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martedì 8 marzo 2016

Honduras - Omicidio Berta Cacéres: anche il testimone è a rischio

Gustavo Castro Soto, attivista messicano, fondatore e direttore della ong Otros Mundos Chiapas, si trovava nella casa della donna quando è stata uccisa.

di Luca Martinelli 



Domenica 6 marzo, intorno alle 5 del mattino, il governo honduregno ha impedito a Gustavo Castro Soto, cittadino messicano, attivista da oltre vent'anni impegnato nei movimenti sociali centro americani, di lasciare il Paese. Nella notte tra mercoledì e giovedì scorso, Castro si trovava nella casa di Berta Cacéres, ed è stato ferito dalle stesse persone che hanno ucciso l'ambientalista honduregna appartenente al popolo Lenca, Goldman Prize 2015. 
L'uomo è stato fermato all'interno dell'aeroporto di Tegucigalpa, la capitale del Paese, dove il coordinatore dell'associazione Otros Mundos Chiapas, partner del COPINH (Consejo Civico de Organizaciones Populares e Indigenas de Honduras), la ong diretta da Berta Cacéres, era arrivato scortato dai massimi rappresentanti del governo messicano nel Paese centroamericano, l'ambasciatrice e il console. Castro si trovava a La Esperanza per partecipare ad un incontro sulle energie rinnovabili, nell'ambito di progetti di scambio che lo legano alle attività del COPINH
 dai primi anni Duemila.
 
Attualmente, Castro - contro il quale sono stati esplosi due colpi di arma da fuoco dagli assassini di Berta Cacéres, e che risulta ferito a una mano e ad un orecchio - è protetto all'interno dell'ambasciata messicana, dove sta ricevendo anche assistenza psicologica. 

Fonti vicine alla famiglia Cacéres, spiegano che "viene trattenuto perché vorrebbero usarlo per manipolare supposte "contraddizioni" con altre versioni dei fatti". Secondo la denuncia di Otros Mundos Chiapas, il governo honduregno e i pubblici ministeri che stanno indagando sull'accaduto non avrebbero però spiegato ufficialmente per quale motivo il cittadino messicano sia trattenuto nel Paese. Numerosi reti ed organizzazione della società civile centro americana esigono che Castro possa
 al più presto abbandonare il Paese.


domenica 6 marzo 2016

Honduras - Comunicato delle figlie, del figlio e della madre di Berta Caceres

Davanti al letto della nostra Bertha, nostra madre, nostra figlia, nostra guida.

Le sue figlie Olivia, Bertha e Laura, il figlio Salvador, sua madre Bertha Austra, accompagnati dai nostri famigliari, amiche e amici, noi vogliamo rendere pubblici i nostri pensieri in questo momento di profonda costernazione.

La nostra Bertha è la maggiore delle nostre ispirazioni, per questo sentiamo il bisogno di far conoscere la verità sulla sua vita e sulla sua lotta.

In questa circostanza vogliamo ringraziare prima tutta la solidarietà nazionale e internazionale che ci accompagna.

Siamo grati per il sostegno al popolo Lenca, a cui ha dedicato la maggior parte della sua resistenza. Al popolo Garifuna con cui si sono condivise fraternamente lotte e utopie. A tutte le organizzazioni e movimenti sociali in Honduras, America Latina e nel mondo, che hanno condiviso il nostro dolore. Siamo grati per tutte le immense dimostrazioni di affetto e condoglianza che il popolo honduregno ha offerto, che dimostrano che la sua lotta è una degna lotta dei popoli e di cui il mondo ha bisogno.

Non si può distorcere la verità sul crimine che ha concluso la sua vita. Sappiamo con chiarezza certa che le ragioni del suo vile assassinio sono state la sua resistenza e la lotta contro lo sfruttamento dei beni comuni della natura e in difesa del popolo Lenca. Il suo omicidio è un tentativo di porre fine alla lotta del popolo Lenca contro ogni forma di sfruttamento e di saccheggio. Un tentativo di interrompere la costruzione di un nuovo mondo.

