lunedì 9 dicembre 2024

Kurdistan - Le richieste per gettare le basi per una Siria democratica

 


                                DAANES: gettare le basi per una Siria democratica

 

La Siria si trova a un bivio storico. Il crollo del regime dittatoriale Ba'ath di Bashar al-Assad offre un'opportunità unica per ridefinire il futuro della nazione. Ora più che mai è urgente creare una nuova Siria, una Siria che abbracci le sue diverse identità nazionali, religiose e culturali e che promuova la democrazia, la giustizia e l'uguaglianza per tutti i suoi popoli.

 

Dal 2012, l'Amministrazione autonoma democratica della Siria settentrionale e orientale (DAANES) ha gettato le basi per questa visione di una Siria democratica. In questa regione, donne, diversi gruppi etnici e comunità religiose si sono uniti per combattere il cosiddetto Stato Islamico (ISIS) e altri gruppi jihadisti e costruire un modello di autogoverno che dia voce a tutti i suoi popoli. Nel corso di questo percorso, DAANES ha sempre sottolineato il suo impegno a essere parte integrante della Siria.

 

Questo modello democratico, formatosi grazie agli sforzi collettivi di curdi, arabi, armeni, assiri, turkmeni e circassi, sunniti, sciiti, alawiti, cristiani, drusi, ezidi e altri siriani, ha dovuto affrontare attacchi incessanti da parte dello Stato turco. Anche se i siriani festeggiano la liberazione dal regime di Assad, lo Stato turco sfrutta l'instabilità della nazione per colpire le regioni della DAANES. L'aggressione turca, compresi gli attacchi aerei e la mobilitazione delle milizie jihadiste per procura, rappresenta una grave minaccia per i progressi compiuti dalla DAANES, per il futuro della Siria nel suo complesso e per la sicurezza del Medio Oriente in generale.

 

Mentre diverse parti all'interno della Siria e nel mondo si esprimono a favore di una soluzione politica per il Paese dilaniato dalla guerra, lo Stato turco ha intensificato la sua guerra contro la DAANES perché non vuole promuovere la stabilità o la coesistenza in Siria. Subito dopo la caduta del regime Ba'ath siriano, l'esercito turco, in coordinamento con le sue milizie per procura, ha lanciato un attacco congiunto contro la città multietnica di Manbij, nel nord-est della Siria.

 

Una Siria veramente democratica deve sostenere i diritti delle donne, un valore centrale della DAANES. Le notizie di donne curde, tra cui membri delle Unità di protezione delle donne (YPJ), rapite da proxy sostenuti dalla Turchia nella regione di Shahba evidenziano l'urgente necessità di un'azione internazionale. Molte di queste donne sono ancora disperse, mentre i civili curdi continuano a subire rapimenti, torture e sparizioni forzate per mano delle milizie turche. Le Nazioni Unite devono indagare immediatamente su queste atrocità.


Le nostre richieste

In considerazione dei recenti sviluppi e della situazione critica in Siria, chiediamo alla comunità internazionale - comprese le Nazioni Unite, gli Stati Uniti e l'Unione Europea - di intraprendere un'azione decisiva:

 

1.        Fermare l'aggressione turca: Adottare misure immediate per fermare gli attacchi militari turchi, compresi gli attacchi aerei e i bombardamenti delle forze armate turche e le azioni condotte dalle milizie per procura sostenute dalla Turchia e opporsi agli sforzi di occupazione militare turca in Siria.

 

2.        Riconoscere la DAANES: fornire un riconoscimento formale alla DAANES e garantire sia inclusa in tutte le decisioni politiche e amministrative relative al futuro della Siria. I curdi devono essere inclusi in tutti i dibattiti e le discussioni sul futuro della Siria. Le sfide che la Siria deve affrontare non possono essere affrontate senza la partecipazione della comunità curda.

 

3.        Fornire aiuti umanitari: Fornire assistenza umanitaria urgente in collaborazione con le istituzioni DAANES per rispondere alle esigenze degli sfollati.

 

È indispensabile che la comunità globale agisca rapidamente per sostenere la DAANES e proteggere questo modello di Siria democratica e inclusiva in questo momento cruciale.


Consiglio esecutivo del KNK - 9 dicembre 2024

mercoledì 4 dicembre 2024

Kurdistan - Ultimi aggiornamenti dal nord e l'est della Siria

 Sfollamento forzato verso il nord e l'est della Siria.

