mercoledì 21 maggio 2014

Colombia - FARC ed ELN annunciano un cessate il fuoco unilaterale

In un comunicato congiunto, pubblicato lo scorso 16 maggio, le FARC e l'ELN hanno dato ordine a tutte le loro unità “di interrompere qualunque azione militare offensiva contro le forze dello Stato o l'infrastruttura economica” tra il 20 ed il 28 maggio prossimi.

La decisione intende essere una risposta alle “molte voci che si levano, con diversi argomenti”, sollecitando l'insorgenza ad una nuova dichiarazione di cessate il fuoco, in occasione delle elezioni presidenziali.

La guerriglia delle FARC aveva già preso unilateralmente due provvedimenti analoghi, durante le festività natalizie, e proponendo un cessate il fuoco generalizzato e bilaterale per tutta la durata delle Conversazioni dell'Avana, per creare un clima favorevole alla costruzione della Pace.

“La risposta”, denunciano le FARC e l'ELN, “è stata il rifiuto frontale del regime, con la motivazione che solo l'offensiva permanente contro l'insorgenza può garantire la pace nel paese”.

Pur consapevoli del fatto che “la corruzione, il clientelismo, la frode, le manovre sporche di ogni tipo conducono all'illegittimità dei suoi risultati”, le due organizzazioni guerrigliere hanno deciso “che un clamore nazionale tanto forte vada ascoltato”. La vocazione guerrafondaia dell’oligarchia colombiana si manifesta in ogni occasione, e impedisce il realizzarsi di conversazioni senza l'assordante frastuono dei combattimenti, che si svolgono sempre più cruenti in ogni parte della Colombia.

In un comunicato congiunto, pubblicato lo scorso 16 maggio, le FARC e l'ELN hanno dato ordine a tutte le loro unità “di interrompere qualunque azione militare offensiva contro le forze dello Stato o l'infrastruttura economica” tra il 20 ed il 28 maggio prossimi.

La decisione intende essere una risposta alle “molte voci che si levano, con diversi argomenti”, sollecitando l'insorgenza ad una nuova dichiarazione di cessate il fuoco, in occasione delle elezioni presidenziali.


La vocazione guerrafondaia dell’oligarchia colombiana si manifesta in ogni occasione, e impedisce il realizzarsi di conversazioni senza l'assordante frastuono dei combattimenti, che si svolgono sempre più cruenti in ogni parte della Colombia.

domenica 18 maggio 2014

Messico - Dolore e rabbia in Chiapas

di Cristina Mastrandrea
«Furono il dolore e la rabbia che ci spinsero a sfidare tutto e tutti 20 anni fa. E sono il dolore e la rabbia che ora ci fanno indossare di nuovo gli stivali, mettere l’uniforme, infilare la pistola e colprirci il volto. E rimettermi il vecchio e logoro berretto con le 3 stelle rosse a cinque punte».

Dalle montagne del Sudest del Messico parla il subcomandante insurgente Marcos, pochi giorni dopo l’aggressione armata dei paramilitari allo storico Caracol zapatista de la Realidad da parte del Cioac-H (Central independiente de obreros agrícolas y campesinos independiente histórica), un gruppo paramilitare della zona della Selva Lacandona. Lo scorso marzo i paramilitari avevano sequestrato un camion della Giunta del Buon Governo a la Realidad. La sera del 2 maggio, mentre si svolgeva una riunione alla quale era presente anche il Centro per Diritti Umani Fray Bartolomè de las Casas per risolvere pacificamente il problema della camionetta, un centinaio di componenti del Cioac-H hanno attaccato il Caracol la Realidad. Un attacco con pietre, armi da fuoco e machete alla clinica pubblica e alla scuola, più il sabotaggio della rete idrica. «Si è trattato di un’aggressione premeditata, organizzata militarmente — dice il subcomandante Marcos nel suo comunicato – sono implicati anche il Partito verde ecologista (nome in pratica con il quale il Pri governa in Chiapas), il Partito di azione nazionale e il Partito rivoluzionario istituzionale, ma anche il governo dello Stato del Chiapas e in una qualche maniera anche quello federale». 

giovedì 15 maggio 2014

Messico - Frammenti de la Realidad I°

Scritto del Subcomandante Marcos da La Realidad

Fragmentos de la realidad I°

FRAMMENTI DELLA REALIDAD I.

Maggio 2014
È l’alba… Saranno le 2 o le 3, vallo a sapere. Il silenzio risuona qui nella realidad. Ho detto “il silenzio risuona”? Sì, perché qua il silenzio ha un proprio suono, come il frinire di grilli, e poi altri, più forti e opposti, altri sempre costanti, in basso. Non c’è luce. Ed ora è la pioggia ad aggiungere il proprio silenzio. Qua è già tempo di pioggia, ma ancora non riesce a ferire la terra. La graffia appena, colpendola sommessamente. Un graffio qui, qualche pozzanghera là. Come per avvisare. Ma il sole, la calura, rapidamente asciugano la terra. Non è tempo di fango. Non ancora. È tempo di ombra. Beh, è sempre tempo di ombra. Dovunque si vada, a qualsiasi ora. Fino a quando splende fiero il sole, lì c’è l’ombra, appiccicata alle pareti, agli alberi, alle pietre, alla gente. Come se la luce le desse più forza. Ah, ma di notte… all’alba, questo è il vero momento dell’ombra. Così come di giorno ti dà sollievo, all’alba ti sveglia come per dirti “e tu dove, tu cosa”. E balbettando le rispondi nel dormiveglia. Fino a che ormai sveglio riesci a rispondere, a risponderti: “nella realidad”.
-*-
(…)
- Non saprei dirti. Penso che in città abbiano l’abitudine, la loro maniera, che quando in una famiglia c’è un defunto, i parenti e gli amici vadano a farle visita per farle sapere che le sono vicini nel loro dolore. Si dice “porgere le condoglianze”, credo. Sì, un modo per dirgli che non sono soli.
(…)

domenica 11 maggio 2014

Messico - Paramilitari in Chiapas contro gli zapatisti: fatti e contesto

di Francesco Lorusso
Un morto, José Luis Solís López, e quindici feriti tra gli zapatisti nel caracol numero Uno, La Realidad, nel territorio del Municipio de Las Margaritas: questo il saldo dell’attacco di natura paramilitare del 2 maggio scorso ai danni delle BAEZLN (Basi d’Appoggio dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale) in Chiapas. S’è trattato di un’imboscata, non di uno “scontro tra fazioni armate”, come inizialmente avevano riportato i media nazionali e stranieri basandosi su informazioni ufficiali e tendenziose. Secondo il comunicato degli zapatisti del 5 maggio e il bollettino del centro per i diritti umani Fray Bartolomé de las Casas (Frayba) il 2 maggio, alle 18:30, 68 aderenti alle basi zapatiste, disarmati, sono stati attaccati da circa 140 persone armate, militanti della CIOAC-H (Central Independiente de Obreros Agrícolas y Campesinos-Histórica), del PAN (Partido Acción Nacional) e del Partito Verde Ecologista del Messico (PVEM). Tanto il governo statale del Chiapas, presieduto da Manuel Velasco, come quello municipale di Las Margaritas sono attualmente in mano a quest’ultimo partito che a livello nazionale è alleato del PRI (Partido Revolucionario Institucional), tornato al potere, dopo 12 anni di governi del PAN, col presidente Enrique Peña Nieto nel dicembre 2012 (nella foto: Velasco e Peña).