Le circostanze della sua morte si collocano nel mezzo della lotta del popolo Lenca contro l'installazione del progetto idroelettrico Agua Zarca sul fiume Gualcarque. Chiediamo che siano chiarite le responsabilità della Impresa DESA che sta sviluppando il progetto. Noi riteniamo responsabile la Impresa DESA, come anche le istituzioni finanziarie internazionali che sostengono il progetto, la Banca olandese FMO, lo Fondo Finn, BCIE, Ficohsa e le imprese impegnate CASTOR, il Gruppo imprenditoriale ATALA, della persecuzione, criminalizzazione, stigmatizzazione, delle continue minacce di morte contro la sua persona, la nostra e il COPINH.

Noi riteniamo responsabile lo Stato honduregno di aver in gran misura ostacolato la protezione della nostra Bertha, e di aver propiziato la persecuzione, criminalizzazione e l'omicidio. Avendo scelto di tutelare gli interessi delle imprese rispetto alle decisioni e ai mandati delle comunità.

Honduras - Hanno ucciso uno spirito indomito

Bertha Cáceres lascia in eredità l’impegno deciso e inflessibile a favore dei diritti ancestrali delle popolazioni indigene
“Per tutta la vita sono stata cosciente di quello che mi può succedere continuando con questa lotta, così come sono cosciente che stiamo lottando contro un potere oligarchico, bancario, finanziario e internazionale, oltre che contro lo stesso Stato honduregno e i suoi organi repressivi, che storicamente si sono piegati agli interessi delle grandi imprese multinazionali. Non mi piegheranno!” (Bertha Cáceres, giugno 2013).

Así estamos
consternados
rabiosos
aunque esta muerte sea
uno de los absurdos previsibles…

                                                                                                                   Mario Benedetti


Nemmeno ricordo quante volte ho intervistato Bertha Cáceres, Bertita come la chiamavamo. E non è facile riassumere una vita di lotta, di impegno inflessibile, in un articolo.Ancor di più dopo poche ore dall'essere stato travolto da una valanga di messaggi, telefonate, comunicati stampa, che mi avvisavano che Bertha fisicamente non è più qui con noi; che Bertha è stata vigliaccamente assassinata all'alba di questo 3 marzo mentre riposava nel suo letto, dopo l’inaugurazione del Foro sulle energie alternative dalla prospettiva delle popolazioni indigene.

Di lei possiamo dire che era la coordinatrice e storica militante del Consiglio civico delle organizzazioni popolari e indigene dell’Honduras, Copinh, e che ha difeso, fino alla fine, i diritti ancestrali del popolo nativo Lenca di fronte agli assalti di un modello patriarcale, di sfruttamento e di monopolio delle risorse naturali.
Per questa lotta è stata ripetutamente minacciata, perseguitata, processata, incarcerata e repressa. Non ho nessuno dubbio che per questa stessa lotta sia stata assassinata, né che si tratti di un crimine fortemente e profondamente politico.
La prolungata lotta nella zona di Río Blanco contro il progetto idroelettrico Agua Zarca, promosso dall'impresa di capitale honduregno Desarrollos Energéticos S.A. de C.V. (DESA) e finanziato da istituzioni finanziarie europee e imprese di costruzione cinesi, ha fatto il giro del mondo.
Per questo, lo scorso 20 aprile, Bertha ha ricevuto il Premio Goldman 2015 per l’ambiente, il più alto riconoscimento al mondo per gli attivisti ambientali di base. Lo aveva dedicato al popolo Lenca, al Copinh, al suo coraggio e alla sua storica resistenza.

Honduras - Giustizia per Berta Cáceres!

Profonda indignazione internazionale per l’omicidio della leader indigena Berta Cáceres in Honduras

4 marzo 2016, Pianeta Terra

Berta Cáceres, leader indigena, rappresentante da oltre vent'anni del Consiglio Civico delle Organizzazioni Popolari e Indigene dell’Honduras (COPINH), è stata assassinata all'alba di giovedì 3 marzo mentre dormiva nella sua casa di La Esperanza, Intibucá, a circa 188 km da Tegucigalpa, per mano di uomini armati “sconosciuti”.

Oltre ad essere stata una ferrea patrocinatrice dei diritti del movimento campesino e indigeno honduregno, Berta Cáceres, è stato un’attivista sociale rilevante e fonte di ispirazione, a livello regionale e continentale, a difesa della giustizia sociale ed ambientale, in particolare nell'opposizione ai mega progetti minerari e idroelettrici.