Mappa elaborata da Rojava Information Center, 3 dicembre 2024

- Circa 75.000 persone sfollate da Aleppo e dalle aree circostanti verso il nord e l'est della Siria, soprattutto curdi e altre minoranze, tra cui moltissimi arabi.

- Migliaia di persone hanno dormito all'aperto nelle ultime due notti a temperature gelide e fonti del Rojava Information Center hanno riportato la morte di almeno tre anziani.

- Decine di migliaia di persone sono state trasferite dalla regione di Shehba/Tel Rifaat, conquistata due giorni fa dalle milizie dell'Esercito nazionale siriano sostenute dalla Turchia, che in precedenza avevano espulso la maggior parte della popolazione curda e tutti gli yazidi e i cristiani dalla regione di Afrin nel 2018.

- Altre migliaia di sfollati arabi sono arrivati in fuga dalle violenze diffuse nel nord-ovest della Siria.

- Sono stati istituiti due centri di accoglienza a Raqqa e Tabqa. Oltre ai campi temporanei, sono state allestite scuole e palestre per ospitare gli sfollati interni.

- Decine di persone ferite negli attacchi dell'Esercito nazionale siriano (SNA) stanno arrivando mentre le organizzazioni umanitarie si appellano alla comunità internazionale per chiedere aiuto.

- Da Tabqa partiranno degli autobus per tornare e recuperare tutti i civili che non hanno evacuato la regione di Shehba. Gli autobus saranno protetti per garantire che i civili possano essere trasportati in sicurezza.

- Il co-presidente del Consiglio di Afrin e Shehba, Muhammad Sheikho, ha dichiarato: “Gli sfollati arrivati hanno dormito all'aperto per 48-72 ore. Non c'era spazio per loro finché non è stato allestito un rifugio. Altri non sono riusciti a partire e non ci sono informazioni su di loro, mentre altri ancora sono bloccati lungo la strada, perché le loro auto si sono guastate. Tutti gli ospedali DAANES (Amministrazione autonoma democratica della Siria settentrionale e orientale) sono stati incaricati di offrire assistenza gratuita, ma c'è ancora un urgente bisogno di supporto medico, soprattutto a causa del freddo estremo”.

Rifugiati nello stadio di Raqqa

Situazione a Sheikh Maqsoud e Ashrafiyeh, quartieri curdi isolati

- I quartieri curdi isolati continuano a subire condizioni di assedio dopo che il resto di Aleppo è stato conquistato da Hayat Tahrir Al-Sham (HTS).

- Continuano i negoziati tra SDF/DAANES e le forze HTS circostanti. I rappresentanti delle SDF affermano che la popolazione locale deciderà se andarsene o rimanere.

- Si prevede un maggior flusso di rifugiati civili verso DAANES, indipendentemente dall'esito, anche se molte migliaia rimarranno nei quartieri.

- Un civile cristiano che vive a Sheikh Maqsoud dice: “La nostra situazione di cristiani sta diventando difficile. Appena [l'HTS] è entrato ad Aleppo, ha distrutto un albero di Natale [simbolo della comunità cristiana]. Ci hanno assicurato che non ci faranno del male, ma noi siamo persi. Non sappiamo cosa fare. I prezzi dei generi alimentari sono alle stelle, manca il pane e abbiamo smesso di andare a lavorare”.

Violenza contro i civili e DAANES

- I funzionari di DAANES avvertono del grave rischio di un assalto turco a Manbij, città multietnica a ovest dell'Eufrate e sede di oltre 300.000 persone che sono parte integrante del modello di governance multietnica di DAANES.

 - Continuano gli attacchi dell'Esercito nazionale siriano sostenuto dalla Turchia nel cantone dell'Eufrate di DAANES, lungo la linea di contatto vicino a Manbij e Kobane.

- Almeno tre civili curdi sono stati uccisi dal fuoco dell'SNA mentre cercavano di fuggire nella campagna di Aleppo, secondo gli osservatori locali dei diritti umani.

- Sono stati segnalati anche attacchi, rapine ed estorsioni contro i civili curdi in fuga, anche da parte delle milizie dell'SNA.

Le Forze Democratiche Siriane avanzano contro le forze pro-Assad e iraniane.

