato di Oaxaca, i maestri della Seccion 22 del Sindicato Nacional de Trabajodores de la Educación (SNTE) tornano ad occupare le strade e la piazza centrale della città. Mentre a Città del Messico gli studenti danno vita ad una enorme manifestazione per la democratizzazione dei mezzi di comunicazione, in un momento in cui la campagna elettorale dei diversi candidati alla presidenza della repubblica rende ancora più evidente la collusione tra il potere mediatico e quello politico, a Oaxaca si organizza un presidio, a tempo indefinito, di migliaia di persone in difesa dell'istruzione pubblica e protestare contro la Riforma della Legge Federale del Lavoro promossa dal partito di governo, il PAN, e dal PRI.
A partire dal 21 di maggio migliaia di maestri hanno bloccato l'accesso a banche, centri commerciali e sedi amministrative e governative esigendo, da parte del governo federale, una risposta alle loro istanze: in primo luogo la cancellazione dei programmi di governo che mirano al soffocamento dell'istruzione pubblica attraverso il finanziamento di quella privata; ma anche la cancellazione della proposta di riforma della legge sul lavoro che prevede la sospensione di alcuni diritti fondamentali dei lavoratori in tema di contratti, salari, flessibilità e sicurezza; "se venisse approvata la proposta del PAN e del PRI per riformare la Legge Federale del Lavoro si produrrebbe più povertà, nuovi problemi sociali e una grave negazione dei diritti umani e dei lavoratori. Il Messico non si convertirà certo in un modello garantista dei di diritti dei lavoratori, che oggi vengono difesi dall'articolo 123 della Costituzione, ma in difensore dei privilegi delle imprese", dicono i maestri.

mercoledì 23 maggio 2012

Egitto alle elezioni


Oggi più di 50 milioni di egiziani si recheranno alle urne per eleggere il presidente della Repubblica. Dovrebbe essere l’ultimo passaggio del periodo di transizione iniziato il 25 gennaio del 2011, quando piazza Tahrir diventò il centro del mondo e dopo trenta anni il regime di Hosni Mubarak è finito. Tanti sono, però, i dubbi e le incertezze che ruotano attorno al voto. Riportiamo l'intervista fatta da E il mensile online sulle elezioni egiziane a Marcella Emiliani, docente di Storia e Istituzioni del Medio Oriente e di Relazioni Internazionali del Medio Oriente presso la Facoltà di Scienze Politiche a Forlì e di Sviluppo Politico del Medio Oriente presso la Facoltà di Scienze Politiche di Bologna, autrice di Medio Oriente, una storia dal 1918 al 1991 e, appena pubblicato da Laterza, la seconda parte: Medio Oriente, una storia dal 1991 a oggi.
di Cristian Elia
Cosa si aspetta dal voto? Qual’è la situazione in Egitto?
Il clima non è tranquillo. Quello che gli egiziani temono di più è che queste elezioni siano causa di violenze, di scontri tali da ‘costringere’ i militari a rimanere al potere. Il quadro politico è estremamente confuso, debole. Perché è vero che ci sono decine di partiti emersi da questo processo di democratizzazione, ma non sono partiti realmente rappresentativi, al di là della Fratellanza Musulmana sulla quale però bisogna fare un discorso molto chiaro: i sondaggi dei quotidiani egiziani parlano di una grande flessione di consenso dalle legislative a oggi. Lo slancio della repressione subita in passato da Nasser, Sadat e Mubarak, che ha garantito un voto di protesta, pare ridimensionato.
Che idea si è potuta fare dei candidati?

Messico - Grande manifestazione a Città del Messico contro la candidatura di Peña Nieto


Si è svolta il 20 maggio con partenza dallo Zocalo di Città del Messico una grande marcia, convocata dai social network, contro la candidatura di  Peña  Nieto del PRI a Presidente della Repubblica. In migliaia hanno manifestato per ricordare le sue responsabilità nella repressione di Atenco. Moltissimi i giovani.
Las calles de la ciudad de México se inundaron de indignación. Decenas de miles de hombres y mujeres de muchas generaciones, predominantemente jóvenes, salieron a las calles el 19 de mayo para, en sus palabras, dejar claro que: “aquí estamos y no vamos a permitir que no nos escuchen”. La marcha, convocada a través de las redes sociales, fue contra la candidatura a la presidencia de Enrique Peña Nieto, del Partido Revolucionario Institucional (PRI), pero de manera integral fue, como indica Trinidad Ramírez, del Frente de Pueblos en Defensa de la Tierra (FPDT), una de las organizaciones más aguerridas, “contra todo el sistema, no sólo contra un solo partido”.
La multitudinaria movilización fue, literalmente, en sentido contrario. No llegó al Zócalo sino que partió de ahí, recorrió la avenida Reforma e invadió con una gran columna los alrededores del Ángel de la Independencia. No hubo banderas ni gritos partidarios, pues justo fue contra “las mentiras que todos nos dicen, pero principalmente contra Peña Nieto, que tiene a Televisa a su servicio”, señaló Ernesto Figueroa, estudiante de la Universidad Nacional Autónoma de México.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!