Oltre a denunciare con lucidità i Trattati di Libero Commercio come parte di uno stesso ingranaggio che assicura l’impunità delle imprese transnazionali, Berta lottava per la salute, per la terra e contro il patriarcato e la violenza. 
Si era opposta al colpo di Stato del 28 giugno 2009, poiché per il COPINH il Golpe forniva lo strumento di violenza al servizio delle imprese transnazionali per il saccheggio dei beni comuni e la repressione delle organizzazioni sociali all'opposizione. 
Inoltre, è stata ferma nel rifiuto dell’installazione delle basi militari statunitensi nel territorio Lenca.
Nell’aprile del 2015 Berta Cáceres ha ricevuto il premio Goldman, uno dei più prestigiosi al mondo sui temi ambientali, conferitole per la sua collaborazione nella difesa del territorio Lenca minacciato dalle conseguenze nefaste e la violenza dovute alla costruzione della diga del Proyecto Hidroeléctrico Agua Zarca, della multinazionale cinese SINOHYDRO e dell’impresa honduregna Desarrollo Energético Sociedad Anónima (DESA). 

Da anni il popolo Lenca denunciava la violazione del diritto all'acqua come fonte di vita e di cultura e le vessazioni e le minacce di imprese, paramilitari e governo.

domenica 21 ottobre 2012

Europa - Nobel per la “pace”. Un premio al genocidio


di Jorge Capelán - Radio La Primerísima (Managua, Ni)
Dimentichiamoci per un momento, lo so che è difficile, la produzione di armi di cui vive l’Unione Europea (UE). Dimentichiamoci le guerre che sta promuovendo, come quella in Afghanistan, Libia e adesso in Siria. Tutti i colpi di stato che ha promosso ultimamente come quello in Costa di Avorio e tutti quelli sostenuti negli anni passati, come quello in Honduras e più recentemente in Paraguay.
Dimentichiamoci per un momento le draconiane politiche di saccheggio promosse all’interno dell’Organizzazione mondiale del commercio, Omc, e del Fondo monetario internazionale, Fmi. Dimentichiamoci i centri di reclusione per stranieri, dimentichiamoci l’ascesa frenetica del razzismo, le scene di repressione quotidiana dei governi europei contro le proprie popolazioni.
In realtà, il fatto che l’Unione Europea abbia ricevuto il Premio Nobel per la pace è assolutamente normale e non dovrebbe sorprendere nessuno. L’annuncio del conferimento di questo premio arriva lo stesso giorno della "scoperta" europea di Abya Yala, conosciuta anche come America. Nemmeno questa è una casualità.
La colonizzazione europea di Abya Yala è stato uno dei maggiori genocidi della storia dell’umanità, con un costo calcolato tra i 50 e gli 80 milioni di persone assassinate, schiavizzate, private dei loro territori, convertite a una religione strana e infettate con malattie mortali, affinché si potesse costruire l’impero capitalista occidentale su scala globale, la schiavitú dell’Africa e tutta una serie di crimini orrendi in tutto il “terzo mondo”.
Diamo un’occhiata alla lista delle persone che hanno ricevuto il Premio Nobel per la pace dal 1901 a oggi.
Dimentichiamoci di tutti i nomi che non ci piacciono, come quello dell’assassino Henry Kissinger (1973), il terrorista Menachem Begin (1978) o il presidente dei droni Barak Obama (2009). Dimentichiamoci anche dei molti nomi che ci piacciono, come quelli del lottatore antiapartheid Albert Lutuli (1960), Martín Luther King (1964), il vietnamita Le Duc Tho (1973), l’argentino Adolfo Pérez Esquivel (1980), il vescovo Desmond Tutu (1984), la compagna Rigoberta Menchú (1992), Nelson Mandela (1993) e Yasser Arafat (1994). La cosa sicura è che, ci piacciano o no i nomi, la maggioranza di chi ha ricevuto questo maledetto premio è europea, nordamericana o sono agenti delle potenze atlantiste.

venerdì 19 ottobre 2012

Guatemala - L'esercito fa strage di indigeni


Le "scuse" del Presidente e l'apertura del processo.