- Le Forze Democratiche Siriane hanno lanciato un'operazione contro sette villaggi nella campagna orientale della regione di Deir ez-Zor, che erano stati controllati dalle forze dell'Esercito Arabo Siriano (SAA) e dalle milizie sostenute dall'Iran e utilizzati come terreno di sosta per attaccare le SDF.

- L'offensiva è stata sostenuta da attacchi aerei contro aree controllate dalle milizie sostenute dall'Iran, attribuiti alla Coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti.

- Nella sua dichiarazione, l'SDF ha affermato che la sua offensiva era in risposta ai recenti sviluppi nella Siria occidentale, nonché a possibili attività dell'ISIS.

- Dopo duri combattimenti, il controllo dei sette villaggi rimane conteso e almeno un civile e un membro dell'SDF sono stati uccisi.

Adattamento e traduzione Cooperazione Rebelde Napoli

tratto da https://rojavaazadimadrid.org/actualizacion-3-de-diciembre-ofensiva-en-el-norte-de-siria/

martedì 3 dicembre 2024

Kurdistan - Il quartiere curdo di Aleppo si prepara agli scontri con i ji ha di sti


ERBIL, Regione del Kurdistan, Iraq - Il quartiere a maggioranza curda di Sheikh Makhsoud, nella città siriana di Aleppo, si sta preparando a un possibile attacco dei ribelli, che hanno guadagnato un territorio significativo in un'offensiva a sorpresa contro l'esercito siriano.

Le Unità di protezione del popolo (YPG), che controllano il quartiere, hanno pubblicato un video all'inizio di sabato che mostra “civili... che si preparano a difendere il loro quartiere in caso di attacco”.

Il filmato, in cui i volti delle persone sono sfocati, mostra uomini e donne, alcuni in abiti civili, che preparano i fucili e allestiscono posti di blocco improvvisati nelle strade.

“Amiamo la pace, la democrazia e la soluzione”, dice un uomo non identificato nel video, aggiungendo che giovani e anziani sono pronti a difendere il loro quartiere.


Sheikh Maqsood è stato attaccato dai combattenti jihadisti in numerose occasioni durante la guerra civile del Paese. L'ultima potenziale minaccia proviene dalle forze ribelli guidate dai jihadisti di Hay'at Tahrir al-Sham (HTS), che mercoledì hanno lanciato un'offensiva a sorpresa, sottraendo territorio alle truppe governative per la prima volta in anni.

Venerdì pomeriggio sono entrati nella città di Aleppo dopo aver conquistato diversi villaggi circostanti. Secondo i media pro-HTS, le forze hanno raggiunto i confini di Ashrafiyeh, un altro quartiere a maggioranza curda controllato dall'YPG e confinante con Sheikh Maqsood.

Nel 2016, Amnesty International ha dichiarato che gli attacchi dei ribelli islamisti al quartiere in quell'anno sono stati considerati crimini di guerra. Più di 83 civili furono uccisi negli attacchi.

Farhad Shami, portavoce delle Forze Democratiche Siriane (SDF) a guida curda, una forza sostenuta dagli Stati Uniti e guidata dall'YPG, ha dichiarato venerdì che stanno monitorando da vicino gli sviluppi e che dietro l'offensiva c'è l'arcinemico Turchia.


“Gli sviluppi nel nord-ovest della Siria sono molto delicati. Stiamo seguendo da vicino gli sviluppi con la massima attenzione. Indipendentemente dalle circostanze, la nostra incrollabile priorità nazionale e morale rimane la difesa del nostro popolo e delle nostre regioni. Di conseguenza, interverremo se necessario per proteggerli”, ha dichiarato in un post su X.

Rami Abdulrahman, capo dell'Osservatorio Siriano per i Diritti Umani (SOHR) con sede in Gran Bretagna, ha dichiarato venerdì a Rudaw che se i ribelli attaccheranno l'YPG a Sheikh Makhsoud, “ci saranno scontri violenti”. Tuttavia, ritiene che l'HTS non voglia uno scontro con le forze curde.

Altre aree curde ad Aleppo sono Tal Rifaat nel nord-ovest e Shahba nel nord. Entrambe ospitano centinaia di migliaia di curdi sfollati da altre parti del Paese, la maggior parte dei quali è fuggita dagli attacchi della Turchia e dei suoi alleati siriani.