Messico - Intellettuali a sostegno degli zapatisti


di Hermann Bellinghausen

Il Congresso Nazionale Indigeno (CNI) chiede la fine della guerra contro i fratelli e le sorelle zapatisti e la punizione dei responsabili intellettuali e materiali dell’imboscata dello scorso 2 maggio nella quale ha perso la vita José Luis Solís López, Galeano, nella comunità di La Realidad, Chiapas.
Tra le numerose proteste ed espressioni di appoggio ai popoli zapatisti che si moltiplicano da una settimana, sabato ne è stata diffusa una, proveniente da diverse parti del mondo, firmata da Noam Chomsky, Arundathi Roy, Naomi Klein, Immanuel Wallerstein, Ivon LeBot, Kristinn Hrafnsson (di WikiLeaks), Manuel Castells, Michael Hardt, Gustavo Esteva, Pierre Beaucage e da un centinaio di persone, insieme a decine di organizzazioni del Messico e d’Europa.
Nella lettera si dice che l’assassinio di un votán, un maestro, una di quelle molte voci che ora sono la voce attraverso cui l’EZLN parla e condivide col mondo quel mondo altro che cresce nell’autonomia, è un’aggressione contro tutti noi che abbiamo imparato dai molti votán che continuano a mostrare il volto della libertà.

Messico - Racconto di una morte

 di Gloria Muñoz Ramírez

José Luis Solís López era zapatista da prima del’insurrezione indigena del 1994. Galeano era il suo nome di battaglia. Coinvolto in ogni iniziativa di pace dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) da 20 anni, è stato assassinato da una pallottola calibro 22 nella gamba destra ed un’altra al petto. Ha ricevuto inoltre un fendente in bocca, bastonate alla schiena ed il colpo di grazia in testa.
Maestro di zona della Escuelita Zapatista, José Luis è stato vittima di un attacco da arte di elementi della Central Independiente de Obreros Agrícolas y Campesinos (CIOAC) storica, e non di uno scontro con questa organizzazione, come sostenevano le prime versioni. E non è vero neppure che lui ed i suoi compagni fossero armati. Da più di 20 anni gli zapatisti non imbracciano un fucile. Sono un esercito e le sue comunità hanno organizzazione e disciplina.

Non sfoderano armi, e non perché non ne abbiano, bensì perché – come dicono gli intellettuali John Berger, Immanuel Wallerstein e Pablo González Casanova, e molti altri che sono solidali con loro – si sono impegnati con una profonda volontà politico-etica a non permettere lo scontro tra indigeni.

sabato 10 maggio 2014

Messico - Non è stato uno scontro ma un’aggressione contro di noi. Comunicato del Subcomandante Marcos

Il dolore e la rabbia


ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE
MESSICO
8 maggio 2014
Ai compagni e compagne della Sexta:
Compas:
In realtà il comunicato era pronto. Succinto, preciso, chiaro, come devono essere i comunicati.
Ma… mm… poi.
Ora comincia la riunione con le compagne e compagni basi di appoggio della Realidad.
Li ascoltiamo.
Conosciamo il tono ed il sentimento della loro voce: il dolore e la rabbia.
E mi rendo conto che un comunicato non riflette tutto questo.
O non in tutta la sua dimensione.
Certo, forse neppure una lettera, ma almeno con queste parole posso fare un pallido tentativo.

Perché…

Furono il dolore e la rabbia che ci spinsero a sfidare tutto e tutti 20 anni fa.

E sono il dolore e la rabbia che ora ci fanno indossare di nuovo gli stivali, mettere l’uniforme, infilare la pistola e coprirci il volto.

E rimettermi il vecchio e logoro berretto con le 3 stelle rosse a cinque punte.

Sono il dolore e la rabbia che hanno portato i nostri passi fino alla Realidad.

Poco fa, dopo che avevamo spiegato di essere arrivati per rispondere alla richiesta di aiuto della Giunta di Buon Governo, un compagno base di appoggio, maestro del corso “La Libertad según l@s Zapatistas” ci ha detto, parola più, parola meno:

“Compagno subcomandante, vogliamo essere chiari, se non fossimo zapatisti ci saremmo già vendicati ed avremmo fatto un macello, perché siamo molto arrabbiati per quello che hanno fatto al compagno Galeano. Ma siamo zapatisti e non cerchiamo vendetta, ma giustizia. Quindi abbiamo aspettato di vedere quello che ci direte e così faremo”.

Ascoltandolo ho provato invidia e pena.

giovedì 8 maggio 2014

Messico - Comunicato Frayba sull’uccisione della base di appoggio dell'EZLN


5 maggio 2014
Comunicato stampa No. 16

Aggressione a Basi dell’EZLN nella sede della Giunta di Buon Governo della Realidad
  • Elementi della CIOAC-Histórica, PVEM, PAN aggrediscono Basi di Appoggio dell’EZLN nell’ejido della Realidad.
  • Un omicidio, feriti, distruzione di beni e danni a veicoli sono il risultato dell’aggressione.
Questo Centro dei Diritti Umani ha documentato l’omicidio di José Luis Solís López e le aggressioni alle Basi di Appoggio dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (BAEZLN), fatti avvenuti 2 maggio 2014 nell’ejido di La Realidad, Municipio di Las Margaritas, da parte di militanti del Partito Verde Ecologista del Messico (PVEM), del Partito di Azione Nazionale (PAN) ed elementi della Central Independiente de Obreros Agrícolas y Campesinos Histórica (CIOAC-H).

Il 2 maggio 2014 una Commissione di Dialogo composta da 15 persone, membri della CIOAC-H, si sono recati presso la Giunta di Buon Governo Hacia La Esperanza (d’ora in poi JBG) del Caracol 1 Madre de los Caracoles Mar de Nuestros Sueños con sede a La Realidad (d’ora in poi Caracol 1) per chiedere la “liberazione” del Professor Roberto Alfaro Velasco, segretario particolare della CIOAC-H; Tuttavia il professore ha testualmente dichiarato che: “Non sono mai stato trattenuto, sono sempre stato libero ed avevo deciso di restare per risolvere questo problema, per il quale ci stiamo incontrando e scambiando informazioni in maniera costante”, e di fronte a questa informazione la Commissione di Dialogo di 15 persone aveva deciso di proseguire la riunione fino alla risoluzione del conflitto e la firma di accordi. Si segnala che il giorno 4 maggio alle ore 22:00 la Commissione di Dialogo della CIOAC-H usciva dal Caracol 1.

martedì 6 maggio 2014

Messico - Scontri tra basi di appoggio zapatiste e paramilitari.