di Fabrizio Lorusso

Il Guatemala dell’ex generale e attuale presidente Otto Pérez Molina rivive l’incubo della violenza e della repressione. Come ai tempi della guerra civile, iniziata nel 1960 e conclusasi nel 1996 con gli accordi di pace tra la guerriglia e il governo, il 4 ottobre scorso membri dell’esercito, che coadiuvavano la polizia nel controllo di una manifestazione popolare pacifica, hanno sparato sulla folla. I manifestanti appartenevano alla comunità centromeridionale di Totonicapan, situata 170 km a nord-ovest dalla capitale Ciudad de Guatemala e formata in prevalenza da indigeni di etnia Maya-Quiché. La notizia è preoccupante e gravissima, ma è passata quasi inosservata in Italia (segnalo un buon pezzo su PeaceLink), soprattutto tra i mass media tradizionali. 8 morti e 35 feriti da arma da fuoco: questo il saldo della strage che è avvenuta in una zona trafficatissima e molto conosciuta, l’incrocio di “4 caminos” tra le località turistiche di Hehuetenango, Chichicastenango, il Lago Atitlán e Quetzaltenenago.
Che cosa stavano facendo i “sediziosi” manifestanti? Incendiavano e occupavano prigioni, caserme o palazzi del governo? Improvvisavano un colpo di stato con milizie popolari inferocite e sanguinare al seguito? Gridavano alla rivoluzione armata e alla decapitazione dei caudillos o dei loro governanti? No. Stavano manifestando pacificamente contro l’aumento delle tariffe elettriche, una vera piaga sociale in un paese semi-colonizzato da compagnie straniere in particolare nel settore energetico e in quello minerario, e contro alcune politiche governative. Alle mobilitazioni avevano aderito anche altri settori della popolazione, oltre a indigeni e contadini: c’erano commercianti, impiegati e docenti, tra gli altri. Come succede in qualunque altra società, una comunità di abitanti della regione mostrava il proprio dissenso mentre alcuni loro delegati, rappresentanti dei 48 cantoni in cui si divide il Comune, si trovavano proprio seduti a un tavolo di negoziazione con il governo, rappresentato dal delegato Miguel Ángel Balcárcel, nella capitale.

venerdì 12 ottobre 2012

Honduras - Dalla Repubblica delle banane a quella della palma africana

In Honduras vengono assassinate venti persone al giorno. È il paese più violento del mondo, e leggendo la sua storia si rintracciano i motivi.
di Orsetta Bellani
Negli anni '60 e '70, mentre nei paesi limitrofi (Guatemala, El Salvador e Nicaragua) si consolidavano le guerriglie di sinistra, l'Honduras era un feudo statunitense. Il paese è stato poi utilizzato come base delle operazioni della Contra, le sanguinose truppe utilizzate dagli Stati Uniti per combattere i sandinisti nicaraguensi negli anni ‘80.
L'Honduras è stata la “Repubblica delle Banane” per eccellenza. Qui per decenni industrie bananeras come Dole e Chiquita, i cui camion ancora oggi formano interminabili processioni in tutte le strade, si sono sostituite allo Stato. A Tela, che durante il secolo scorso ospitava l'omonima bananera, è facile sentir dire che “si stava meglio quando c'era la Tela”. Portava elettricità, scuola e lavoro.
Oggi, più che una Repubblica delle Banane, l'Honduras ha l'aspetto di una Repubblica della Palma Africana. Da quando il governo ne ha incentivato la coltivazione, il paese ha perso l'autosufficienza alimentare e, secondo dati del Ministero degli Esteri, il paese attualmente importa la metà del suo fabbisogno di mais e riso. L’Honduras è fatto di immense distese di palma africana, e le circa 300mila tonnellate di olio che se ne ricavano - destinate al settore alimentare e alla produzione di agrocombustibili - vengono per il 70% vendute all'estero.
Il 75% dei contadini che lavorano nei latifondi di palma vive con un dollaro al giorno. Lavorano immersi in sostanze chimiche che inquinano la terra ed avvelenano le falde acquifere del terzo paese più povero dell'America Latina. Questa situazione genera insofferenza tra i contadini e grandi introiti per la famiglia Facussé, una delle più potenti del paese.