Entrambe le aree sono sotto il controllo delle YPG e sono presenti anche le forze del regime. Fonti locali hanno riferito sabato a Rudaw che l'esercito siriano ha iniziato a ritirarsi da Shahba.

L'inglese Rudaw ha chiesto a un alto funzionario del Rojava di parlare della possibilità di un attacco turco a Tal Rifaat.

“Tutto è possibile ora. Tal Rifaat è minacciata”, ha dichiarato il funzionario, che ha rifiutato di fornire il proprio nome a causa della delicatezza della questione.

Iran e Russia, strenui sostenitori del presidente siriano Bashar al-Assad, hanno espresso il loro sostegno all'alleato. Mosca ha dichiarato che i suoi attacchi aerei hanno ucciso più di 200 ribelli in 24 ore.

Tuttavia, sia l'Iran che la Russia si trovano in posizioni molto diverse rispetto all'ultima volta che hanno aiutato Assad a cacciare i ribelli da Aleppo, nel 2016. La Russia è in guerra in Ucraina e la rete di proxy dell'Iran, tra cui gli Hezbollah libanesi, è stata indebolita da Israele.

La Turchia, che sostiene diversi gruppi di ribelli siriani, ha minacciato in passato di condurre un'offensiva per cacciare i combattenti curdi da Tal Rifaat. Ha dichiarato che sta monitorando attentamente la situazione e ha esortato le parti in conflitto a non causare “gravi instabilità”.

Ankara ha anche accusato le forze curde a Tal Rifaat e nella vicina Manbij di “cercare di approfittare dell'attuale stato di instabilità”.


Secondo il SOHR, fino a sabato i combattimenti ad Aleppo avevano causato la morte di 277 persone, tra cui 24 civili.

Adattamento e traduzione Cooperazione Rebelde Napoli

tratto da https://www.rudaw.net/english/middleeast/syria/30112024

lunedì 2 dicembre 2024

Kurdistan - Guerra in Siria: HTS e SNA - “ribelli” o ji ha di sti?



I media occidentali hanno reagito con velocità fulminea alla ripresa dei combattimenti in Siria: “Ribelli” o “insorti” stanno entrando ad Aleppo, scrive la maggior parte dei giornali, così come la BBC, la CNN o la FAZ (Frankfurter Allgemeine Zeitung). Altri giornali come Süddeutsche o Le Monde parlano di “jihadisti” o “islamisti”. Occorre analizzare con attenzione.

Due gruppi sono particolarmente importanti:

1. Il gruppo terroristico “Hayat Tahrir al-Sham” (HTS), che è il ramo siriano di Al-Qaeda e un tempo si chiamava Fronte Al-Nusra.

2. La milizia mercenaria “Esercito nazionale siriano” (SNA), fedele alla Turchia.

Mentre l'HTS sta invadendo Aleppo, l'SNA sta preparando un grande attacco all'amministrazione autonoma di Tel Rifat (Afrîn-Shehba). Nel frattempo, l'aviazione e l'artiglieria turche bombardano la regione. Anche mercenari jihadisti vengono trasferiti dalla Turchia al nord della Siria.

Ferhad Sami, portavoce delle Forze Democratiche Siriane (SDF), ha recentemente dichiarato:

“Il piano di attacco è stato elaborato dallo Stato turco e la Turchia vuole attuarlo con Al-Nusra. L'attacco segue un progetto ed è diretto passo dopo passo dalla Turchia. Per capire meglio questa operazione, bisogna guardare al ruolo della Turchia. La Turchia non vuole che in Siria torni la pace. Per occupare la Siria a lungo termine, cambia i nomi delle bande, ma è sempre lo Stato turco a coordinarle”.

 

Ferhad Şami, portavoce delle Forze Democratiche Siriane (SDF)


La confusione dei termini nei media occidentali è dovuta alla strategia dello Stato turco di utilizzare e coordinare organizzazioni jihadiste di diverso orientamento ideologico e politico per i propri piani di occupazione. Mentre l'HTS è considerato a livello internazionale un gruppo terroristico, l'SNA è tollerato come “gruppo ribelle” suppostamene moderato. Questo perché l'SNA è più direttamente subordinato alla Turchia. Inoltre, le organizzazioni che fanno parte dell'SNA e i suoi predecessori hanno ricevuto in passato il sostegno delle forze occidentali. La Turchia sta sfruttando questo comportamento ambivalente dell'Occidente per attuare i propri piani di occupazione. Anche i media occidentali reagiscono in modo ambivalente.

