Il 2010 è un anno che per Haiti sembra non voler finire, un anno che si trascina anche in queste prime settimane del 2011. Un anno che ha visto morire migliaia di persone, schiacciate da blocchi di cemento, o sterminate dal colera. Che ha visto intere coltivazioni distrutte dall’uragano Tomas. Un anno che si chiude in un crescendo di instabilità politica.
12 gennaio 2010
Il dolore insostenibile, la disperazione del 12 gennaio, sono ancora presenti nelle strade di Port au Prince e delle altre zone colpite dal terremoto. Con oltre 300 mila morti accertati, e un milione e mezzo di feriti, la gravità della situazione non pare attenuarsi ad un anno dal sisma, con solo il 5 per cento delle macerie rimosse, il 20 per cento degli aiuti promessi dagli Stati arrivati solo a settembre, e il 58 per cento mai arrivati. E la debolezza dello stato haitiano, che salta agli occhi fin dalle prime ore dopo il terremoto, e che si amplifica con il trascorrere dei mesi.
Nonostante l’ampiezza della catastrofe, il timore della comparsa di epidemie, prevedibile in tali circostanze, non si è manifestato nei mesi successivi al terremoto. La gestione della crisi si è pertanto concentrata sulla distribuzione di cibo, acqua, ed alcuni altri servizi.
L’epidemia
L’apparizione del primo caso di colera, otto mesi dopo il sisma, coglie Haiti impreparata e mette nuovamente in gioco le strategie del governo, delle organizzazioni umanitarie e della comunità internazionale.
Nuovi aiuti internazionali di emergenza si riversano nel Paese.
L’epidemia suscita poi la furia della popolazione contro la Missione delle Nazioni Unite per la Stabilizzazione di Haiti (MINUSTAH), presente nel Paese dal 2004, e accusata di aver propagato il batterio del colera nell’Isola.
L’uragano
Nel mezzo di questa nuova crisi causata dal colera, il Paese vede morire 21 abitanti con il passaggio dell’uragano Thomas, che causa grossi danni nel settore agricolo del Sud.
La crisi politica
E l’apice degli orrori, di questo drammatico 2010, è raggiunto con la crisi elettorale scoppiata a seguito della pubblicazione, il 7 dicembre, dei risultati delle elezioni presidenziali e legislative del 28 novembre.
Il Consiglio Elettorale Provvisorio, organismo incaricato dallo Stato Haitiano di organizzare e controllare le operazioni elettorali nel Paese, fino alla proclamazione dei risultati dello scrutinio, è soggetto a scandali continui, dal riciclaggio di denaro sporco da parte di uno dei consiglieri, all’accusa di aver truffato i risultati dello scrutinio e di lavorare per il partito INITE, del presidente in carica.
Dal suo lato, la Comunità Internazionale si mobilita per la tenuta regolare dello scrutinio, minimizzando le accuse rivolte al CEP, e nonostante sia chiaro che le condizioni per uno svolgimento regolare e partecipato da parte della popolazione. E malgrado le critiche e le perplessità rispetto all’esistenza delle condizioni per uno svolgimento regolare e partecipato, le elezioni si tengono il 28 novembre.
Le principali critiche che emergono già il giorno delle elezioni, e riguardano irregolarità registrate in tutto il Paese: apertura ritardata degli uffici elettorali, liste elettorali incomplete, irruzione armata in alcuni seggi con lo scopo di saccheggiare le urne, ecc..
L’annuncio dei risultati preliminari, che danno Mirlande Manigat in testa, seguita da Jude Celestin, provoca una forte ondata di violenza, che provoca quattro morti e numerosi feriti.
Un gruppo di candidati chiede l’annullamento dello scrutinio, considerato una mascarade in favore del candidato sostenuto dal presidente Préval.
A seguito della domanda del presidente in carica, una missione dell’Organizzazione degli Stati Americani arriva ad Haiti con il mandato di produrre un rapporto riguardante l’intero processo elettorale.
Questa procedura, giudicata incostituzionale dagli analisti, e contraria ai principi di sovranità nazionale a cui tanto Haiti tiene, non garantisce però la soluzione della crisi.
Nessun limite è fissato per la conclusione dei lavori e, a pochi giorni dalla data prevista per il ballottaggio, appare chiaro che il calendario elettorale non potrà essere rispettato, mentre il 7 febbraio, data costituzionale del passaggio dei poteri tra il presidente uscente ed il nuovo eletto si avvicina.
E intanto il presidente Préval avanza la possibilità di mantenere il potere fino al 14 maggio, come previsto da una controversa legge votata dal parlamento l’indomani del terremoto.
Ad un anno dal terremoto, un mese prima del 7 febbraio, Haiti è sprofondata in una confusione ed incertezza che pare non avere soluzione.
12 gennaio 2011
Haiti commemora il primo anniversario dal terremoto. Per una buona parte delle organizzazioni presenti il bilancio di questo primo anno è catastrofico: niente, o quasi niente è stato fatto. E quando è stato fatto, è stato fatto male.
E’ difficile capire come Haiti potrà liberarsi da una maledizione che dura da 200 anni. Di certo c’è che senza una reale volontà politica, interna ma anche e soprattutto internazionale, di fare di Haiti un Paese autonomo, gli sforzi delle numerose organizzazioni, locali ed internazionali, che operano per attenuare la crisi umanitaria, e per aiutare uno sviluppo sostenibile nell’isola, faranno poca strada.