martedì 11 settembre 2012

Honduras - Le città private


Nel tempo in cui la crisi sembra giustificare ogni forzatura, si arriva adirittura ad andare oltre le privatizzazioni ed ha immaginare la nascita di città private.
E' il progetto di cui si sta parlando in uno dei paesi più poveri dell'America centrale: l'Honduras. Quella che viene definita la "prima metropoli modello" dovrebbe sorgere grazie all'accordo tra il governo honduregno e la Mkg, una società immobiliare nordamericana.
Di fronte all'accordo un gruppo di giuristi hanno chiesto che la Corte suprema bocci il progetto. Il pronunciamento è atteso a giorni.
La città avrà proprie leggi, una propria polizia ed una propria giustizia. Come al solito la promessa è quella di nuovi posti di lavoro e cioè 5000 posti diretti e 15.000 indiretti per la costruzione.
Chi ha proposto il ricorso alla Corte suprema punta a mettere sotto accusa la legge quadro costituzionale che è servita da riferimento per questa operazione che va oltre la privatizzazione di una parte di territorio e mette in discussione il controllo statale su materie che dovrebbero essere di sua competenza.
A favore del progetto, che dopo la costruzione della prima città-private, ne prevede altre due, sono anche i coreani che hanno già reso noto di voler investire nel progetto.

domenica 18 dicembre 2011

Honduras - In difesa della terra

Honduras - Zacate

ACCAMPAMENTO DI SOLIDARIETÀ CON LA LOTTA PER LA TERRA:

"ZACATE LIBERA DAI PROPRIETARI TERRIERI"

Zacate Grande, ubicata nel golfo di Fonseca nel sud del paese, Municipio di Amapala Dipartimento del Valle.
Luogo che negli ultimi 30 anni é stato vittima dell'accaparramento territoriale e marittimo da parte delle famiglie più potenti del paese, in possesso attualmente dell'80 percento dell'isola di Zacate Grande,alle cui spiaggie agli abitanti viene proibito l'ingresso. Il maggior esponente di quest'oligarchia é Miguel Facussé Barjum, il principale promotore del fascismo nato dopo il colpo di stato del 28 giugno 2009 ed uno dei principali nemici della classe contadina.

Luogo che dall' 8 Dicembre del presente anno è la sede dell'Accampamento di Solidarietà con la Lotta per La Terra, ZACATE GRANDE LIBRE DE TERRATENIENTES.
Stabilendosi durante i giorni 8, 9 e 10 Dicembre ed avendo come obbiettivo la solidarietà per la Terra, il Territorio, i beni naturali a beneficio delle Comunità Contadine e dei Pescatori della zona di Zacate Grande che dopo un periodo di tempo soffrendo l'accaparramento territoriale hanno detto un BASTA YA, e nel 1998 fermarono i recinti dell'usurpazione, organizzandosi senza sapere come né quando riuscirebbero ad ottenere la libertà delle loro terre, ma con il sogno che un giorno non solo impediranno che i recinti di Facusse circondino le loro case, ma anche di recuperare quello che i loro padri e nonni non poterono difendere. 

mercoledì 2 marzo 2011

Honduras - Dichiarazione dei popoli della terra e del mare



DICHIARAZIONE DEI POPOLI DELLA TERRA E DEL MARE
"MARTIRI DI SAN JUAN"
Noi uomini e donne dei popoli indigeni e neri dell’Honduras: Pech, Tawahka, Chorti, Tolupanes, Lencas, Miskitu, Creoles e Garínagu, provenienti dalla terra e dal mare, autoconvocati nella comunità di San Juan Durugubuti, Tela, Atlantida, nei giorni 20, 21, 22, 23 e 24 febbraio 2011, per unire i nostri pensieri, sentimenti, parole ed insediare la nostra assemblea plurinazionale costituente e multiculturale, emaniamo la seguente dichiarazione:

lunedì 24 gennaio 2011

Guatemala - Goldcorp: gli abusi di una multinazionale


goldcorpIndios malati e sfrattati dalle loro terre chiedono giustizia

Nel 2005 la multinazionale Canadese Goldcorp inizia la sua attività mineraria in Guatemala aprendo una miniera d’oro, la Marline Mine nel municipio di San Miguel Ixtahuacan, abitato per lo più da popolazione indigena. I loro abusi cominciano però nel 1998 quando, per iniziare la loro attività, si sono accattivati la simpatia degli indigeni con dei pranzi, al termine dei quali veniva chiesto loro di apporre una firma per certificare la loro presenza. Queste firme in realtà sono servite come autorizzazione per l’esproprio dei loro terreni. Altre terre sono state ottenute mediante compravendite con sollecitazioni al limite della legalità.