Di seguito il link al comunicato della Junta de Buon Governo del Caracol I circa l'attacco subito dalle basi di appoggio de La Realidad che ha provocato un morto e svariati feriti.

Denuncia dell'aggressione
in attesa della traduzione in italiano

mercoledì 30 aprile 2014

Messico - Editoriale n° 2 di Rebeldía Zapatista. La parola dell’EZLN


A seguire le parole del Subcomandante Moises che ha firmato l'editoriale del secondo numero di Rebeldia Zapatista

Compagne e compagni della Sexta e della escuelita zapatista.

Di seguito le parole delle compagne e compagni, famiglie, guardiane e guardiani, maestre e maestri riguardo a come hanno visto le alunne e gli alunni.

Come diciamo in queste terre ribelli, non c’è tregua bisogna lavorare duro.

Diciamo così perché è in arrivo un altro lavoro con le compagne e compagni del Congresso Nazionale Indigeno. Come vedete, la verità non riposa.

Il riposo viene dopo il lavoro per il sostentamento della famiglia, ma serve per pensare, studiare e fare piani di lavoro di lotta.

Per il semplice fatto che i capitalisti neoliberali non smettono di studiare come essere sempre dominatori.

Come dicono i compagni e le compagne, in uno degli incontri di condivisione che abbiamo fatto: in soli 19 anni abbiamo fatto fuori il cattivo sistema di 520 anni di dominazione, ora siamo padroni della libertà e della democrazia. E siamo solo poche migliaia di donne e uomini a governare i popoli di donne e uomini. Che cosa direbbero se ci organizzassimo con gli altri milioni delle campagne e delle città.

Come direbbero gli stessi compagni e compagne: tutto questo grazie alla nostra organizzazione e consapevolezza della dignità e della resistenza, non ci rassegniamo più con gli avanzi, le elemosine o le briciole ed inganni dopo inganni del malgoverno.

giovedì 17 aprile 2014

Messico - Il narcotraffico come pretesto per militarizzare il paese e criminalizzare i movimenti sociali

Intervista a Gilberto Lopez y Rivas, che riflette sulle conseguenze della guerra contro il narcotraffico, le riforme neoliberiste e l'eredità dello zapatismo.


In paesi come il Messico si sta realizzando quello che nei tuoi libri definisci come una forma di occupazione integrale [con l'obbiettivo di inserire i territori dentro i processi di valorizzazione capitalista globali. n.d.t.], che attacca non solo l'ambito economico, ma il politico, l'ideologico, quello delle comunicazioni e i contesti costituzionali e legislativi, attraverso le riforme strutturali neoliberiste apportate alla costituzione.
All'interno di queste strategie di occupazione integrale citi il narcotraffico come una di esse. In cosa consiste esattamente il ruolo del narcotraffico nella ricolonizzazione del Messico?

Gli strateghi statunitensi chiamano guerre asimmetriche quelle che non si danno tra due poteri simili, ma che si danno attraverso nemici diffusi. Il ruolo che giocava precedentemente il comunismo, lo occupano adesso due fantasmi, da una parte il narcotraffico e dall'altra il terrorismo. L'occupazione di paesi richiede pianificare una guerra, ovviamente con attori locali, in questo caso un governo, come quello di Felipe Calderon (2006-2012), che inizia una presunta “guerra al narcotraffico” e, immediatamente, giunge l'ausilio degli USA. In questo senso il narcotraffico non è solo un affare, un'ulteriore corporation capitalista, il suo compito politico è di provocare il terrore attraverso la violenza, e servire come pretesto per militarizzare il paese e criminalizzare tutte le lotte sociali. Giustifica lo spiegamento di un apparato repressivo che serve per il controllo della popolazione, il controllo dei lavoratori ed il controllo dei territori per permettere la penetrazione del capitale.

Quando parli delle riforme costituzionali e le leggi, quali sono quelle che in maniera più profonda hanno danneggiato il Messico?

martedì 8 aprile 2014

Messico - L'anno nero della stampa

Article19 2014
di Andrea Spotti - Osservatorio America Latina - Carmilla
Il rapporto annuale dell'organizzazione Article 19 sulla libertà d'espressione e la violenza contro i giornalisti in Messico
Un’aggressione al giorno. E’ la media delle violenze subite dalla stampa in Messico durante l’anno appena trascorso, considerato uno dei più violenti della storia recente per i giornalisti. Il dato, che indica la sistematicità e la quotidianità delle intimidazioni, è fornito dal rapporto annuale di Article 19, associazione internazionale per la difesa della libertà di espressione. Si conferma così l’allarmante situazione che vivono gli uomini e le donne che cercano di raccontare il Messico militarizzato della guerra al narcotraffico. Una realtà in cui il dovere di cronaca si scontra troppo spesso con gli interessi di autorità, mafie e poteri forti. E dove fare giornalismo in modo critico può voler dire mettere a rischio la propria vita. Il rapporto, presentato lo scorso 18 marzo a Città del Messico, s’intitola “Dissentire in silenzio: violenza contro la stampa e criminalizzazione della protesta, Messico 2013”, e traccia un quadro assai preoccupante dello stato di salute dell’informazione nel Paese. Da una parte, denuncia l’impunità di cui riesce a godere chiunque abbia interesse a silenziare voci scomode grazie alla complicità o all'inazione dei differenti livelli di governo e di potere, e, dall’altra, la decisa tendenza alla riduzione del diritto alla protesta e alla copertura della stessa, in atto su tutto il territorio nazionale e in particolare nella capitale, governata da poco più di un anno dal sindaco di centrosinistra (PRD, Partido Revolución Democrática) Miguel Àngel Mancera.

martedì 1 aprile 2014

Messico - L’EZLN annuncia le attività con i popoli originari, l'omaggio a Don Luis Villoro ed il seminario su “L’ETICA DI FRONTE AL SOPRUSO” ed anche una nuova iniziativa per la sexta nazionale ed internazionale

ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE
MESSICO
Marzo 2014

Per: la Sexta in Messico e nel Mondo.
Da: Subcomandante Insurgente Moisés.

Compagne, compagni e compañeroas della Sexta:

Saluti da parte di tutte e tutti gli zapatisti dell’EZLN.

Vi informiamo di quello che faremo prossimamente:

1. – Popoli Originari.- La settimana dal 26 al 30 maggio di 2014, in uno dei nostri caracol, avremo una prima condivisione con le sorelle e fratelli di diversi popoli originari ed organizzazioni indigene. In questa occasione condivideremo i nostri pensieri e storie di lotta e resistenza quali popoli indigeni. A questa prima condivisione invitiamo alcune organizzazioni e popoli originari del Messico: Kumiai, Rarámuri, Náyeri, Wixárika, Odam, Nahua, Zoque, Coca, Purépecha, Hñahñu, Mazahua, Amuzgo, Ñuu Savi, Me’phaa, Ñuhu, Totonaco, Popoluca, Binnizá, Chinanteco, Mazateco, Ikoot, Chatino, Afromestizo, Triqui, Maya Peninsular, Tzotzil, Tzeltal, Chol, Zoque, e migranti.