Va sottolineato chiaramente che, da un lato, HTS e SNA sono chiaramente terroristi jihadisti. D'altra parte, tutti dovrebbero essere consapevoli di come il regime dell'AKP/MHP abbia già sostenuto logisticamente e finanziariamente gruppi jihadisti come lo Stato Islamico (ISIS/Daesh) e sia ideologicamente vicino a loro attraverso i Fratelli Musulmani. Non va dimenticato, ad esempio, che il 29 maggio 2015 i giornalisti turchi Can Dündar e Erdem Gül hanno pubblicato su Cumhuriyet immagini che mostrano come i servizi segreti turchi del MIT abbiano fornito armi agli islamisti in Siria.

Va inoltre ricordato che i jihadisti dell'Anp e i militari turchi hanno commesso e continuano a commettere innumerevoli crimini di guerra ad Afrîn, nel nord-ovest della Siria, occupata dal 2018.

Occupazione di Afrin da pare dell’esercito turco e di miliziani mercenari nel 2018.

Il Centro europeo per i Diritti Costituzionali e Umani scrive: “I gruppi armati sostenuti dalla Turchia che operano sotto l'ombrello dell'Esercito nazionale siriano (SNA), che hanno già commesso crimini in molti luoghi, hanno imposto un governo illegittimo e arbitrario ad Afrin.

Con la consapevolezza della Turchia, commettono sistematicamente atrocità, tra cui arresti arbitrari di civili, violenze sessuali, torture, nonché saccheggi e uccisioni sistematiche”. La popolazione, prevalentemente curda, è stata cacciata dalla propria terra e dalle proprie case. In sei anni, più di diecimila persone sono state rapite dai jihadisti di SNA. Secondo l'avvocato Roşîn Hido, co-presidente del sindacato degli avvocati del cantone Afrîn-Shehba, chiedono un riscatto o costringono donne e ragazze a sposarsi ed abusano di loro come schiave. La posizione storica e ideologica dell'HTS e dell'SNA è chiarita dalle seguenti parole di Roşîn Hido: “Naturalmente, [i crimini di guerra dell'HTS e dell'SNA] hanno anche a che fare con la vendetta dell'ISIS, alla cui caduta le donne curde hanno partecipato in larga misura”.

Un esame più attento delle organizzazioni connesse rivela inoltre che non sono i ribelli o gli insorti ad avanzare qui, ma i gruppi terroristici jihadisti che non hanno nulla da invidiare all'ISIS. Per citare solo alcuni esempi:

(a) L'HTS è l'organizzazione successore del Fronte al-Nusra, il ramo siriano di Al-Qaeda. È stato l'ex leader dell'ISIS, Abu Bakr al-Baghdadi, a portare in Siria il leader supremo dell'HTS, Abu Mohammad al-Cholani, che attualmente guida l'attacco ad Aleppo, affinché al-Qaeda potesse stabilirsi in Siria. Successivamente, sono scoppiate lotte di potere tra al-Baghdadi e al-Cholani per la leadership del movimento jihadista in Siria. Al-Cholani ha di fatto vinto questo scontro di potere dopo la distruzione territoriale dell'ISIS. In questo senso, non sorprende che molti ex combattenti dell'ISIS siano coinvolti nella guerra attuale.

Combattenti di HTS partecipano ai combattimenti con gli simboli dello Stato Islamico.


Anche in Europa questi gruppi terroristici sono attivi: l'autore del più recente attacco terroristico a Monaco di Baviera del 5 settembre 2024 era un simpatizzante del Fronte Al-Nusra ed è stato controllato dalle autorità di sicurezza austriache per la presunta diffusione di propaganda a favore dell'HTS.