martedì 18 gennaio 2011

Honduras - Il reality show e la dittatura

Honduras - Isola dei famosiAppello a Rai2 e Magnolia in vista della nuova edizione dell'"Isola dei famosi"

Honduras, il reality show e la dittatura Altreconomia lancia un appello all'Isola dei famosi, che tra un mese torna ai Cayos Cochinos. Verrà inviato alla dirigenza della Rai ed alle più alte cariche dello Stato

L'Isola dei famosi torna in Honduras a venti mesi dal Colpo di Stato, mentre il Paese centroamericano soffre la repressione di un governo non democratico. La rivista Altreconomia promuove un appello in vista dell'inizio della trasmissione, con l'obiettivo di portare in prima serata su Rai2 la realtà che vive la popolazione honduregna, una realtà che rischia di venir distorta dalle immagini di cartolina che entreranno nelle nostre casa dai teleschermi. “Da lunedì 14 febbraio le isole dei Cayos Cochinos, al largo della costa del Paese centroamericano, tornano ad ospitare 'l'Isola dei famosi'. Lo scorso anno il circo del reality show, prodotto da Magnolia e trasmesso da Rai2, si era dovuto sposta re in Nicaragua per cause di forza maggiore: il colpo di Stato che il 28 giugno 2009 aveva deposto ed espulso il presidente costituzionalmente eletto Manuel Zelaya -si legge nell'appello, che potete leggere integralmente sul sito di Altreconomia-. Tornare in Honduras, oggi, significa riconoscere che nel Paese c'è democrazia, e tranquillizzare al contempo i cittadini italiani, che potranno considerare nuovamente le spiagge e le isole di Honduras tra i 'paradisi tropicali' da raggiungere per godersi le meritate vacanze”.

giovedì 13 gennaio 2011

Haiti - Un anno dopo

Haiti Un anno dopodi Marianna Calabro'

Il 2010 è un anno che per Haiti sembra non voler finire, un anno che si trascina anche in queste prime settimane del 2011. Un anno che ha visto morire migliaia di persone, schiacciate da blocchi di cemento, o sterminate dal colera. Che ha visto intere coltivazioni distrutte dall’uragano Tomas. Un anno che si chiude in un crescendo di instabilità politica.

12 gennaio 2010
Il dolore insostenibile, la disperazione del 12 gennaio, sono ancora presenti nelle strade di Port au Prince e delle altre zone colpite dal terremoto. Con oltre 300 mila morti accertati, e un milione e mezzo di feriti, la gravità della situazione non pare attenuarsi ad un anno dal sisma, con solo il 5 per cento delle macerie rimosse, il 20 per cento degli aiuti promessi dagli Stati arrivati solo a settembre, e il 58 per cento mai arrivati. E la debolezza dello stato haitiano, che salta agli occhi fin dalle prime ore dopo il terremoto, e che si amplifica con il trascorrere dei mesi.
Nonostante l’ampiezza della catastrofe, il timore della comparsa di epidemie, prevedibile in tali circostanze, non si è manifestato nei mesi successivi al terremoto. La gestione della crisi si è pertanto concentrata sulla distribuzione di cibo, acqua, ed alcuni altri servizi.

lunedì 6 dicembre 2010

Cancun - Da Haiti le voci della protesta


Mentre il colera si aggiunge alla devastazione ambientale, non si fermano le mobilitazioni nell'isola

Haiti.Nell'accampamento de La Via Campesina abbiamo incontrato la delegazione che giunge dalla martoriata isola di Haiti dove al terremoto si è aggiunta queste settimane un epidemia di colera, confermata nella sua estensione dall' OMS.
Nell'isola sono presenti truppe dell' Onu, comandate dal Brasile, che vengono percepite dalla popolazione come truppe d' occupazione.
Le recenti elezioni, come molte altre situazioni di emergenza complessiva, più che essere un reale momento di democrazia hanno confermato la distanza tra chi detiene formalmente il potere e la stragrande maggioranza della popolazione.
Segui la video-intervista