Più avanti inviteremo altri popoli originari del Messico e del mondo. Questa condivisione è a porte chiuse ed è SOLO per i popoli originari invitati in questo primo giro. Non sarà permesso l’ingresso a chi non sarà stato invitato.

2. – Sabato 31 maggio 2014, nel Caracol di Oventik, insieme alle nostre sorelle e fratelli di alcuni popoli originari, comunicheremo le nostre conclusioni ed una dichiarazione sulla lotta di resistenza contro i soprusi che subiamo, ed i nostri diritti e cultura indigeni. Questo evento è aperto e tutt@ sono invitat@ e può parteciparvi chi vorrà e potrà, e si svolgerà alle ore 14:00 circa.

3. – Domenica 1 giugno 2014, sempre nel Caracol di Oventik, si svolgerà una semplice cerimonia in omaggio al nostro compagno scomparso: Don Luis Villoro Toranzo. Questa cerimonia è aperta e sono tutt@ invitat@ e potrà assistervi chi vorrà e potrà. Questo evento si svolgerà alle ore 14:00 circa e vi parteciperanno le comandanti ed i comandanti del Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno-Comando Generale dell’EZLN, lo scrittore Juan Villoro ed il Subcomandante Insurgente Moisés.

lunedì 24 marzo 2014

Teoria Vulcanica: “Quando passa il padrone, il contadino saggio fa una grande riverenza e lancia un peto silenzioso”

“Potere e anti-potere”
di John Holloway
Uno stralcio del più ampio lavoro del filosofo marxista irlandese che vive in Messico dal 1991 e che ha basato le sue riflessioni sulla base dell'esperienza zapatista. 
A questo indirizzo:TEORIA VULCANICA tutto il contributo
Come possiamo esplorare la forza del represso, cioè la nostra forza? Come possiamo investigare l’instabilità della società?
Qualunque studio si basa nella forza del represso ed è uno studio critico e di parte.
  La società ci appare come società stabile e ci chiede di analizzarla oggettivamente, come se ci trovassimo al di fuori di essa, come se fossimo indifferenti alla possibile autodistruzione dell’umanità. Prendere come punto di partenza la natura vulcanica della società, basarsi nell’instabilità dell’ “ordine” sociale è già uno schierarsi, è un dichiarare il proprio interesse nel cambiare la società radicalmente.
  Il nostro movimento vulcanico, la nostra sensazione di essere repressi però ribelli, nasce dalla nostra esperienza diretta e indiretta: l’esperienza della repressione sul luogo di lavoro e nella vita, l’esperienza di assistere agli orrori e alla violenza di un mondo grottescamente ingiusto, la partecipazione ad una umanità che si sta estinguendo.  Denunciare e basta le ingiustizie del mondo, sottolineare ciò che di male c’è nel capitalismo, è estremamente ambiguo. Attraverso la denuncia del potere e della dominazione, finiamo facilmente a dipingere un mondo così nero che sembra non esista nessuna via d’uscita, nessuna speranza. Contrariamente alle nostre intenzioni finiamo per mettere un lucchetto ad un mondo chiuso invece che aprirlo, in questo modo fortificando il potere che volevamo criticare. Per noi il Popocapetl è un ricordo costante del fatto che non possiamo prendere l’equilibrio come punto di partenza, del fatto non dobbiamo cominciare dalla dominazione, ma dall’insubordinazione, dallo squilibrio, non il potere ma l’anti-potere. Quello che sta dentro al vulcano è qualitativamente differente da quello che c’è fuori. Quello che si vede fuori è freddo e stabile: quello che sta dentro è caldo e volatile. Il fuori contiene, il dentro minaccia tutto il tempo di esplodere, di esondare. Se il potere sta fuori, quello che sta dentro non è potere né contro-potere , ma anti-potere, qualcosa di ben diverso.
 L’anti-potere non è evidente sulla superficie della società. La televisione, i giornali, i discorsi dei politici non forniscono nessuna indicazione della sua esistenza. Per loro, la politica è la politica del potere, il conflitto politico ha a che fare con conquistare il potere, la realtà politica è la realtà del potere. Per loro l’anti-potere è invisibile.

sabato 22 marzo 2014

Brasile - “Trasformare trasformandosi” - intervista a Gilmar Mauro leader dei Sem Terra

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"Cambiate tutto, rovesciate il tavolo, costruite nuove forme, sperimentateCosì è nato il movimento”.


di Raúl Zibechi
“La nostra maggior vittoria è stata aver costruito un’organizzazione di contadini che ha riscattato la storia della lotta per la terra, è durata tanto tempo, ha mantenuto l’unità interna ed è diventata un punto di riferimento, anche internazionale”, così riflette, a mo’ di bilancio, Gilmar Mauro, dirigente storico di uno dei maggiori movimenti sociali del mondo (Carta Capital, 10 febbraio del 2014).

Tra il 10 e il 14 febbraio il Movimento dos Trabalhadores Rurais Sem Terra  (Mst) ha tenuto il suo sesto congresso a Brasilia, forse il più importante dei suoi trenta anni, perché questa volta il doveva definire nuove rotte. Tra i 12 e i 15 mila delegati hanno partecipato all'incontro, che si è distinto, com'è abituale nel movimento, per la solida organizzazione, basata sulla disciplina e il lavoro collettivo, ma anche per il carattere festoso, la mistica che si è manifestata lungo tutto l’evento con canzoni, rappresentazioni e performance che hanno dato quel tocco di emozione che si è convertito in segno di identità dell’organizzazione contadina. Un enorme accampamento autogestito, con tutti i servizi a carico del movimento, ha accolto i delegati.
Prima di concludere il sesto congresso, i delegati hanno marciato fino al Palazzo di Planalto, dove ci sono stati scontri con la polizia. Una nutrita delegazione del Mst è stata ricevuta da Dilma Rousseff giovedì 13 febbraio. Di fronte all'ampia lista di richieste insoddisfatte presentata dai Sem terra, che accusano il governo di aver concesso insediamenti al minor numero di contadini dal tempo della fine della dittatura, la presidente ha risposto con un laconico: “Dateci tutte le informazioni che potete su ciò che si sta facendo male, faremo dei cambiamenti”.

sabato 1 marzo 2014

Messico - Daniele dalla Escuelita: .. e noi quando saremo liberi?

Sono molti anni che sento parlare di zapatismo e conoscere da vicino il movimento è un’opportunità che non voglio perdere. Eppure durante il tragitto notturno da Città del Messico a San Cristobal qualche dubbio mi viene. 

È il mio primo viaggio in Messico, sono in vacanza, non sono mai stato un attivista, non ho particolarmente voglia di sentire sermoni politici; questi pochi giorni di Chiapas potrei spenderli visitando siti archeologici Maya e farmi qualche giorno di mare. Alla fine decido di non cambiare i miei programmi, mi sono iscritto al secondo turno della Escuelita da più di un mese e dare buca agli zapatisti non mi sembra carino.