(b) Secondo un rapporto di Amnesty International (maggio 2016) e della Commissione Internazionale Indipendente d'Inchiesta sulla Siria, le brigate fasciste turcomanne Sultan Murad hanno commesso numerosi crimini di guerra contro i residenti del quartiere curdo di Sheikh Makhsoud ad Aleppo dopo che Fatah Halab, un'alleanza di organizzazioni terroristiche jihadiste, ha fallito nel tentativo di conquistare Sheikh Makhsoud. Il bombardamento illegale del quartiere curdo della città ha causato direttamente vittime civili. Le Brigate Sultan Murad e altre organizzazioni terroristiche sono ora membri dell'SNA e stanno cercando, per così dire, di conquistare Aleppo e il quartiere curdo per la seconda volta.

(c) Nel 2016 è circolato online un video che mostrava i combattenti di Nour al-Din al-Zinki mentre decapitavano un ragazzo palestinese di 12 anni. Il video è diventato uno scandalo, poiché questo gruppo terroristico aveva precedentemente ricevuto sostegno militare e finanziario da Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Turchia e alcuni Stati del Golfo quale “gruppo ribelle”. Elementi di questa organizzazione terroristica sono stati successivamente inquadrati nell'SNA sotto l'influenza turca.

Questi esempi non sono assolutamente esaustivi per comprendere la portata e la realtà di queste organizzazioni terroristiche sostenute dalla Turchia e in parte dall'Occidente. Tuttavia, aiutano a rappresentare che la differenza ideologica e politica tra ISIS, HTS e SNA è minima o nulla. Ciò rende ancora più strana l'incapacità dei media occidentali di elaborare un resoconto chiaro e privo di ambiguità sulla nuova escalation della guerra civile in Siria. È importante chiamare i gruppi HTS e SNA per quello che sono: gruppi terroristici jihadisti fedeli alla Turchia.

Adattamento e traduzione Cooperazione Rebelde Napoli

Tratto da https://www.ronahi.eu/2024/war-in-syria-hts-and-sna-rebels-or-jihadists/

martedì 20 agosto 2024

Kurdistan - Quaranta anni fa il PKK iniziava la lotta armata

Così era cominciata….


di Gianni Sartori

Verso la fine degli anni sessanta, complice il clima di rivolta che si aggirava per l’intero pianeta, l’allora studente in scienze politiche all'università di Ankara, il curdo Abdullah Ocalan e alcuni studenti turchi decisero di organizzarsi con un programma politico di sinistra che però non contemplava la questione curda. Un colpo di Stato nel 1971 stroncò sul nascere le loro velleità: arresti quotidiani e uccisioni in massa (molti saranno impiccati) ridussero ai minimi termini l’area legata alla sinistra radicale turca. Anche Abdullah Ocalan viene arrestato; trascorre in carcere sette mesi durante i quali valorizza la sua identità curda approfondendo la storia della sua nazione. Quando esce, insieme a due turchi, Haki Karer e Kemal Pir, promuove una conferenza ad Ankara, propedeutica ad un successivo seminario ed esordisce affermando che, all'interno dello Stato nazione turco, sono presenti due nazionalità: quella turca e quella curda. I tre danno vita ad un movimento che fino al ‘75 si impegna nello studio della storia curda, nella formazione politica dei militanti e del loro inquadramento nell’organizzazione. Le autorità turche seguono con attenzione il movimento; di contro, le organizzazioni di sinistra turche negano ogni sostegno politico e finanziario. Nel 1975, tra i 40 e i 50 studenti decidono di rientrare in Kurdistan sparpagliandosi in 2-3 per città e paesi. I risultati non si fanno attendere e dopo circa tre anni, nel ‘78, parte della popolazione li sosteneva apertamente. Nel ‘77 il governo turco fa assassinare dai servizi segreti un esponente turco del movimento. Il messaggio è evidente: tutti i militanti sono a rischio. Il ‘78 vede la nascita del PKK. La repressione si fa più brutale e molti civili vengono massacrati dagli squadroni della morte. È storicamente confermato che colpo di Stato del 1980 venne attuato per colpire innanzitutto i curdi e, tangenzialmente, le organizzazioni della sinistra turca. Le autorità sono a conoscenza del fatto che nel frattempo il PKK sta allestendo basi per praticare la guerriglia e migliaia di militanti del PKK vengono arrestati. Nel 1982 la lotta si estende nelle carceri, condotta da 7-8 mila prigionieri politici. Solo 200 militanti, tra cui Ocalan, sfuggono alla repressione spostandosi in Libano. Intanto nel Kurdistan la repressione prosegue ad alti livelli di intensità. Libri scritti in curdo vengono bruciati, la popolazione è sottoposta quotidianamente a minacce e vessazioni; ma è sui numerosi prigionieri che si concentra la brutalità del governo che cerca di innescare dinamiche di “pentimento” e delazione. Alcuni fondatori del partito vengono rinchiusi nel carcere di Diyarbakir. Durante il capodanno curdo – Newroz – che cade il 21 marzo e che è stato vietato negli anni Venti dalla repubblica turca, Haki Karer, si dà fuoco per lanciare un segnale alla popolazione. Il medesimo gesto estremo verrà compiuto, in maggio, da altri quattro dirigenti. Un mese dopo, sempre nel carcere di Diyarbakir, Kemal Pir muore dopo 65 giorni di sciopero della fame, seguito da altri quattro militanti. Per tutto l’82 continua la preparazione alla guerriglia presso i campi palestinesi che offrono ai 200 militanti del PKK la possibilità di addestrarsi. Il PKK contraccambia partecipando alla guerra contro gli israeliani nella quale rimangono uccisi 20 curdi. Nel 1983 Ocalan indice la prima conferenza con la quale annuncia l’intenzione di tornare nel Kurdistan insieme a 200 guerriglieri per intraprendere la lotta armata, considerata come l’unica possibilità contro la politica etnocida del governo turco.

