Video intervista al portavoce della polizia comunitaria di Tepaltepec, stato del Michoacan, Messico
di Fabrizio Lorusso
Il fenomeno dei gruppi di autodifesa e delle polizie comunitarie contro i narcos sono una risposta popolare alla latitanza dello stato
Questo video del giugno 2013 (visibile anche a questo link),
ora sottotitolato in italiano da Clara Ferri e intitolato “Polizia
comunitaria in Messico”, contiene un’intervista completa a José Manuel
Mireles Valverde, medico della comunità di Tepaltepec, un comune di
24mila abitanti che si trova nello stato centrosettentrionale di
Michoacán, a 560km da Città del Messico. E’ una testimonianza preziosa e
completa che ci racconta direttamente un fenomeno preoccupante, in
crescita, difficile da controllare e dagli sviluppi futuri
imprevedibili: nell’ultimo anno ha interessato almeno 4 stati diversi
(Guerrero, Oaxaca, Michoacán e Morelos) ed evidenzia chiaramente la
perdita totale di affidabilità e credibilità da parte delle autorità
locali, ormai non più in grado di garantire la sicurezza ed anzi sempre
più spesso colluse, o quanto meno accondiscendenti, con la criminalità
organizzata.
Mireles è il Consejero General del Consejo Ciudadano de Autodefensas, cioè il consigliere generale e portavoce della polizia comunitaria che è nata nel febbraio 2013 con lo scopo di difendere i cittadini vessati dai narcos e abbandonati dalle forze dell’ordine, incapaci di proteggere la popolazione per ammissione dello stesso sindaco di Tepaltepec, Guillermo Valencia, che, spiega, può contare solo su 30 poliziotti non tutti armati. Un po’ poco per difendere il comune dal narco-cartello dei Caballeros Templarios. La presenza e le angherie di questo gruppo viene denunciata dall’intervista di Mireles che è una richiesta di aiuto rivolta verso il governo messicano e anche di altri paesi, ma allo stesso tempo rappresenta una presa di posizione forte della comunità, ormai allo stremo, in favore della gestione autonoma della protezione cittadina.
Mireles è il Consejero General del Consejo Ciudadano de Autodefensas, cioè il consigliere generale e portavoce della polizia comunitaria che è nata nel febbraio 2013 con lo scopo di difendere i cittadini vessati dai narcos e abbandonati dalle forze dell’ordine, incapaci di proteggere la popolazione per ammissione dello stesso sindaco di Tepaltepec, Guillermo Valencia, che, spiega, può contare solo su 30 poliziotti non tutti armati. Un po’ poco per difendere il comune dal narco-cartello dei Caballeros Templarios. La presenza e le angherie di questo gruppo viene denunciata dall’intervista di Mireles che è una richiesta di aiuto rivolta verso il governo messicano e anche di altri paesi, ma allo stesso tempo rappresenta una presa di posizione forte della comunità, ormai allo stremo, in favore della gestione autonoma della protezione cittadina.
Infatti,
il titolo originale del documento era “Caballeros Templarios nel
Michoacàn: Testimonianza dell’Autodifesa Cittadina”. Basta visitare il loro sito (link) per
chiarirsi ulteriormente le idee sul perché della loro nascita. Dice il
sottotitolo della pagina web: “Il popolo che s’è alzato contro il
crimine organizzato”. Nella sezione video il loro motto è una citazione
del filosofo spagnolo José Ferrater Mora: “Per me solo è giustificabile
la violenza contro il tiranno, poiché il tiranno è l’incarnazione della
violenza, e usarla contro di lui è un modo di distruggerla”.
Lo
stato del Michoacán fu il primo ad essere letteralmente invaso
dall’esercito nell’ambito delle operazioni anti-narcos che all’inizio
del 2007 diedero inizio alla narcoguerra contro i cartelli della droga
voluta dall’ex presidente Felipe Calderón. Dopo quasi 7 anni di
operazioni di polizia e militari nella regione, la violenza del
narcotraffico non è cessata e sono aumentati i cartelli in lotta (Sinaloa, Zetas, Familia Michoacana, Caballeros Templarios, Jalisco Nueva Generación) per il controllo del territorio, visto che lo stato ha praticamente abdicato. Gli abitanti della terra caliente,
la zona più abbandonata dalle istituzioni e più colpita dalla violenza,
dalle angherie e dagli affari illeciti dei narcos, si sono organizzati
seguendo l’esempio di altre comunità in condizioni simili nel vicino
stato di Guerrero. Hanno creato quindi una polizia comunitaria (o gruppi
di autodifesa) con la capacità di “convocare 3000 uomini armati in
un’ora”, come riferisce Mireles.