Giunto a San Cristobal raggiungo il luogo del ritrovo. Troviamo un grande viavai. Gli altri partecipanti all’escuelita sono ragazzi più o meno giovani, qualche adulto; messicani soprattutto, ma anche argentini, statunitensi, qualche spagnolo, pochissimi italiani, una coppia musulmana, un cinese. E ovviamente ci sono gli zapatisti che verificano le iscrizioni ed organizzano i minibus verso i vari caracoles

Questo primo impatto con il mondo degli zapatisti è emozionante, penso di essere nel posto giusto. Il passamontagna che tutti indossano nasconde un mondo tutto da scoprire, gli sguardi lasciano immaginare volti umili e decisi, il pensiero esatto che mi passa per la testa è ‘qui fanno davvero sul serio’.

Messico - Note sulla cattura di El Chapo Guzmán

di Fabrizio Lorusso

Il capo dei capi dei narcos messicani, Joaquín Guzmán Loera, alias El Chapo, è stato arrestato da un gruppo scelto di militari della marina all'alba di sabato 22 febbraio mentre dormiva in un hotel di Mazatlán, località marittima della costa pacifica. L’operazione, realizzata in collaborazione con l’agenzia americana DEA (Drug  Enforcement Administration), è stata pulita, nessun colpo è stato sparato per catturare il re della droga messicano che è a capo dell’organizzazione più potente delle Americhe e probabilmente del mondo, il cartello di Sinaloa o del Pacifico. Ora il boss è rinchiuso nel penitenziario di massima sicurezza di Almoloya de Juárez, a un’ottantina di chilometri da Mexico City. Il potere e la fama del Chapo hanno superato persino quelle del mitico capo colombiano degli anni ottanta, Pablo Escobar, capo del cartello di Medellin ucciso nel 1993, per cui senza dubbio la sua cattura rappresenta un grosso colpo mediatico dall’alto valore simbolico. Ma le questioni aperte sono tante.

Il lavoro d’intelligence per scovare il boss, ricercato numero uno della DEA, è cominciato nell'ottobre 2013, quando le autorità americane e la marina messicana sono venute a sapere che il Chapo s’era stabilito a Culiacán, capitale dello stato nordoccidentale del Sinaloa, ma solo nel febbraio 2014 i rastrellamenti, i sorvolamenti e i controlli si sono intensificati in diverse zone dello stato. Di fatto la stampa speculava sulla possibilità che venisse preso il numero due dell’organizzazione, “El Mayo” Zambada, e non Guzmán. 
I capi d’accusa contro di lui sono vari: delitti contro la salute e narcotraffico, delinquenza organizzata, evasione (di prigione).

El Chapo era latitante dal 2001, quando scappò, o meglio fu lasciato uscire impunemente, dal penitenziario di massima sicurezza di Puente Grande, nello stato del Jalisco, in cui faceva la bella vita e controllava tutto e tutti con laute mazzette in dollari americani. Classe 1957 (ma alcune fonti indicano il 1954 come anno di nascita) e originario di Badiraguato, la “Corleone messicana” dello stato di Sinaloa, Joaquín Guzmán comincia a coltivare e trafficare marijuana sin da giovane, quindi negli anni settanta e ottanta si unisce al gruppo fondato dai boss Ernesto Fonseca Carillo “don Neto”, Rafael Caro Quintero e Miguel Ángel Félix Gallardo, el jefe de jefes, cioè il capo del cartello di Guadalajara o Federación. Nel 1989 Gallardo viene arrestato e il suo impero spartito tra alcuni fedelissimi come i fratelli Arellano Félix, che prendono Tijuana, il “Señor de los cielos” Amado Carrillo, che si tiene Ciudad Juárez, e il Chapo che resta nel Sinaloa.

domenica 23 febbraio 2014

Turchia - Censorship vs Freedom. La Censura non impedisce il diritto a manifestare


Un continuo botta e risposta tra i manifestanti e gli innumerevoli e incalzanti provvedimenti del governo in carica.
Al grido " Everywhere Taksim, Everywhere Resistance", slogan utilizzato durante le proteste di Gezi Park lo scorso Giugno, è iniziato il concentramento invocato tramite un tam-tam sui social network negli scorsi giorni. 
In centinaia si sono dunque riuniti in Isticklal Caddesi per ribadire il loro no all' emanazione di un provvedimento simbolo esemplificativo di una politica volta ad affermare un progetto autoritario.
Reazione decisamente sproporzionata quella della polizia, la cui violenza non accenna a diminuire.
Utilizzo di gas CS, cannoni ad acqua, proiettili di gomma...sono stati impartiti non solo ai manifestanti ma anche ai ristoranti e negozi che ospitavano i dimostranti in corsa per sfuggire alle violenze della gendarmeria. Una "bombola di gas" è persino stata tirata in un autobus di linea che passava in quel momento.
Violenti scontri, feriti e arresti nella giornata di ieri pomeriggio.
La dimostrazione di forza risulta essere l' unico approccio che il partito di Erdogan sembra conoscere. 
E nel frattempo, piazza Taksim, simbolo della libertà e della democrazia, resta circondata da forze dell' ordine che ne impediscono l' accesso. 
Immagini ormai divenute quotidiane che delineano un panorama decisamente problematico: la precarietà di un equilibrio oramai sfibrante che sta facendo emergere tutti i nodi ai quali il partito Ak non è stato in grado, o meglio non ha voluto, sciogliere e affrontare in termini di partecipazione, collaborazione e condivisione.
Una concezione diametralmente opposta invece quella dei manifestanti; il cui lessico è rivolto alla riconquista di un più semplice, quanto mai immediato, diritto alla città quale unica prospettiva perseguibile per vivere la metropoli non con l' illusione di un' utopia, ma con la realtà e la concretezza di un sogno.
Link:
http://www.hurriyetdailynews.com/police-put-down-protest-against-controversial-internet-law-in-istanbul.aspx?pageID=238&nID=62804&NewsCatID=338

sabato 8 febbraio 2014

Palestina - Ein Hijleh, attacco alla lotta popolare palestinese

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di Eleonora Gatto, Luca Magno – SCI-Italia

Ein Hijleh in poco tempo era diventato uno spazio comune di aggregazione in grado di favorire il senso dell’appartenenza e la creazione di reti tra attivisti e villaggi resistenti. Un’occasione importante se si considera che la mobilità in Cisgiordania è limitata dalla frammentazione territoriale.

Nella notte tra il 6 e il 7 febbraio, Ein Hijleh è stato sgomberato. 1000 soldati sono arrivati con i loro bulldozer ferendo molti residenti con ingiustificata violenza. 

La rinascita di Ein Hijleh stava diventando un “pericoloso” simbolo della resistenza popolare, dell’opposizione all'annessione della Valle del Giordano a Israele. Sono state colpite la tensione creativa nel villaggio e alla vita comune che si stava sviluppando al suo interno.