Il 15 agosto 1984 trentasei guerriglieri guidata dal comandante Egîd (Mahsum Korkmaz) attaccarono un commissariato della polizia militare a Eruh (Bakur, Kurdistan del Nord, entro i confini della Turchia). Nello scontro a fuoco persero la vita una guardia e un ufficiale turchi. Nessuna perdita tra i guerriglieri.

Subito dopo, da una moschea di Eruh, venne proclamata la dichiarazione delle Hêzên Rizgarîya Kurdistanê (HRK, Forze di Liberazione del Kurdistan; un esplicito riferimento alle originarie Unità per la Liberazione del Vietnam): “Le HRK hanno come obiettivo quello di lottare per l’indipendenza nazionale del nostro popolo, per una società democratica, la libertà e l’unità, dirette dal PKK armato contro l’imperialismo e il fascismo coloniale turco”.

Alla prima azione ne seguì immediatamente un’altra sotto il comando di Abdullah Ekinci (Ali) a Şemdinli. Dove venne attaccata, con lanciagranate, una caserma.

Con duri scontri tra guerriglieri e soldati turchi.

Inoltre, se pur per breve tempo, entrambe le città rimasero sotto il controllo della guerriglia.

Si trattava dei primi segnali di opposizione al regime dopo il golpe del 12 settembre 1980. Da allora il 15 agosto per molti curdi è considerato “giorno festivo”.

Nei suoi diari, resi noti solo successivamente, il comandante Egîd confessava di aver sofferto molto per i dolori alle gambe (probabilmente per una malattia congenita) che gli impedivano quasi di camminare durante la lunga marcia di avvicinamento. Problema che non rivelò ai suoi compagni preferendo stoicamente soffrire in silenzio. Inevitabile l’analogia con la situazione patita da Ernesto CHE Guevara sia a Cuba che in Bolivia a causa dell’asma.

Nel caso l’attacco non avesse avuto buon esito, il “piano B” prevedeva che i guerriglieri si ritrovassero ai piedi della montagna di Çirav.

Arrivati a Eruh verso le ore 21 del 15 agosto (dopo aver studiato a lungo da lontano l’obiettivo con i binocoli), i guerriglieri si divisero in tre unità. I primi spari colpirono il posto di guardia, poi con i lanciagranate venne abbattuto il piano superiore della gendarmeria. Mentre parte dell’edificio cadeva in mano ai combattenti curdi, (seminando il panico tra i soldati turchi) un’altra colonna invadeva la mensa ufficiali.

Mentre per diverse ore la città restava sostanzialmente sotto il controllo curdo, vennero distrutti l’ufficio postale, una banca, i veicoli dei militari…Inoltre molto materiale amministrativo (documenti) venne confiscato . Un camion intero non bastava a contenerlo per cui una parte venne trasportata con i muli.

Per il giorno 18 agosto l’unità guerrigliera era ritornata sana e salva alla base tra le montagne.