venerdì 3 dicembre 2010

Haiti - Note dall'isola

Escursus storico delle elezioni ad Haiti
Si tratta del sesto scrutino presidenziale dalla caduta della dittatura dei Duvalier nell‘ ’86, quando il processo di transizione democratica è iniziato, portando all’adozione dell’attuale costituzione nel 1987.
Le prime elezioni democratiche hanno avuto luogo nel 1988. Il presidente eletto, Leslie Manigat, resta alla presidenza 130 giorni prima di essere rovesciato da un colpo di stato miliare. I puschisti restano al potere fino all’inizio del 1990, quando sono costretti a cedere il passo ad un governo di transizione civile.
Lo stesso anno, Jean Bertrand Aristide, un carismatico sacerdote, eletto con il 67,5% dei voti resta al potere 7 mesi prima di essere rovesciato da un colpo di stato militare.
Dopo 3 anni di esilio negli Stati Uniti, Aristide torna al potere sostenuto dalla comunità internazionale. Nel 1995, anno seguente al suo ritorno, delle elezioni generali sono organizzate e, nonostante vengano contestate dall’opposizione a livello legislativo e municipale, porteranno al potere il suo vecchio primo ministro, René Préval, con l’87,9% dei voti.

domenica 28 novembre 2010

Haiti - Sulla soglia delle presidenziali. I candidati

di Roberto Codazzi
Nel fine settimana Haiti si troverà di fronte alle urne. Un paese che ha sempre conosciuto momenti di tensione in occasione alle elezioni presidenziali, li affronta, ora, con oltre un milione e mezzo di cittadini che vivono in tendopoli più o meno organizzate, liste elettorali vecchie, non aggiornate con i decessi avvenuti nell'ultimo anno, persone dislocate a centinaia di chilometri dalla loro residenza e una presenza massiccia di truppe internazionali che dovrebbero favorire il normale svolgimento, ma che spesso sono causa o pretesto di disordini.

venerdì 19 novembre 2010

Haiti: uragani, colera ed elezioni

Bugie e verità su Haiti a 10 mesi dal terremoto: la Minustah uccide ancora

Aiuti stranieri o dipendenza? Onu forza di pace?

di Fabrizio Lorusso 

Da qualche settimana a questa parte, l’attenzione dei mass media internazionali è tornata un po' a intermittenza a concentrarsi su Haiti, a causa dello scoppio di un’epidemia di colera nelle regioni centro settentrionali (nei pressi di Saint Marc) e dell'altissima probabilità che la piaga s'estenda massicciamente fino al cuore della capitale. A Porto Principe, infatti, 1354 campi d’accoglienza, allestiti d’urgenza con tende e teloni di plastica, ospitano in condizioni estremamente precarie e miserevoli oltre un milione e trecentomila di persone che hanno perso le loro case a causa del terremoto del 12 gennaio 2010. Fanno scalpore nei TG italiani anche le notizie delle due vittime rimaste sul campo nella città settentrionale di Cap-Haitien in seguito alle manifestazioni popolari (provocate dall'esasperazione della gente, dalle tensioni preelettorali e dalla convinzione generale che il colera sia stato reintrodotto nel paese dai caschi blu nepalesi) che sono state represse a colpi di mitra dalla Minustah, la forza "di pace" dell'ONU che svolge funzioni di polizia e militari ad Haiti. Si parla nuovamente di morti, più di 1100 in meno d'un mese per l'epidemia, dei primi contagi nella vicina Repubblica Dominicana e le ultime notizie ci riportano in quest'angolo dimenticato dei Caraibi per immortalare l’ennesima crisi umanitaria. Paradossalmente, per l’accresciuta attenzione mediatica dedicata al dramma del colera, è stata interrotta per un po’ la spirale di silenzio e indifferenza che s’era creata sulla situazione del paese caraibico, il più povero dell’emisfero occidentale che solo alcuni mesi fa è stato colpito dalla peggiore catastrofe naturale della storia moderna: un terremoto del grado 7,3 della scala Richter ha devastato la capitale, una metropoli da due milioni d’abitanti, e altri centri urbani limitrofi come Leogane e Carrefour facendo oltre 250.000 vittime e obbligando centinaia di migliaia di sfollati e senzatetto a vivere per la strada o in tendopoli “provvisorie”.

