Si è svolta il 5 novembre una nuova giornata di mobilitazione per il massacro degli studenti di Ayotzinapa.
Intanto per la cronaca è stato arrestato l’ex sindaco di Iguala José
Luis Abarca Velázquez e sua moglie, ricercati come "autori intellettuali"
della sparizione dei 43 studenti, della morte dei tre studenti, della
donna che viaggiava in un taxi e dei due membri della squadra di calcio
Avispones de Chilpancingo, che sono stati aggrediti dalla polizia dei
municipi di Iguala e Cocula per ordine del sindaco.
Proponiamo in
attesa della cronaca della giornata una riflessione apparsa su La
Jornada, quotidiano messicano, firmata da Luis Hernandez Navarro che
spiega quel che sta succedendo.
In ogni marcia per esigere la
presentazione in vita dei 43 normalisti di Ayotzinapa desaparecidos,
centinaia di giovani partecipano coprendosi il volto con la maschera
bianca stilizzata con sorriso, “bigote” e la barba a punta. La maschera
riproduce quella utilizzata dal rivoluzionario inglese del secolo XVII
Guido Fawkes. Gli hackers di Anonymous l’hanno resa celebre in molti
paesi.
Un chiaro esempio di come la realtà imita l’arte, l’uso
di questa maschera ha origine dal fil V di Vendetta (o V di Venganza in
ispanoamericano), elaborata a partire da un fumetto dello stesso nome e
con l’ispirazione di un altro film memorabile la Battaglia d’Algeri.
Nella storia un audace attivista solitario – che nel comics si inspira
al rivoluzionario britannico Guido Fawkes (1570-1606) – si propone di
combattere contro il governo fascista della Gran Bretagna.
Adottata da molti movimenti contro il sistema, la maschera è diventata
una icona della cultura degli indignados, in un simbolo che rappresenta
la ribellione di fronte ad un potere dispotico e all’avarizia
corporativa. Chi la usa occulta la sua identità dietro di essa e nello
stesso tempo afferma la sua appartenenza ad un collettivo.
Nel
momento centrale del film V annuncia al popolo londinese: Se vedete lo
stesso che vedo io, se sentite lo stesso e se volete trovare lo stesso
che voglio io, vi chiedo di apparire insieme a me nello stesso anno
fuori dal Parlamento ed insieme gli daremo un 5 novembre che nessuno
dimenticherà mai. Il film finisce con una scena in cui la moltitudine
disarmata con la maschera, marcia con l’intenzione di distruggere il
Parlamento.
Domani 5 novembre, centinaia di migliaia di persone
manifesteranno praticamente in tutto il paese. Non andranno a
distruggere nessun Parlamento, andranno a chiedere giustizia. Come è già
successo nel passato, come racconta nelle sue note Emir Olivares, in
molti porteranno la maschera di Fawkes, altri il fazzoletto palestinese e
altri saranno a volto scoperto. Porteranno le foto dei 43 normalistas
di Ayotzinapa detenuti e fatti sparire dalla polizia. Chiamati
dall’indignazione e dalla rabbia dentro di loro, come il popolo di V di
Vendetta, faranno una manifestazione che non sarà mai dimenticata e che
colpirà le basi del potere.
Dal momento della tragedia di
Ayotzinapa, il tempo si riduce per il presidente Enrique Peña Nieto. Di
nascosto, l’autorità gli sfugge come acqua attraverso le dita di una
mano. Senza strategia per affrontare la tragedia, limitato a far manovre
per evitare l’arrivo della giustizia internazionale contro lo stato,
cerca di fermare le lancette dell’orologio nell’attesa di un miracolo e
vede come questa V sia ogni volta più vicina a Los Pinos (residenza del
Presidente) .
Ogni mossa che fa sembra invertirle. Quando si è
fatto filtrare alla stampa nazionale l’informazione per associare i
“normalistas rurales” ai cartelli della droga, familiari e studenti si
sono alzati dal tavolo di negoziato con la PGR e la Secretaría de
Gobernación ed hanno richiesto un incontro diretto con il presidente.
Alcuni giorni dopo le stesse autorità hanno dovuto dichiarare che non
esiste nessun rapporto che leghi gli alunni con dei gruppi criminali.
In Guerrero c’è un governatore che non governa, un presidente che non
comanda, un’autorità non riconosciuta dai cittadini. Come racconta
Arturo Cano, subito dopo aver preso il potere, Rogelio Ortega Martínez
(nuovo governatore ad interim dopo l’allontanamento di Ángel Aguirre per
le sue responsabilità per il massacro degli studenti, ndt) ha chiesto
di liberare l’Autostrada, bloccata da più di otto ore. Nessuno ha fatto
caso a quel che diceva. Il 29 ottobre, 33 giorni dopo i fatti, non ha
potuto entrare nella riunione che, nell’ufficio di presidenza, Peña
Nieto ha avuto con i padri dei desaparecidos e con gli studenti, perché
non lo hanno voluto, non l’hanno riconosciuto in carica.
In
piena crisi di sicurezza e come se il Guerrero non fosse uno stato
sovrano, non ha potuto nominare il titolare della Procuraduría de
Justicia del Estado ed il segretario de Seguridad Pública. Ha affermato,
come spiegazione, che questo non spetta a lui ma allo stato centrale.
E, come se fosse un semplice funzionario universitario e non il capo
dell’Esecutivo, ha confessato: la mia vita dipende ed è in mano allo
stato centrale. E’ lo stato che deve garantire la mia sicurezza.
Le
dichiarazioni di Rogelio Ortega sono che gli dispiace per gli altri.
Sul giornale El Universal descrive l’ex governatore Ángel Aguirre,
responsabile del massacro, come seducente, carismatico, eccellente
oratore e perché non ci siano dubbi afferma che lui starà con gli amici
nel bene e nel male.
L’intervista fatta con Adela Micha non lascia dubbi. (http://goo.gl/Z7ItbZ
). Con il massimo dell’irresponsabilità, senza nessuna prova, giocando
con i sentimenti dei padri, Rogelio Ortega assicura che ci sono indizi
che i 43 giovani desaparecidos di Ayotzinapa hanno un’alta possibilità
di poter essere vivi.
Magari sia vero, ma a lui non spetta certo di dire una cosa del genere, senza avere altra prova di quel che ha detto.
Nel film V di Vendetta si avverte: “Le parole danno significato alle
cose e per chi le ascolta annunciano la verità: la verità è che qualcosa
va molto male in questo paese, no? Crudeltà ed ingiustizia,
intolleranza ed oppressione.”
Questo 5 novembre, dopo essersi
conquistato il diritto ad essere ammessi alla storia, dopo aver abolito
l’elogio a non impegnarsi, i giovani faranno di questo giorno una data
non solo per ricordare, ma anche una data per dare un nome alla
crudeltà, alla giustizia, all’intolleranza e alla repressione.
Più di 500, 40, 30, 20, 10 anni dopo
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Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.
La lucha sigue!