Una svolta storica, si diceva. Paragonabile a quella intrapresa dal PAC (Poqo) e dall’ANC (Umkhonto we Sizwe) dopo il massacro di Sharpeville (21 marzo 1960) in Sudafrica. Non tanto per aver imbracciato le armi dopo decenni di resistenza passiva (il che non impediva al regime turco di condannare all'impiccagione i dissidenti), ma soprattutto per aver “cominciato a riorganizzarsi, a riappropriarsi della propria identità, a rivendicare il diritto all'autodeterminazione” (come ha ricordato Besê Hozat, co-presidente del Consiglio esecutivo del KCK).

Un riferimento storico (all'epoca almeno) non solo per i curdi, ma per altri popoli. Sia maggioritari che minoritari, più o meno oppressi, sfruttati e marginalizzati. Ma che è costato immensi sacrifici: sarebbero almeno 50 mila i curdi caduti in questa lotta di liberazione. Una lotta, va ricordato, che comunque ha saputo evolversi, aggiornarsi. Approfondire, sviluppare tematiche che forse 40 anni fa non erano ancora così presenti alla consapevolezza di tutto il movimento (ecologia, femminismo…).

tratto da osservatorio repressione

sabato 6 luglio 2024

Italia - Appello - Basta violenza In Messico! Basta violenza in Chiapas!

 A seguito della crescente violenza in Chiapas e agli appelli dei centri dei diritti umani abbiamo pensato di attivarci per dare un segnale di vicinanza e provare ad ampliare le grida che dal sud - est messicano arrivano. 

Abbiamo ricevuto decine di adesioni all'appello e altre ancora si aggiungono.

Per chi volesse può scrivere alla mail: 

cooperazionerebeldenapoli@gmail.com

Terremo aggiornato il file delle adesioni che trovate al link 

https://tinyurl.com/2s4fpr7h

Saluti e grazie a tutt@
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Basta violenza in Messico!
Basta violenza in Chiapas!

Le elezioni 2024 hanno fotografato, e reso ancora più evidente, come la violenza in Messico sia un fattore sistemico. La guerra per il controllo del territorio ha svilito il valore della vita, si ammazza per pochi pesos in tutto il paese. Il Chiapas, oggi, è uno degli stati dove la violenza si è fatta feroce. 

Dal confine con il Guatemala a Palenque, passando per i territori d'influenza zapatista, morti, paura e fughe dalle comunità sono diventate una norma di una realtà dove il mai risolto fenomeno paramilitare si è incontrato con i gruppi del crimine organizzato e le logiche di estrazione di ricchezza dai territori. 

Così oggi a Pantelhò, Tila e Chalchihuitán le persone scappano e si accampano in posti di fortuna, al confine con il Guatemala i gruppi criminali si contendono lo sfruttamento delle rotte migratorie e il controllo del traffici – legali ed illegali – che attraversano la la frontiera e la Guardia Nazionale, stanziata in migliaia di unità guarda senza intervenire. 

La politica del governo di Andres Manuel Lopez Obrador “Abrazos, no balazos” è naufragata e nel suo sessennio si contano già oltre 130mila morti. 
La nuova presidenta Claudia Sheinbaum parla di continuità con le politiche fallimentari di AMLO e annuncia investimenti e finanziamenti alla Guardia Nazionale. 

In questo scenario che si può solo riassumere con il termine “guerra” nonostante le donne e gli uomini dell'EZLN propongono un ponte di coesistenza e convivenza provando a rompere le logiche proprietarie del territorio creando campi “comuni” da coltivare assieme a chi zapatista non è, una base di appoggio dell'EZLN, José Dìaz è costretto al carcere preventivo come altre decine di prigionieri politici (la maggior parte dei quali indigeni).

Diciamo basta alla violenza in tutto il Messico ed in Chiapas.

Basta alla criminalizzazione dei movimenti sociali ed indigeni del paese.

Per il rispetto dei diritti e della dignità dei popoli indigeni e non solo.

Militarizzazione, grandi opere, e politiche estrattive non sono soluzione alla violenza, sono parte del problema.

Promuovono:

Realtà collettive:
Associazione Ya Basta! Milano
Comitato Maribel - Bergamo
Cooperazione Rebelde - Napoli

Singoli:
Andrea Cegna - Giornalista freelance e lavoratore dello Spettacolo

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!