Haiti - Manifestanti contro caschi blu: un morto

Scontri ad Haiti fra manifestanti e caschi blu dell'Onu: un morto. E' accaduto questa mattina a Cap-Haïtien, la seconda città in ordine di importanza dell'isola caraibica. Le truppe della United Nations Stabilization Mission in Haiti (Minustah) hanno lanciato gas lacrimogeni per disperdere la folla che stava rispondendo con pietre e con blocchi stradali. Le dimostrazioni di piazza sono scoppiate per l'enorme malcontento fra la gente stremata dalle continue emergenze sanitarie e ambientali che sono seguite al devastante terremoto di un anno fa. L'ultima è l'epidemia di colera che sta mietendo numerose vittime. Il conto è salito a novecento morti. Le forze Onu hanno comunque collegato le proteste anche alle imminenti elezioni. Alcuni cittadini hanno accusato i caschi blu del Nepal dell'epidemia e hanno scagliato tutta la loro rabbia contro gli uomini in unifrome. E' la prima volta dopo cento anni che si registra il colera nel paese. Ma le Nazioni Unite continuano ad affermare che non ci sono prove di questo e l'esercito nepalese ha più volte spiegato che nessuno dei suoi uomini è coinvolto.

mercoledì 6 ottobre 2010

Honduras - Manifesto per la vita in difesa dell'acqua e dei fiumi

Consiglio Civico di Organizzazioni Popolari ed Indigene dell’Honduras - COPINH
Noi donne e uomini, originari di varie comunità indigene lencas minacciate da progetti di dighe idroelettriche, mediante i quali si vogliono incrementare i guadagni degli imprenditori oligarchici honduregni e delle multinazionali, riuniti presso il Centro d’Incontri ed Amicizia “Utopia” nella città di Intibucà, dipartimento di Intibucà, promulghiamo il seguente manifesto:
1) In quest’incontro abbiamo approfondito le nostre conoscenze riguardo ai progetti idroelettrici e all’ambito in cui si sviluppano, individuandoli chiaramente come parte della strategia capitalistica e del Piano Puebla Panama, mirati alla privatizzazione dell’acqua e alla produzione di energia per le loro industrie e commerci.
2) Abbiamo deciso di consolidare la nostra organizzazione per la Vita in Difesa dei Fiumi e dell’Acqua, formando una rete regionale indigena contro i progetti delle dighe di sbarramento.
3) Denunciamo il Parlamento nazionale ed i molti sindaci dei municipi di Intibucà, Lempira e La Paz, che lavorano per gli interessi oligarchici che minacciano di privarci dell’acqua e dei fiumi.

mercoledì 1 settembre 2010

Honduras - Repressione brutale e disumana contro i maestri

Due giorni di violenza e repressione. Arresti e feriti...e durante la notte continuano le negoziazioni

unos pocos

di Giorgio Trucchi

Le forze repressive del regime di Porfirio Lobo si accaniscono nuovamente contro gli insegnanti.
Dopo la rottura delle negoziazioni con il governo, la protesta degli insegnanti e degli studenti è stata brutalmente repressa per due giorni consecutivi. Ancora imprecisato il numero di feriti e arrestati. 
 
"Stanno lanciando una grande quantità di bombe lacrimogene all'interno dell'Università Pedagogica. Molti degli studenti e dei maestri che avevano bloccato il traffico lungo il Boulevard Centroamérica sono stati inseguiti e percossi - spiega allarmata la giornalista Lenny Fajardo, di Radio Globo -.   
"L'Università è completamente inondata di gas ed i corpi speciali della Polizia (COBRA) stanno aggredendo le persone.  Le forze speciali colpiscono sulla faccia e sulla testa con i bastoni. Li stanno trascinando fuori dall'università. Stanno aggredendo tutti quelli che passano in questa zona e li portano via. È una cosa orribile ed oggi si sta nuovamente spargendo una grande quantità di sangue in Honduras", commenta Fajardo
 
La trasmissione dal vivo di Globo TV e Radio Globo trasmette le immagini e le voci di questa ennesima brutale repressione. Un camioncino bianco si fa largo tra i poliziotti - più tardi si scoprirà che appartiene al Parlamento - ed accelera.
L'uomo al volante tira fuori una pistola e spara contro la gente. Nessuno lo ferma e va via come se niente fosse. 


BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!