E’
uno dei “nuovi” effetti collaterali della narcoguerra che viene a
sommarsi ai 27mila desaparecidos, agli oltre 250mila “desplazados”
(persone costrette a lasciare le proprie case e le proprie terre per la
violenza), al logoramento del tessuto sociale, alla riproduzione del
trauma, alla normalizzazione della violenza e agli oltre 100mila morti
degli ultimi 7 anni. Il rischio che i gruppi di autodifesa degenerino in
bande paramilitari o in sistemi paralleli e sommari di controllo del
territorio, dell’economia e della giustizia esiste, ma è più forte la
necessità degli abitanti di recuperare la tranquillità perduta e, per
ora, come spiega Mireles, la polizia comunitaria ha funzionato e ha
evitato che i sicari dei Caballeros Templarios continuassero a
terrorizzare la popolazione con le loro scorribande stile far west.
La natura delle polizie comunitarie messicane è dunque differente rispetto a quella dei paramilitari controinsurrezionali delle Autodefensas Unidas de Colombia (AUC) che
oggi non esistono più, almeno ufficialmente, ma che negli anni novanta e
primi anni 2000 s’erano trasformate in vero e proprio esercito privato,
ossia dei mercenari in buona parte finanziati da attività di
narcotraffico al soldo di latifondisti e impresari colombiani.
Non solo le classi popolari, ma anche gli imprenditori locali sostengono le autodefensas perché
appunto le vittime di estorsioni, racket, stupri, omicidi e ricatti
erano anche (e soprattutto) loro. La figura del “poliziotto comunitario”
non armato è prevista dalla legislazione dello stato di Guerrero ed
esistono dei meccanismi per integrare questi elementi tra i quadri della
polizia regolare. Invece i gruppi di autodifesa armati sono illegali.
Ci
sono proposte per la creazione di nuove leggi che permettano la difesa
delle comunità a livello nazionale, ma per ora il parlamento non s’è
espresso in proposito. Indipendentemente dalla legislazione in vigore in
ogni stato e a livello federale, di fronte alle reiterate assenze e
indifferenze ufficiali ed alla presenza stabile di narcos e
sequestratori, il popolo ha impugnato le armi rompendo di fatto il
monopolio dell’uso della forza che definisce una delle funzioni dello
stato. Vero è che quel monopolio era già stato rotto da decenni di
abbandono istituzionale e di crescita paramilitare delle mafie locali e
nazionali, quindi nulla di nuovo.
Ad ogni modo c’è un precedente importante, i gruppi di autodifesa esistono nel Michoacàn già dal 2011, cioè da quando nel municipio di Cheràn gli
abitanti hanno deciso di unirsi e armarsi per la difesa dei loro boschi
minacciati dall’alleanza nefasta tra i taglialegna e i narcos che danno
loro protezione. Cheràn, comunità di 13mila abitanti, s’è dichiarata
municipio autonomo e, in seguito, il gruppo autonomo di difesa è stato
riconosciuto dalle autorità del Michoacàn e continua a occuparsi della
vigilanza notturna e degli accessi al territorio comunale contro la
criminalità organizzata.
Le ripetute minacce dei narcos e
i loro video di spiegazione che intimano le comunità di restituirgli il
controllo dei “loro” territori o la stipula di patti di sangue tra
autodifese e cartelli non hanno sortito effetti e l’esperimento
continua. Ecco per esempio un video postato da MundoNarcoTv in cui El Tio,
esponente di spicco dei Caballeros Templarios, chiede un patto alla
polizia comunitaria di Tepaltepec (una specie di tregua per il recupero e
forse la spartizione degli “affari”), la accusa di ricevere
finanziamenti da un cartello rivale, quello di Jalisco Nueva Generación,
e infine sfida a duello mortale uno dei suoi leader, Hipolito Mora.
Segnalo a questo link un altro video di presentazione e di richiesta di sostegno delle autodefensas.