A 26 anni dalla fine della dittatura, e a 43 dal golpe, in Cile si cominciano a vedere segnali di un vero cambiamento della direzione di marcia nella società. Non parliamo delle prossime elezioni amministrative, dove l’astensione raggiungerà cifre sempre più alte. C’è un cambiamento molto visibile, mostrato dalle manifestazioni di agosto contro il sistema privatistico delle pensioni introdotto da Pinochet nel 1980, le più importanti dal ritorno della democrazia. Un attacco preciso alle banche e all’accumulazione di capitale delle élite. E c’è un possibile cambiamento più in profondità, nell’educazione, un cambiamento impercettibile agli analisti che non vedono quel che succede nella parte bassa della società: in appena tre anni sono state create 30 scuole, licei e università popolari e comunitarie. Sono insediate nei territori delle periferie urbane, gestite in forma autonoma con il sostegno dei genitori e del quartiere. Intanto, su una popolazione di 17 milioni di persone, 11 milioni sono indebitate e 4 sono insolventi. La gente però si è svegliata
I tempi dei popoli sono sempre altri, ben diversi dai tempi fugaci dei media, dai tempi accelerati del consumo e dell’accumulazione, ma anche dai tempi con cui noi, le persone, misuriamo le nostre vite. Per dirlo con parole di Mario Benedetti, i popoli hanno un tempo senza tempo, che non si può stringere in congiunture, meno ancora in tempi elettorali.
Nelle ultime settimane il popolo cileno ha cominciato a regolare i conti con il lascito della dittatura di Augusto Pinochet, in un aspetto centrale. Nelle grandi alamedas (i viali del Cile, ndt), centinaia di migliaia di persone hanno manifestato il loro rifiuto verso il sistema privato delle pensioni, introdotto dalla dittatura nel 1980. Domenica 21 [agosto], per la seconda volta in un mese, un milione e mezzo di persone hanno percorso le strade delle principali città. Tra una manifestazione e l’altra, un grande cacerolazo ha dimostrato che il movimento contro le Administradoras de Fondos de Pensiones (Afp Amministrazioni di fondi pensionistici) è comparso per restare e che conta su un vasto sostegno sociale. Sono state le più importanti marce dalla fine della dittatura, ventisei anni fa.
È che il sistema è troppo ingiusto. I datori di lavoro non contribuiscono al bene comune in nulla. Le sei principali Afp controllano più del 90 per cento dei risparmi che vengono depositati nelle dieci principali banche del paese. Le banche, con quei soldi, offrono crediti al consumo con interessi fino al 40 per cento. Usano il denaro dei lavoratori per intascare enormi profitti con prestiti usurari. Per contro, nove pensionati su dieci (secondo la Fundación Sol) percepiscono meno di 220 dollari, il che equivale al 60 per cento del salario minimo, poiché il rendimento dei loro risparmi è al di sotto dell’inflazione.
Due ricercatori di Sol, sottolineano che “con i fondi che le Afp amministrano e investono, si è consolidata la matrice produttiva cilena, mono-esportatrice, [che beneficia di ] rendite, e con alti livelli di concentrazione”, che paga salari molto bassi e con alti livelli di indebitamento: su una popolazione di 17 milioni, 11 milioni di cileni sono indebitati e 4 milioni sono insolventi. (fundacionsol.cl, 18 luglio 2016). La gente però si è svegliata ed è stata capace di dare visibilità a uno dei nodi dell’accumulazione di capitale delle élite protette dal pinochetismo. È solo una questione di tempo perché il sistema pensionistico privato lasci il suo posto a un altro di carattere statale e solidaristico, come quello che c’era tra il 1952 e il colpo di Stato del 1973.
L’altro movimento che sta cambiando il paese, è una conseguenza indiretta del movimento studentesco che aveva fatto irruzione nel 2011, con gigantesche manifestazioni nei viali e con l’occupazione di centri d’istruzione contro l’educazione ereditata dalla dittatura. Mi riferisco alle decine di iniziative di insegnanti e studenti che hanno messo in piedi un’altra istruzione. Anche se non c’è una quantificazione esatta, in appena tre anni sono state create 30 scuole, licei e università popolari e comunitarie, insediate nei territori delle periferie urbane, gestite in forma autonoma con il sostegno dei genitori e del quartiere.
Abbiamo potuto conoscere direttamente diverse di queste iniziative, nei più diversi quartieri di Santiago, dove docenti, abitanti dei quartieri, studenti e gente solidale stanno iniziando a creare un’educazione di nuovo tipo. Alcuni sono asili per bambini e bambine, come il Copla di San Bernardo, uno dei municipi più poveri della città. Altre sono iniziative come la Escuela Pública Comunitaria, creata da docenti che hanno deciso di farsi coinvolgere nelle lotte, o il collettivo La Maleza, formato da giovani che studiavano quando è iniziato il movimento e adesso stanno realizzando forme educative al di fuori delle logiche istituzionali e commerciali.
L’importante è che una parte – per ora piccola – del movimento per l’educazione, sia stata capace di passare dalla petizione e dalla richiesta di qualcosa alla creazione di qualcosa di nuovo, autogestito, qualcosa dove si comanda da sè, assieme ai quartieri e ai territori. Questo cambiamento, impercettibile per l’analista de arriba (per chi vede solo i fenomeni che si producono in alto, ndt), come un giorno ha scritto il defunto sup Marcos, diventerà visibile soltanto quando non potranno più né occultarlo né cooptarlo.
È una bomba di profondità per il tipo di educazione architettato dal pinochetismo.
Il Cile si muove, in direzioni molto diverse e, in questo suo muoversi, perfora il dominio, erode la credibilità della classe politica.
Non è un caso che giorni fa sia stata diffusa un’inchiesta da dove risulta che Michelle Bachelet gode di appena un 15 per cento di gradimento verso la sua gestione e un 66 per cento di rifiuto. E’ il capo di governo che registra il peggior livello di sostegno dopo il ritorno della democrazia e il più basso dell’América del Sud.
In ottobre ci sono le elezioni amministrative. Nelle precedenti ha votato appena il 40 per cento degli aventi diritto, la cifra più bassa nella storia del Cile. In queste voteranno ancora meno.
tratto da: comune-info