Ein Hijleh in poco tempo era diventato uno spazio comune di aggregazione in grado di favorire il senso dell’appartenenza e la creazione di reti tra attivisti e villaggi resistenti. Un’occasione importante se si considera che la mobilità in Cisgiordania è limitata dalla frammentazione territoriale. Ancor di più se si considerano le divisioni politiche che da anni ormai affliggono la Palestina. L’intero villaggio è stato rivitalizzato dal contributo congiunto di ogni attivista che, a seconda del proprio tempo e capacità, ha posto le fondamenta di una nuova società basata sull'inclusione e l’orizzontalità.

venerdì 7 febbraio 2014

Brasile - Scontri a Rio durante la protesta contro l’aumento dei prezzi dei mezzi pubblici

Almeno sette persone sono rimaste ferite, una in modo in grave, la sera del 6 febbraio negli scontri tra i manifestanti e la polizia a Rio de Janeiro, in Brasile. Le violenze sono avvenute durante una protesta contro l’aumento dei prezzi del trasporto pubblico alla stazione centrale.
Gli scontri sono avvenuti alle 18 (ora locale) e sono rimasti coinvolti anche diversi pendolari. Gli agenti hanno lanciato gas lacrimogeni, mentre gli attivisti hanno tirato pietre e bombe molotov.
La persona ferita gravemente è un cameraman della televisione brasiliana Band. L’uomo, colpito alla testa da un ordigno esplosivo, si trova attualmente in ospedale. Almeno ventotto manifestanti sono stati arrestati, scrive la Folha de São Paulo.

Alcune immagini girate sul posto dal sito A Nova Democracia.



Da più di un anno in Brasile sono in corso manifestazioni contro la corruzione e le spese eccessive del governo per organizzare i mondiali di calcio del 2014, in programma dal prossimo 12 giugno.
Una protesta simile a quella di Rio era scoppiata alla fine di maggio a São Paulo, quando i politici locali hanno annunciato l’aumento delle tariffe dei mezzi pubblici. Dopo settimane di proteste, l’aumento è stato cancellato.
La settimana scorsa il sindaco di Rio, Eduardo da Costa Paes, ha annunciato l’aumento del 9 per cento dei biglietti dell’autobus, che entra in vigore il 7 febbraio. A quel punto è stata organizzata una protesta di Passe livre, un movimento a favore del trasporto pubblico gratuito, di fronte alla chiesa di Candelária.

La manifestazione inizialmente è stata pacifica. Poi il corteo si è spostato verso la stazione centrale, dove sono cominciati gli scontri.

tratto da Internazionale

Bosnia-Erzegovina - Le proteste più importanti dalla fine della guerra nei Balcani

Decine di persone sono rimaste ferite negli scontri tra polizia e manifestanti in diverse città della Bosnia Erzegovina durante le proteste che vanno avanti da tre giorni contro l’immobilismo del governo e la mancanza di lavoro.
Il 7 febbraio a Tuzla, una città nel nord del paese, la sede del governo locale è stata presa d’assalto da migliaia di manifestanti che hanno rotto vetri e provato a incendiarla. A Sarajevo ci sono stati scontri tra forze dell’ordine e i manifestanti: la polizia ha usato gas lacrimogeni e proiettili di gomma per disperdere i cortei. Ci sono stati disordini in almeno 20 città.

Un video girato a Sarajevo:



Le proteste, che sono le più importanti dalla fine della guerra dei Balcani, vanno avanti da tre giorni. I manifestanti chiedono misure urgenti contro la disoccupazione.
A Zenica, un’altra città della Bosnia, i manifestanti hanno dato alle fiamme l’edificio del governo locale.
I feriti a Sarajevo sono almeno 80, a Zenica 10.
Le proteste sono cominciate a Tuzla il 5 febbraio, dopo che 200 operai sono stati licenziati. Nella città nel giro di poco tempo quattro aziende hanno dichiarato fallimento e in città la disoccupazione è al 40 per cento.
Il 5 febbraio a Tuzla negli scontri tra polizia e operai ci sono stati almeno 130 feriti, molti causati dai gas lacrimogeni.
Nelle quattro fabbriche, che un tempo erano di proprietà dello stato e che poi sono state privatizzate dopo la guerra, lavorava la maggior parte della popolazione della città. Ma le quattro aziende sono fallite, i proprietari hanno venduto gli asset e gli operai non sono stati pagati o sono stati licenziati.

Dopo la fine della guerra nei Balcani molte aziende sono state privatizzate, ma una classe politica poco preparata e un alto tasso di corruzione hanno impedito all’economia bosniaca di decollare. Nel paese la disoccupazione è al 27 per cento: si tratta del tasso più alto di tutta l’area balcanica. 

tratto da Internazionale

martedì 4 febbraio 2014

Messico - Suore di Altamirano aggredite nell’attacco contro l’ejido 10 de Abril per impedire di soccorrere i feriti


A seguire articolo di Hermann Bellinghausen. Enviado. San Cristóbal de las Casas, Chis.,
  
Durante l’attacco di coloni dell’ejido 20 de Noviembre (Las Margaritas) all' ejido 10 de Abril, municipio autonomo zapatista 17 de Noviembre, il 30 gennaio scorso, denunciato ieri dalla giunta di buon governo (JBG) del Caracol di Morelia, non solo sono stati gravemente feriti tre basi di appoggio dell’EZLN, ma è stato anche aggredito il personale dell’ospedale San Carlos, di Altamirano, e impedito loro di soccorrere i feriti.

La religiosa Patricia Moysén Márquez, conosciuta da anni nella regione di Altamirano per il suo lavoro nell'ospedale San Carlos e la sua vicinanza con le comunità indigene, racconta quanto accaduto: "Intorno alle 7,30 abbiamo ricevuto una chiamata di soccorso in aiuto dei feriti nella comunità 10 de Abril. E’ subito partita l’ambulanza con l’autista, un medico e una sorella. L’ho seguita in un pick up, non sapendo il numero di possibili feriti. Al crocevia di San Miguel ci siamo imbattuti in moltissima gente di 20 de Noviembre armati di bastoni e machete. 
Un altro gruppo li ha intercettati più avanti.

“Suor Martha Rangel Martínez ed io viaggiavamo dietro l’ambulanza. Ci siamo identificate ed abbiamo detto che stavamo andando a soccorrere dei feriti. La loro risposta allora è stata che avrebbero bruciato l’auto perché eravamo del governo e così il problema si sarebbe risolto più rapidamente. Noi abbiamo ribattuto che non siamo governo ma apparteniamo alla Chiesa. 

Allora ci hanno detto che eravamo zapatisti che stavamo andando in aiuto del nostro gruppo. Noi abbiamo detto che stavamo andando a soccorrere dei feriti di qualunque religione o partito fossero. Il problema che avevano loro non era affare nostro, ma ci preoccupavamo solo dei feriti.”

venerdì 31 gennaio 2014

Kurdistan - Lettera di Öcalan al Popolo Armeno

Il giornale armeno Agos ha pubblicato il testo integrale della lettera che il leader del popolo kurdo Abdullah Ocalan ha recentemente scritto al popolo armeno.

Öcalan ha richiamato l’attenzione sull'interruzione delle relazioni sociali negli ultimi tre secoli tra gli antichi popoli della Mesopotamia e dell’Anatolia, e ha osservato che queste terre si sono trasformate in un cimitero di popoli e di culture a causa del veleno sparso dalla modernità capitalista e dagli stati nazionali con i loro progetti di creazione di stati monolitici, per cui predispongono una sotto struttura ideologica per un disastro e per la distruzione di popoli così come di decine di lingue e culture.
Öcalan ha osservato che le guerre e gli scontri nel corso della storia hanno raggiunto il massimo livello oggi più che mai, con lo scopo di distruggere l’umanità e la natura.

lunedì 27 gennaio 2014

Messico - EZLN: trent'anni del più sensato dei deliri

di Angel Luis Lara

Nel novembre 1983 un piccolo gruppo di uomini che si conta sulle dita di una mano atterrò nella fitta Selva Lacandona, nello stato messicano del Chiapas. Avevano deciso di chiamarsi in maniera roboante come Esercito Zapatista di Liberazione Nazioale (EZLN). La maggior parte, del tutto abituati alla realtà della città, portava nello zaino un proposito che risuonava nelle loro conversazioni come qualcosa di delirante: fare la rivoluzione. Senza dubbio, visto le condizioni di estrema povertà e emergenza sociale in Chiapas, tale delirio risultava certamente sensato. Inoltre, le montagne e le selve chiapaneche non solo ospitavano gente in resistenza da quasi 500 anni, ma anche alla fine del diciannovesimo secolo alcuni degli esuli protagonisti della Comune di Parigi avevano concluso la loro esistenza in Chiapas; in queste terre non avevano mai smesso di fiorire antagonismi e dissensi sotterranei.

Armato di linguaggi quadrati e triti artefatti ideologici, questo piccolo gruppo iniziale non ha tardato a scontrarsi con i sentimenti comuni dei popoli indigeni originari e che abitano questi territori.

Ed è stato allora che il Subcomandante Marcos, il più conosciuto partecipante di questa primigenia e delirante monade zapatista, ha deciso che le forze non gli bastavano per andare avanti e che era meglio scendere da questa barca beccheggiante e incerta. “Dov'è l'uscita?” chiese. “Non c'è uscita”, gli hanno risposto i popoli indigeni. “E allora? Che cosa facciamo?” rispose un'interdetto Marcos. “Restate e imparate”, dissero i popoli maya. E questo è quello che hanno fatto. Hanno ascoltato e imparato dai popoli indigeni fino al punto di diventare loro stessi indigeni. Una sorte di possessione a base di bevande di realismo magico che ha disarmato l'arroganza e i cliché tradizionali della sinistra, per attivare un meraviglioso ibrido rivoluzionario fatto di saperi e della cosmo visione indigena, capace di partorire un arte del cambiamento sociale rivoluzionario pieno di paradossi e di ponti verso fuori. Così, armati di domande, gli zapatisti sono nati come un ossimoro: il più sensato dei deliri.

Colombia - Comandante delle FARC Timoleón Jiménez: “La guerra non è come la dipingono”

Lo scorso 23 gennaio è stato diffuso un comunicato del Comandante dello Stato Maggiore Centrale delle FARC Timoleón Jiménez, relativo allo stato del conflitto reale ed alla sua rappresentazione mediatica.
In particolare, “Timochenko” denuncia “l'intenzione del governo di presentare all'opinione pubblica nazionale e mondiale una guerriglia assediata e distrutta”, con il duplice obiettivo “di tappare la bocca a Uribe ed al suo 
seguito, e di alleviare le preoccupazioni dei proprietari terrieri, industriali e finanzieri, così come delle multinazionali che investono nel paese, rispetto al processo dell'Avana”.
La propaganda di regime cade nelle più ridicole contraddizione quando contemporaneamente sbandiera “un numero sempre più ridotto di guerriglieri, totalmente demoralizzati sulle possibilità di vittoria”, mentre esponenti del regime “predicano e applicano l'incremento delle proprie truppe e di ogni ordine di risorsa per riuscire a conseguire questa riduzione”.
“Il ministero della Difesa - prosegue il comunicato - ha assunto la posizione di far tacere e di occultare i colpi assestati dall'insorgenza al suo apparato di morte e terrore. Gli elicotteri, ad esempio, cadono a causa di incidenti e casualità, quando non si può nascondere il fatto che siano caduti, o semplicemente non vengono mai raggiunti dal fuoco guerrigliero”.
E' noto che la guerra si combatte su diversi fronti, non solo su quello militare. Ma se da una parte l'immane opera di propaganda di regime, con tutto il suo apparato di media asserviti, non riesce ad occultare il reale andamento della guerra aperta, dall'altra, sul piano politico, la compagine governativa arranca di fronte alle iniziative politiche e diplomatica della delegazione di Pace delle FARC all’Avana.
“La violenza ufficiale”, conclude il Comandante fariano, “genererà sempre la lotta e dunque, per ottenere la pace, porvi fine è un requisito essenziale. Solo così si potrà conseguire la fine del conflitto”

venerdì 24 gennaio 2014

Asia - Paradisi cinesi

Le Isole Vergini sono un accogliente rifugio per i capitali più o meno leciti di 22 mila clienti residenti nella Repubblica popolare e a Hong Kong, e di 16mila taiwanesi

di Angela Pascucci

Non era certo un segreto che le Isole Vergini britanniche fossero una delle prime fonti di investimenti diretti in Cina e a Hong Kong e tra le prime destinazioni offshore dei flussi di valuta provenienti dai medesimi luoghi. Fino a pochi giorni fa ci si poteva, ingenuamente, chiedere come mai tanto traffico intorno alle paradisiache isolette. Un report dell’Icij, (International Consortium of Investigative Journalism) diffuso il 21 gennaio scorso ha risposto agli interrogativi: il territorio d’oltre mare britannico (che riceve il 40% del suo giro d’affari dall'area asiatica) è un accogliente rifugio per i capitali più o meno leciti di 22 mila clienti residenti nella Repubblica popolare e a Hong Kong, e di 16mila taiwanesi.


Il rapporto è il frutto di un’inchiesta durata mesi e condotta da una squadra di giornalisti internazionali, tra i quali anche reporter cinesi, alcuni dei quali sono stati costretti a lasciare il lavoro di indagine prima del tempo a causa delle pressioni ricevute dall'alto.

Le rivelazioni più clamorose del rapporto riguardano infatti i nomi di chi ha scelto di portare le proprie ricchezze fuori dalla Cina. Sono nomi eccellenti dell’aristocrazia rossa del Partito comunista che comprendono, fra gli altri, il cognato dell’attuale uomo forte della Cina, il presidente Xi Jinping, il figlio e il genero dell’ex premier Wen Jiabao ( nel 2012 già bersaglio di un’inchiesta condotta dal New York Times sugli ingenti e poco trasparenti affari di famiglia), il primo cugino dell’ex presidente Hu Jintao, la figlia dell’ex premier Li Peng (meglio noto come il “macellaio di Tiananmen” per il suo ruolo nel massacro del 4 giugno 1989), il genero di Deng Xiaoping, venerato architetto delle riforme cinesi, il nipote di uno dei fondatori della RPC, il nipote di un famoso generale dell’Esercito popolare di liberazione etc.

Messico - Mario e gli altri: criminalizzazione della protesta sociale a Città del Messico

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La criminalizzazione della protesta a Città del Messico e fabbrica dei colpevoli

di Andrea Spotti
A poco più di tre mesi dalla sua detenzione Mario Gonzalez è stato condannato. Lo studente anarchico, detenuto a margine del corteo contro la riforma educativa e in memoria della strage del ’68 in Piazza Tlatelolco dello scorso 2 ottobre, è stato ritenuto colpevole del reato di “Attacco alla Pace Pubblica” dalla giudice Marcela Arrieta, che lo ha sentenziato alla pena di 5 anni e 9 mesi da scontare nel carcere di Santa Martha Acatitla, sito nella zona sudorientale della capitale messicana. La sua vicenda, attorno alla quale è cresciuto in questi mesi un movimento di solidarietà dentro e fuori i confini nazionali, è indicativa del clima repressivo che si vive a Città del Messico dall'insediamento del sindaco Miguel Angel Mancera a questa parte.
In sintonia con il presidente Enrique Peña Nieto, che sin dall'inizio del suo mandato, cominciato nel dicembre 2012, ha dovuto far fronte alle proteste popolari, il governatore di centrosinistra sta portando avanti una governance autoritaria che ha ridotto drasticamente gli spazi di agibilità politica per i movimenti sociali nella capitale. Questi, infatti, sono sottoposti a una vera e propria persecuzione poliziesca e giudiziaria, la quale, secondo quanto denunciano varie organizzazioni per la difesa dei diritti umani, rischia di mettere in discussione le stesse libertà costituzionali.

venerdì 10 gennaio 2014

Messico - Chiapas. Escuelita de libertad

Dal 24 al 30 dicembre 2013 ho avuto la fortuna di partecipare in Chiapas alla seconda edizione del Primo Livello della “Esculita Zapatista; La Libertad para l@s Zapatistas!”

Infatti dopo una prima edizione ad Agosto 2013, l'esperimento della Escuelita si è ripetuto in due corsi, a fine Dicembre il mio ed inizio Gennaio l'altro, intervallati da grandi festeggiamenti per il ventesimo anniversario dell'insurrezione zapatista del 1 gennaio 1994.

Ma cos'è questa Escuelita? In cosa consiste questo nuovo strumento caratterizzato da tratti originali e insoliti che il movimento zapatista sta utilizzando per tornare a fare rete con i movimenti messicani e globali, dopo anni di poca comunicazione?

Il 24 Dicembre, di mattina presto, siamo arrivati in circa 1800 attivisti al CIDECI - La Universidad de la Tierra - , periferia di San Cristobal de Las Casas, per partecipare alla Escuelita. Numeri simili ci sono stati anche nel turno di Gennaio.

Attraverso una organizzazione davvero elevata e ammirevole, i compas ci hanno smistato a seconda del Caracol a cui eravamo stati destinati al momento dell'iscrizione.

Assieme a circa 340 attivisti da tutto il mondo, vengo destinato al Caracol 1, La Realidad. Prima di mezzogiorno parte la nostra lunga carovana di 12 camionette molto precarie attraverso strade altrettanto precarie, verso la Selva Lacandona. Il viaggio è faticoso, con molte soste e vari pezzi da sostituire ai nostri mezzi che si rompono. Arriviamo a La Realidad poco dopo le 22 di sera, e l'arrivo compensa la fatica del viaggio: centinaia di compas ci accolgono calorosamente gridando a pugno teso “Zapata vive! La Lucha Sigue!” e ”Il Pueblo Unido, Jamas serà vencido!”

giovedì 2 gennaio 2014

Messico - Subcomandante Marcos "Quando i morti tacciono a voce alta" - Rewind 1

QUANDO I MORTI TACCIONO A VOCE ALTA
(Rewind 1)

(Nel quale si riflette sulle/sugli assenti, le biografie, narra il primo incontro di Durito col Gatto-Cane, e parla di altri temi che non fanno al caso, o cosa, come detterà il post scriptum impertinente)
Novembre-Dicembre 2013

A me pare che abbiamo fatto molta confusione sulla questione della Vita e della
Morte. Mi sembra che quella che chiamano la mia ombra qui sulla terra,
sia la mia
autentica sostanza. Mi pare che, guardando le cose spirituali, siamo
come ostriche che osservano il sole attraverso l’acqua e pensano che
l’acqua torbida sia la più fine delle atmosfere. Mi sembra che il mio corpo
non sia altro che le azioni del mio essere migliore. Di fatto, che si prenda il mio corpo
chiunque voglia, che se lo prenda, dico: non sono io.
Herman Melville “Moby Dick”.

Da molto tempo sostengo che la maggioranza delle biografie non sono altro che una menzogna documentata, e a volte, non sempre, ben scritta. Il biografo medio ha una convinzione previa ed il margine di tolleranza è molto ridotto, se non inesistente. Con questa convinzione comincia a frugare nel puzzle di una vita che gli è estranea (per questo il suo interesse nel fare la biografia), e raccoglie i pezzi falsi che gli permettano di documentare la propria convinzione, non la vita recensita.

La cosa certa è che forse potremmo conoscere con certezza data e luogo di nascita, e, in alcuni casi, data e luogo di morte. Oltre a ciò, la maggior parte delle biografie dovrebbero rientrare nel genere dei “romanzi” o della “fantascienza”.

Che cosa resta dunque di una vita? Tanto o poco, diciamo noi.
Tanto o poco, dipende dalla memoria.
O, piuttosto, dai frammenti che quella vita ha impresso nella memoria collettiva.
Se questo non vale per biografi ed editori, poco importa alla gente comune. Normalmente quello che realmente importa non appare sui mezzi di comunicazione, né si può misurare coi sondaggi.

Ergo, di una persona assente abbiamo solo pezzi arbitrari del complesso puzzle fatto di brandelli, squarci e propensioni che si conoscono come “vita”.
Quindi, con questo inizio confuso, permettetemi di prendere qualcuno di questi pezzi frammentari per abbracciare ed abbracciarci per il passo che oggi ci manca e che ci è necessario…
-*-

Un concerto nel silenzio messicano. Don Juan Chávez Alonso, purépecha, zapatista e messicano, fa un gesto come per allontanare un insetto fastidioso. È la sua risposta alle scuse che gli porgo per uno dei miei rozzi spropositi. Siamo in territorio Cucapá, in mezzo ad un terreno sabbioso. In quelle coordinate geografiche e quando nel calendario è indicata la Sesta 2006 nel Nordovest del Messico, nella grande tenda da campeggio che usa come alloggio, Don Juan prende la chitarra e chiede se vogliamo ascoltare un pezzo che ha composto. 

Qualche accordo ed inizia un concerto che, letteralmente, narra l’insurrezione zapatista del primo gennaio 1994 fino alla presenza della Comandanta Ramona nella formazione del Congresso Nazionale Indigeno.

Poi il silenzio, come fosse una nota in più.
Un silenzio nel quale tacevano a voce alta i nostri morti.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!